Beh, in quel caso il termine "suprema" l'ho usato in rapporto con i comuni mortali.
Il punto non è il fatto che una divinità sia "suprema" o non "suprema" di per sè. Semplicemente, il motivo per cui le divinità ci affascinano tanto è perché sono forze titaniche rispetto a noi, entità la cui volontà e la cui natura ci sono del tutto o in parte ignote. Anche nel caso dei pantheon politeisti creati durante la nostra storia reale, ad esempio, la volontà degli dei era indecifrabile e il loro potere incommensurabile rispetto a qualunque umano. In genere sono gli dei a scegliere di recarsi dagli umani sotto mentite spoglie, mentre non sono gli esseri umani a poter tranquillamente andare da un dio e minacciarlo. Anzi, se c'è in genere una costante nei miti antichi è il fatto che se i mortali si avvicinano al divino ne pagheranno il prezzo (il mito di Icaro è il caso più celebre, ma non l'unico). Il potere divino è troppo grande e vasto perché il mortale sia in grado di sostenerlo, la condizione divina è troppo alta perchè si possa pretendere di avvicinarla (è un peccato di arroganza, che tipicamente porta alla caduta).
Detto questo, non è che gli dei non possano morire (il Ragnarok norreno descrive la morte di tutte le divinità, mentre sempre nel mito nordico Balder viene ucciso da una freccia a causa di un inganno di Loki), semplicemente uno dei motivi per cui come figure ci affascinano tanto è che si tratta di entità incommensurabilmente al di là della nostra portata. Nel momento in cui una divinità è eliminabile al pari di un nemico qualunque, per la gran parte delle persone smette di essere una divinità, perde valore, si banalizza.
L'errore, dal punto di vista di chi ama considerare le divinità come me e Pippomaster, è cercare di descrivere la divinità secondo gli standard umani.
Non ha importanza, infatti, se la divinità è in grado o meno di combattere all'arma bianca. Il suo potere è tale che nessun mortale può scontrarsi con una divinità come se fosse un qualunque nemico mortale. L'idea che se non si è abili nel combattimento fisico si è destinati ad essere deboli rispetto a un PG mortale abile in combattimento, è un vedere le cose secondo una prospettiva umana. Un dio non è un avversario qualunque, non è concepibile come un qualunque orco o drago, non è una creatura terrena che deve rientrare nelle regole a cui sottostanno i mortali. Secondo la prospettiva del "dio incommensurabile" un mortale non sarà mai in grado di confrontarsi alla pari con una divinità, motivo per cui può combattere solo con una parte infinitesimale di quest'ultima.
Detto questo, poi sono tranquillamente legittime anche visioni diverse. Anzi, in campagne diverse si può decidere di usare soluzioni diverse.
Uno dei grandi classici dei patheon politeisti è che, per quanto in genere gli dei appartengano alla medesima famiglia (o siano quantomeno alleati tra loro), questo non gli impedisce di passare il tempo a complottare tra di loro, a litigare, a farsi dispetti, a usare i mortali come pedine per darsi fastidio a vicenda.
Il fatto che le singole divinità politeiste non siano "complete", comunque, non le rende meno incommensurabili rispetto alla "bassa" condizione dei mortali.
In realtà no, proprio perchè non si forniscono le stat alla divinità, ma solo a quella porzione che si sta combattendo in un dato momento. E nemmeno è detto che quella porzione sia una concreta manifestazione del vero corpo o delle fattezze della divinità. I Personaggi combattono contro un aspetto o contro una parte di un aspetto della divinità, ma non avranno mai modo di scoprire esattamente il vero volto, la vera forza e la vera natura di quest'ultima. Anzi, proprio il poter misurare una porzione del potere del dio/dea, senza essere in grado di valutarne il potere totale, aumenta nei giocatori la consapevolezza che si trovano di fronte a qualcosa di titanico, incommensurabile. Lo scontro con la porzione/manifestazione fornisce un esempio di forza misurabile che, però, descrive solo una porzione del potere divino: se già quella porzione risulta temibile, allora si finisce istintivamente con il percepire la divinità in sè come qualcosa di straordinariamente potente.
Qui entra in gioco l'altra parte del discorso che avevo fatto in Campagne Gotiche e Horror: mostrare conseguenze concrete aiuta a farsi un'idea vera del pericolo (in questo caso potere) della minaccia. Non è più un'idea astratta, indefinita, ma è un'esperienza concreta. E il vedere che già solo una minima estensione della divinità è pericolosa, contribuisce a far percepire l'intera divinità come incommensurabile.
Ovviamente fondamentale rimane la prima parte della strategia: mantenere misteriosa la minaccia (in questo caso la divinità). I PG/giocatori non devono essere messi nella condizione di vedere appieno la divinità, scoprirne il vero volto o la vera natura, comprenderne la volontà e gli scopi. Anche se combattono contro una porzione o uno degli aspetti della divinità, la cosa fondamentale è mantenerne l'alone di mistero.
Poi, certo, se si vuole mantenere al massimo l'alone di mistero, allora può essere una buona idea non permettere mai il combattimento con le divinità, ma farle agire solo nella forma di fenomeni (terremoti, tempeste, circostanze sovrannaturali, ecc.).
Ma se si cerca il combattimento con le divinità, secondo me quella da me descritta è la soluzione migliore se si vuole mantenere il mistero e il carisma degli dei.