Visto che @SamPey ci è già andato giù duro, io provo a proporre un approccio più morbido. 🙂
Punto 1. Hai provato a parlarci? Con quale esito?
Una conversazione off-game su come sta andando il gioco, di tanto in tanto, fa bene a tutti. Approfittane per chiedere, in tono rilassato (non deve sembrare un rimprovero o una lamentela), se hanno notato anche loro questa dinamica, e che cosa ne pensano.
Punto 2. Si divertono?
Spesso la noia o l'imbarazzo sono la fonte primaria di questi comportamenti. Su questo conviene indagare parlando con i giocatori in privato uno per uno, piuttosto che tutti insieme. Prova a chiedere a ciascuno: (a) se complessivamente si diverte o no; (b) se si annoia, e se sì in quali passaggi; (c) se c'è qualcosa (fatto da te o dagli altri giocatori, o dal gioco in generale) che lo infastidisce, o gli crea imbarazzo, o non gli piace. Cerca di invitarlo ad essere sincero al cento per cento. Rassicuralo che non te la prenderai e che terrai il suo feedback per te.
Punto 3. Sono coinvolti?
Ci tengono all'obiettivo dell'avventura? È qualcosa che sentono come "loro", che li appassiona, che li coinvolge? Prova a pensare ad un film di avventura, o un libro di avventura: una delle cose che, tipicamente, ti tiene "agganciato" e concentrato è la suspence, il fatto che tu ci tenga a vedere la conclusione (= come va a finire), ma soprattutto che tu abbia un investimento emotivo su quella conclusione (= fai il tifo per i protagonisti, se vincono sei felice, se perdono ci rimani male). Secondo te, i tuoi giocatori hanno questo tipo di suspence, di attaccamento emotivo alla "posta in gioco" dell'avventura? O sono poco interessati, alla fine l'unica cosa che conta per loro è che il PG rimanga vivo (forse), e al resto sembrano indifferenti?
Punto 4. Volete giocare nello stesso modo?
Ho avuto per moltissimi anni un gruppo di D&D "storico" che durava fin dai tempi del liceo. Eravamo grandi amici. In quel gruppo era normale scherzare su tutto, buttare tutto in commedia, ridere spesso. Le battute uscivano così, anche involontarie.
A un certo punto, per cambiare, abbiamo provato un GdR a tema horror. Lì era essenziale il brivido, l'atmosfera di tensione e inquietudine... in teoria. In pratica, anche se tutto nel regolamento e nella storia spingeva per l'horror e la paura, non riuscivamo a fare a meno di ricadere continuamente nello schema della risata liberatoria. Bastava davvero un niente. Abbiamo provato tre trame diverse con tre DM diversi, non c'è stato niente da fare.
Non è colpa di nessuno, individualmente: certi gruppi hanno una loro dinamica interna che li porta a comportarsi in un certo modo. Il punto è che non è per forza sbagliato. Se ripenso a quelle 3 avventure horror... beh, non avevamo l'atteggiamento che ti aspetteresti da un horror, non avrebbero mai funzionato come film del genere horror, ma ci siamo divertiti. Un sacco.
Forse (dico forse, eh, non lo posso sapere, non li conosco) quei giocatori hanno solo un modo diverso di giocare. Forse tu cerchi un tono più serio, epico, addirittura cupo, mentre loro si trovano bene con un tono buffo, scanzonato, addirittura demenziale. Nessuno dei due è sbagliato di per sé per D&D, basta intendersi.
Una volta, quando ho introdotto un mio gruppo di giocatori a un gioco ambientato nel mondo delle fiabe, ho chiesto a ognuno di loro di specificare il "livello di dolcezza" che voleva (in una scala da Witch Hunters a Puffi) e il livello di serietà che voleva (in una scala da Looney Tunes a Narnia). Trovi lo screenshot nello spolier nascosto di quest'altro commento.
Quello che voglio dire è che il comportamento che dici potrebbe, certo, essere sintomo di un disagio, o di un'immaturità dei partecipanti, ma potrebbe anche essere semplicemente il loro legittimo modo di divertirsi: non lo escluderei a priori 🙂