John Milligan - Ventre del Kraken, Haisendok.
Cigolii e decadimento. Basta poco a descrivere questa bettola, eppure me la ricordavo con un fascino diverso. Passo la mano sul legno martoriato dai tarli e respiro l'aria salmastra, pregna di alcol scadente e poca igiene. Stessa puzza ma fascino differente, si. Sono passati diversi anni purtroppo o per fortuna, il mio riflesso sulle vetrate opache me lo conferma. Ero poco piú di un bambino quando attraversai il Mare Oppresso per arrivare in questo ingovernabile punta di continente. Non avevo ancora mai dato la caccia ad uno squalo, ne brindato al tavolo dei capitani. La pelle era ancora intonsa di violenza e inchiostro. Sapevo navigare certo, avevo giá ucciso e amato, ma lontano ancora ero dall'essere quello che sono oggi, penso con una punta di malinconia. Alla soglia dei mie trentanni sono il capitano della nave piú veloce mai costruita, a capo di una ciurma di pirati e tagliagole che farebbe impallidire un morto, eppure qualcosa della magia é andata perduta, sfibrata sotto il tacco pesante della vita. Oppure mi sono svegliato sotto una luna storta. Ho sicuramente ereditato il carattere mutevole di mia madre, mi rammarico, mentre addento uno dei tristi cosciotti di pollo che la cameriera ha lasciato sul mio tavolo. L'Inafferrabile ormeggia al largo dell'isola maledetta, mi attende che mi ricongiunga a lei, con aiuti, risorse ed un piano per piegare a nostro favore gli infausti accadimenti che stanno distruggendo i nostri porti, i nostri rifugi. Ed é per questo, che di tutte le piste che quella discarica a cielo aperto di Haisendok mi ha sussurrato, ho colto al balzo d'incontrare l'incauto ed a questo punto inadatto Capitano della Speranza. Non vorrei ne mettermi a lavorare per gli Avventisti, ne inimicarmi la Fratellanza, ma il Consiglio, un nome altisonante per un gruppo di pirati arricchiti, é stato chiaro che volenti o nolenti bisogna far qualcosa per questi disastri naturali. Ed ammetto che trovo beffardo, il fare discreto eppure sagace, con cui il destino sembra avermi messo sulla strada di Mororga. Se questa non é un subdolo invito ad un altra e controversa avventura, io non sono l'eroe che sono.
Sotto il cappello a tesa larga osservo quindi con falso disinteresse la scena che si profila al bancone a pochi passi da me, fra il fragore di risate sguaiate e la tensione che monta mentre il marinaio mette mano alla spada. Nello sventare una tragedia, che per molti dei presenti sembra essere comica, vedo un opportunità. Da seduto, spingo con un calcio lo sgabello vuoto davanti al mio tavolo. Se miro bene dovrei riuscire a far finire l'assalitore a gambe all'aria.