Provo a dare la mia risposta alla domanda del topic, facendo però due premesse fondamentali:
1) Non esiste nessuna edizione migliore o peggiore a prescindere. Come ha già ben affermato @The Stroy, esistono solo le edizioni che piacciono o non piacciono. La 4a Edizione non è per definizione migliore o peggiore delle altre. Ha delle sue caratteristiche, punto, le quali possono o meno piacere. E lo stesso vale per le altre edizioni di D&D. Il singolo giocatore, poi, in base al proprio gusto personale, può scegliere per sè stesso se una edizione gli piace di più o di meno. Non bisogna, però, fare confusione fra il proprio gusto personale e il gioco di cui si parla.
2) Ho giocato alla 4a Edizione solo per qualche mese, oramai diversi anni fa. Per questo motivo, non mi permetto nemmeno un po' di presentarmi come un'esperto dell'edizione. La conoscenza di quest'ultima, piuttosto, nel mio caso è limitata, formata in gran parte dalal discussione con giocatori che la conoscno meglio di me. Chi è più esperto di me, quindi, si senta pure libero di smentire ciò che vado a dire.
La 4a Edizione è stata mal considerata da una fetta dei giocatori di D&D (non dall'intera comunità) in genere, in base a quello che ho vissuto personalmente e ho recepito negli anni, per i seguenti motivi:
E' stata una rottura radicale non solo con le regole dei 3 manuali Core di D&D 3.5, ma su molti aspetti con molte idee e regole tradizionali di D&D. In genere, i cambiamenti radicali non piacciono quasi mai a nessuno. Molti giocatori, specialmente i più conservatori, si sono sentiti spiazziati dal cambiamento, se non addirittura infastiditi dalla decisione di modificare/eliminare alcune idee di gioco che hanno caratterizzato D&D per anni. Il fatto che queste innovazioni fossero un miglioramento o un peggioramento è ed è stato irrilevante: il semplice cambiamento è stato vissuto come una brutta cosa.
La 4a Edizione si basa molto sull'idea di standardizzare la progressione delle varie Classi, in modo da assicurarsi il bilanciamento del sistema e l'impossibilità dei giocatori di poter contare su vantaggi meccanici a cui gli altri giocatori, scegliendo Classi diverse, non potevano accedere. La standardizzazzione, tuttavia, ha teso con l'appiattire molto le possibilità di gioco, rendendo la progressione dei PG spesso prevedibile e facendo percepire ai giocatori la forzatura del sistema sopra l'immaginazione. La 4a Edizione, insomma, è stata vissuta come un sistema che riduce il coivolgimento, proprio perchè presenta un sistema percepito come ossessionato dal controllo del bilanciamento. Molti hanno sentito nella 4a Edizione, quindi, un gioco piatto, poco stimolante, con un sistema che entrava a gamba tesa nell'immedesimazione dei giocatori nella finzione del gioco.
Alcuni, invece, hanno poco amato la piega obbligatoriamente epico-combattiva dell'edizione. D&D ha sempre avuto nella sua identità base un aspetto epico, incentrato su eroi potenti, bardati di esotiche vesti o di armature scintillanti, destinati ad abbattere le forze oscure del male attraverso mirabolanti poteri sovraumani: questa impostazione, tuttavia, in D&D non è mai stata obbligatoria e i giocatori hanno tradizionalmente sempre avuto la libertà di giocare a campagne fantasy meno epiche e meno magiche, con PG anche meno straordinari (almeno alle origini). La 4a Edizione, invece, ha reso gli Oggetti Magici di fatto platealmente obbligatori e ha impostato il gioco sull'idea che i PG fossero in maniera scontata degli eroi fin da subito epici e straordinari. Questa scelta ha indisposto molti giocatori, che si sono sentiti limitati nella loro possibilità di utilizzare l'edizione per giocare le campagne di loro interesse. D&D, inoltre, ha da sempre posto grande enfasi sul combattimento, che è di certo la parte del gioco che ha sempre ricevuto maggiore attenzione e importanza. La 4a Edizione, tuttavia, è stata vissuta come l'edizione che ha scelto di imporre il combattimento come l'unica vera esperienza di gioco di D&D, riducendo il resto a semplici mini-giochi. La regola delle Skill Challange (regola che consente di risolvere le situazioni fuori dal combattimento attraverso una serie di prove di dado) è stata, in particolare, mal vissuta da molti giocatori tradizionalisti, perchè si è sentito che le Skill Challange banalizzassero molte esperienze di gioco, in particolare quelle di esplorazione e di roleplayng, riducendole a una pura formalità risolvibile con una manciata di prove di dado, così da potersi dedicare solo al combattimento.
Il fatto che la 4a Edizione abbia scelto di dare maggiore enfasi al combattimento, anche solo attraverso il modo in cui si presentava, ha reso poco rilevante se le Classi possedevano o meno capacità per le situazioni out off combat: l'impostazione generale stessa faceva sentire poco rilevante l'out off combat e questo ha rotto la "magia" per tutti coloro che hanno vissuto da sempre D&D come qualcosa di più di una serie di combattimenti. La 4a Edizione in parte insegna come fondamentale sia l'immagine generale che un gioco da di sè, prima ancora che i dettagli delle singole regole che possiede: se una cosa trasmette una immagine sbagliata di sè stessa, si rovina la reputazione e rischierà seriamente il fallimento.
Come già detto, la 4a edizione non è peggiore o migliore di altre edizioni per definizione. E' una questione di gusti personali. Molti hanno vissuto le sue idee come una cattiva notizia e, per questo, non l'hanno amata. Semplificando, la 4a Edizione ha semplicemente fatto l'errore di voler fare il salto più lungo della gamba, presentando cambiamenti troppo radicali, che non rispondevano alle reali esigenze di una grossa fetta di giocatori. Non puoi vendere una cosa a chi non ha bisogno di quella cosa, a meno che tu riesca a convincerla del contrario. La 4a Edizione, tuttavia, non è riuscita a trasmettere ai giocatori bene il suo messaggio e non ha saputo rispondere alle reali esigenze di molti giocatori. L'insoddisfazione dei giocatori, a quel punto, ha segnato la storia e ha contribuito a far circolare la nomea della 4a Edizione come una edizione mal fatta, quando in realtà si è trattato solo di un'edizione che non è piaciuta.
Come si dice sempre per la storia degli uomini, insomma, la storia la scrivono i vincitori.
La 4a Edizione non ha vinto il cuore di molti giocatori e i delusi hanno predominato, contribuendo così a creare, negli anni, una cattiva immagine di quella che è solo una delle varie incarnazioni di D&D.
E' una differenza di presentazione, dunque di percezione.
Dal punto di vista formale non c'è differenza, ma la differenza esiste nelle idee che le parole "quadretto" o "metro" trasmettono.
Il metro ti fa pensare alle misurazioni che utilizziamo nel mondo reale, quindi è un termine che contribuisce a rafforzare il coinvolgimento nella finzione. Usare la parola metro, insomma, non distrae dalla finzione e consente al giocatore di immedesimarsi nel mondo immaginario creato con i propri amici, misurato in metri come in metri la persona italiana misurerebbe le mura di casa propria.
Il quadrato, invece, è una unità di misura per noi irreale, non quotidiana, per questo percepita immediatamente come artificiale e falsa. Non misuriamo le stanze o le autostrade in quadrati, ma in metri o in chilometri. Parlare di quadrati, quindi, spezza il coinvolgimento dalla finzione, distrae dal mondo immaginario e fa percepire piuttosto il predominio delle regole del gioco sulla finzione. Il quadrato contribuisce a far percepire ai giocatori l'idea che stanno giocando a un gioco, impedendo l'immersione nella finzione, piuttosto che aiutarli a farsi coinvolgere da un mondo immaginario.
Il quadrato distrae, il metro aiuta a coinvolgere.
Come ho scritto più su, la presentazione conta.