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Recensione Daggerheart
4 puntigrazie , per la recensione , questi 5 punti , me lo faranno evitare come la morte : non esiste un ordine di turni fisso né round tradizionali. I giocatori decidono di volta in volta chi agisce, anche più volte di seguito lo stesso personaggio, finché le cose vanno a loro favore . non c’è un elenco di azioni standard né un limite a quante cose puoi fare quando prendi la parola. Sta al GM e ai giocatori stabilire cosa rientri in un’azione ragionevole . Allo stesso modo, misure come distanze, tempi precisi, peso dell’equipaggiamento sono trattate in modo vago e narrativo: le distanze diventano range concettuali (“Molto Vicino”, “Lontano”) anziché metri; il denaro è volutamente astratto in unità descrittive (“una manciata di monete”, “un forziere ricolmo”) senza conversioni numeriche dirette. il manuale ammette candidamente di non fornire un sistema esaustivo per tesori e oggetti magici, lasciando al GM di inventare o adattare dal proprio immaginario. Una delle critiche più approfondite giunte da alcuni giocatori esperti riguarda il timore che il gioco sia troppo indulgente verso i PG e pesante per il GM.4 punti
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Recensione Daggerheart
3 puntiPubblicato da Darrington Press e sviluppato dal team di Critical Role, “Daggerheart” è un gioco di ruolo fantasy che ambisce a raccogliere l’eredità di D&D innovandone la formula. Dopo anni di sviluppo, il manuale definitivo promette campagne lunghe e personaggi ricchi, con meccaniche inedite che puntano a risolvere alcuni difetti storici di Dungeons & Dragons. In questa recensione approfondiamo gli aspetti chiave di Daggerheart – dal sistema di regole alle differenze con D&D 5ª edizione (e 5.5e), dalla qualità del manuale e dei materiali grafici fino all’esperienza di gioco offerta e alle reazioni della community di appassionati. Il nostro approccio sarà critico e obiettivo, evidenziando punti di forza e debolezze di questo nuovo esponente nel panorama GDR. Sistema di gioco e meccaniche fondamentaliCuore pulsante di Daggerheart è un sistema “dual dice” che sostituisce il classico d20 con due dadi a dodici facce, uno di Speranza e uno di Paura. Ogni volta che i personaggi affrontano un’azione incerta, il giocatore tira entrambi i d12 e ne somma i risultati (più eventuali modificatori), tentando di raggiungere o superare una difficoltà target. Questo già mitiga la “swinginess” del d20, distribuendo i risultati intorno a una media più prevedibile. Ma la vera innovazione sta nel confronto fra i due dadi: se il dado Speranza è più alto, il tiro è “con Speranza” e porta un esito positivo extra; se è più alto il dado Paura, il tiro è “con Paura” e introduce complicazioni narrative aggiuntive. Importante notare che ciò avviene a prescindere dal successo o fallimento dell’azione: ad esempio un fallimento “con Speranza” concede comunque un vantaggio al personaggio (come un gettone Speranza da spendere più avanti), mentre un successo “con Paura” implica conseguenze avverse nonostante si ottenga l’obiettivo. In pratica ogni tiro comporta quattro possibili esiti: successo senza intoppi, successo con complicazione, fallimento mitigato da un beneficio o fallimento aggravato. Questa struttura ricorda i gradi di successo dei giochi Powered by the Apocalypse, dove non esiste un esito “vuoto” privo di effetti narrativi. Inoltre un doppio (i due d12 che mostrano lo stesso valore) equivale a un successo critico se l’azione riesce, conferendo un beneficio extra (come un punto Speranza e persino l’azzeramento di uno Stress accumulato). Al contrario, nel sistema non è previsto alcun “fallimento critico” automatico: il fallimento assoluto è meno probabile e quasi mai privo di conseguenze narrative. Speranza e Paura funzionano anche come risorse meta-gioco: i giocatori accumulano Punti Speranza ogni volta che tirano con Speranza, e il Game Master accumula Punti Paura per ogni tiro con Paura. I Punti Speranza sono spendibili dai giocatori per attivare capacità speciali, potenziare incantesimi o ottenere bonus – ad esempio ogni classe ha un proprio “momento eroico” sbloccabile spendendo 3 Speranza, che può renderli inarrestabili in combattimento o permettere cure straordinarie agli alleati. Simmetricamente, il GM può spendere i Punti Paura accumulati per rafforzare i nemici, introdurre ostacoli ambientali più insidiosi o spostare il fuoco narrativo sui villain, rendendo la scena più tesa e pericolosa. Questo bilanciamento dinamico di risorse crea un flusso di gioco dove la tensione può crescere gradualmente: man mano che i PG collezionano Speranza diventano più capaci di imprese eroiche, mentre un “tesoretto” di Paura nelle mani del GM preannuncia svolte avverse o colpi di scena letali. In combattimento, ad esempio, un tiro con Paura dà immediatamente al GM la possibilità di far agire i nemici, rendendo lo scontro più incalzante: se un attacco va a vuoto “con Paura”, un avversario ne approfitterà per contrattaccare all’istante o per ottenere un vantaggio sul campo. Al contrario, agire “con Speranza” mantiene l’iniziativa saldamente nelle mani dei giocatori, consentendo al gruppo di proseguire la sequenza delle proprie azioni senza interruzioni. Proprio l’Iniziativa è un altro aspetto radicalmente diverso da D&D: Daggerheart adotta un sistema libero e “cinematografico” in cui non esiste un ordine di turni fisso né round tradizionali. I giocatori decidono di volta in volta chi agisce, anche più volte di seguito lo stesso personaggio, finché le cose vanno a loro favore. Questo approccio, detto popcorn initiative, mira a replicare scene d’azione mozzafiato: un personaggio può concatenare più mosse eroiche di fila, come in una sequenza da film, senza dover aspettare il consueto “giro di tavolo”. C’è però un contrappeso: appena un giocatore ottiene un tiro con Paura, l’iniziativa passa al GM, che può far reagire i nemici sfruttando dei “token azione” accumulati. In pratica ogni volta che un eroe agisce, si depone un segnalino; quando scatta la Paura, il GM spende quei segnalini per far compiere azioni alle creature avversarie – ad esempio, con tre token il GM potrebbe in sequenza far rimuovere ai nemici una condizione negativa, attaccare, e attivare un effetto speciale. Il GM può anche convertire token azione direttamente in punti Paura aggiuntivi per effetti futuri. Il risultato è uno scambio elastico PG–GM: finché i giocatori riescono (soprattutto con Speranza) mantengono il controllo della scena, ma ogni inciampo (Paura) apre spiragli per le contromosse del GM, creando scontri molto dinamici e imprevedibili. Questo modello ha il pregio di tenere tutti sempre sull’attenti – non si resta passivi in attesa del proprio turno fisso, ma dopo ogni azione un altro giocatore può proporsi per agire subito se la situazione lo richiede. Di contro, questa libertà richiede maturità e collaborazione: c’è il rischio che i giocatori più intraprendenti monopolizzino la scena prendendo turno dopo turno, mentre i più timidi restino indietro. Il regolamento stesso raccomanda il buon senso – tutti dovrebbero agire almeno una volta prima che qualcuno agisca di nuovo – ma in definitiva spetta al gruppo (e al GM) gestire il ritmo ed evitare squilibri. In tavoli affiatati questo può favorire momenti memorabili, ma con gruppi meno disciplinati potrebbe insorgere qualche problema di “spotlight” per i giocatori più silenziosi. Passando agli aspetti più tradizionali, Daggerheart mantiene sei caratteristiche base del personaggio, evolvendo però quelle di D&D. I punteggi di Forza, Agilità, Precisione (Finesse), Istinto (o Intuito), Presenza e Conoscenza sostituiscono le classiche di D&D. In particolare si nota la scelta di scindere il vecchio “Destrezza” in Agilità e Precisione, in modo da evitare che un singolo attributo governi troppe aree (come accade in D&D, dove la Destrezza influenza iniziativa, attacco a distanza, CA, furtività, ecc.). Inoltre non esiste la Costituzione: i punti ferita iniziali e la loro crescita dipendono unicamente dalla classe del personaggio, eliminando un altro parametro “onnipresente” che in D&D tutti massimizzavano rendendo i PG un po’ tutti uguali in robustezza. La Presenza sostituisce il Carisma come capacità di influenza e forza di personalità (senza i sottintesi di avvenenza fisica). Al momento della creazione, il giocatore distribuisce un set di modificatori predefiniti tra le sei caratteristiche (ad es. +2, +1, +1, 0, 0, -1) per personalizzare il proprio personaggio. Questi punteggi verranno aggiunti ai tiri di dado pertinenti (abilità, attacchi, ecc.) e già qui notiamo un primo effetto sull’andamento dei test: in D&D spesso per distinguere un esperto da un incapace si arrivava a bonus numerici elevatissimi (anche +10 o +15) contro difficoltà estreme, perché il d20 era troppo aleatorio. In Daggerheart, grazie alla curva più stabile dei 2d12, anche piccoli modificatori (+1/+2) hanno un peso sensibile sulle probabilità di successo. Ciò rende i personaggi esperti davvero più affidabili degli inesperti, senza gonfiare all’infinito bonus e difficoltà. Un’altra novità è il sistema di danni e salute, che introduce concetti di Stress e Armatura accanto ai Punti Ferita. Tutti i PG iniziano con soli 6 Punti Ferita base, ma questo numero esiguo non deve ingannare: il gioco non si riduce a “morire con 6 danni”, perché il danno viene valutato in modo particolare. Quando un personaggio subisce un colpo, il GM tira un dado di danno la cui entità dipende dall’arma o minaccia (si va da d6 fino a d20 per gli attacchi più devastanti). Dal valore uscito si sottrae il punteggio di Armatura del bersaglio, che rappresenta la protezione indossata. L’Armatura in Daggerheart è ablativa: quel valore assorbito riduce l’integrità dell’armatura stessa, che può rompersi o richiedere riparazioni durante la prossima pausa (short rest). Se, dopo la riduzione dell’armatura, il danno risultante è inferiore a una certa soglia, il PG non perde Punti Ferita ma accumula invece Stress – una sorta di affaticamento, ferite leggere o fiato corto. Solo quando il colpo supera la soglia di gravità, il personaggio perde effettivamente 1 o più Punti Ferita: ad esempio, un attacco particolarmente potente potrebbe togliere 2 o 3 PF in un colpo solo se eccede di molto la soglia. Questo significa che non ogni colpo va a segno in maniera letale: molti attacchi minori intaccano la resistenza del personaggio sotto forma di Stress senza intaccare subito i suoi veri Punti Ferita. Lo Stress è un secondo indicatore di affaticamento che può essere smaltito più facilmente (ad esempio certe abilità o il riposo breve permettono di ridurlo o cancellarlo). In questo modo un PG al livello 1 non viene abbattuto da un singolo colpo sfortunato, come invece accade spesso in D&D 5e: i nuovi personaggi di Daggerheart sono pensati per essere più duraturi e sopravvivere alle prime battaglie, riprendendo un’idea già vista in D&D 4e per cui i PG alle prime armi hanno qualche chance in più di superare l’inizio dell’avventura. Anche il tema della morte e del dying è affrontato diversamente. In D&D 5e, salvo rari casi, i personaggi svenuti a 0 HP sono in pericolo solo con pessimi tiri di salvezza o se ignorati a lungo, e persino la morte definitiva può essere ribaltata con magie di resurrezione abbastanza facilmente. Daggerheart invece trasforma il momento in cui un eroe scende a 0 PF in un dilemma drammatico: il giocatore deve scegliere immediatamente una tra tre opzioni, chiamate Mosse di Morte. La prima è la più eroica: “Esco di scena in gloria” – il personaggio compie un’ultima azione disperata con successo critico automatico (ad esempio colpisce a morte il boss, salva un alleato, attiva un potere straordinario) e poi muore definitivamente. La seconda opzione è “Rischiare il tutto per tutto”: si tira ancora una volta il dado Speranza e Paura; se vince la Speranza il personaggio si riprende (riacquista qualche PF e continua a combattere), ma se prevale la Paura muore sul colpo. Infine c’è “Evitare la morte”: il PG perde conoscenza ma sopravvive; tuttavia, la situazione peggiora – di concerto con il GM si descrive come il fato avverso colpisce il gruppo (es: i rinforzi nemici arrivano, un obiettivo sfuma) – e come conseguenza il personaggio perde permanentemente un punto dalla sua capacità massima di Speranza. Questa ultima opzione è particolarmente interessante: rappresenta un eroe che sfugge alla morte ma ne esce segnato nell’animo, meno capace di provare speranza. Ogni personaggio ha inizialmente una riserva massima di 5 Punti Speranza ottenibili; se, accumulando traumi, la sua capacità massima scende a 0, diventa un guscio senza speranza e deve ritirarsi dalle scene. In sostanza, Daggerheart sostituisce i gelidi tiri salvezza morte di D&D con scelte narrative significative: i decessi possono avvenire in un tripudio epico o tramite sacrifici sofferti, e anche evitarli comporta un costo non banale. Nel mondo di gioco la morte è più presente; addirittura, negli scenari ufficiali, la resurrezione è rarissima o impossibile – ad esempio il miniseries “Age of Umbra” ambientato con Daggerheart ha esplicitamente escluso qualsiasi resurrezione per mantenere alta la posta in gioco. Il manuale core include tuttavia un singolo incantesimo di resurrezione, utilizzabile una sola volta per campagna: un compromesso che enfatizza il peso di riportare indietro i morti, lontano dall’approccio più videogame di D&D dove i personaggi di alto livello accumulano più vite di un gatto. In sintesi, Daggerheart si presenta come un “ibrido narrativo” di D&D, mantenendone molti paradigmi (classi, livelli, tiri contro difficoltà, abilità note ai giocatori tradizionali) ma introducendo al contempo elementi moderni di game design: esiti graduali, risoluzione condivisa e risorse narrative, modularità e bilanciamento orizzontale tra classi. Come osservato da vari recensori, il gioco mostra chiaramente la sua parentela con D&D ma anche la volontà di offrire soluzioni ai limiti di 5e attingendo a meccaniche di altri sistemi (dal fail-forward di Apocalypse World ai “poteri per tutti” di D&D4e, fino a idee prese da Genesys o Fate per l’uso di dadi narrativi e token). Per chi ha familiarità con la quinta edizione, Daggerheart risulterà al contempo familiare e sorprendente: non è una rivoluzione radicale come un gioco indie puro, ma nemmeno una semplice variazione sul tema – è un’evoluzione che cerca di conservare il feeling del fantasy eroico limandone le asperità e aggiungendo nuova linfa creativa. Manuale: qualità della scrittura, chiarezza e strutturaIl Daggerheart Core Set si presenta in una scatola che include il Manuale Base e un mazzo di 279 carte illustrate. Il manuale in sé è un tomo corposo (la bozza di playtest contava 377 pagine e la versione finale si attesta attorno a questa dimensione), organizzato per guidare sia giocatori che GM attraverso la creazione condivisa del mondo e l’apprendimento delle regole. La struttura ricalca in parte quella di un classico Player’s Handbook: sezioni su creazione dei personaggi, regole di gioco, combattimento, magia, seguite da capitoli dedicati al Game Master (adversari, consigli di narrazione) e diversi “Campaign Frames” ovvero scenari/ambientazioni pronti per giocare. L’intento è dichiarato: fornire tutto il necessario in un unico prodotto per iniziare campagne di vario genere senza dover attendere supplementi. Ci sono sei “frame” nel manuale base, ognuno di ~10-20 pagine, che delineano un tema di campagna con trama iniziale, lore, una mappa regionale personalizzabile, uno spunto per la sessione 1 e persino piccole regole aggiuntive ad hoc per quell’ambientazione. Ad esempio, Age of Umbra è un frame dark fantasy survival (mondo morente invaso dall’oscurità, comunità asserragliate alla luce di candele della speranza); Beast Feast propone un’avventura sotterranea culinaria con mostri da cacciare e cucinare; Five Banners Burning tratteggia un conflitto geopolitico tra regni rivali sull’orlo della guerra totale, e così via. Questa sezione è un grande punto a favore del manuale: funziona come “starter kit” per il GM, offrendo ambientazioni variegate (dalla dungeon crawl con giganti stile Shadow of the Colossus al tecnofantasy post-apocalittico) da cui attingere immediatamente senza dover creare tutto da zero. È evidente la cura nel fornire strumenti concreti al master, in linea con la filosofia dichiarata di rendere Daggerheart accessibile e “meno intimidatorio per i neofiti”. Quanto alla scrittura e allo stile espositivo, il manuale di Daggerheart adotta un tono colloquiale e incoraggiante, riflettendo l’esperienza dei suoi autori (tra cui la voce di Matthew Mercer e designer come Spenser Starke). Sin dall’introduzione si enfatizza la narrativa collaborativa: il GM è invitato a fare domande ai giocatori per costruire insieme il mondo, e a non vedere il regolamento come rigido ma adattabile ai gusti del gruppo. Più volte nel testo si ribadisce che il fallimento dei PG non dovrebbe mai essere punitivo o umiliante, ma al contrario un’occasione per arricchire la storia senza far sfigurare i protagonisti. Questo approccio player-centric è pensato per rispecchiare lo stile degli Actual Play (Critical Role in primis) dove la regola d’oro è far brillare i personaggi e non bloccare mai il racconto: ad esempio, le linee guida per il GM spesso consigliano di “non far sembrare i PG incapaci per un brutto tiro, ma attribuire la colpa a fattori esterni”. È una filosofia che rende la lettura del manuale confortevole per chi vi si avvicina – viene quasi assicurato che nessuno resterà frustrato a lungo – però ha attirato qualche critica da parte di master più tradizionalisti. Alcuni lettori hanno interpretato questa “paura di far fallire davvero i giocatori” come un eccesso di protezione che potrebbe ridurre la tensione di gioco. In effetti, con così tanti accorgimenti a favore dei PG (critici frequenti, fallimenti mitigati, ecc.), un GM alle prime armi rischia di pendere troppo dal lato “non succede mai nulla di veramente negativo” se segue pedissequamente il manuale. Questa mancanza di specificità in certi punti è un’arma a doppio taglio. Da un lato offre flessibilità, dall’altro può lasciare incerti su come procedere. Un esempio lampante segnalato da alcuni utenti è la totale assenza di una definizione di “turno” nelle regole di combattimento: non c’è un elenco di azioni standard né un limite a quante cose puoi fare quando prendi la parola. Sta al GM e ai giocatori stabilire cosa rientri in un’azione ragionevole; ciò funziona bene con giocatori esperti e propositivi (come quelli del cast di Critical Role, abituati a improvvisare sequenze cinetiche senza abuso), ma può disorientare gruppi abituati alle nitide regole di ingaggio di D&D (azione, movimento, azione bonus, reazione). Allo stesso modo, misure come distanze, tempi precisi, peso dell’equipaggiamento sono trattate in modo vago e narrativo: le distanze diventano range concettuali (“Molto Vicino”, “Lontano”) anziché metri; il denaro è volutamente astratto in unità descrittive (“una manciata di monete”, “un forziere ricolmo”) senza conversioni numeriche dirette. Ciò contribuisce all’atmosfera fiabesca e incoraggia a non fissarsi sul calcolo di ogni spicciolo, ma sicuramente chi preferisce un tracking dettagliato potrebbe storcere il naso (paradossalmente, la scelta di esprimere il denaro in “manciate/sacchi/forzieri” ha confuso alcuni, che la trovano più contorta di un semplice sistema decimale in monete d’oro). In termini di editing e presentazione testuale, Daggerheart regge il confronto con i prodotti Wizards? La prosa è scorrevole e accessibile, chiaramente rivolta a un pubblico anche giovane o alle prime armi, senza troppi tecnicismi. Qualche recensore ha segnalato piccoli nei di impaginazione, come un font un po’ piccolo in certi paragrafi che può affaticare la lettura prolungata (soprattutto nel PDF su schermo) e alcune tabelle ripetitive. Un esempio è la sezione delle armi, criticata perché elenca le stesse statistiche per armi di tier diverso anziché sintetizzare con una formula – il che appesantisce le pagine sugli equipaggiamenti. Inoltre la gestione del loot è appena accennata: il manuale ammette candidamente di non fornire un sistema esaustivo per tesori e oggetti magici, lasciando al GM di inventare o adattare dal proprio immaginario. Questo per alcuni è un punto debole (ci si aspetterebbe almeno qualche tabella randomica o oggetti esemplificativi con descrizioni colorite, che invece mancano: gli oggetti speciali di alto livello hanno nomi altisonanti ma nessuna descrizione dettagliata). In definitiva, la scrittura di Daggerheart punta più a ispirare e guidare che a codificare ogni dettaglio. Si percepisce che gli autori hanno progettato il gioco pensando al flow narrativo prima che al rigore simulativo. Questa scelta rende il manuale piacevole da leggere come un handbook di storytelling collaborativo – soprattutto per chi ama Critical Role e il suo stile –, ma richiede dal GM una certa proattività nel colmare i “bianchi” laddove serva specificità. La struttura generale è ben organizzata, con capitoli ben separati e un indice chiaro; la chiarezza è ottima per le nuove meccaniche (che vengono spiegate approfonditamente con esempi), un po’ meno per le zone lasciate volutamente nebulose. Nel complesso, però, il prodotto è rifinito e professionale, considerando che è il primo GDR di questa complessità pubblicato da Darrington Press. Illustrazioni, layout e qualità graficaCopertina standard di Daggerheart (illustrazione di Mat Wilma) raffigurante eroi e creature del mondo di gioco, avvolti tra i contrasti di luce e ombra che rappresentano la Speranza e la Paura. Le componenti visive di Daggerheart sono senza dubbio uno dei suoi punti di forza. Darrington Press ha investito in un comparto artistico di alto livello, arruolando numerosi illustratori di talento (tra cui Mat Wilma, autore della copertina standard, Dominik Mayer per la copertina della Limited Edition, e artisti come Bear Frymire, Nikki Dawes, Shaun Ellis, Jessica Nguyen e molti altri per le immagini interne). Il risultato è un manuale e un set di carte esteticamente splendidi. La copertina limitata, invece, è un’opera integrale di Dominik Mayer dai toni violacei e oro, stampata su cofanetto e manuale con finiture di pregio: raffigura probabilmente un simbolismo astratto legato al cuore-pugnale (il logo del gioco) ed è concepita per estendersi sullo schermo del GM incluso nell’edizione speciale. In entrambe le edizioni, la qualità di stampa e materiali è elevata: la Limited offre addirittura un set di dadi personalizzati, token e dettagli premium, tutti coordinati con l’artwork vibrante e suggestivo del box. Il design grafico delle carte e delle schede è un equilibrio ben riuscito tra funzionalità e bellezza. Le carte hanno formato tarocco/poker standard e illustrazioni in stile trading card, con icone chiare per indicare il tipo (abilità di Dominio, incantesimo, tratto, ecc.) e testo ben formattato. Durante il playtest iniziale qualche giocatore ha ritenuto che le carte fossero un extra non indispensabile (dato che tutte le informazioni sono anche nel manuale), ma quasi tutti concordano che averle in mano migliora l’esperienza: è più immediato scegliere un’azione guardando una splendida immagine a colori e un breve testo, piuttosto che sfogliare pagine o file PDF. In sintesi, il comparto artistico e grafico di Daggerheart è eccellente e all’altezza di una pubblicazione di prestigio. Illustrazioni evocative, materiali di qualità, scelte cromatiche e di design che rafforzano i temi del gioco (i contrasti oro/nero per speranza e paura ricorrono spesso). Sfogliare il manuale e disporre le carte sul tavolo è un piacere per gli occhi, e questo contribuisce non poco a immergere i giocatori nell’atmosfera. Anche l’attenzione ai dettagli – come la presenza di un’utile pagina download sul sito con versioni stampabili delle carte, schede extra, etc. – denota la cura nel voler far arrivare ai giocatori un prodotto sia bello che funzionale, senza costringerli a spese ulteriori per accessori essenziali. Ricezione della community GdRSin dal lancio della open beta a marzo 2024, Daggerheart ha catalizzato l’attenzione della community dei giochi di ruolo. La sua ricezione generale è stata in gran parte positiva, sebbene non siano mancate critiche e dibattiti accesi su specifiche scelte di design. Vediamo quali sono i principali punti emersi dalle opinioni di giocatori, master e recensori al di fuori del circolo di Critical Role (forum indipendenti, subreddit, canali YouTube specializzati, ecc.), per avere un quadro obiettivo. Punti di forza più apprezzati: molti fan di D&D e pathfinder che hanno provato Daggerheart concordano che il sistema risolve efficacemente alcune frustrazioni di 5e. In particolare, la meccanica di Speranza/Paura viene lodata perché “finalmente i fallimenti non sono tempo perso”. Numerosi commenti sottolineano quanto sia soddisfacente vedere la storia evolvere anche quando i dadi non sono favorevoli, invece di sentirsi bloccati. Un giocatore ha scritto: “In Daggerheart ogni tiro fa avanzare la trama, non c’è mai quella sensazione di avere buttato via il turno” – un cambio di paradigma molto ben accolto da chi trovava D&D a volte stagnante nei momenti morti. Anche l’addio al d20 unico ha ricevuto consensi: c’è chi paragona favorevolmente l’esperienza di tirare due dadi a quella di tirare con vantaggio perenne, ma in modo più elegante. Un altro aspetto spesso citato in positivo è la progressione bilanciata delle classi: veterani di D&D4e hanno ritrovato con piacere un sistema in cui ogni livello porta nuove opzioni tangibili (carte) e dove nessun ruolo resta mai a corto di cose da fare. Accoglienza critica e punti deboli segnalati: naturalmente, non tutti gli elementi di Daggerheart hanno convinto. Una delle critiche più approfondite giunte da alcuni giocatori esperti riguarda il timore che il gioco sia troppo indulgente verso i PG e pesante per il GM. Un lungo post su r/fansofcriticalrole, ad esempio, analizzava matematicamente che i giocatori tendono a ottenere esiti positivi (Speranza) nel 62,5% dei casi per via del sistema duale, riducendo i fallimenti “puri” a meno della metà di quanto accadrebbe in D&D. L’autore sosteneva che questo “bias” verso il successo potrebbe abbassare la tensione a lungo andare. Inoltre faceva notare che il GM tira ancora un d20 lineare per le resistenze dei nemici, quindi paradossalmente i nemici sono soggetti a più varianza e inaffidabilità dei PG (che col 2d12 sono più stabili). Ciò, a suo dire, crea un feedback loop poco stimolante per il GM, perché i PG accumuleranno Speranza più velocemente di quanto il GM accumuli Paura, rendendo difficile mettere davvero in crisi il gruppo. Altri hanno espresso perplessità sul sistema di iniziativa libera, preoccupati che i giocatori meno assertivi vengano schiacciati e che senza una struttura chiara di turni e azioni il gioco possa degenerare in caos se il GM non è abilissimo. Un utente ha riassunto questa paura dicendo: “Daggerheart va benissimo se hai un cast affiatato come Critical Role, ma in un gruppo casuale rischi che qualcuno rimanga zitto tutto il tempo aspettando che gli altri facciano le cose” – insomma non tutti credono che il modello “popcorn” possa funzionare universalmente. Alcuni GM inoltre hanno riportato la sensazione che molte decisioni delicate vengano scaricate sulle spalle del GM: mancando regole dettagliate, tocca a lui dosare la difficoltà, inventare complicazioni, ecc., il che può essere stancante. Un commento estremamente critico affermava che “Daggerheart è asimmetrico: la partita dei giocatori è super guidata e semplificata, mentre quella del GM è in hard mode” perché deve inventare lui la “specificità che al sistema manca”. Ad esempio, notava che il manuale suggerisce di personalizzare o creare equipaggiamenti, ma non dà strumenti per farlo – quindi sta al GM improvvisare il bilanciamento di un nuovo oggetto magico se vuole introdurlo. Questo tipo di osservazioni solleva un punto valido: Daggerheart chiede un certo sforzo creativo ai GM, il che per alcuni è un pregio (massima libertà) e per altri un difetto (poca assistenza). Sul fronte community non legata a Critical Role, va detto che Daggerheart ha destato interesse anche oltre il fandom di CR. Su forum generalisti come EN World o Reddit r/rpg si notano thread di curiosi che ne discutono, e la tone è in genere rispettosa: non viene bollato come “il gioco dei critters” ma valutato per i suoi meriti. Ovviamente la stretta associazione con Critical Role da un lato garantisce una base di giocatori enorme sin dal day one (molti fan lo hanno comprato a prescindere), ma dall’altro suscita un po’ di scetticismo in chi teme che sia un prodotto pensato solo per sfruttare un brand. Le reazioni finora indicano però che il gioco regge da sé: diversi utenti che dichiaravano di non seguire CR lo hanno provato e trovato divertente a prescindere. Al tempo stesso, la fanbase CR più irriducibile – come richiesto, abbiamo guardato anche opinioni lontane da quell’eco-chamber, ma è interessante notare – non è acritica: sui subreddit e gruppi fan, assieme all’entusiasmo (alto), c’è anche chi discute difetti e possibili migliorie, segno di una ricezione matura. ConclusioniLa versione finale di Daggerheart si presenta come un prodotto ambizioso e ben curato, capace di offrire un’esperienza familiare e al contempo fresca agli appassionati di giochi di ruolo fantasy. I suoi punti di forza risiedono in un sistema di risoluzione innovativo (i Duality Dice con Speranza e Paura) che rende ogni tiro significativo e carico di spunti narrativi, in una visione del gioco centrata sui personaggi e sulla collaborazione creativa che riprende lo spirito degli Actual Play e lo traduce in meccaniche tangibili, e in un bilanciamento delle opzioni che fa sì che ogni giocatore abbia voce in capitolo nella storia, dal bardo incantatore al guerriero più marziale. L’attenzione per la qualità editoriale – splendide illustrazioni, materiale pronto all’uso, supporto online – impreziosisce ulteriormente il pacchetto e dimostra la serietà del progetto. Daggerheart è, in sostanza, la risposta a chi voleva un “D&D con più narrativa” senza perdere del tutto la struttura tradizionale: un equilibrio non facile che, nei nostri test e nelle sessioni riportate, sembra essere stato raggiunto con successo. Detto questo, il gioco non è privo di difetti o scelte divisive. Alcune semplificazioni (come l’iniziativa libera o la scarsa granularità di certe regole) potrebbero non adattarsi a tutti i gruppi, specialmente a quelli abituati a una chiara struttura formale. Il GM in Daggerheart gode di grande libertà, ma anche di molta responsabilità: un arbitro inesperto o non in sintonia col tono del gioco potrebbe faticare a gestire risorse come la Paura o a mantenere bilanciata l’attenzione tra i giocatori. Alcuni aspetti del regolamento appaiono meno sviluppati, come la gestione del bottino e delle attività di downtime, lasciando buchi che richiederanno creatività o house rules per essere riempiti. Inoltre, c’è la prova del tempo: Daggerheart nasce dichiaratamente per campagne lunghe, ma solo giocandone una sino in fondo si potrà valutare la tenuta del sistema (progredire di livello manterrà il gioco interessante e bilanciato? I PG di alto livello accumuleranno troppa Speranza rendendo vana la minaccia, o il GM troverà il modo di alzare la posta con la Paura?). Queste domande restano aperte, sebbene le premesse siano promettenti. In conclusione, Daggerheart merita attenzione sia da parte dei fan di Critical Role – che vi ritroveranno codificato su carta quello stile epico-drammatico che amano guardare in streaming – sia da parte dei giocatori di ruolo in generale, specialmente chi apprezza D&D ma ne vorrebbe un’evoluzione più narrativa. Non rivoluzionerà l’hobby per chi è già avvezzo a sistemi indie molto sperimentali, ma colma uno spazio importante: quello di un GDR mainstream che abbia il coraggio di deviare dagli standard di D&D pur restando accessibile e user-friendly. Daggerheart è, insomma, un ottimo esordio per Darrington Press nel campo dei giochi di ruolo complessi: un gioco che unisce cuore e lama, speranza e paura, divertendo e coinvolgendo sia i nuovi avventurieri che i veterani di mille dungeon. View full articolo3 punti
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Recensione Daggerheart
3 puntiIo i sistemi che non definiscono equipaggiamenti, tesori, sfide, distanze o altro per lasciare "massima libertà" li scarto a prescindere.3 punti
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Recensione Daggerheart
3 puntiSistema di gioco e meccaniche fondamentaliCuore pulsante di Daggerheart è un sistema “dual dice” che sostituisce il classico d20 con due dadi a dodici facce, uno di Speranza e uno di Paura. Ogni volta che i personaggi affrontano un’azione incerta, il giocatore tira entrambi i d12 e ne somma i risultati (più eventuali modificatori), tentando di raggiungere o superare una difficoltà target. Questo già mitiga la “swinginess” del d20, distribuendo i risultati intorno a una media più prevedibile. Ma la vera innovazione sta nel confronto fra i due dadi: se il dado Speranza è più alto, il tiro è “con Speranza” e porta un esito positivo extra; se è più alto il dado Paura, il tiro è “con Paura” e introduce complicazioni narrative aggiuntive. Importante notare che ciò avviene a prescindere dal successo o fallimento dell’azione: ad esempio un fallimento “con Speranza” concede comunque un vantaggio al personaggio (come un gettone Speranza da spendere più avanti), mentre un successo “con Paura” implica conseguenze avverse nonostante si ottenga l’obiettivo. In pratica ogni tiro comporta quattro possibili esiti: successo senza intoppi, successo con complicazione, fallimento mitigato da un beneficio o fallimento aggravato. Questa struttura ricorda i gradi di successo dei giochi Powered by the Apocalypse, dove non esiste un esito “vuoto” privo di effetti narrativi. Inoltre un doppio (i due d12 che mostrano lo stesso valore) equivale a un successo critico se l’azione riesce, conferendo un beneficio extra (come un punto Speranza e persino l’azzeramento di uno Stress accumulato). Al contrario, nel sistema non è previsto alcun “fallimento critico” automatico: il fallimento assoluto è meno probabile e quasi mai privo di conseguenze narrative. Speranza e Paura funzionano anche come risorse meta-gioco: i giocatori accumulano Punti Speranza ogni volta che tirano con Speranza, e il Game Master accumula Punti Paura per ogni tiro con Paura. I Punti Speranza sono spendibili dai giocatori per attivare capacità speciali, potenziare incantesimi o ottenere bonus – ad esempio ogni classe ha un proprio “momento eroico” sbloccabile spendendo 3 Speranza, che può renderli inarrestabili in combattimento o permettere cure straordinarie agli alleati. Simmetricamente, il GM può spendere i Punti Paura accumulati per rafforzare i nemici, introdurre ostacoli ambientali più insidiosi o spostare il fuoco narrativo sui villain, rendendo la scena più tesa e pericolosa. Questo bilanciamento dinamico di risorse crea un flusso di gioco dove la tensione può crescere gradualmente: man mano che i PG collezionano Speranza diventano più capaci di imprese eroiche, mentre un “tesoretto” di Paura nelle mani del GM preannuncia svolte avverse o colpi di scena letali. In combattimento, ad esempio, un tiro con Paura dà immediatamente al GM la possibilità di far agire i nemici, rendendo lo scontro più incalzante: se un attacco va a vuoto “con Paura”, un avversario ne approfitterà per contrattaccare all’istante o per ottenere un vantaggio sul campo. Al contrario, agire “con Speranza” mantiene l’iniziativa saldamente nelle mani dei giocatori, consentendo al gruppo di proseguire la sequenza delle proprie azioni senza interruzioni. Proprio l’Iniziativa è un altro aspetto radicalmente diverso da D&D: Daggerheart adotta un sistema libero e “cinematografico” in cui non esiste un ordine di turni fisso né round tradizionali. I giocatori decidono di volta in volta chi agisce, anche più volte di seguito lo stesso personaggio, finché le cose vanno a loro favore. Questo approccio, detto popcorn initiative, mira a replicare scene d’azione mozzafiato: un personaggio può concatenare più mosse eroiche di fila, come in una sequenza da film, senza dover aspettare il consueto “giro di tavolo”. C’è però un contrappeso: appena un giocatore ottiene un tiro con Paura, l’iniziativa passa al GM, che può far reagire i nemici sfruttando dei “token azione” accumulati. In pratica ogni volta che un eroe agisce, si depone un segnalino; quando scatta la Paura, il GM spende quei segnalini per far compiere azioni alle creature avversarie – ad esempio, con tre token il GM potrebbe in sequenza far rimuovere ai nemici una condizione negativa, attaccare, e attivare un effetto speciale. Il GM può anche convertire token azione direttamente in punti Paura aggiuntivi per effetti futuri. Il risultato è uno scambio elastico PG–GM: finché i giocatori riescono (soprattutto con Speranza) mantengono il controllo della scena, ma ogni inciampo (Paura) apre spiragli per le contromosse del GM, creando scontri molto dinamici e imprevedibili. Questo modello ha il pregio di tenere tutti sempre sull’attenti – non si resta passivi in attesa del proprio turno fisso, ma dopo ogni azione un altro giocatore può proporsi per agire subito se la situazione lo richiede. Di contro, questa libertà richiede maturità e collaborazione: c’è il rischio che i giocatori più intraprendenti monopolizzino la scena prendendo turno dopo turno, mentre i più timidi restino indietro. Il regolamento stesso raccomanda il buon senso – tutti dovrebbero agire almeno una volta prima che qualcuno agisca di nuovo – ma in definitiva spetta al gruppo (e al GM) gestire il ritmo ed evitare squilibri. In tavoli affiatati questo può favorire momenti memorabili, ma con gruppi meno disciplinati potrebbe insorgere qualche problema di “spotlight” per i giocatori più silenziosi. Passando agli aspetti più tradizionali, Daggerheart mantiene sei caratteristiche base del personaggio, evolvendo però quelle di D&D. I punteggi di Forza, Agilità, Precisione (Finesse), Istinto (o Intuito), Presenza e Conoscenza sostituiscono le classiche di D&D. In particolare si nota la scelta di scindere il vecchio “Destrezza” in Agilità e Precisione, in modo da evitare che un singolo attributo governi troppe aree (come accade in D&D, dove la Destrezza influenza iniziativa, attacco a distanza, CA, furtività, ecc.). Inoltre non esiste la Costituzione: i punti ferita iniziali e la loro crescita dipendono unicamente dalla classe del personaggio, eliminando un altro parametro “onnipresente” che in D&D tutti massimizzavano rendendo i PG un po’ tutti uguali in robustezza. La Presenza sostituisce il Carisma come capacità di influenza e forza di personalità (senza i sottintesi di avvenenza fisica). Al momento della creazione, il giocatore distribuisce un set di modificatori predefiniti tra le sei caratteristiche (ad es. +2, +1, +1, 0, 0, -1) per personalizzare il proprio personaggio. Questi punteggi verranno aggiunti ai tiri di dado pertinenti (abilità, attacchi, ecc.) e già qui notiamo un primo effetto sull’andamento dei test: in D&D spesso per distinguere un esperto da un incapace si arrivava a bonus numerici elevatissimi (anche +10 o +15) contro difficoltà estreme, perché il d20 era troppo aleatorio. In Daggerheart, grazie alla curva più stabile dei 2d12, anche piccoli modificatori (+1/+2) hanno un peso sensibile sulle probabilità di successo. Ciò rende i personaggi esperti davvero più affidabili degli inesperti, senza gonfiare all’infinito bonus e difficoltà. Un’altra novità è il sistema di danni e salute, che introduce concetti di Stress e Armatura accanto ai Punti Ferita. Tutti i PG iniziano con soli 6 Punti Ferita base, ma questo numero esiguo non deve ingannare: il gioco non si riduce a “morire con 6 danni”, perché il danno viene valutato in modo particolare. Quando un personaggio subisce un colpo, il GM tira un dado di danno la cui entità dipende dall’arma o minaccia (si va da d6 fino a d20 per gli attacchi più devastanti). Dal valore uscito si sottrae il punteggio di Armatura del bersaglio, che rappresenta la protezione indossata. L’Armatura in Daggerheart è ablativa: quel valore assorbito riduce l’integrità dell’armatura stessa, che può rompersi o richiedere riparazioni durante la prossima pausa (short rest). Se, dopo la riduzione dell’armatura, il danno risultante è inferiore a una certa soglia, il PG non perde Punti Ferita ma accumula invece Stress – una sorta di affaticamento, ferite leggere o fiato corto. Solo quando il colpo supera la soglia di gravità, il personaggio perde effettivamente 1 o più Punti Ferita: ad esempio, un attacco particolarmente potente potrebbe togliere 2 o 3 PF in un colpo solo se eccede di molto la soglia. Questo significa che non ogni colpo va a segno in maniera letale: molti attacchi minori intaccano la resistenza del personaggio sotto forma di Stress senza intaccare subito i suoi veri Punti Ferita. Lo Stress è un secondo indicatore di affaticamento che può essere smaltito più facilmente (ad esempio certe abilità o il riposo breve permettono di ridurlo o cancellarlo). In questo modo un PG al livello 1 non viene abbattuto da un singolo colpo sfortunato, come invece accade spesso in D&D 5e: i nuovi personaggi di Daggerheart sono pensati per essere più duraturi e sopravvivere alle prime battaglie, riprendendo un’idea già vista in D&D 4e per cui i PG alle prime armi hanno qualche chance in più di superare l’inizio dell’avventura. Anche il tema della morte e del dying è affrontato diversamente. In D&D 5e, salvo rari casi, i personaggi svenuti a 0 HP sono in pericolo solo con pessimi tiri di salvezza o se ignorati a lungo, e persino la morte definitiva può essere ribaltata con magie di resurrezione abbastanza facilmente. Daggerheart invece trasforma il momento in cui un eroe scende a 0 PF in un dilemma drammatico: il giocatore deve scegliere immediatamente una tra tre opzioni, chiamate Mosse di Morte. La prima è la più eroica: “Esco di scena in gloria” – il personaggio compie un’ultima azione disperata con successo critico automatico (ad esempio colpisce a morte il boss, salva un alleato, attiva un potere straordinario) e poi muore definitivamente. La seconda opzione è “Rischiare il tutto per tutto”: si tira ancora una volta il dado Speranza e Paura; se vince la Speranza il personaggio si riprende (riacquista qualche PF e continua a combattere), ma se prevale la Paura muore sul colpo. Infine c’è “Evitare la morte”: il PG perde conoscenza ma sopravvive; tuttavia, la situazione peggiora – di concerto con il GM si descrive come il fato avverso colpisce il gruppo (es: i rinforzi nemici arrivano, un obiettivo sfuma) – e come conseguenza il personaggio perde permanentemente un punto dalla sua capacità massima di Speranza. Questa ultima opzione è particolarmente interessante: rappresenta un eroe che sfugge alla morte ma ne esce segnato nell’animo, meno capace di provare speranza. Ogni personaggio ha inizialmente una riserva massima di 5 Punti Speranza ottenibili; se, accumulando traumi, la sua capacità massima scende a 0, diventa un guscio senza speranza e deve ritirarsi dalle scene. In sostanza, Daggerheart sostituisce i gelidi tiri salvezza morte di D&D con scelte narrative significative: i decessi possono avvenire in un tripudio epico o tramite sacrifici sofferti, e anche evitarli comporta un costo non banale. Nel mondo di gioco la morte è più presente; addirittura, negli scenari ufficiali, la resurrezione è rarissima o impossibile – ad esempio il miniseries “Age of Umbra” ambientato con Daggerheart ha esplicitamente escluso qualsiasi resurrezione per mantenere alta la posta in gioco. Il manuale core include tuttavia un singolo incantesimo di resurrezione, utilizzabile una sola volta per campagna: un compromesso che enfatizza il peso di riportare indietro i morti, lontano dall’approccio più videogame di D&D dove i personaggi di alto livello accumulano più vite di un gatto. In sintesi, Daggerheart si presenta come un “ibrido narrativo” di D&D, mantenendone molti paradigmi (classi, livelli, tiri contro difficoltà, abilità note ai giocatori tradizionali) ma introducendo al contempo elementi moderni di game design: esiti graduali, risoluzione condivisa e risorse narrative, modularità e bilanciamento orizzontale tra classi. Come osservato da vari recensori, il gioco mostra chiaramente la sua parentela con D&D ma anche la volontà di offrire soluzioni ai limiti di 5e attingendo a meccaniche di altri sistemi (dal fail-forward di Apocalypse World ai “poteri per tutti” di D&D4e, fino a idee prese da Genesys o Fate per l’uso di dadi narrativi e token). Per chi ha familiarità con la quinta edizione, Daggerheart risulterà al contempo familiare e sorprendente: non è una rivoluzione radicale come un gioco indie puro, ma nemmeno una semplice variazione sul tema – è un’evoluzione che cerca di conservare il feeling del fantasy eroico limandone le asperità e aggiungendo nuova linfa creativa. Manuale: qualità della scrittura, chiarezza e strutturaIl Daggerheart Core Set si presenta in una scatola che include il Manuale Base e un mazzo di 279 carte illustrate. Il manuale in sé è un tomo corposo (la bozza di playtest contava 377 pagine e la versione finale si attesta attorno a questa dimensione), organizzato per guidare sia giocatori che GM attraverso la creazione condivisa del mondo e l’apprendimento delle regole. La struttura ricalca in parte quella di un classico Player’s Handbook: sezioni su creazione dei personaggi, regole di gioco, combattimento, magia, seguite da capitoli dedicati al Game Master (adversari, consigli di narrazione) e diversi “Campaign Frames” ovvero scenari/ambientazioni pronti per giocare. L’intento è dichiarato: fornire tutto il necessario in un unico prodotto per iniziare campagne di vario genere senza dover attendere supplementi. Ci sono sei “frame” nel manuale base, ognuno di ~10-20 pagine, che delineano un tema di campagna con trama iniziale, lore, una mappa regionale personalizzabile, uno spunto per la sessione 1 e persino piccole regole aggiuntive ad hoc per quell’ambientazione. Ad esempio, Age of Umbra è un frame dark fantasy survival (mondo morente invaso dall’oscurità, comunità asserragliate alla luce di candele della speranza); Beast Feast propone un’avventura sotterranea culinaria con mostri da cacciare e cucinare; Five Banners Burning tratteggia un conflitto geopolitico tra regni rivali sull’orlo della guerra totale, e così via. Questa sezione è un grande punto a favore del manuale: funziona come “starter kit” per il GM, offrendo ambientazioni variegate (dalla dungeon crawl con giganti stile Shadow of the Colossus al tecnofantasy post-apocalittico) da cui attingere immediatamente senza dover creare tutto da zero. È evidente la cura nel fornire strumenti concreti al master, in linea con la filosofia dichiarata di rendere Daggerheart accessibile e “meno intimidatorio per i neofiti”. Quanto alla scrittura e allo stile espositivo, il manuale di Daggerheart adotta un tono colloquiale e incoraggiante, riflettendo l’esperienza dei suoi autori (tra cui la voce di Matthew Mercer e designer come Spenser Starke). Sin dall’introduzione si enfatizza la narrativa collaborativa: il GM è invitato a fare domande ai giocatori per costruire insieme il mondo, e a non vedere il regolamento come rigido ma adattabile ai gusti del gruppo. Più volte nel testo si ribadisce che il fallimento dei PG non dovrebbe mai essere punitivo o umiliante, ma al contrario un’occasione per arricchire la storia senza far sfigurare i protagonisti. Questo approccio player-centric è pensato per rispecchiare lo stile degli Actual Play (Critical Role in primis) dove la regola d’oro è far brillare i personaggi e non bloccare mai il racconto: ad esempio, le linee guida per il GM spesso consigliano di “non far sembrare i PG incapaci per un brutto tiro, ma attribuire la colpa a fattori esterni”. È una filosofia che rende la lettura del manuale confortevole per chi vi si avvicina – viene quasi assicurato che nessuno resterà frustrato a lungo – però ha attirato qualche critica da parte di master più tradizionalisti. Alcuni lettori hanno interpretato questa “paura di far fallire davvero i giocatori” come un eccesso di protezione che potrebbe ridurre la tensione di gioco. In effetti, con così tanti accorgimenti a favore dei PG (critici frequenti, fallimenti mitigati, ecc.), un GM alle prime armi rischia di pendere troppo dal lato “non succede mai nulla di veramente negativo” se segue pedissequamente il manuale. Questa mancanza di specificità in certi punti è un’arma a doppio taglio. Da un lato offre flessibilità, dall’altro può lasciare incerti su come procedere. Un esempio lampante segnalato da alcuni utenti è la totale assenza di una definizione di “turno” nelle regole di combattimento: non c’è un elenco di azioni standard né un limite a quante cose puoi fare quando prendi la parola. Sta al GM e ai giocatori stabilire cosa rientri in un’azione ragionevole; ciò funziona bene con giocatori esperti e propositivi (come quelli del cast di Critical Role, abituati a improvvisare sequenze cinetiche senza abuso), ma può disorientare gruppi abituati alle nitide regole di ingaggio di D&D (azione, movimento, azione bonus, reazione). Allo stesso modo, misure come distanze, tempi precisi, peso dell’equipaggiamento sono trattate in modo vago e narrativo: le distanze diventano range concettuali (“Molto Vicino”, “Lontano”) anziché metri; il denaro è volutamente astratto in unità descrittive (“una manciata di monete”, “un forziere ricolmo”) senza conversioni numeriche dirette. Ciò contribuisce all’atmosfera fiabesca e incoraggia a non fissarsi sul calcolo di ogni spicciolo, ma sicuramente chi preferisce un tracking dettagliato potrebbe storcere il naso (paradossalmente, la scelta di esprimere il denaro in “manciate/sacchi/forzieri” ha confuso alcuni, che la trovano più contorta di un semplice sistema decimale in monete d’oro). In termini di editing e presentazione testuale, Daggerheart regge il confronto con i prodotti Wizards? La prosa è scorrevole e accessibile, chiaramente rivolta a un pubblico anche giovane o alle prime armi, senza troppi tecnicismi. Qualche recensore ha segnalato piccoli nei di impaginazione, come un font un po’ piccolo in certi paragrafi che può affaticare la lettura prolungata (soprattutto nel PDF su schermo) e alcune tabelle ripetitive. Un esempio è la sezione delle armi, criticata perché elenca le stesse statistiche per armi di tier diverso anziché sintetizzare con una formula – il che appesantisce le pagine sugli equipaggiamenti. Inoltre la gestione del loot è appena accennata: il manuale ammette candidamente di non fornire un sistema esaustivo per tesori e oggetti magici, lasciando al GM di inventare o adattare dal proprio immaginario. Questo per alcuni è un punto debole (ci si aspetterebbe almeno qualche tabella randomica o oggetti esemplificativi con descrizioni colorite, che invece mancano: gli oggetti speciali di alto livello hanno nomi altisonanti ma nessuna descrizione dettagliata). In definitiva, la scrittura di Daggerheart punta più a ispirare e guidare che a codificare ogni dettaglio. Si percepisce che gli autori hanno progettato il gioco pensando al flow narrativo prima che al rigore simulativo. Questa scelta rende il manuale piacevole da leggere come un handbook di storytelling collaborativo – soprattutto per chi ama Critical Role e il suo stile –, ma richiede dal GM una certa proattività nel colmare i “bianchi” laddove serva specificità. La struttura generale è ben organizzata, con capitoli ben separati e un indice chiaro; la chiarezza è ottima per le nuove meccaniche (che vengono spiegate approfonditamente con esempi), un po’ meno per le zone lasciate volutamente nebulose. Nel complesso, però, il prodotto è rifinito e professionale, considerando che è il primo GDR di questa complessità pubblicato da Darrington Press. Illustrazioni, layout e qualità graficaCopertina standard di Daggerheart (illustrazione di Mat Wilma) raffigurante eroi e creature del mondo di gioco, avvolti tra i contrasti di luce e ombra che rappresentano la Speranza e la Paura. Le componenti visive di Daggerheart sono senza dubbio uno dei suoi punti di forza. Darrington Press ha investito in un comparto artistico di alto livello, arruolando numerosi illustratori di talento (tra cui Mat Wilma, autore della copertina standard, Dominik Mayer per la copertina della Limited Edition, e artisti come Bear Frymire, Nikki Dawes, Shaun Ellis, Jessica Nguyen e molti altri per le immagini interne). Il risultato è un manuale e un set di carte esteticamente splendidi. La copertina limitata, invece, è un’opera integrale di Dominik Mayer dai toni violacei e oro, stampata su cofanetto e manuale con finiture di pregio: raffigura probabilmente un simbolismo astratto legato al cuore-pugnale (il logo del gioco) ed è concepita per estendersi sullo schermo del GM incluso nell’edizione speciale. In entrambe le edizioni, la qualità di stampa e materiali è elevata: la Limited offre addirittura un set di dadi personalizzati, token e dettagli premium, tutti coordinati con l’artwork vibrante e suggestivo del box. Il design grafico delle carte e delle schede è un equilibrio ben riuscito tra funzionalità e bellezza. Le carte hanno formato tarocco/poker standard e illustrazioni in stile trading card, con icone chiare per indicare il tipo (abilità di Dominio, incantesimo, tratto, ecc.) e testo ben formattato. Durante il playtest iniziale qualche giocatore ha ritenuto che le carte fossero un extra non indispensabile (dato che tutte le informazioni sono anche nel manuale), ma quasi tutti concordano che averle in mano migliora l’esperienza: è più immediato scegliere un’azione guardando una splendida immagine a colori e un breve testo, piuttosto che sfogliare pagine o file PDF. In sintesi, il comparto artistico e grafico di Daggerheart è eccellente e all’altezza di una pubblicazione di prestigio. Illustrazioni evocative, materiali di qualità, scelte cromatiche e di design che rafforzano i temi del gioco (i contrasti oro/nero per speranza e paura ricorrono spesso). Sfogliare il manuale e disporre le carte sul tavolo è un piacere per gli occhi, e questo contribuisce non poco a immergere i giocatori nell’atmosfera. Anche l’attenzione ai dettagli – come la presenza di un’utile pagina download sul sito con versioni stampabili delle carte, schede extra, etc. – denota la cura nel voler far arrivare ai giocatori un prodotto sia bello che funzionale, senza costringerli a spese ulteriori per accessori essenziali. Ricezione della community GdRSin dal lancio della open beta a marzo 2024, Daggerheart ha catalizzato l’attenzione della community dei giochi di ruolo. La sua ricezione generale è stata in gran parte positiva, sebbene non siano mancate critiche e dibattiti accesi su specifiche scelte di design. Vediamo quali sono i principali punti emersi dalle opinioni di giocatori, master e recensori al di fuori del circolo di Critical Role (forum indipendenti, subreddit, canali YouTube specializzati, ecc.), per avere un quadro obiettivo. Punti di forza più apprezzati: molti fan di D&D e pathfinder che hanno provato Daggerheart concordano che il sistema risolve efficacemente alcune frustrazioni di 5e. In particolare, la meccanica di Speranza/Paura viene lodata perché “finalmente i fallimenti non sono tempo perso”. Numerosi commenti sottolineano quanto sia soddisfacente vedere la storia evolvere anche quando i dadi non sono favorevoli, invece di sentirsi bloccati. Un giocatore ha scritto: “In Daggerheart ogni tiro fa avanzare la trama, non c’è mai quella sensazione di avere buttato via il turno” – un cambio di paradigma molto ben accolto da chi trovava D&D a volte stagnante nei momenti morti. Anche l’addio al d20 unico ha ricevuto consensi: c’è chi paragona favorevolmente l’esperienza di tirare due dadi a quella di tirare con vantaggio perenne, ma in modo più elegante. Un altro aspetto spesso citato in positivo è la progressione bilanciata delle classi: veterani di D&D4e hanno ritrovato con piacere un sistema in cui ogni livello porta nuove opzioni tangibili (carte) e dove nessun ruolo resta mai a corto di cose da fare. Accoglienza critica e punti deboli segnalati: naturalmente, non tutti gli elementi di Daggerheart hanno convinto. Una delle critiche più approfondite giunte da alcuni giocatori esperti riguarda il timore che il gioco sia troppo indulgente verso i PG e pesante per il GM. Un lungo post su r/fansofcriticalrole, ad esempio, analizzava matematicamente che i giocatori tendono a ottenere esiti positivi (Speranza) nel 62,5% dei casi per via del sistema duale, riducendo i fallimenti “puri” a meno della metà di quanto accadrebbe in D&D. L’autore sosteneva che questo “bias” verso il successo potrebbe abbassare la tensione a lungo andare. Inoltre faceva notare che il GM tira ancora un d20 lineare per le resistenze dei nemici, quindi paradossalmente i nemici sono soggetti a più varianza e inaffidabilità dei PG (che col 2d12 sono più stabili). Ciò, a suo dire, crea un feedback loop poco stimolante per il GM, perché i PG accumuleranno Speranza più velocemente di quanto il GM accumuli Paura, rendendo difficile mettere davvero in crisi il gruppo. Altri hanno espresso perplessità sul sistema di iniziativa libera, preoccupati che i giocatori meno assertivi vengano schiacciati e che senza una struttura chiara di turni e azioni il gioco possa degenerare in caos se il GM non è abilissimo. Un utente ha riassunto questa paura dicendo: “Daggerheart va benissimo se hai un cast affiatato come Critical Role, ma in un gruppo casuale rischi che qualcuno rimanga zitto tutto il tempo aspettando che gli altri facciano le cose” – insomma non tutti credono che il modello “popcorn” possa funzionare universalmente. Alcuni GM inoltre hanno riportato la sensazione che molte decisioni delicate vengano scaricate sulle spalle del GM: mancando regole dettagliate, tocca a lui dosare la difficoltà, inventare complicazioni, ecc., il che può essere stancante. Un commento estremamente critico affermava che “Daggerheart è asimmetrico: la partita dei giocatori è super guidata e semplificata, mentre quella del GM è in hard mode” perché deve inventare lui la “specificità che al sistema manca”. Ad esempio, notava che il manuale suggerisce di personalizzare o creare equipaggiamenti, ma non dà strumenti per farlo – quindi sta al GM improvvisare il bilanciamento di un nuovo oggetto magico se vuole introdurlo. Questo tipo di osservazioni solleva un punto valido: Daggerheart chiede un certo sforzo creativo ai GM, il che per alcuni è un pregio (massima libertà) e per altri un difetto (poca assistenza). Sul fronte community non legata a Critical Role, va detto che Daggerheart ha destato interesse anche oltre il fandom di CR. Su forum generalisti come EN World o Reddit r/rpg si notano thread di curiosi che ne discutono, e la tone è in genere rispettosa: non viene bollato come “il gioco dei critters” ma valutato per i suoi meriti. Ovviamente la stretta associazione con Critical Role da un lato garantisce una base di giocatori enorme sin dal day one (molti fan lo hanno comprato a prescindere), ma dall’altro suscita un po’ di scetticismo in chi teme che sia un prodotto pensato solo per sfruttare un brand. Le reazioni finora indicano però che il gioco regge da sé: diversi utenti che dichiaravano di non seguire CR lo hanno provato e trovato divertente a prescindere. Al tempo stesso, la fanbase CR più irriducibile – come richiesto, abbiamo guardato anche opinioni lontane da quell’eco-chamber, ma è interessante notare – non è acritica: sui subreddit e gruppi fan, assieme all’entusiasmo (alto), c’è anche chi discute difetti e possibili migliorie, segno di una ricezione matura. ConclusioniLa versione finale di Daggerheart si presenta come un prodotto ambizioso e ben curato, capace di offrire un’esperienza familiare e al contempo fresca agli appassionati di giochi di ruolo fantasy. I suoi punti di forza risiedono in un sistema di risoluzione innovativo (i Duality Dice con Speranza e Paura) che rende ogni tiro significativo e carico di spunti narrativi, in una visione del gioco centrata sui personaggi e sulla collaborazione creativa che riprende lo spirito degli Actual Play e lo traduce in meccaniche tangibili, e in un bilanciamento delle opzioni che fa sì che ogni giocatore abbia voce in capitolo nella storia, dal bardo incantatore al guerriero più marziale. L’attenzione per la qualità editoriale – splendide illustrazioni, materiale pronto all’uso, supporto online – impreziosisce ulteriormente il pacchetto e dimostra la serietà del progetto. Daggerheart è, in sostanza, la risposta a chi voleva un “D&D con più narrativa” senza perdere del tutto la struttura tradizionale: un equilibrio non facile che, nei nostri test e nelle sessioni riportate, sembra essere stato raggiunto con successo. Detto questo, il gioco non è privo di difetti o scelte divisive. Alcune semplificazioni (come l’iniziativa libera o la scarsa granularità di certe regole) potrebbero non adattarsi a tutti i gruppi, specialmente a quelli abituati a una chiara struttura formale. Il GM in Daggerheart gode di grande libertà, ma anche di molta responsabilità: un arbitro inesperto o non in sintonia col tono del gioco potrebbe faticare a gestire risorse come la Paura o a mantenere bilanciata l’attenzione tra i giocatori. Alcuni aspetti del regolamento appaiono meno sviluppati, come la gestione del bottino e delle attività di downtime, lasciando buchi che richiederanno creatività o house rules per essere riempiti. Inoltre, c’è la prova del tempo: Daggerheart nasce dichiaratamente per campagne lunghe, ma solo giocandone una sino in fondo si potrà valutare la tenuta del sistema (progredire di livello manterrà il gioco interessante e bilanciato? I PG di alto livello accumuleranno troppa Speranza rendendo vana la minaccia, o il GM troverà il modo di alzare la posta con la Paura?). Queste domande restano aperte, sebbene le premesse siano promettenti. In conclusione, Daggerheart merita attenzione sia da parte dei fan di Critical Role – che vi ritroveranno codificato su carta quello stile epico-drammatico che amano guardare in streaming – sia da parte dei giocatori di ruolo in generale, specialmente chi apprezza D&D ma ne vorrebbe un’evoluzione più narrativa. Non rivoluzionerà l’hobby per chi è già avvezzo a sistemi indie molto sperimentali, ma colma uno spazio importante: quello di un GDR mainstream che abbia il coraggio di deviare dagli standard di D&D pur restando accessibile e user-friendly. Daggerheart è, insomma, un ottimo esordio per Darrington Press nel campo dei giochi di ruolo complessi: un gioco che unisce cuore e lama, speranza e paura, divertendo e coinvolgendo sia i nuovi avventurieri che i veterani di mille dungeon.3 punti
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Recensione Daggerheart
2 puntiHo dato un'occhiata veloce al regolamento e non fa per me. Mancano molte informazioni cui si è abituati sia in D&D (varie edizioni) che altri sistemi con la giustificazione della "libertà d'azione" che invece, a mio personalissimo avviso sono carenze nell'impianto di informazioni fornite ai master/giocatori. Anche le carte, sempre secondo la mia personalissima visione, sono inutili. Molto coreografiche, ma del tutto inutili. La meccanica del tiro con esito variabile a seconda dello scarto tra obiettivo e risultato esiste da tempo in moltissimi sistemi (al volo mi vengono in mente le prove di caratteristica e abilità di Uno sguardo nel buio o Numenera). Il fatto di dover tenere traccia dei risultati per spenderli in futuro non mi entusiasma granché. Come sempre con i regolamenti, per poter dare un giudizio vero andrebbe provato. Lascio volentieri questa incombenza a chi ha voglia e tempo da dedicarci. Chiudo con l'ennesima considerazione personale: hanno dipinto questo sistema come "l'ammazza D&D", specialmente da parte di quei content creators che hanno deciso di cambiare aria dopo le restrizioni imposte dalla WOTC. Ho provato a guardare una sessione di gioco di Mercer & soci, ma dopo al massimo una decina di minuti ho spento. Una noia mortale (a differenza della serie animata su Prime). La mia domanda è: quanti di quelli che guardano questi spettacoli poi vorranno giocare con questo sistema? A mio avviso non molti. Credo che prima di "ammazzare" D&D ce ne vorrà, anche se la WOTC sta facendo di tutto per rovinarsi da sola, e con ottimi risultati a quanto pare. Nel mondo dei gdr, piaccia oppure no, il nome di D&D è ancora quello di maggior richiamo e appeal, almeno per ora2 punti
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Recensione Daggerheart
2 puntiIo non ne sono convinto. Un neofita, sebbene possa non amare i regolamenti corposi, se se li trova ha modo di capire bene i meccanismi. Un DM neofita con questo gioco non so come si troverebbe. Probabilmente male, considerando l'assenza di alcuni elementi. E Comunque secondo me anche ruolatori esperti possono trovare positiva la libertà che in presenza di regolamenti più definiti, viene a restringersi...2 punti
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Recensione Daggerheart
2 puntiSecondo me usciranno altri manuali che tratteranno questi aspetti... Dopotutto si sono presi Crawford, a qualcosa dovrà servire.2 punti
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Recensione Daggerheart
2 puntiSembra un prodotto molto interessante, soprattutto per l'uso dei 2d12 (curva "a campana", invece di quella piatta del 1d20), e per il fatto che l'uso di Speranza/Paura rende possibile 5 risultati (successo critico, successo, successo parziale, fallimento parziale, fallimento) invece che solo 2 (successo o fallimento). Approvo anche la modifica alle caratteristiche. L'unica cosa che non mi è piciuta, vedendo il quickstarter, è la presenza delle carte per ricordarsi delle capacità speciali di razza e classe... fà troppo "gioco da tavolo" (mi ricorda le carte oggetto di "Heroquest"), più che "gdr"!2 punti
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Capitolo 3 - La valle perduta di Hutakaa (parte 7)
Vassilji «No, Grigory. Proviamo a parlarci. Niente ostilità, per ora». L'uomo smise di bisbigliare al compagno e si fece avanti, tenendo basse le armi. Schiarì la voce. «Salute a voi, Lord Grande e Glorioso. Non siamo qui per dare problemi a voi o per riceverne, il gentilissimo Crackle potrà testimoniare che non abbiamo tentato niente di ostile contro di lui nonostante fosse solo. La nostra fiducia in lui e in voi è tale che abbiamo scelto questo luogo per riposarci dopo esserci imbattuti nel Kartoeba. Non avete nulla da temere, da noi». Con un movimento studiatamente lento rinfoderò prima la spada e poi il pugnale, mostrando le mani vuote. «Posso garantirvi che è anche nostro interesse lasciare queste caverne. Purtroppo siamo stati costretti a entrarci da una serie di necessità e di costrizioni, e se ce ne andiamo senza aver risolto almeno qualcuno dei motivi che ci hanno portato qua dentro, riceverete visite molto più numerose e pericolose per voi, perché quelli ci hanno costretti a venire quaggiù non rinunceranno ai loro obbiettivi. La mia proposta è, dunque, di collaborare perché ognuno di noi possa perseguire i propri interessi, voi tenervi il vostro dominio e noi andarcene sani, salvi e con la missione compiuta».2 punti
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[Avventura] GDQ1-7 - La Regina dei Ragni
Finalmente sono riuscito a rimettermi all'opera. Devo togliere un po' di ruggine (cosa che faccio revisionando la Volta dei Drow). Questa avventura da tradurre è un incubo a causa dei numerosissimi blocchi statistiche: tra drow, trogloditi, bugbear, kuo-toa, giganti c'è da impazzire: per ogni razza ci sono le statistiche dei giovani, dei maschi, delle femmine, delle guardie, dei capitani, sergenti, comandanti, mercanti... Come se non bastasse questo caos ci sono numerosi errori mai corretti: alleanze tra clan scritte in un modo e poi cambiate altrove, simboli che variano da un capitolo all'altro, nomi che hanno la stessa problematica, mappe caotiche con descrizioni che non corrispondono ai punti... insomma un lavoraccio. Ho dovuto prendere le avventure singole, in tutte le loro incarnazioni, per poter sistemare i vari refusi. Dopo questa traduzione riprenderò in mano "L'era dei Vermi", sempre convertito per AD&D o "La verga dalle sette parti" (anche se un pensierino lo farei anche a "the gate of Firestorm Peaks"). Ma prima mi sparo un mese senza tradurre assolutamente niente!2 punti
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Lilac Hollow – Stagione 1: I Figli della Prima Notte
Ana Rivero Terrorizzati nel bosco Potrei aver osato troppo questa volta. Sento il cuore battere di più, cosa rara per me. Evidentemente il mio creatore da qualche parte ha inserito delle salvaguardie per non farmi buttare subito nel pericolo. Un minimo istinto di conversazione, per dire. Che è quello con cui combatto per scattare la foto, che è abbastanza per poter dire di avere una prova. Nessuno potrà dire niente contro Greg, Max e Sean. Perché già mi immagino, se dicessero qualcosa verrebbero additati come i fattoni che sono. Come abbiamo fatto prima per la cugina di Greg. Oh, qualcuno potrebbe dire che la foto è stata modificata, ma almeno ho qualcosa per persone che si fidano di me. Che... che non credo siano tante, e me ne sono bruciate tre in un sol colpo. Non mi vorranno parlare più, dopo oggi. Ci dovrò fare il callo, di nuovo. È stato bello essere parte di un gruppo, per un po'. Non so perché mi viene da pensare a queste cose mentre mi trovo in questa stupidissima situazione. Sono bloccata. Eppure riesco quasi autonomamente a seguire quella creatura. Quindi, vedo Darius. Non ho molto a che fare con lui, non mi ha mai disturbato, non ho niente contro di lui... non spicca. Eppure in qualcosa deve spiccare, perché neanche io avrei la faccia come il culo di dire a qualcosa del genere "con che nome posso rivolgermi a te". Mi copro gli occhi con un braccio, come ad anticipare qualcosa di terribile. Non riesco a fare niente. È un lampo. Darius giace immobile, morto davanti a me. Potrei essere la prossima. Sono la prossima. Scappo, gli alberi mi passano accanto in un secondo, non mi guardo indietro, non posso finire come Darius. Almeno posso dire alla sua famiglia cosa è successo, ma chi mi crederà mai? Già tutti pensano sia strana, posso mica andare da sua madre e dirle "un uomo vestito da cervo ha fatto una magia su suo figlio, ah, credo che suo figlio abbia a che fare con creature simili"? O forse dovrei usare il passato. La morte di Darius è l'ultima cosa che mi rimane impressa mentre continuo a correre. Sono oltre il bosco, oltre il parco. Sono praticamente a casa mia, da quanto ho corso. A essere sinceri, non so minimamente dove sono finita. Ho solo corso.2 punti
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Sovrannaturale - 1x01 - Maleventum
Leonardo Pieri Quelli svegli (si fa per dire...) 'F@ncu£o me e le mie idee!', mi maledico, rendendomi conto di essermi appena messo in grande svantaggio numerico con un poco invidiabile successo... Ma ormai sono in ballo e mi tocca ballare. Visto che qui ci siamo solo io e i tre porcellini, voglio provare a vedere se almeno una delle inutili armi dell'agenzia è buona a qualcosa, oltre che a fare del rumore. Imbraccio ľAK-74 e sventaglio Qui, Quo e Qua con una simpatica pioggia di proiettili. O almeno spero.1 punto
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Recensione Daggerheart
1 puntoRISULTATI SPECIALI A volte il fato gioca strani scherzi, facendo compiere prodezze o causando imprevisti. Ciò accade se ottieni un risultato di 12 o 1 su uno dei dadi quando effettui una prova di abilità. Questi casi eccezionali generano effetti speciali e seguono le regole descritte di seguito. TIRARE UN 12 Se ottieni un 12 e la prova ha successo, il fato ti favorisce e riesci a compiere una prodezza la cui “intensità” dipende dal risultato dell’altro dado (quello che non ha ottenuto 12): consulta la tabella Prodezze e scegline una che corrisponda a un grado pari o inferiore al risultato del secondo dado. In alternativa puoi anche inventarti prodezze nuove, magari più adatte alle circostanze del momento, ma in tal caso sarà il GM ad avere l’ultima parola su ciò che proponi. Nel caso in cui la prova sia fallita, un eventuale 12 non genera alcuna prodezza, ma il GM (a sua discrezione) potrebbe dare al fallimento conseguenze meno gravi del previsto. Ricorda, dovresti sempre narrare con dovizia di particolari le prodezze compiute dal tuo personaggio. TIRARE UN 1 Quando ottieni un 1 non è mai un buon segno. Se la prova fallisce, il GM può intromettersi e complicare la situazione facendo accadere un imprevisto. Se la prova ha invece successo nonostante il probabile basso risultato totale, di solito non accade nulla di davvero deleterio ma, se lo ritiene opportuno, il GM potrebbe comunque decidere di inserire qualche imprevisto minore, qualcosa del tipo “riesci, ma...”. Spetta al GM stabilire un imprevisto appropriato alla situazione, scegliendo tra quelli riportati nella tabella Imprevisti, o prendendoli ad esempio per inventarne di nuovi, magari più adatti alle circostanze del momento scusate il wall of text ma è un gdr italico !!1 punto
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Recensione Daggerheart
1 puntoA memoria il sistema di lanciare 2d12 invece di 1d20 era già stato proposto da Farsight un gdr fantascientifico ispirato alla 5 edizione (con vantaggio ne tiri 3 e tieni i 2 migliori con svantaggio i 2 peggiori)1 punto
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TdS
1 punto
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TdS
1 puntoAllora, potrebbe starci che, essendo la prima volta, essere in giro per una cavolo di foresta fatata E infestata sia sufficiente a Fatino inesperto per provare (e sottolineo il PROVARE!) a dare una bella occhiata al buio oltre (ma anche sopra, sotto, davanti e di fianco a) la siepe. Dalla seconda esperienza, avendo appreso come (non) fare, il metodo si formalizza.1 punto
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Recensione Daggerheart
1 puntoMi sono espresso male, intendevo giocatori neofiti, il GM visto quanto manca nel manuale deve essere più rodato inevitabilmente. Lo dico perché ho fatto provare D&D ad una persona totalmente digiuna di giochi di ruolo e seppur amando la storia, ha trovato molta difficoltà con le meccaniche rigide; mentre giocando poi ad altro (Fabula Ultima) si è trovata molto bene. Per quello penso che sia il giusto "punto d'ingresso" per i giocatori neofiti che trovano D&D bello, ma complicato.1 punto
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TdS
1 puntoPer me Darius ha dato fin troppo per questa giornata, può benissimo andare a letto a farsi tutti i suoi incubi su cervi e albe varie Non so onestamente cosa altro fargli fare, a meno di non voler giocare una telefonata a Ben o Mei-Lin ma solo per allungare il brodo Per me andrebbe benissimo passare al giorno successivo1 punto
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TdS
1 puntoDimmi tu... se per te girare a zonzo nella Selva assorto nei suoi pensieri può essere un buon espediente per creare un "ponte" che metta nathan in contatto con l'abisso dentro di lui allora si attiva la mossa. Se invece mi dici che pensavi a qualcosa di più specifico, tipo fare un rituale alla luce della luna nella particolare radura X intonando canti e balli folcloristici, non si attiva. Si, infatti stavo già pensando a questa eventualità per non dover tenere fermi gli altri. E la condizione che ha scarlett diciamo che mi da già anche un valido spunto eheh..1 punto
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Capitolo 3 - Londra 1923: il treno del destino
Niklas Von Aerentha L'opzione che aveva temuto e sperato non fosse possibile pareva essersi avverata, da quando ha sentito quelle voci. Persone, all'interno di un modellino... Che forse non è un modellino. Mi raggomitolo al pensiero... Al perché. Com'è possibile. Come... Scuoto la testa, atterrito. Non possiamo distruggerlo. Che facciamo? Forse possiamo... Parlarci? Chiese, combattendo l'impulso di mollare tutto. Tutti Sto cercando di riprendere con calma!1 punto
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Cap. 1 - Si parte!
1 puntoElenion Althir e Elenion Elenion non si scompose. Lasciò che Althir parlasse, che cercasse di stemperare la tensione. Lui no. Il volto era una lastra di pietra. Solo gli occhi si muovevano, scrutando il capitano con attenzione lenta, giudicante. Quando parlò, la voce era bassa, sicura. Senza una piega. “Il carro trasportava qualcosa d’interesse per chi mi ha ingaggiato. Niente che violi la legge della città, né che riguardi direttamente l’autorità locale. Il mio compito era la protezione, non la curiosità.” Si fermò un attimo, pesando le parole con cura, come chi ha imparato che anche una sillaba può valere una condanna. “Il committente ha pagato per discrezione e sicurezza. Io ho accettato. E non infrango i patti. Mai.” Si voltò un istante verso il capitano, e aggiunse con voce ancora più asciutta: “So che non vi basta. Ma questa è tutta la verità che posso darvi. Non perché sia un inganno… ma perché è il limite del mio giuramento. E chi serve Hoar non spezza mai un giuramento.” Un breve silenzio. Poi, con calma: “Non eravamo lì per sfuggirvi. Solo per non dover spiegare ciò che non si può dire. Nulla di ciò che è accaduto oggi vi riguarda… e vi assicuro che è meglio così.” Le mani restavano ben visibili sul tavolo, ma lo sguardo... Quello no. Quello era un muro. Un cavaliere che portava tempesta nel cuore e segreti sulle spalle1 punto
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Capitolo 8. L'ora più buia
1 punto#48 Backertag 3 Pflugzeit 2512 i.c. - mezzodì [sereno - metà primavera] Saliti i compagni sul traghetto il vecchio Kringler spinse la piattaforma aiutandosi con un lungo bastone "Nonostante la festa, il passaggio verso il Pit non è così usato. Diciamo che ho sempre fatto questo lavoro e la gente sa che io sono sempre lì. Ma non mi serve un aiuto" rispose "Per ora. Sono vecchio. Quando non ce la farò più, se sei interessato, potrei venderti l'attività" Dopo un breve tratto la chiatta approdò sull'altro lato del Bogen "Arrivati"1 punto
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Chris Perkins e Jeremy Crawford si uniscono a Darrington Press
No. D&D e Daggerhart (DH) sono prodotti troppo diversi. D&D ha un focus enorme sul combattimento (e non ditemi di no perché del manuale il 90% delle regole sono sul combattimento), mentre DH ha una direzione più narrativa (quasi fiction first direi da quanto ho letto) e libera all'interpretazione dei giocatori. Tralasciando il discorso inclusività o meno, ci sono sempre più prodotti che includono la scelta dei pronomi per i personaggi (e non ci vedo nulla di male sinceramente).1 punto
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Chris Perkins e Jeremy Crawford si uniscono a Darrington Press
Personalmente non posso che essere felice della notizia. Daggerheart è un ottimo gioco per le persone che vogliono un certo feeling nello loro campagne (semplificato, character driven, cinematico). E' tutto quello che la quinta edizione dice di essere, mentendo. E infatti mi aspetto che una buona parte della folla che è approdata a D&D da Critical Role passi a Daggerheart, specialmente ora che hanno questi pezzi da 90 nel design dei futuri prodotti. Così magari D&D può smettere di essere il prodotto che cerca di accontentare tutti per mantenere il monopolio, finendo per piacere davvero a nessuno, e il mercato può diventare un po' più sano e diversificato. Perché il regolamento è sicuramente superiore a D&D se si vuole un certo tipo di gioco, che attualmente è molto popolare. La pubblicità di CR è quello che gli consentirà di superare la pigrizia dei giocatori che trovano un sistema e poi non si vogliono schiodare da quello, ma il regolamento è quello che convincerà molta gente a rimanere.1 punto
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Chris Perkins e Jeremy Crawford si uniscono a Darrington Press
Perdonami, non avevo capito. Ma a parte quello è praticamente un gioco alla D&D senza le regole di D&D (mentre Pathfinder era un gioco alla D&D ma con le regole di D&D). Quindi, francamente, non vedo perché qualcuno dovrebbe sbattersi a imparare un regolamento ex novo e spiegarlo ai giocatori quando può fare le stesse cose con il regolamento di D&D che già conosce. Lo vedo bene solo per i critters e per quegli hipster che snobbano D&D per sentirsi più fighi. Certo è, che se riesce a far passare a un altro gioco tutta quella frangia di amanti del politicamente corretto più estremista distogliendo la loro attenzione da D&D sarà tutto di guadagnato.1 punto
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Chris Perkins e Jeremy Crawford si uniscono a Darrington Press
NO. In breve, secondo me: Pathfinder era un clone di D&D. Questo non lo è. La 4ª edizione fu pesantemente criticata e non restituiva il "feeling" di D&D. La 5ª, invece, è stata ampiamente accettata. Tutte le critiche alla 5.5 legate all’“eccesso di politicamente corretto” restano valide: nella scheda del personaggio c’è persino uno spazio dedicato alla scelta del pronome… Che poi venderà tantissimo, non ci sono dubbi — ma a comprarlo saranno più i fan di Critical Role che i veri appassionati di GdR. E no, non è la stessa cosa.1 punto
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[Avventura] GDQ1-7 - La Regina dei Ragni
Buona giornata a tutti. La settimana prossima finalmente rientro a casa e posso proseguire con la traduzione. Le trasferte sono durate molto più del previsto, e ovviamente il lavoro ha la precedenza sul resto. Vi saluto con il testo che introduce la Volta dei Drow ai personaggi: "Quando gli avventurieri finalmente lasciano il passaggio ed entrano nella Volta dei Drow, sono accolti da uno scenario insolito. Sono in grado di vedere chiaramente fino a circa 220 metri e in modo sfocato fino a circa 440 metri se indossano gli strani occhiali vermigli. I personaggi con infravisione vedono chiaramente fino a circa 73 metri, con una visione sfocata fino a circa il doppio di tale distanza. Anche la vista umana normale permette una visione chiara fino a circa 40 metri e una visione sfocata fino a 80 metri. L'area immediatamente circostante è semplicemente una gola che digrada lentamente, larga circa 200 metri e che si apre gradualmente verso nord seguendo la strada. Su entrambi i lati, pareti ripide si innalzano fino a 45 metri e, man mano che il sentiero scende, queste rupi diventano proporzionalmente più alte. Qua e là lungo queste falesie ci sono piccole fessure e caverne (ciò vale anche per le pareti della Volta). Sono tutte disabitate. Il vero splendore della Volta può essere apprezzato solo da coloro che possiedono l'infravisione, oppure utilizzando le lenti rosate o una Gemma della visione. La Volta è una strana anomalia, una protuberanza emisferica nella crosta terrestre, un'enorme struttura a cupola lunga oltre nove chilometri e larga quasi altrettanto. La parte superiore della cupola arriva a un'altezza di trenta metri alle pareti, per poi inarcarsi fino a raggiungere diverse decine di metri al centro. Se osservata correttamente, la radiazione di alcuni minerali unici dà l'effetto visivo di un cielo stellato, mentre vicino allo zenit di questa conca di pietra nera si trova un'enorme massa di turnkeoite che, nel suo lento decadimento e trasformazione in lacofcite, emette un bagliore sinistro, una luce spettrale color prugna agli occhi umani, ma con l'ultravisione offre uno spettacolo completamente diverso. I piccoli nodi “stellati” brillano di tonalità radiose di malva, turchese, viola, marrone rossiccio, lilla e blu intenso. La grande “luna” di turnkeoite proietta raggi di ametista scintillante che toccano le formazioni cristalline con colori sconosciuti a qualsiasi altra esperienza visiva. I licheni sembrano brillare di rosa robbia e prugna chiaro, mentre i funghi crescono in tonalità ocra dorata e rossa, vermiglia, ruggine, limone e acquamarina. (Altrove il fiume e gli altri corsi d'acqua brillano di un viola intenso e vellutato con riflessi che competono con le striature e i riccioli di argento antico dove il liquido lambisce le rive rocciose o si infrange contro i cumuli di ebano dei moli e del ponte della città elfica per attirare l'attenzione dello spettatore). Le pareti rocciose della Volta appaiono nebulose e inconsistenti nella luce color vino, più simili a nebbia che a pareti solide. Il luogo è davvero un oscuro paese delle fate. La strada si snoda discendendo tra le pareti rocciose su entrambi i lati, il suo fondo è cosparso di cristalli frantumati che brillano debolmente agli occhi degli osservatori, ma che emanano un bagliore blu luminoso, un sentiero incantato, a coloro che possiedono poteri ultravisivi. Al contrario, i prismi sporgenti e le rocce scoscese e frastagliate ai lati conferiscono al passo un'aria strana e minacciosa. Un ladro troverà piuttosto difficile scalare la superficie di entrambe le pareti, con una penalità del 10%. Mentre i personaggi procedono lungo la strada, noteranno che la campagna oltre la gola è ricoperta da licheni di dimensioni anomale, formazioni cristalline grandi e piccole e funghi di ogni dimensione, forma e tipo. Ci sono polipori, spugnole, funghi ramificati, vesce, equiseti e anche funghi più convenzionali. Su alcuni funghi velenosi e altri strani dall'aspetto strano crescono vari tipi di lieviti, muffe, fuliggini, macchie e spore di dimensioni enormi. Tutte queste forme di vita prosperano grazie alle radiazioni delle “stelle” e della “luna” sopra di loro, o ai fertilizzanti sparsi per loro dagli schiavi e dai servitori degli abitanti della Volta, gli elfi scuri. Le enormi formazioni creano foreste regolari e boschetti che i drow utilizzano per ogni scopo. Il terreno aperto è ricoperto principalmente da vari licheni, con ciuffi di piccoli cristalli e macchie di funghi ancora più piccoli qua e là."1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
No, fu semplicemente una storia epica ed avvincente che fu scritta sia come moduli d'avventura che come trilogia di libri. I due format uscirono insieme perchè la TSR fu convinta, con qualche riluttanza all'inizio, della bontà del progetto. In questo caso invece questo modulo non è stato fatto perchè il progetto poteva vendere da solo, ma perchè sta in piedi grazie all'attenzione mediatica. Poi a livello di narrazione, epicità e personaggi, Dragonlance è distante anni luce da Critical Role come qualità, sui personaggi soprattutto.1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
Se fosse così il manuale non se lo filerà nessuno, e semplicemente la gente continuerà a guardarsi gli streaming. É presto per dirlo (visto che ancora deve uscire), ma dubito fortemente che sarà un flop di vendite. @Muso chiaro, ma continuo a non capire allora perché non sia sufficiente ignorare quanto pubblicato in 4ed e giocare nei periodi ambientati prima :v Inoltre, piccola postilla (ma potrei sbagliarmi): mi pare di ricordare che il manuale di ambientazione dei fr per la 4ed sia stato scritto a quattro mani da greenwood, quindi insomma, dire che il cambiamento sia "calato dall'alto" mi pare un po' una cosa campata in aria ^ ^1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
So, l'idea dello show e l'abilità di Mercer e Vox Machina, ma se avessero usato questa o un'altra ambientazione il successo sarebbe arrivato comunque.1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
Non è che magari anche questa é diventata famosa proprio perché ci sono delle belle idee alla base?1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
Boh, io di ambientazioni non parlo perché non ne uso di standard, ma che i libri di Dragonlance abbiano venduto per una loro presunta qualità e originalità, onestamente mi sento di dissentire. Sono quel tipo di fantasy né letterario né organico ai precetti di scrittura che ha creato un'immagine negativa e strettamente legata al commerciale su tutta la letteratura fantasy. Pieno di tell e povero di show, pieno di dialoghi deliranti e di momenti inspiegabili*. Che ora venga ritirato fuori come esempio di come fossero belli i tempi andati mi fa specie. Mi sembra fosse un prodotto commerciale creato per seguire l'onda lunga di D&D, come lo è la nuova onda di Mercer. Commerciale per commerciale, evitiamo di fare i vecchietti che insultano il nuovo fenomeno commerciale confrontandolo con i bei fenomeni commerciali degli anni '80 o '90 (a seconda di quanto vecchietti siamo). *per capirsi, non è che stia dicendo che sia un libro illeggibile alla Licia Troisi. La prima trilogia dei Draghi è anche di intrattenimento. Ma non direi assolutamente che abbia venduto bene grazie alle idee che ci fossero dietro, è tutto davvero molto standard.1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
Si ma non è quello il punto. Il punto è che sia libri che avventure hanno venduto bene perchè c'era un'idea dietro, questa ambientazione invece venderà grazie allo show, non all'idea che c'è dietro di essa.1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
Certo, ma se non avesse venduto non ne avrebbero pubblicati altri, giusto?1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
@tamriel i moduli e i libri di Dragonlance uscirono in contemporanea, per la TSR fu un doppio salto nel buio. https://en.wikipedia.org/wiki/Dragonlance1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
Non sono d'accordo. Wildemount è nata più o meno come è nata Dragonlance: delle avventure che hanno creato e identificato un'ambientazione. Semplicemente il metro di paragone è cambiato (o se vogliamo si è adattato): mentre per Dragonlance a decretarne il suo successo fu la quantità li libri venduti, ora il successo è dato dalla quantità di visualizzazioni che hanno fatto Mercer&Co. Semmai possiamo dire che entrambe le ambientazioni sono state "scelte" tenendo ben presente i gusti del mercato a cui venivano offerti. Si può discutere sul fatto che una cosa sono i libri da leggere e un'altra guardare delle avventure giocate da altri? Probabilmente, ma non credo che la differenza sia poi così tanta, visto che in entrambi i casi si assiste a delle avventure svolte in un mondo fantastico, con personaggi ben descritti imbrigliati in una buona trama.1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
Per tornare a parlare della Guida a Wildemount, io mi sento di dire una cosa. Un po' mi dispiace che questa ambientazione sia un prodotto ufficiale di D&D, secondo me non lo merita. Le ambientazioni della TSR hanno sempre avuto un'idea dietro, che fosse la maniacalità dei dettagli di Forgotten Realms o idee che le rendevano uniche come Planescape, Dark Sun o SpellJammer. Non parliamo di Eberron poi, un'ambientazione che ha superato una gara di sopravvivenza contro tantissime altre, vincendo su tutte. Eberron e le ambientazioni ex TSR erano tutti progetti con delle vere idee dietro, invece dietro di Wildemount ci sono milioni di visualizzazioni su youtube e la speranza di venderla alle persone che le hanno fatte. Capisco benissimo che la Wizards (come la TSR prima di lei) è una compagnia il cui scopo è fare soldi e quanto a livello commerciale sia una mossa intelligente, ma mi dispiace comunque vedere scritto Dungeons&Dragons su un'ambientazione che è lì non per meriti di qualità ma di quantità. Dubito fortemente che ce l'avrebbe fatta come le altre senza la spinta mediatica, dubito fortemente che ce l'avrebbe fatta contro Eberron se fosse stata mandata al famoso concorso.1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
Noi stiamo giocando al tesoro della regina dei draghi ambientato prima del Periodo dei Disordini, sì può fare davvero di tutto. Basta eliminare i dragonidi come personaggi giocabili e fare diventare mezzi draghi quelli presenti nelle campagne già fatte. Oppure più semplicemente si può dire che sono sempre esistiti su faerun ma come una minoranza davvero ridotta.1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
Il concetto era piu "tenete la lore ferma a quella della 3E" visto che pare che la roba introdotta durante la 4E vi abbia rovinato le cose/sia difficile da reperire. Ci vuole poco penso a prendere Dragon Heist e ad ambientarla nel periodo pre Sundering.1 punto
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Explorer's Guide to Wildemount esce a Marzo per D&D 5e
La storia. Molti, me compreso hanno i manuali di 3 ma non quelli di 4. Per capire cosa è successo sono andato a cercare cose online, ma il problema è che le informazioni sono frammentarie a meno di comprare e leggere i libri, ed è facile perdersi informazioni utili. Poi certo è ovvio che si tratta di tutta roba inventata e che un DM può cambiare tutto quello che vuole, ma a me, e a molti altri, piace giocare in una situazione coerente con le uscite. Banalmente non è chiaro se i maghi rossi esistano ancora come gruppo con le enclavi o se sono venuti meno con la morte degli zulkir. Io mi sono fatto uno scenario in cui ho ipotizzato l'esistenza di due fazioni derivanti dai vecchi maghi rossi, ma sapere se è così o meno è importante, dato che avere contro o meno zsass tam è abbastanza incisivo. Posso decidere tutto io? Certo. Ma questo vale per qualunque gioco. Nonostante ciò chi gioca una campagna in seconda era nel LOTR non vuole trovarsi davanti Gandalf. Più o meno il senso è questo.1 punto
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Al di là della SCAG non vedo grossi problemi ad usare Dragon Heist, Tomb of Annihilation o Descent Into Avernus con la lore pre-4E. Certo dovrai sistemare alcuni dettagli, ma per un grande amante dell'ambientazione non dovrebbe essere questo grosso problema.1 punto
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Recensione Daggerheart
0 puntiSembra interessante, ho un amico che porterà una giocata, ora sono curioso ^^0 punti
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Chris Perkins e Jeremy Crawford si uniscono a Darrington Press
Chris Perkins e Jeremy Crawford, due delle menti dietro Dungeons & Dragons per oltre un decennio, si uniscono a Darrington Press di Critical Role come Direttore Creativo e Direttore del Gioco. Chris Perkins e Jeremy Crawford hanno una nuova casa: si uniscono alla Darrington Press di Critical Role. A riportare per primo la notizia è stato il Los Angeles Times, che ha rivelato che i due sono entrati a far parte della Darrington con ruoli non inizialmente specificati. [AGGIORNAMENTO: secondo la Darrington Press, Perkins sarà Direttore Creativo e Crawford Direttore del Gioco, ruoli corrispondenti a quelli che ricoprivano presso Wizards.] Secondo l’articolo, Critical Role avrebbe contattato Perkins e Crawford subito dopo la notizia della loro uscita da Wizards of the Coast. Darrington Press ha appena lanciato Daggerheart, un gioco di ruolo fantasy da tavolo più orientato alla narrazione rispetto a D&D, ma che include comunque una notevole complessità di regole. Molti hanno descritto Daggerheart come un rivale di D&D, paragone che sarà ancora più frequente ora che Darrington ha “strappato” due delle principali menti dietro D&D degli ultimi dieci anni. Fonte https://www.enworld.org/threads/chris-perkins-and-jeremy-crawford-join-darrington-press.713839/ Visualizza articolo completo0 punti
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