Infatti, non c'è la volontà perchè non è importante regolamentare quello che succede al di fuori del combattimento per i creatori di D&D. Tutte le condizioni che menzioni sono funzionali, nelle cause e negli effetti, al combattimento. Anche la paura è pensata per essere applicata in situazioni di combattimento. La condizione "spaventato" simula bene il terrore sovrannaturale di fissare un lich nelle orbite vuote del cranio, molto meno la paura di deludere i tuoi genitori dimostrando di non essere all' altezza della prestigiosa scuola di magia dove ti hanno mandato. Entrambe sono situazioni possibili in un constesto fantasy, ma solo una è rappresentata meccanicamente. 
 
 
	Qui non sono molto d' accordo con te, perché un TTRPG è le sue regole. Al contrario ad esempio di un videogioco, che ha anche un comparto grafico, di voice acting ecc... l' unica interazione tra il gioco e il giocatore in un TTRPG è mediata dalle regole. Quindi se le regole non supportano qualcosa, quel qualcosa nel gioco effettivamente non esiste. Se il master la vuole inserire o modifica le regole (ma creare regole dovrebbe essere il lavoro del game designer, non del master) o rinuncia alle regole e fa solo improv.
 
 
	Dipende. Il Darkest self è una sorta di "stance" forzata, uno stato d' animo particolare e molto negativo in cui il tuo pg finisce in determinate circostanze che ti forza a comportarti in un determinato modo, solitamente molto autodistruttivo. Poi esiste un sistema di keyword, le condizioni, ma quelle riguardano più come sei visto dagli altri che la tua interiorità (anche le due cose chiaramente possono combaciare). E poi ci poteri che si triggerano in maniera puramente narrativa, ma con conseguenze meccaniche. Per fare un esempio Il mortale, una skin che sostanzialmente è Bella Swan di Twilight, guadagna esperienza quando ignora comportamenti problematici da parte della persona a cui è più legato. Il gioco non definisce quali siano questi comportamenti problematici o che voglia dire ignorarli, ma la conseguenza meccanica del farlo c'è.