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Dragons´ Lair

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Bille Boo

Moderatore

Tutti i contenuti pubblicati da Bille Boo

  1. Un modo univoco non c'è, nel senso che l'equivalenza si può fare ma solo dato il modificatore per colpire e il danno dei PG (che però non sarà uguale per tutti...). Inoltre non sarà mai preciso. Ti sono stati dati molti suggerimenti che considero buoni, e che ho seguito anch'io, anni fa. Ora che ho un po' più di esperienza, mi sentirei di darti un suggerimento diverso: non ci badare. Conosce gli statblock dei mostri? Benissimo. Li dice agli altri giocatori? Benissimo. Il metagioco è un problema largamente sopravvalutato. Lasciaglielo fare. Incoraggialo a farlo. Anzi, ti dirò di più: quando lo fa, prendi direttamente la scheda del mostro e falla vedere in chiaro ai giocatori. A quel punto si daranno due casi alternativi. Primo: i giocatori apprezzano la cosa. Stupendo: hai migliorato il tuo gioco, avete tutti vinto. Secondo: i giocatori (compreso quello che si vantava di sapere tutto) si stufano presto della cosa e ti chiedono, loro per primi, di avere dei mostri sconosciuti in grado di sorprenderli; a quel punto, potrai seguire tutti i consigli dati sopra, o anche tornare banalmente a usare i mostri come sono, con la tranquillità che nessuno si metterà a declamarne le stat perché sarà stato accertato da tutti che non è divertente. Fai come vuoi, naturalmente, ma ti raccomando caldamente questa strada.
  2. Daphne assentì: "Certamente, Popovič, mi sembrano tutti ottimi suggerimenti. Saremo prudenti". Voltandosi verso Glauce aggiunse: "Andiamo tutti, o vogliamo lasciare qualcuno a guardia della base?".
  3. Beh, wow, ti ringrazio 😊 Fai pure, certo, non serve nessuna autorizzazione. Giustissimo! Beh, ora, spaccare gli strumenti ad ogni prova fallita lo trovo un po' eccessivo... 😅 Perfino una probabilità del 5% di spaccare gli strumenti ad ogni prova mi sembrerebbe esagerata.
  4. Sono d'accordo con te, è il principio del "prendere 20" della 3.5, che andrebbe rispolverato anche in quinta edizione, farebbe un gran bene (se non l'hai presente ti consiglio questa lettura, perché spesso viene frainteso). Se c'è tutto il tempo di provare e riprovare finché non si riesce, e riuscire è possibile, si narra il passare del tempo e poi si riesce: non è affatto necessario tirare realmente tutti quei dadi fino alla sfinimento 😄
  5. Ciao! Qui trovi un bel po' di informazioni e suggerimenti utili, tra cui, in appendice in fondo, tanti link a regole opzionali e discussioni sull'argomento (anche su D'L): --> Nessuno grande <--
  6. Ma guarda che non ho detto di non inventarle un nome. Se si vuole inventare un nome fa presto: apre un qualunque generatore online di nomi fantasy, o prende il primo farmaco dall'armadietto dei medicinali e riarrangia le sillabe, ed ecco trovato come quei tizi chiamassero il loro mondo d'origine. Questo non significa sapere dove sia, cioè conoscerne le "coordinate spaziali" (detto volgarmente) rispetto agli altri mondi e Piani del Multiverso. Gli antichi saranno stati eruditi quanto vuoi ma per millenni hanno ignorato che esistesse l'America. Se un cavaliere medievale avesse incontrato su un altro Piano un nativo americano, gli avesse chiesto la sua terra d'origine, e lui gliel'avesse descritta (magari aggiungendo il termine Apache con cui si indica il mondo materiale... wow, informazione utilissima) il cavaliere medievale non avrebbe avuto idea di cosa stesse parlando. Questo, dicevo. La prospettiva ultramoderna, semmai, è assumere che tutti abbiano in testa il mappamondo e il GPS. Eh, questo è un ottimo punto, ti do ragione: dipende da come si concepisce il gioco e da come si concepisce la figura del master. Bisognerebbe sapere come la vede Icarus e come si è accordato in proposito col suo tavolo in sessione zero. Al mio tavolo distinguo. Se i giocatori mostrano interesse per qualcosa di imprevisto, ma che è potenzialmente pertinente con la giocata che stiamo facendo, naturalmente approfondisco a dovere. Se invece mostrano interesse per qualcosa che non ci combina niente con la giocata che stiamo facendo (tipo, per esempio, se abbiamo detto di voler giocare Curse of Strahd e sappiamo che nessuno di noi metterà il naso fuori da questa dimensione per l'intera campagna) non mi faccio problemi a glissare, o addirittura a dire esplicitamente "vi dice tutto quello che volete ma non ve lo starò a dettagliare perché non è rilevante"; se i giocatori vogliono cambiare il focus della giocata e andare, tipo, a spasso nel Multiverso a rintracciare il punto d'origine della Barovia, allora è un altro discorso ancora: si ferma il gioco e si ridiscute off game a cosa vogliamo giocare.
  7. @Ermenegildo2 i samurai sono un caso particolare di una cultura particolare; la classe guerriera medievale europea, per quanto ne so, non brillava per istruzione (e attenzione che produrre letteratura non significa necessariamente essere eruditi, puoi scrivere tutti i poemi d'amore o di guerra che vuoi ma non sapere granché di geografia o cosmologia). Detto ciò, il punto ovviamente non è il realismo: parliamo di un mondo fantasy e possono essere vere entrambe le cose. Mi posso immaginare un mondo in cui i guerrieri sono istruiti, uno in cui sono ignoranti, e qualunque via di mezzo. Non stavo prescrivendo qualcosa di universale per qualunque mondo di gioco, stavo solo proponendo a @IcarusDream un modo semplice e indolore di risolvere il suo problema mantenendo una spiegazione coerente alla base.
  8. Un tipico guerriero / soldato / cavaliere di un mondo simil-antico o simil-medievale sa a malapena come si chiamano la sua nazione e quelle confinanti. Già se si inizia a parlare di nazioni lontane, o di altri continenti, è improbabile che abbia le idee chiare, a meno che non sia particolarmente erudito o non abbia viaggiato un sacco. Figuriamoci se gli si chiede la collocazione del suo mondo nel Multiverso. 🙂 Semmai vai sul lirico: "Era il nostro mondo, non ne conoscevamo altri: perché curarci di dargli un nome? Ma era casa nostra, era così bello, il cielo era azzurro, l'aria era pura, il sole del mattino..." etc.
  9. Beh, se è noioso, meglio farlo, no? Nel senso, accelerarlo, almeno. Ma davvero il modulo prevede un intero anno scolastico senza un solo obiettivo che vada al di là di farsi amici e prendere buoni voti?! Far legare di più i PG tra di loro, ed evitare un "ognuno per sé", dovrebbe essere compito dei giocatori. Parlane con loro off game, se hai dubbi: non c'è niente di male a coordinarsi su queste cose. D&D è un gioco di squadra: non raccomanderei di lasciare che il legame tra i personaggi sia un'incertezza, aspettando che "venga fuori da solo", forse, durante il gioco. Parlatene e fatelo semplicemente succedere. Detto ciò, secondo me avere un problema importante da risolvere (un obiettivo comune) è un ottimo collante per un gruppo: la mia impressione è che continuare a "girare a vuoto" con solo "cose di scuola", semmai, rischi di favorire una frammentazione del gruppo. Di fronte a un problema serio, l'unione fa la forza. Ma potrei sbagliarmi. Parlo senza aver letto il modulo e soprattutto senza aver parlato con i tuoi giocatori. Se a loro va bene giocare così e si divertono, non è obbligatorio cambiare rotta. Se crea problemi a te, prova a parlare anche con loro dei problemi che hai; magari fai qualche proposta alternativa su come risolverli e senti cosa ti dicono.
  10. Poveri noi... Per caso, se ti scappava la pipì, non potevi andare al gabinetto a meno che il PG non potesse farlo in game nello stesso momento, e viceversa? 😅
  11. Eh, mi rendo conto. Ma un errore che spesso i manuali fanno (non so se sia questo il caso, non l'ho letto) è di non spingere a fare da subito chiarezza sugli obiettivi in modo esplicito. Io ti raccomanderei di farlo (cioè, chiarire ai giocatori, off game, quali sono gli obiettivi della giocata - in genere non è necessario "spoilerare" i nemici e le altre minacce, fare questa cosa). Altrimenti, se questa parte ti sembra "moscia" e nella "trama" del manuale è previsto che il "qualcosa di importante" arrivi... dopo, beh, saltate direttamente a quel punto. Spiega ai giocatori che è il momento di andare al sodo e farai passare tot tempo in game in modo da arrivare alla parte succosa. Non credo obietteranno.
  12. La mia posizione su fail forward in D&D e simili l'ho articolata di recente qui. In breve: un check con esito non binario, con gradazioni di successo / fallimento, per me è una cosa potenzialmente positiva (se fatta bene) e diversa dalla concezione comune di fail forward (che invece trovo fuorviante e potenzialmente problematica). Quanto al fatto che molti non leggono i manuali: purtroppo è vero. Succedeva anche in passato, non so se in tempi moderni il fenomeno sia peggiorato o rimasto costante. Per carità, io sono sempre stato contrario al doversi studiare il manuale pagina per pagina prima di giocare, eh: però se si ha un dubbio si può andare a consultarlo, e sarebbe bene capire cosa si legge.
  13. Ma i PG (e i giocatori con loro) ce l'hanno qualche obiettivo, al di fuori della vita scolastica? Qualcosa a cui tengono e che è messo a rischio? Se ci pensi è questa la chiave di volta di Harry Potter: ogni volta c'è almeno un grosso problema in parallelo alle lezioni e alle amicizie. Queste ultime servono solo da sfondo. D&D rimane pur sempre un gioco di avventura. Non devi per forza inventare tu l'obiettivo, parlane con i giocatori, ma mettete sul tavolo qualcosa di importante che metterà i PG a rischio e alla prova, durante l'anno scolastico, e non consiste nella scuola in sé.
  14. Molto meglio delle mie aspettative, che però, devo dire, erano molto basse. Nel complesso direi medio. Alcune cose molto carine (le gag, specialmente). Altre decisamente forzate, tra cui un paio di sotto-trame del tutto inutili e un paio di grossi buchi di trama (che però, va detto, passano facilmente inosservati).
  15. Mi sembra una buona soluzione. Alla fine il punto cruciale è se l'incantesimo è solo un mezzo per ottenere informazioni oppure se può potenzialmente farti ottenere cose pratiche, diventando una sorta di mega-coltellino svizzero. 🙂 Nel primo caso lo si può confrontare con altri analoghi come divinazione e comunione, e bilanciare abbastanza facilmente tenendo conto della situazionalità, di eventuali componenti costose, e così via.
  16. Esempio molto estremizzato: posso andare nel Mondo degli Spiriti, lanciare questo incantesimo dando corpo a un incantatore epico defunto, e farmi da lui lanciare in cambio (mi sembra il minimo della riconoscenza) un sacco di cure magiche di alto livello, o un sacco di potenti buff magici che poi porto con me (finché durano) nel mondo materiale, o addirittura un desiderio o miracolo? In questo caso, mi è difficile attribuire all'incantesimo un livello differente dal suddetto desiderio o miracolo.
  17. Non ricordo quel passaggio, comunque, nel caso, sarebbe un punto su cui non concordo con gli autori di 5e. Ci sta, si possono avere idee diverse, ci mancherebbe. Domanda interessante. Più o meno concordo con la risposta di @bobon123: cosa sia una "buona idea" è soggettivo, mentre aver conseguito un obiettivo è una cosa oggettiva e chiara a tutti. Le buone idee dovrebbero "premiarsi da sole", perché tendono ad aumentare la probabilità di raggiungere l'obiettivo, e/o a ridurre la spesa di risorse per arrivarci. Di solito, in media. Poi può darsi che una specifica volta una buona idea venga azzoppata dalla sfortuna e una cattiva idea riesca per pura combinazione: è inevitabile quando il caso fa parte del gioco. Se non piace (a me piace) la soluzione migliore non è rimediare dando più PE alla buona idea, bensì passare a un gioco in cui il caso ha un'influenza minore; addirittura a un gioco diceless, perché no! Aggiungo che, nel mio stile di gioco, le idee veramente buone spesso bypassano del tutto il tiro di dado. E un'idea così pessima che non può funzionare non funziona e basta: non sarà mai "redenta" da un 20 naturale. 🙂 Sono assolutamente d'accordo. Mi è capitato di fare campagne iniziate già a un livello molto alto, o di fare "salti" di livello concordati con il tavolo a piacimento. Se siamo tutti d'accordo possiamo fare cosa ci pare, ci mancherebbe. Analogamente, ben vengano altri approcci ai PE (es. PE per la sola presenza, o PE per i fallimenti), se piacciono al tavolo. Nei miei discorsi partivo dal presupposto che avanzare di livello compiendo con successo imprese avventurose (il paradigma standard di D&D e simili) piacesse alle persone; a me per esempio piace; ma se non piace, è giustissimo cambiare sistema. Ogni approccio ha i suoi pro e i suoi contro. Per esempio, un sistema "PE per la sola presenza" (basta vivere per crescere), o "avanziamo quando vogliamo", da giocatore non lo apprezzerei molto perché perderei la gioia trionfale di essermi guadagnato la cosa. Sarebbe un po' come dire: "decidete voi quanti soldi avete", o "aumentate pure i vostri soldi quando volete a vostra discrezione": indubbiamente utile per certi tipi di gioco, ma l'effetto collaterale sarebbe che a quel punto trovare un tesoro, anche ricchissimo, si ridurrebbe a un puro flavour di facciata, senza effetti pratici, quindi avrebbe un sapore del tutto diverso.
  18. Per me, decisamente sì. Do i PE per aver superato la sfida, non per come l'hai superata. E do gli stessi PE a tutto il gruppo presente a quella data sessione. Questo discorso (banalizzando: un giocatore che non fa gioco di squadra) per me è separato dal discorso dei PE. Se per i giocatori, per il tavolo, non c'è nessun problema e va bene così, allora non vedo niente per cui intervenire: si va avanti con le normali dinamiche di gioco. Se invece per gli altri giocatori quello è un problema, va risolto off game parlandone tra giocatori. In entrambi i casi non avrebbe alcuna utilità o rilevanza, per me, che il giocatore si giustificasse alla luce del PG (sarebbe il classico "non sono io, è il mio personaggio!"). Se il tuo tavolo si trova bene così non ho niente da ridire, ovviamente. A me però non piacerebbe per niente, né da giocatore né da master. È una cosa su cui non voglio dare né ricevere giudizi, non in questa forma perlomeno. Tra l'altro l'immedesimazione è del tutto soggettiva: magari è una cosa che ricerco, magari non me ne importa niente, comunque riguarda solo me. Non vedo perché dovrebbe essere discussa con altri e ricevere premi.
  19. Certo. Ma, se lo fai bene, stai solo valutando se l'idea (avuta dal giocatore e quindi dal personaggio) è stata efficace, oggettivamente, per superare l'ostacolo. Non stai valutando quanto ti piaceva, quanto piaceva al tavolo, quanto era divertente, quanto era fantasiosa, quanto era "in linea col personaggio", e così via. La domanda, di nuovo, è solo: il personaggio (anche grazie al giocatore, per carità) ha superato la sfida?
  20. È comunque un progresso del personaggio, attraverso le decisioni che il giocatore ha preso per lui. Il compito del giocatore è prendere decisioni per il PG. In tutte le sfide, anche un classico combattimento, c'è una parte decisionale (chi attacco? con cosa? dove mi posiziono? su chi lancio l'incantesimo?) che è appannaggio del giocatore, e una parte meccanica che dipende dalla scheda del PG. Possono esserci casi estremi in cui la capacità decisionale conta poco o nulla e conta quasi solo la scheda (es. fai scattare una trappola: tiro salvezza o prendi danni, nulla da decidere), e casi estremi in cui conta solo la capacità decisionale e la scheda non si usa (come nell'enigma di cui parlavi). Ma all'interno del mondo di gioco si tratta sempre, obiettivamente, di una sfida che il personaggio si è trovato davanti e che dopo ha superato. Mentre "essere coerente col proprio background" (per esempio) non vuol dire niente in game dal punto di vista del personaggio.
  21. Sarò tranchant, ma se un giocatore si comporta in modo sgradevole o contrario al divertimento comune (es. giocare "non con gli altri ma sopra gli altri", giocare contro il gruppo, giocare "un'avventura tutta sua slegata dal contesto", non rispettare gli accordi di sessione 0, guardare il cellulare e fregarsene della giocata) semplicemente non gioco con lui, non è che continuo a giocarci dandogli meno punti esperienza.
  22. Ho usato sia le pietre miliari sia i PE, in diversi momenti del mio percorso da master. In una certa fase avevo abbandonato i PE in favore delle pietre miliari, poi li ho rivalutati e adesso li uso, per varie ragioni. Ma quando faccio una campagna "coesa", con un gruppo fisso, i PE sono sempre uguali per tutti: dare premi differenziati mi mette a disagio come master; anche quando sono giocatore non mi piace molto, non ne vedo molto la ragione. Di recente ho iniziato una campagna open table, in cui i giocatori al tavolo non sono sempre gli stessi: questo mi ha indotto a rivedere il funzionamento dei PE da vari punti di vista. Li assegno, sessione per sessione, solo ai PG che vi prendono parte; quindi non sono più uguali in assoluto per tutti i (molti) PG esistenti, ma rimane il criterio dell'uguaglianza all'interno di ogni sessione. Ecco, una open table senz'altro sarebbe difficile da gestire con il livellamento a pietre miliari. Comunque sono molto d'accordo con @Lord Danarc che i premi in PE a "chi gioca bene" non siano una buona idea: i PE dovrebbero dipendere da quello che fa il personaggio.
  23. Dapnhe annuì: "Sono d'accordo anch'io, andiamo pure verso l'interno, verso la torre". E raccolse le sue cose, preparandosi alla partenza. @tutti
  24. Sarei molto interessato se tu potessi approfondire meglio, se ti va. Per cosa ti tolgono mille punti? Cosa non devi fare? In che modo devi ruolare? (Secondo costui, eh.) (queste cose per esempio sono... uhm... impressionanti, per sforzarmi di usare un termine neutrale)
  25. Il modo in cui io mi relaziono alla morte dei PG l'ho riassunto qui. La mia impressione è che questo articolo parta da considerazioni ragionevoli ma si perda per strada.

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