Enarion Amar di Bosco Grigio - Aerlindir - Divinatore da Battaglia
 
	L’aria della sera portava con sé il crepitare del fuoco e l’odore resinoso degli aghi di pino bruciati. Nell’ombra tremolante, Enarion osservava i volti riuniti attorno alla fiamma, le fisionomie tagliate a metà dalla luce danzante. Un tempo, forse, avrebbe trovato conforto in una compagnia simile. Ora, era solo un’altra convergenza del destino, un filo intrecciato a forza nel telaio del fato. L’indagine sulle energie extraplanari aveva portato lui e Seldanna fin qui, e ora la loro ricerca si fondeva con quella di altri. Uno scopo comune, per quanto effimero. Il portale divinatorio, la tomba, i sussurri di poteri antichi e dimenticati, ombre che si stagliavano sul sentiero ancora avvolto nell’incertezza.
 
	Sfiorò il bordo del suo mantello, scacciando la polvere del viaggio, e si rivolse a Seldanna con un cenno ed una breve frase in elfico: «Non sono sicuro che ci possiamo fidare.» . Avevano attraversato il mondo e il tempo insieme, la sua presenza era una costante, un legame al passato che ancora non si era dissolto. E ora c’era anche questo nano, Hrolfr, un’altra scheggia di storia raccolta nel cammino. Se Seldanna aveva visto in lui una risorsa, allora Enarion avrebbe sospeso il giudizio… per ora. Il suo sguardo si spostò sul fuoco, e senza volerlo, la memoria lo trascinò indietro nel tempo.
 
	 
 
	La Torre Bianca di Tor Leah nel Continente Occidentale, alcuni decenni prima
 
	Era giovane allora, con il peso del nome Amar ancora saldo sulle spalle e la furia della guerra impressa nella memoria. La Torre Bianca di Tor Leah lo aveva accolto come un rifugiato del passato, uno studioso della battaglia, e il suo apprendimento era stato duro come l’acciaio forgiato. Era lì che aveva conosciuto Seldanna. La prima volta che si erano incrociati era stato nella biblioteca della Torre. Lui era immerso nella lettura di un antico trattato sulla divinazione bellica, quando una figura alta e imponente si era seduta accanto a lui senza preavviso.
 
	«Non dovresti leggere quel libro senza prima studiare il Trattato di Althir sulla Percezione Temporale.»
 
	La voce era stata ferma, con un lieve accenno di divertimento. Quando aveva alzato lo sguardo, aveva trovato due occhi chiari, penetranti, incorniciati da una cascata di capelli bianchi. La donna aveva l’aspetto di chi aveva vissuto abbastanza da non curarsi più delle apparenze, eppure in lei c’era un’energia che sfidava il tempo stesso.
 
	«Mi pare un buon inizio.» Aveva risposto lui, chiudendo il tomo con un gesto misurato. Seldanna aveva riso, un suono sincero e spensierato. «Se vuoi davvero imparare, allora lascia che ti mostri qualcosa.»
 
	E così era iniziata la loro conoscenze. Lei lo aveva guidato attraverso il labirinto del sapere, insegnandogli che la magia non era solo potere, ma anche comprensione, che il destino poteva essere letto come un libro, se si sapeva dove cercare.
 
	Ma non era stata la sua unica insegnante... Gli altri maestri della Torre lo avevano visto per ciò che era: un giovane spezzato, con uno spirito forgiato nella furia e nel dolore. Ma loro non erano lì per curarlo. Loro erano lì per affinare quella furia. Fra le fila dei Divinatori da Battaglia, aveva scoperto come le sale di Tor Leah non erano solo biblioteche e luoghi di pratica arcana, ma veri e propri campi d’addestramento per strateghi, ed i veggenti il cuore pulsante di un sapere antico che esisteva solo per servire l’arte della guerra. Lì la magia non era contemplazione, ma uno strumento per il dominio. Enarion aveva imparato presto che la preveggenza non era fatta infatti solo di visioni astratte o di predizioni oscure, ma di pura logica affinata dalla magia. I maestri della Torre Bianca lo avevano temprato in questo: imparare a calcolare ogni variabile, a vedere le possibilità come sentieri aperti nella nebbia, a scegliere quello che avrebbe condotto alla vittoria con la precisione di una lama che affonda nella carne. 
 
	Quando lasciò la Torre per la prima volta, Enarion era ancora un soldato con una visione chiara della guerra. Quando tornò, era qualcosa di diverso. La sua pelle era più pallida, i suoi occhi più freddi. Era stato lontano da troppo tempo, in un mondo che non lasciava spazio all’innocenza.
 
	Per mesi aveva marciato con gli esploratori, inseguendo gli orchi che si spingevano troppo vicino alle citta' od ai boschi sotto la protezione di Tor Leah. Era una guerra senza gloria, combattuta nell’ombra degli alberi, dove ogni passo era un potenziale agguato e ogni notte un’altra macchia di sangue sulla terra. Le regole della guerra civile non si applicavano ai campi di battaglia senza testimoni. Qui, la vittoria non era data dalla superiorità numerica o dall’abilità nelle armi: era una questione di paura. Gli orchi erano brutali, ma non stupidi. Avevano imparato a temere gli esploratori elfici. E se la paura era un’arma, Enarion la impugnava senza esitazione. Corpi lasciati a marcire lungo i sentieri. Accampamenti dati alle fiamme nella notte. Trappole che lasciavano i nemici a rantolare nella penombra, prede per i loro stessi simili. Fu durante quelle prime guerriglie, che i soldati che guidava attraverso le sue divinazione presero a chiamarlo "Aerlindir", Il Mostra Via.
 
	 
 
	 
 
	 
 
	Si riscosse dai suoi pensieri, tornando al momento presente.
 
	«Le stelle ci hanno condotti sullo stesso sentiero.» La sua voce era bassa, priva di inflessioni superflue, misurata come sempre ed in un Comune ben scandito «Ma non esiste alleanza che non abbia un prezzo. Prima di avanzare, vorrei sapere quali sono le motivazioni che vi guidano .» disse saltando con lo sguardo ognuo dei presenti del nuovo gruppo. Diretto come gli elfi spesso non sono, o almeno non quelli che sanno come risultare diplomatici e affabili.