Sandrine Alamaire
Sento il bussare scandito come da codice.
Una manciata di minuti di ritardo... ma una manna dal cielo per me!
Doversi fare bella per stordire l'interlocutore senza risultare eccessiva o lasciva; acconciarsi i capelli in maniera apparentemente disordinata e naturale senza sembrare troppo sciatta o palesemente impostata; scegliere la giusta camicia da notte, che faccia risaltare le forme ed il décolleté, senza trasmettere un messaggio di volgarità; eliminare tutto il trucco in maniera maniacale, lasciandone giusto un'ombra attorno agli occhi, che metta in risalto il colore e l'intensità delle pupille, ma trasmettendo nell'osservatore l'incertezza sulla origine di quella sfumatura graffiata sulla pelle... tutto questo mi ha richiesto ogni istante del tempo intercorso tra il mio ritorno in camera e l'arrivo di Kiltus. E nemmeno mi sono azzardata a sfruttare la magia.
Il dono di mamma è uno strumento invero potente e prezioso, ma richiede accortezza, precisione, pazienza e razionalità nell'uso... tutte doti di cui purtroppo tendo a scarseggiare nei momenti di confusione, eccitazione, rabbia od esaltazione, ma che riesco a modulare quando mi scrollo di dosso l'emotività e l'empatia.
La chioma nera è ancora graziosamente arricciata in seguito alla piega impressale dai legacci e dagli intrecci della acconciatura scelta per la Proclamazione.
Le iridi si sono, gentilmente e generosamente, impregnate di quel viola innaturale che aveva fatto impazzire papà. Quel rapido tocco di ombretto - lo ammetto - ha, in qualche maniera, contribuito...
Le due gocce di essenza di fiori esotici ed aromi lontani, spruzzate sapientemente una decina di minuti prima dell'ora prevista, sono oramai evaporate sulla mia pelle, mischiando il loro afrore alla fragranza pastello del mio collo nudo.
Appena prima di aprire la porta, sistemo la scollatura: nè troppa, nè troppa poca. Il desiderio, vera debolezza dell'uomo, va nutrito, non soffocato od ingozzato.
Lo guardo, fermo sulla porta, un bambino colto in flagranza di marachella, indeciso se fidarsi o meno. Incerto su quanto possa o voglia dire.
Spero che sia andato davvero a meretrici. L'aspettativa di vedere me, mentre prendeva loro. La certezza che ogni paragone non avrebbe retto. La speranza illusoria che, forse, la parte più buia della nottata avrebbe regalato un piacere proibito unico inaspettato. Spero l'abbia fatto.
Solo gli stolti sono incapaci di mantenere i segreti senza forte sollecitazioni. Ed io non sono una sgualdrina.
"Accomodatevi", gli dico, facendomi da parte, svelando la mezza maschera di un sorriso.