Khalya, paladina di Yvet Lorne
Nugoli di mosche verdi-metalliche iniziano a sciamare sui cadaveri che, scomposti in un fango impastato col sangue, restituiscono al Sole un luccichio beffardo e sinistro.
‘Una strage evitabile’, ne sono certa, mentre osservo gli insetti danzare su occhi e bocche ancora sbarrati in una smorfia sovrannaturale.
A qualcuno ne socchiudo pietosamente le palpebre.
Cerco lo sguardo di Lex, le sue mani. Le raccolgo in grembo.
«Sorella», bisbigliandole a quattrocchi «siamo chiamate ad immolarci affinché il Caos non dissemini ulteriormente i suoi orrori. A volte anche accettando un male minore… A volte anche mettendo da parte le nostre vicende personali…»
Mi volto in direzione del Magister. Lex capisce a cosa mi riferisco.
«Ti prometto che farò luce sulle sorti di tuo fratello. È un tuo diritto sapere cosa ne è stato di lui, ma adesso dobbiamo sfruttare ogni possibile aiuto.»
È più forte di me, la abbraccio. Il desiderio ardente di guarire le sue ferite, se non quelle del cuore, almeno quelle di questa battaglia.
La sento sollevata dal suo dolore, mentre lo faccio mio.
«Ora scusami un attimo…»
Mi giro e faccio qualche passo, per poi poggiarmi sulla spada. La vedo attraversata da un rivolo di sangue, il mio, dall’elsa fino a terra.
Ordino ad alcuni soldati di prestare soccorso ai sopravvissuti. Intendo interrogarli appena si saranno rimessi.
«Ser Aubert, terremo conto che l’ira di questa gente è stata alimentata da una “febbre” arcana e maligna.»
Faccio cenno ai simboli ritrovati al capanno.
«In quel luogo si è consumato un orrendo sacrificio, tuttavia non è stato ritrovato alcun cadavere. È mia intenzione scoprire a chi appartenesse quel sangue, per poi risalire a coloro che hanno officiato il rituale.»
‘Il vecchio giustiziato stamattina non può aver agito da solo’, penso tra me e me. ‘Dovrò accedere ai carteggi relativi al suo caso per capirci di più.’
«Lei e i suoi uomini siete molto stanchi, Ser. Apprezzo il vostro sacrificio. Avrei preferito che le cose andassero diversamente, ma abbiamo tutti fatto del nostro meglio.»
Mi congedo benedicendolo.
Dopodiché la mia attenzione ricade sul Magister e la sua inquietante alleata.
L’ho visto accusare il potere del Caos prima, quello del templare dopo, per poi vederlo tornare travolgente e tuonante, innervato da una nuova e terribile forza.
«Daleor», evito di chiamarlo “Magister” per tagliare corto con i convenevoli «è stato ardito il tuo contrordine, mentre i riottosi approfittavano già delle nostre lasche difese. È andata com’è andata, tuttavia temo che il tuo potere potrebbe essere una cura peggiore del male.
Cosa è successo esattamente nel capanno mentre ero impegnata sul fronte, e cosa ha alimentato improvvisamente il tuo potere?»
Con gli occhi fermi nei suoi gli sto chiaramente dicendo “non mentirmi, me ne accorgerei”.