@TheBaddus Scarlett Bloomblight Ti fermi. La guardi mentre prova a reggere il confronto, cercando di sembrare fredda, distaccata, superiore. «Non me ne frega un cavolo di quello che fai, Scarlett. Né di te, né delle tue patetiche macchinazioni. Non ho nessuna intenzione di mettermi in mezzo a faccende che non mi riguardano.» Le sue parole hanno il tono di chi vorrebbe crederci, mai suoi occhi la tradiscono. E poi fai quel passo avanti. La tua presenza le si riversa addosso come un'onda. Non serve urlare, non serve nemmeno alzare il tono: basti tu, così come sei, perché lei si faccia un po’ più piccola. Questa volta lo vedi chiaramente… le spalle si abbassano, gli occhi fuggono per un secondo, e il corpo cede appena. Ti senti nuovamente come nel sogno: eroticamente nuda, immensa, potente… e gli altri al loro posto, ai tuoi piedi. È in quel momento che Harper indietreggia davvero, un passo maldestro, e perde il controllo del suo taccuino. Cade con un tonfo sordo a terra e, con lui, qualche foglio si sparge nell’aria. Si abbassa istintivamente per raccogliere il tutto… Ma uno dei fogli si é staccato dagli altri ed è finito sulla punta della tua scarpa. Ti chini a raccoglierlo, quasi per riflesso. E lo leggi. È una poesia. Breve, scritta con calligrafia ordinata, forse rivista e riscritta più volte. La tocchi con gli occhi prima ancora che con le dita, e mentre lo fai, senti Harper trattenere il fiato. Non dice nulla. Non prova nemmeno a fermarti. Non so se hai capito che ti guardo non come si guarda un tramonto ma come si guarda il fuoco sapendo che brucia ma restando comunque lì, scalzi. Emily. Il nome è lì, in basso, nascosto all’interno di un piccolo cuore. Ti basta per mettere insieme tutto. Non serve altro. Sollevi lo sguardo e la fissi. Lei è tesa, congelata. Occhi spalancati, guance arrossate. Vergogna, forse. Rabbia. O paura. Un miscuglio che ti fa quasi sorridere. Poi riacquista il controllo, scatta verso di te e ti strappa il foglio di mano con foga. Ma ormai hai letto. Ormai hai in mano qualcosa. Qualcosa che parla di lei molto più di quanto lei sia mai riuscita a dire a voce. Come ogni volta, lo senti. Quel filo argentato che si forma sottile dal tuo polso, come seta viva che si collega al suo collo e la tiene vincolata a te. «Qu.. questi sono ca**i miei, invece… Stai fuori anche tu dagli affari miei…» lo dice con poco convinzione, quasi ti fa tenerezza. Poi, dopo averti fissata con risentimento e disprezzo si allontana da te, in direzione della classe. Off game Ho deciso di giocarmelo così il FILO che ottieni su Harper. @Ghal Maraz Nathan Clark Cerchi di respirare. Di restare immobile. Invisibile. Ma il tuo corpo ha altri piani. E purtroppo anche lui. Quella vocina. La odi. Ma è sempre più presente. Sempre più tua. E in questo momento, mentre cerchi di dissimulare con la sedia, con la cartella, eccola lì, che riprende a cantilenare nella tua testa con tono stridulo e beffardo, come una filastrocca oscena sussurrata tra i denti: "Il tuo ca**o sta scoppiando, lo sente anche la prof, sai? Basta che ti tocchi un secondo, e fai un macello, proprio lì. Guardala, come muove le labbra... Dai, baciala. Fallo adesso." Ride. Ride come un cartone animato cattivo nella tua testa, mentre tu hai la fronte sudata, la mascella contratta, e il cuore che batte come un tamburo impazzito nel petto. Ti senti infuocato e gelato insieme. I muscoli del collo tremano e per un attimo pensi davvero che potresti svenire. O peggio. Ma poi… un attimo di lucidità. Trovi la voce, che ti esce tutta storta e impacciata, ma esce. Le parole vanno. Ti afferri a loro come a una scialuppa Lei ti guarda. Un sopracciglio alzato. Forse divertita, forse perplessa. Ma non ti incalza. Sorride con un’espressione gentile e risponde: “Tirarle fuori è sempre la parte più difficile. Ma è anche quella in cui si scopre chi sei davvero. Pensaci.” E proprio in quel momento la porta si apre. Ti volti di scatto, ancora in tensione, ancora con la trappola evidente nei pantaloni. Entrano alcuni studenti del primo anno. Voci, passi, zaini che sfregano. Ma il tempo per te rallenta ancora. Due ragazze si fermano appena oltre la soglia e salutano la professoressa. Una di loro ti guarda incuriosita. Poi il suo sguardo si posa lì. Lo nota. Sussurra qualcosa all’altra che si porta subito la mano alla bocca per trattenere una risatina. Il sangue ti va tutto in faccia. Un’ondata rovente. Potresti affogare nella vergogna. La professoressa Lane, apparentemente ignara… o incredibilmente diplomatica… non mostra il minimo segno di aver notato qualcosa. Ti guarda con un sorriso pacato e, con un cenno della mano, dice: “Grazie ancora, Nathan. Non voglio farti fare tardi alla prossima lezione. Vai pure.” Le sue parole suonano come un miracolo. Ti alzi in piedi, cercando di tenere lo zaino davanti a te con la grazia di un ninja imbarazzato. Non corri. Ma quasi. Attraversi la porta come se ti stessi lasciando alle spalle il campo di battaglia. Le risatine delle due ragazze ti seguono come lame affilate. Ma sei fuori. Sano e salvo. Davanti a te, in fondo al corridoio, c’è l’aula del Professor Rowe. Non vedi l’ora di chiuderti lì dentro. Magari anche di sparire per un po’. @Voignar Darius Whitesand Sorridi divertito quando vedi Sasha accettare la proposta con un’alzata di spalle e un: "Perché no, dai, facciamolo." Perfino Ben sembra tirare un mezzo sospiro di sollievo e accenna un sorriso timido, ancora un po’ imbarazzato ma visibilmente grato. Vedi che apprezza: non state facendo finta che non sia successo nulla, ma neanche gliela state facendo pesare. È come se gli steste dicendo che quella roba non ha il potere di decidere chi è davvero. Vi stringete davanti al tuo cellulare, tu al centro, Sasha e Ben ai lati, e scattate il selfie. Usi gli stessi sticker idioti del post anonimo, ma stavolta li rivoltate a vostro favore: cappello da mago su Ben, occhi brillanti da strega su Sasha, una barba finta su di te. Poi posti tutto con la caption "Evocazione riuscita" seguita da un’emoji a forma di fulmine e una stellina. Nel momento in cui premi “invia”, lo sguardo ti cade istintivamente su Orion. Lo vedi seduto al suo banco, le mani che stringono il bordo del legno con una tensione che ti fa pensare potrebbe spezzarlo a metà. Lo vedi scorrere nervoso il feed sul cellulare. I suoi occhi diventano due braci roventi. Ti sorprende quanto poco ci metta a passare dal compiacimento alla furia. E per un secondo ti domandi: è stato davvero lui a postare quella roba? Ma non c'è tempo per pensarci troppo. Alla tua proposta a Sasha, lei sorride con una mezza risata: "Nah, troppo poco movimentato per me. Tutto quel tempo seduti a parlare, e a tirare dadi… io ho bisogno di correre, spostarmi, fare cose vere. Cioè, belle le storie, ma poi mi viene l’ansia se sto ferma troppo." E riesci a immaginartela, in effetti, a combattere draghi veri più che a interpretarli a un tavolo. Non fai in tempo a risponderle che il professor Rowe entra in aula. Tu, Sasha e Ben vi affrettate a sedervi, mentre il brusio generale si spegne lentamente. Ti siedi, ma non puoi fare a meno di lanciare ancora uno sguardo a Orion, che sembra una pentola a pressione a due secondi dall’esplosione. @SNESferatu Ana Rivero Ti colpisce il modo in cui Eliza si ferma all’improvviso, un attimo sola nei suoi pensieri, mentre si scosta una ciocca chiara dal viso con un gesto lento, quasi distratto. Poi i suoi occhi si posano su di te. E non è uno sguardo a caso: ti studia, come se volesse davvero capire chi sei sotto il sarcasmo, sotto i sorrisi a metà, sotto tutto quel “non mi interessa” che porti addosso come un cappotto. Poi, con voce più morbida di quanto ti aspettassi, dice: "Sì, anche io dovrei studiare matematica, in effetti. Come il resto del mondo che non è occupato a far finta di essere Shakespeare in aula teatro." Fa un mezzo sorriso, quello strano tipo di sorriso che può voler dire un sacco di cose. "Però pensavo... magari c'è qualcosa di più divertente da fare. Qualcosa di più rischioso. Qualcosa che non si potrebbe fare, tipo… qualcosa che si racconta solo se va bene, e se va male si nega." C’è un silenzio breve, poi la sua voce riparte, stavolta con una punta di giustificazione. "Cioè, gli altri che non fanno teatro sono tipo... Tyler, che è praticamente un boy scout con le sneakers." Si gira leggermente per osservarlo, poi si limita a un’alzata di spalle. "Ben... beh, è Ben." Lo dice senza cattiveria, solo con realismo. "Noah... è praticamente invisibile. E Mai-Lin è... Mai-Lin." Una pausa. Poi ti guarda di nuovo, in modo diretto. "Tu invece mi sembri una che potrebbe essere di compagnia in queste cose. Una che non si tira indietro." Poi abbassa lo sguardo un istante, giusto per far evaporare un filo di tensione, e aggiunge: "Beh, se ti va, ovviamente." in quel momento il professor Rowe entra in classe, lasciandoti solo il tempo per una risposta veloce prima di dover prendere posto al tuo banco. @Theraimbownerd Orion Kykero Ti siedi al tuo posto, ma il banco sembra stringerti addosso come una trappola. Le unghie quasi affondano nel legno mentre le dita serrano i bordi, come se potessi schiacciare la frustrazione che ti pulsa dentro le tempie. È un sapore amaro quello che hai in bocca: rabbia, umiliazione, impotenza. Jeremy ti ha colpito dove fa più male… in pubblico, davanti a tutti… e nessuno ha detto una parola in tua difesa. Nessuno dei tuoi. Nessun volto fidato accanto a te quando serviva. Neanche Alice ti ha veramente ascoltato, troppo presa da chissà quale pensiero per notare che stavi cercando di contenere un incendio. E ora, anche questo. Non solo il tuo post non ha ottenuto l'effetto desiderato… Ben non è stato ridicolizzato, nessuno l'ha deriso, anzi… pare quasi che qualcuno abbia trovato la cosa divertente. Sembra che quel grassone sia persino uscito da tutto questo rafforzato, come se la tua mossa non avesse fatto altro che dargli visibilità. Una sconfitta su tutta la linea. Ma il vero veleno ti scorre dentro quando realizzi una cosa semplice e bruciante: hai perso il controllo. Il controllo della narrativa, della scena, della tua cerchia. E questo, lo sai bene, è inaccettabile. Il professor Rowe entra in classe e sei costretto, per il momento, a rientrare nei ranghi. Ma non significa che ti arrendi. No. Significa solo che la vendetta ha bisogno di un momento migliore. Perché qualcuno… più di uno… dovrà pagare. E pagherà bene. Dev'essere chiaro a tutti che Orion tiene ancora la corona. Che comandi tu. E mentre sei lì, nella tua bolla silenziosa di ira, ti accorgi di qualcosa: Darius ti guarda. Ogni tanto lancia un’occhiata, fugace ma mirata. Non è solo distrazione. Ti studia. Come se forse abbia qualche sospetto su di te. PER TUTTI - LEZIONE DI MATEMATICA Tutti gli studenti prendono posto con la solita lentezza da prima ora: zaini che cadono, sedie che strisciano, qualche saluto sussurrato e un paio di sbadigli nemmeno troppo nascosti. L’unico banco vuoto è quello di Noah… assente oggi, e nessuno pare sapere bene il perché. Il professor Rowe prende posto alla cattedra, oggi con una t-shirt dedicata a un gruppo punk-core anni ’90 di cui probabilmente è l’unico fan rimasto, e l’immancabile giacca stropicciata. Tiene tra le mani un pennarello come fosse una bacchetta magica, pronto a evocare grafici dal nulla. “Benvenuti nel regno dell’ansia preventiva!” dice accogliendo la classe con un sorriso ironico. “Siamo ufficialmente a due giorni dalla verifica. Tempo sufficiente per ripassare tutto o... per convincervi che la trigonometria è un’invenzione del diavolo.” Un paio di risate spezzano l’ansia nell’aria. Sasha prende appunti distrattamente, Harper sembra seguire a tratti, chiaramente con la testa altrove. Mei-Lin è super attenta in prima fila, penna in mano e occhiali leggermente scivolati sul naso. Emily e Tyler si scambiano qualche ultima parola sui loro rispettivi allenamenti del pomeriggio precedente, quindi anche loro iniziano a seguire la lezione con attenzione. Max fissa per qualche secondo il cellulare nascosto sotto il banco, prima di tornare alla realtà. Di tanto in tanto cerca Ana con lo sguardo. Alice, come sempre, sembra in bilico tra la realtà e il sogno… Non sapete se stia prendendo appunti o se, invece, stia disegnando sul margine del quaderno qualche scarabocchio. Eliza, in ultima fila, tiene la testa appoggiata sul palmo della mano, mordicchiando la matita annoiata. Da ultimo Ben, in prima fila, segue attentamente la lezione del suo professore preferito. “Mi raccomando!” aggiunge Rowe mentre disegna una funzione sulla lavagna, “oggi continuiamo il discorso iniziato ieri sulle funzioni logaritmiche. Chi prende appunti avrà un futuro radioso. Chi finge di farlo... be’, potrà almeno copiare da qualcuno brillante giovedì.” La lezione scorre tutto sommato tranquilla, con Rowe che alterna spiegazioni serie a metafore improbabili. Alla fine dell’ora, mentre la campanella suona e gli zaini tornano in spalla, il professore chiude con tono più morbido: “Non fatevi venire l’orticaria. La verifica sarà impegnativa, sì, ma se ci arrivate vivi fino a giovedì... siete già a metà dell’opera.” E mentre i ragazzi iniziano a uscire uno a uno dall’aula, la tensione per la verifica comincia a strisciare davvero tra i banchi.