DM
La tensione all’interno del labirinto di indovinelli era palpabile, magari anche più palpabile di Sophia stessa, la quale al momento si trovava al centro dell’attenzione. Come ella aveva potuto scoprire, evitare una domanda era possibile a costo di essere in grado di trovare una via alternativa. Una risposta sbagliata, d’altro canto, costava non solo una deviazione ma anche un danno notevole, che la mezza-ninfa era già stata in grado di sperimentare. Non c’era quindi da stupirsi se la barda chiese lumi più e più volte ai suoi compagni, sebbene in questa seconda tornata di domande ella stessa fu più propositiva. Sophia non era mai stata un asso in queste ma, vuoi la situazione di emergenza o la maturazione che aveva intrapreso, ella era stata in grado di individuare con un certo grado di certezza quelle che potevano essere delle risposte corrette.
Con notevole tensione ella propose quindi le sue risposte, alle orecchie immobili delle teste di gargoyle di metallo.
Per ben quattro volte le loro voci risuonarono, pronunciando le parole RISPOSTA ESATTA!! deliziose per l’orecchio di Sophia, come dei suoi compagni all’esterno. Una porta dopo l’altra, ella fu infine in grado di raggiungere l’angolo opposto da cui era entrata ed aprire la via per la stanza successiva. Sophia Zhuge era stata in grado di superare quella machiavellica prova!
Come un sol uomo, il resto delle porte (anche quelle che erano rimaste bloccate alla risposta errata) si sollevarono di colpo, permettendo al resto dei Guardiani Planari di ricongiungersi con la propria compagna. Il festeggiamento però non durò abbastanza, se non altro perché un suono raggiunse le orecchie dei membri dell’Assemblea, i quali oltrepassarono l’uscio aperto e raggiunsero l’ambiente successivo, un’anticamera dato che essa terminava con una coppia di porte in bronzo.
La stanza in cui giunsero sembrava più simile ad uno scantinato in muratura di pietra rispetto alle stanze precedenti, il tipico ambiente in cui era solito trovare all’opera alchimisti o becchini. In effetti un sarcofago era appoggiato su un muro, mentre in quello opposto faceva bella mostra un arazzo con una figura scheletrica femminile che teneva in grembo una bambola di pezza. Il resto della stanza era arredato come un laboratorio di ricerca, con svariati tavoli di lavoro, strumenti chirurgici e un braciere sopra il quale stava ardendo un busto umano. Un semplice canale di scolo era posto in uno degli angoli della stanza. Le creature che stavano lavorando industriosamente all’interno di quel macabro ambiente non erano meno esotici di quella vista: simili a nani per quanto riguardava l’altezza, le creature erano vestiti con semplici perizomi color kaki, che facevano a pugni con la pelle nero avorio degli esseri. Le loro teste da sciacalli furono sufficienti a Sophia per riconoscere in essi degli Abn Sukta. Noti anche come Chirurghi dei Morti, queste creature erano nate in un piano chiamato Necropolis, per poi diffondersi piano piano anche in altri luoghi, spesso e volentieri al servizio di potenti signori non-morti. Non malvagi per loro natura, la loro indole da non combattenti li rendeva spesso facili pedine per necromanti, che potevano assicurarsi facilmente un esperto senza precedenti nella riparazione dei cadaveri. Pur essendo infatti dotati di grosse pance, le dita degli Abn Sukta sono abili come quelle del miglior cerusico, rendendoli tra i migliori guaritori di non morti dell’interno multiverso.
Nel pieno rispetto della loro natura, la vista dei Guardiani Planari gettò nel panico gli Abn Sukta. Tra ululati di terrore e goffe cadute a terra, le creature si gettarono dietro i tavoli, cercarono riparo dentro i cestini, si nascosero dietro i corpi in riparazione. Uno di essi si infilò addirittura tra un mucchio di vecchi stracci, il deretano nero che spuntava tuttavia ben visibile dalla pila di scarti. Quella buffa scena precedette però visitatori assai meno pavidi. Le doppie porte di bronzo che si trovavano dall’altra parte della stanza si spalancarono di colpo e tre figure fecero la loro comparsa. Due di loro erano vampiri, entrambi armati di mazzafrusto pesante e con pesanti armature nere con le sinistre chiodature lunghe quasi trenta centimetri che avevano già visto in molti loro commilitoni. Tra di essi, una era una donna dai lunghi capelli neri come l’inchiostro, un viso tondo con un paio di sottili labbra truccate con un leggero rossetto color carne e occhi rossi come rubini circondati da un eyeliner nero. Il suo compagno era calvo, la superficie del cranio costellata di cicatrici e privo di sopracciglia. I suoi denti erano però aguzzi e bianchissimi, permettendogli di lanciare sinistri sorrisi.
Colui che li guidava era però ancora più imponente, un vampiro dai corti capelli color sale e pepe e dalla mascella larga, alto quasi due metri. La sua condizione di morto vivente sembrava meno evidente, se non altro per il fisico muscoloso che era ben visibile al di sotto degli abiti nobiliari che indossava, contornati da un elegante mantello d’ermellino rosso. I polsi cinti da grossi bracciali e un paio di anelli, l’uomo privo di armatura si rivolse direttamente ai Guardiani Le prove non erano pensate per essere affrontate da mortali disse con voce profonda Dovete essere creature di rara potenza per essere giunti fin qui, abbastanza da meritare il mio rispetto e trovare una morte onorevole in duello disse sfoderando una spada lunga dalla lama nera come la notte e che emise un sinistro strillo quando venne sguainata Il mio nome è Lord Skraith, comandante dei vampiri della Fortezza, e vi ringrazio, coraggiosi mortali. Sono certo che lo scontro con voi sarà degno di questo nome e sarà un sollievo nell’interminabile monotonia che è il mio servizio presso quella sgualdrina di Baneliness. Imbracciate le armi e date fondo a tutto ciò che avete, poiché ne avrete bisogno. In guardia! detto ciò, Lord Skraith e i suoi si fecero avanti.
Riepilogo
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