La luna di Darkon, pallida e screpolata come un teschio dimenticato, pendeva alta sul cielo, mentre le tenebre del cimitero della Rocca di Berem si chiudevano come dita intorno alle lapidi spezzate. Il vento sussurrava nomi che nessuno avrebbe voluto pronunciare, e tra le ombre fitte, calpestando terra consacrata con l’audacia dell’ignoto, giunse una figura bassa e sproporzionata, carica di pergamene, ingranaggi cigolanti e scintille arancioverdi che sembravano fuggire dalle sue tasche. Alzabuk Barnowl (trad. Barbagianni), figlio di Tinkrabuk Teapotraker (Crivellatore di Teiere), mago della Quarta Circonvoluzione della Loggia dei Caotici Calcolanti e incantatore della Torre dell'Alta Stregoneria di Nordgnombria avanzava col passo incerto di chi sa esattamente dove andare: non perché abbia studiato la mappa, bensì perché l’ha appena disegnata di suo pugno — e con l’inchiostro ancora fresco. Il suo cappello era troppo morbido: anziché una torre conica di velluto blu inamidato era un floscio feltro verde ripiegato in avanti, che ricordava i mitici smurfs. Ma a differenza dei folletti blu alti due mele, lo gnomo era molto orgoglioso dei suoi 95 centimetri. E si è ritrovato con la pelle blu solo per tre giorni. Due volte. Questo mese. La montatura bronzea di un monocolo pendeva sulla fronte e incorniciava un fondo di bottiglia verde; stasera gli scivolava continuamente sull'orbita, per il sudore freddo, costringendo Alzabuk a tirarla su continuamente sopra il sopracciglio. La lente è utile nei lavori di precisione ed è inservibile a distanza. Specie nella nebbia di quel posto, così diverso dalla vallata natia. Quando si fermò al centro del cerchio sacro, dove rune antiche bruciavano ancora di un bagliore sinistro, non fu il ronzio delle creazioni gnomesche a spezzare il silenzio: fu la voce, secca come carta bruciata, del cacciatore di vampiri. “Nome.” Una sola parola, lanciata come un dardo nel buio. Alzabuk sollevò il mento. Il monocolo riflesse la luce della lanterna di Van Richten come un sole in miniatura. Spalancò le braccia, e le sue maniche scopersero meccanismi incantati che ticchettavano con impazienza. “Alzabuk! Invocatore della Luna, artefice della palla segnatempo rimbalzante, fautore dell’equilibrio instabile! Mi si chiama anche ‘Colui che ha quasi distrutto Glimmerhock per sbaglio’, ma il Consiglio ha convenuto che si trattava di un evento sperimentale. E voi, bel Barbagianni, potreste essere… il famoso dottor Van Richten?” Lo sguardo di Van Richten, imperturbabile come il marmo delle lapidi, non si mosse. Le sue dita si chiusero attorno all’elsa di un'arma con il gesto automatico di chi ha già incontrato troppe creature che parlavano prima di mordere. “Sei venuto a morire o a combattere?” chiese, mentre l’aria si faceva più fredda, e dalle cripte soffiava un odore di carne antica e dimenticata. Alzabuk sorrise con l’espressione che su un gnomo sembra sempre eccessivamente entusiasta: "beh, se l'unica alternativa è morire..." lIl cielo sopra il Maniero era nero come inchiostro versato su pergamena maledetta. Fulmini correvano fra le nubi, troppo regolari per essere naturali, troppo affilati per essere ignorati. Nessun corvo osava librarsi lì, nessun pipistrello osava disturbare il silenzio. Eppure, qualcosa stava cadendo. O meglio… atterrando. Dannato Van Richten! Ci casco sempre! Ogni volta che mi sorride così dicendo che tra poco si torna a casa, lo so che lo fa apposta a lasciarmi pensare alla mia bella Saharau'n'kazoon, col laghetto e i pesci e il forno col profumo di pane e torta di albicocche... Lo so che lo fa apposta! Maledetto barbagianni! E se l'è legata al dito, per averlo chiamato così! Non ha un briciolo di spirito gnomesco, quel non-vivo di Van Richter! Mai visto riderere! Vive così la sua maledizione! Manovrando il paracadute sopra il maniero, meta di Alzabuk, anche i pensieri dello gnomo svolazzavano liberi. E invece è sempre questa la casa! Ormai da... quanto? curioso come si possa perdere il conto del tempo: quando sono finito qui? quante avventure, indagini ho già fatto con questi simpatici nativi di questo poco simpatico semipiano? Una saetta baluginò a pochi metri. Il rombo di tuono avrebbe assordato chiunque non si fosse fiderato gli orecchi con un buon isolante di bambagialchemica. "AH-HAHAA-HAA!” urlò Alzabuk, oscillando tra il terrore e la pura euforia. “Sistema di atterraggio Fase Tre attivata! Probabilità di morte: ridotta al ventitré per— aspetta, quella è la torre principale?!” BOOF! L’atterraggio fu tutt’altro che elegante. Il paracadute si avvolse intorno a un gargoyle con aria colpevole, mentre Alzabuk atterrava sul tetto inclinato del maniero, ruzzolando con un misto di colpi, rimbalzi e maledizioni gnomesche che farebbero arrossire un nano. Si fermò a pancia in giù, con un paio di fiale che gli rotolavano tintinnando ai piedi. Sollevò la testa sbuffando polvere, e con un largo sorriso dichiarò, lisciandosi i baffi: “Atterraggio riuscito!" Fu allora che la sentì. Una voce, leggera come fumo, che sembrava sussurrargli nelle ossa. Una parola. Solo una. “Spark!” (scintilla) Il cuore dello gnomo sobbalzò. Le sue orecchie si rizzarono sotto al cappello e lo gnomo gettò via la cuffia imbottita che avrebbe dovuto renderlo quasi completamente sordo. Per un attimo il freddo dell’altitudine lasciò spazio a un gelo diverso: una corrente di magia antica – o forse solo un fremito della sua immaginazione – gli percorse la spina dorsale. “Chi…?” mormorò, guardandosi attorno. Il maniero taceva, oscuro e vigile. Nessuna anima viva in vista. Solo guglie, statue rotte e quella sottile sensazione di essere spiato. La testa dello gnomo rimbombava ancora per il tuono e il cambio di pressione: un salto dimensionale, sia pure tra due semipiani, non lascia indifferente l'organismo “Spark.” Ancora. Un sussurro. Una carezza o una minaccia? Oppure… Alzabuk strinse i denti. Era un nome che non usava nessuno. Nessuno tranne... Lo gnomo si alzò lentamente, aggiustandosi il cappello ormai piegato come un vecchio corno da caccia. Estrasse dal cinturone una piccola bussola incantata, la cui lancetta girava impazzita. Il silenzio intorno a lui sembrava trattenere il respiro. “Oh-okay...” disse, più per sé che per chiunque potesse ascoltare. Ritrasse il paracadute nello zaino e si avviò verso una botola mezza nascosta sotto un gargoyle.