@SNESferatu Ana Ribero Alla tua osservazione, Ben solleva appena lo sguardo. È piegato in avanti, le mani sulle ginocchia, il petto che si alza e si abbassa a un ritmo scomposto nel tentativo disperato di recuperare fiato. Ecco una perfetta espressione di quello che gli umani chiamano "fatica". Il suo volto è paonazzo, gli occhi lucidi per la fatica. Ti fa appena un cenno col capo, prova a dire qualcosa, ma riesce solo a sbiascicare un suono indistinto prima di tornare a respirare a pieni polmoni, come se ogni boccata d’aria fosse questione di sopravvivenza. Quando gli altri si allontanano verso gli spogliatoi, rimani sola col coach Moss. Lui dà un’occhiata a un plico di fogli che tiene in mano, poi solleva lo sguardo su di te. “Hai fatto dei tempi molto strani oggi, Ana,” dice, con un tono che ha qualcosa di ambiguo tra il rimprovero e l’interesse. Ti fissa in silenzio per qualche secondo, in un modo che ti mette a disagio, come se stesse cercando di leggerti dentro... o sotto. Poi, lentamente, allunga una mano verso il tuo braccio e ti sfiora con le dita. “Non sei nemmeno sudata. Sai cosa vuol dire questo?” chiede, mentre la mano scivola fino alla tua spalla e lì si ferma. “Vuol dire che non ti sei nemmeno dovuta impegnare per ottenere questo risultato. Del resto…” Fa una pausa, e il suo sguardo scende con troppa lentezza lungo il tuo corpo, fermandosi sulle tue gambe. “Con quelle gambe lunghe e toniche che ti ritrovi… sono sicuro che avresti potuto dare molto di più.” Dopo un momento, i suoi occhi risalgono fino ai tuoi, come se stesse aspettando una risposta. Una giustificazione. @Ghal Maraz Nathan Clark Ben ti batte piano la mano, a fatica, ancora piegato in avanti. Il respiro è affannoso, rotto, e riesce appena ad abbozzare un “grazie” con un filo di voce prima di tornare ad ansimare come se ogni boccata d’aria fosse una lotta contro il collasso imminente. Quando ti fai avanti per chiedere al coach di poter accompagnare Emily a cercare Noah, Moss ti squadra per un attimo con sguardo duro, poi annuisce brevemente. “Molto bene, Clark. Vai con Emily. Se gli è successo qualcosa, tornate subito ad avvisarmi.” Vi avviate insieme verso il limite del bosco, muovendovi a passo svelto lungo il percorso della campestre a ritroso. I primi alberi vi accolgono nell’ombra umida del sottobosco. Mentre camminate, Emily si gira verso di te con la fronte aggrottata: “Che fine avrà fatto? Noah è lento, ok... ma non così tanto. Perfino Ben è arrivato prima di lui!” Hai difficoltà a darle torto. È davvero insolito. Poco dopo raggiungete la curva dove il sentiero piega accanto a un piccolo gruppo di betulle. Emily si ferma e indica qualcosa a terra: una sagoma confusa nel fango, poco fuori dal tracciato. “Qua dev’essere dove è scivolata Scarlett,” mormora, abbassando la voce. “Poverina…” Chiamate Noah a voce alta, più volte, ma nessuna risposta rompe il silenzio del bosco. Quando giungi nel punto in cui, durante la corsa, ti era parso di scorgere una figura tra gli alberi, un istinto ti guida a deviare dal sentiero. Emily ti guarda stranita ma ti segue, continuando a chiamare Noah a gran voce. Vi addentrate nel bosco per almeno un minuto, il terreno inizia a salire dolcemente. Gli alberi si fanno meno fitti… poi, all’improvviso, la vegetazione si apre. Davanti a voi, a una ventina di metri, il bosco termina bruscamente sul ciglio di un alto burrone. Là sotto, il Liliac River scorre impetuoso e gelido, le sue acque tumultuose riecheggiano rumorosamente fino a voi. E lì, in piedi proprio sul bordo della scarpata, c’è Noah. Immobile, le spalle leggermente curve in avanti, guarda nel vuoto... O forse sta solo osservando il panorama. Non vi ha ancora notati. Emily si ferma di colpo, con il fiato corto e un’espressione tesa. “Che... che sta facendo secondo te?” sussurra, mentre una nota di inquietudine le incrina la voce. Poi si gira verso di te con uno sguardo incerto, come se cercasse conferma... o coraggio. Si volta nuovamente verso Noah... Sta per chiamarlo... @Voignar Darius Whithesand Ben ti accenna un sorriso, ma dura solo un attimo prima di spezzarsi in una smorfia di dolore e sfinimento. Il suo respiro è affannoso, rotto, ma riesce comunque ad alzare una mano con il pollice in su, come a dirti: “Ce la faccio, tranquillo.” È un gesto piccolo, ma ti basta per capire che, nonostante tutto, è ancora in piedi. Una volta negli spogliatoi, ti rifugi sotto una delle docce. L’acqua è fredda, pungente, ma efficace nel riportarti un po’ alla realtà. Ti lavi in fretta, senza perdere tempo. Oggi qualcosa è diverso. Lo senti addosso come un peso leggero ma costante, come una pressione nell’aria che non riesci a scrollarti di dosso. Mentre l’acqua scivola via dalla tua pelle, la mente torna indietro. Al mazzo di tarocchi lasciato sul tavolo. Allo sguardo inquieto di tuo zio Samuel e al suo strano comportamento per quasi tutto il viaggio in macchina. E ora, quegli strani simboli incisi su una roccia nel bosco… Per un attimo resti lì, con gli occhi chiusi e il rumore dell’acqua che copre ogni cosa. Cosa ne pensi di tutto questo? @TheBaddus Scarlett Bloomblight Nello spogliatoio ti prendi tutto il tempo del mondo. I vestiti sono intrisi di fango freddo, incrostati fino alle cuciture. Li pieghi con attenzione, cercando di non insozzare anche la borsa da palestra. Lo fai con gesti lenti, quasi meticolosi, come se rallentare quel momento potesse aiutarti a rimettere ordine anche dentro di te. Poi finalmente ti spogli e ti avvii verso le docce. Prima di entrare, però, lanci un’occhiata rapida alla panchina dove, a inizio ora, era seduta Emily. È vuota ora, ma la sua presenza ti resta addosso, sottile, persistente. Ti scivola addosso come l’acqua tiepida quando apri il getto. Ripensi a lei. Avresti dovuto proporti tu per accompagnarla al posto di Nathan? Sarebbe potuta essere una buona opportunità? Ti sembra quasi ridicolo darti certe risposte… eppure sono lì, in attesa, tra il vapore e il rumore sommesso dell’acqua. Questa cotta per Emily è del tutto inaspettata... Cosa ne pensi? E poi… quella visione. Il fango, il respiro spezzato, l’adrenalina… Quel flash improvviso, vivido come un sogno ma troppo reale per essere ignorato: scaglie rosso fuoco, fauci, potere primordiale. Cosa era quell'allucinazione? Cosa frulla nella tua mente a riguardo? E infine… Tanaka. L’hai promesso: pausa pranzo, oggi. Ma cosa vorrà questa volta da te? Una cosa è certa: questo lunedì è iniziato molto più incasinato del solito. @Theraimbownerd Orion Kykero Alice ti fa un cenno con la testa e ti sorride piano. "Torno subito!" dice con voce gentile, prima di rialzarsi e allontanarsi a passo svelto. Pochi minuti dopo è di nuovo accovacciata accanto a te. Stavolta, però, ha un’espressione un po’ incerta, le labbra premute tra loro e lo sguardo che non riesce a restare fisso sul tuo. Storce il naso e solleva appena le spalle. "20 minuti e 34 secondi… mi dispiace, Orion" sussurra, davvero rammaricata. La sua mano si posa sulla tua spalla, leggera, come una carezza d’incoraggiamento. Poi si alza e ti tende la mano per aiutarti a fare lo stesso. "Dai… andiamo." Negli spogliatoi arriva per te il momento più complicato: la doccia. Temporeggi. Ti siedi, fingendo di dover ancora riprendere fiato, mentre in realtà aspetti solo che gli altri vadano avanti. Senti le voci leggere di Tyler e Max che ridono tra loro, chiacchierando mentre si infilano sotto l’acqua. Ti arriva una fitta, inspiegabile ma familiare: invidia. Non per qualcosa di grande… solo per la loro leggerezza, per quella libertà che a te sembra così distante. Quando finalmente decidi di muoverti, scegli una doccia un po’ più isolata. Ci entri in fretta, con il cuore in gola, cercando di passare inosservato. L’acqua scorre, calda, e tu ci resti sotto a lungo. Più del necessario. Aspetti che tutti se ne vadano. Uno dopo l’altro senti gli spogliatoi svuotarsi, finché anche Ben, ultimo a lasciare, chiude la porta alle sue spalle. Solo allora ti senti davvero libero di uscire. Ti avvolgi nell’asciugamano, ti strofini i capelli con calma. Poi prendi la borsa… e noti il tuo smartphone. Lo schermo è illuminato, le notifiche sono tante, troppe. Tra i messaggi insistenti di Diana su WhatsApp, noti le notifiche di Blabber, il social studentesco molto in voga alla St. Liliane. Lo apri e in un istante il sangue ti si gela. Il cuore ti si blocca nel petto. Una foto... Un meme. Sei tu. Durante la corsa. Nel momento peggiore. Il volto contratto dallo sforzo, i capelli scomposti, un’espressione buffa, distorta, quasi grottesca. Sotto, una scritta: «La St. Liliane merita una sovrana migliore? Chiediamocelo dopo aver visto questa foto.» Il profilo che l’ha pubblicata è anonimo. Nessuna firma, nessun nome. Ma il post è lì da appena dieci minuti, e sotto la foto le visualizzazioni sono già parecchie. Ti senti vuoto. Esposto. Preso in giro in pubblico, senza nemmeno sapere da chi. E la giornata, già difficile di suo, sembra appena diventata un po’ più pesante da reggere.