@TheBaddus Scarlett Bloomblight «Oh… bene dai! Mi fa piacere che tu ti sia ripresa!» La voce di Emily ti arriva nitida e sincera dall’auricolare, calda, quasi rassicurante. Alla tua domanda successiva, però, scatta in una risatina leggera. «Sono stanca morta… maaa… allenamento a parte, tutto sommato bene.» Segue una breve pausa, un attimo in cui, forse, realizza che la tua domanda era più profonda, più personale. Che non parlavi solo di pallavolo. «Alla fine oggi ho parlato un po’ con Ty, prima dell’allenamento, e… devo dire che mi ha fatto bene. O meglio… non so se siano state le chiacchiere con lui o il fatto che mi sono sfogata poi giocando!» Ride di nuovo, con quella risata aperta che conosci fin troppo bene. Non sembra minimamente rendersi conto di quanto fastidio ti provochi sentirla nominare Tyler in quel tono. E come se non bastasse, rincara la dose con leggerezza: «Ah, a proposito… Alla fine Nathan gli ha scritto, dice che vuole scusarsi. Dovrebbero parlarsi domani mattina. Mi sembra il minimo, no?» Forse dici qualcosa, forse no. Qualunque sia la tua risposta, Emily la ascolta e poi lascia scivolare un silenzio tra voi, spezzato solo da un lungo sbadiglio che senti chiaramente anche attraverso il telefono. «Scusami, Scarlett… Sono davvero stanchissima. Non vedo l’ora di collassare sul divano… o direttamente sul letto.» Le sue parole ti colpiscono come un colpo in pieno petto. Eccola, la conferma che l’uscita che avevi sperato non ci sarà. «Ehm… grazie per esserti proposta di fare due passi stasera, davvero… Sei un’amica. Ma non credo proprio che riuscirei a stare in piedi più di altri dieci minuti.» C'è un attimo di silenzio, poi la sua voce torna, un filo più incerta, forse intuendo la tua delusione: «Però ti prometto che domani mattina a scuola ti racconto tutto. Il motivo per cui stamattina ero un po’ pensierosa… Niente di grave, o almeno spero. Comunque c’entra Noah.» La chiamata si conclude poco dopo. Resti lì, seduta sul pavimento della tua stanza, la schiena appoggiata al letto, ancora mezza nuda. Con il telefono ancora in mano e un vuoto che senti crescere, lento, sotto pelle. Off game Scusa quest’ennesima mazzata di fine giornata per Scarlett eheh… giusto per non sfalsare le narrazioni con gli altri pg… ovviamente Scarlett potrebbe tirare mille fili per obbligare emily a uscire lo stesso se volesse 😂😂 purtroppo però giocando via forum bisogna cercare di far procedere tutti più o meno in pari eheh.. @Ghal Maraz Nathan Clark Appena controlli il telefono, la schermata si illumina debolmente tra le dita fredde. Una notifica sola, mezza sepolta dallo sfondo scuro: Mamma "Nathan, dove sei? È tardi. Dovevi essere già tornato da un pezzo. Per favore rispondimi appena leggi, sto iniziando a preoccuparmi." (Inviato 38 minuti fa) Chiudi lo schermo. Inutile rispondere: nessuna barra, nessuna tacca. Come sospettavi. Come quella volta. Tua madre è sempre stata apprensiva, anche troppo. Una di quelle che sente il bisogno di scriverti se tardi dieci minuti o se piove forte mentre sei fuori. Ti fermi all’improvviso. Non perché hai scelto di farlo, ma perché il bosco sembra averti chiesto di fermarti. L’aria è cambiata. Più fredda, più rarefatta. Il rumore dei rami si è smorzato in un silenzio irreale, sospeso. Domandi se c’è qualcuno una prima volta… nessuna risposta… poi una seconda… ancora nulla.. Ma poi… ecco. Risate. Poche, leggere, come campanelli immersi nell’acqua. Non sai da dove provengano: da sinistra, da destra, da dentro di te? Ti giri, più volte, e ogni volta ti sembra di scorgere qualcosa: una sagoma tra le betulle, una mano dietro un ramo, una figura che svanisce appena provi a fissarla. Il muschio sotto i tuoi piedi diventa più spesso, più morbido, quasi caldo. L’umidità nell’aria ha odore di fiori e di qualcosa di dolce, quasi dimenticato. Il paesaggio cambia. Senza che te ne accorga davvero, sei oltre. Nella selva, ma anche oltre la selva. Come se la realtà si fosse piegata. La luce qui è diversa: perlacea, né giorno né notte, sospesa in una sfumatura che esiste solo nei sogni. Davanti a te, nella nebbia argentea, vedi la sua figura. Una donna. O qualcosa che ne ha la forma. Bellissima. Alta, eterea, con lunghissimi capelli che si confondono con le ombre degli alberi. La sua pelle ha il colore del marmo bagnato, e i suoi occhi, se riesci davvero a chiamarli così, sembrano contenere riflessi che non appartengono a questo mondo. Non parla. Non subito. Ma ti guarda. Ti vede. Quando la sua voce finalmente arriva, non è un suono. È un pensiero che ti attraversa, come se fosse sempre stato lì. «Piccolo sperduto Nathaniel! Ancora resisti! Ancora brami il regno dei mortali! Eppure sei qui!» Deglutisci, a metà tra il terrore e il fascino. «Cerchi risposte… La selva sussurra quando qualcosa la lacera. Tu lo senti, vero? Tu sei parte del legno e della carne di questo luogo, ormai… Una fame si muove sotto le radici. Antica. Non spirito… no. Non come noi. È primordiale. Prima del canto e della forma. È inascoltata da secoli… ma il silenzio sta finendo.» Cerchi di chiederle cosa sia, cosa vuole. Ma le parole non escono. Hai solo pensieri confusi, contorti. Avverti nuovamente delle risate… risate che pian piano sembrano trasformarsi in lamenti. Ti guardi attorno, alla ricerca della fonte di questa cacofonia disturbante. Nulla… poi ogni cosa scompare, compresa la figura femminile. Non all’improvviso. Ma come nebbia che si disperde lentamente. Come ricordi sognati al mattino. E tu resti lì, in piedi, con la gola stretta e il cuore che batte forte. Solo nel freddo del tardo pomeriggio della foresta di Liliac Hollywood. Ti senti spossato… come se, aver creato questo ponte con la Selva ti avesse prosciugato ogni energia. Off game guardare nell’abisso: 9-1=8 @Theraimbownerd Orion Kykero Tua madre si acciglia appena. I suoi occhi ti scrutano con attenzione, valutano forse ogni sfumatura delle tue parole. «La foresta...» dice alla fine, con tono misurato. «Non è un luogo neutro. Ci sono forze là fuori, Orion. Spiritelli... esseri che giocano con le emozioni degli uomini, che tentano i cuori più deboli con visioni, illusioni, impulsi che non appartengono a chi li prova davvero. Può essere… può essere che il tuo amico sia stato tentato da una di queste quella volta che è sparito nel bosco!» Fa una breve pausa, poi continua con una calma più ferma. «Ma tranquillo caro, noi siamo protetti. La benedizione della Dea ci guida, ci avvolge. Il suo potere è ben più antico e più grande di quello di quelle piccole, fastidiose creature. Finché restiamo fedeli, nulla può davvero toccarci.» Il suo sorriso, appena accennato, vorrebbe forse rassicurarti. Ma tu lo senti… qualcosa in quelle parole suona come le solite storie religiose: diavoli, tentazioni, castighi. La narrativa che hai sentito mille volte da quando sei piccolo. Eppure… quegli occhi rossi, la furia disumana che hai percepito in Nathan... era reale, tangibile. Non sembrava affatto solo frutto di superstizione o paura. @SNESferatu Ana Rivero Quando finalmente smetti di correre, riprendi fiato e ti guardi attorno. L’unica certezza, in mezzo al caos della mente, è che sei arrivata a casa. La villetta è una di quelle da copertina: mattoni chiari, giardino sempre curato da qualcuno che non sei tu o i tuoi genitori, vetrate ampie e tende costose, il tipo di posto dove si respira benessere anche quando dentro si sta male. In un'altra vita potresti persino dire che è bella. Appena apri la porta d’ingresso, ti investe il profumo familiare del diffusore agli agrumi. E quasi subito, la voce di tua madre ti raggiunge dalla cucina: «Tesoro! Finalmente! Sei stata fuori più del previsto... Hai fatto qualcosa dopo scuola?» fa capolino nel corridoio, sorridendo con affetto. «Hai fatto qualche nuova amicizia oggi?» La sua voce è piena di entusiasmo, quello di chi crede davvero che ogni giornata possa essere una nuova, meravigliosa scoperta. Lo stesso che si usa rivolgendosi a una bambina di sei anni al suo primo giorno di scuola. Senti il rumore della doccia provenire dal piano di sopra: tuo padre è già tornato. Significa che la cena è vicina, le domande anche. No, non hai voglia. Non stasera. Cerchi di eludere il più velocemente possibile la conversazione con tua madre e te ne vai verso le scale prima che possa farti sedere con una tisana e un’altra domanda. Appena chiudi la porta della tua stanza alle spalle, finalmente riesci a respirare un po’. La tua camera è un disastro. Non nel senso tragico, ma in quello profondamente tuo: schizzi e disegni sparsi ovunque, alcuni abbandonati a metà, altri appallottolati per terra. Il cestino è pieno, ma i fogli hanno cominciato a vivere anche fuori dai suoi confini. La scrivania è una guerra tra matite, pennarelli, fogli e tazze vuote. Tutto il contrario dell’immagine ordinata e impeccabile che la gente ha di te a scuola. Forse è per questo che ti piace. Ti lasci cadere sulla sedia, ancora con i vestiti addosso, e sblocchi il telefono. La notifica è lì, lampeggiante. Max. Ana va tutto bene?? Per favore dimmi che stai bene. Greg, Sean ed io stiamo tutti bene, non ci ha seguiti... credo. Ma cavolo, è successo davvero? Le sue parole sono un miscuglio di panico e adrenalina, come se avesse appena assistito a un film horror che però non finisce quando scorrono i titoli di coda. Lui però non è restato abbastanza per vedere tutto… lui non sa nulla di cosa sia successo a Darius.