Kirin Karlsen Ogni mattina, prima ancora che il sole spuntasse tra le colline, Kirin si svegliava al richiamo del padre. Le braccia ancora assonnate, gli occhi ancora pieni di sogni, eppure il legno della lancia era già lì, ruvido tra le dita piccole e callose. I due si esercitavano in silenzio, tra le pecore che pascolavano pigre e il vento che muoveva l'erba alta dei pascoli. Suo padre, un pastore con lo sguardo di chi aveva visto la guerra, si muoveva lento ma preciso, ripetendo sempre gli stessi gesti: affondo, parata, rotazione. E Kirin, ancora bambino, imitava quei movimenti finché non gli bruciavano le braccia, finché la punta della lancia non diventava il prolungamento del suo stesso pensiero. Ora, anni dopo, in quella stanza avvolta dall'ombra e dall'eco di una magia necromantica, Kirin non pensa. Agisce. Appena varca la soglia del salone di pietra, il suono delle ossa che si ricompongono riecheggia come un tamburo di guerra. Le vertebre scricchiolano, i crani si fondono in una testa rettiliana, le costole si intrecciano in un corpo serpentino che si solleva, maestoso e minaccioso, davanti al gruppo. Kirin sente il cuore accelerare, ma le mani si muovono da sole. La lancia è già nella destra, lo scudo sollevato nella sinistra. Le ginocchia si flettono. Un respiro. Un affondo. Ogni gesto è il riflesso di mille mattine d’infanzia. Ogni passo un’eco del padre, della sua voce calma, del suo sguardo severo. «Non si combatte con la forza, Kirin,» ricordava sempre. «Si combatte con la memoria del corpo.» E ora, davanti a quell’orrore che prende forma, Kirin non ha bisogno di parole, né di pensieri. È solo movimento, precisione. Kirin vede il barbaro — una valanga di muscoli, cicatrici e rabbia — lanciarsi in avanti, facendo tremare il pavimento di pietra sotto il peso della sua carica. Kirin lo segue. Non con la stessa furia cieca, ma con la precisione di un cacciatore che sa quando colpire… e quando potenziare. Ma la creatura, lungi dall’arretrare, serpeggia con una velocità innaturale, attaccando il suo compagno. Krin, si muove rapido alle spalle del barbaro, la punta della lancia sempre pronta, ma senza cercare il colpo. Alza la mano sinistra, ancora stretta attorno allo scudo, e tra le dita sfrigola una luce dorata, sottile come una promessa mantenuta. Gli occhi di Kirin si velano di una luce opalescente mentre pronuncia le parole sacre, un sussurro quasi impercettibile nel caos. La magia fluisce come una corrente calda, e si riversa nel barbaro come una scossa d'adrenalina spirituale. Zelo Contagioso prende radice. «Dai,» mormora Kirin con un mezzo sorriso, sentendo la connessione che si forma. Dietro il suo scudo, Kirin arretra solo di un passo, pronto a coprire i fianchi del compagno. Non è il protagonista dell’assalto, ma è la scintilla che lo accende. E come nelle mattine d’infanzia, ogni gesto è misurato, ogni decisione già scritta nei muscoli. Scusate ma come si mette il contenuto nascosto che non trovo più il tasto. Comunque ho castato Zelo Contagioso su Varian: +2 ai Tiri per Colpire e per i danni delle armi, 1d6 Punti Ferita Temporanei e Bonus Morale +4 ai Tiri Salvezza contro effetti di paura e alla CD delle prove di Intimidire contro di essa.