Secondo me i gdr sono "regole della casa".
Il master (una volta arbitro) deve decidere il risultato delle azioni dei PG. In teoria potremmo sempre "dire di si" ma ben presto diventerebbe noioso. Per questo esistono altre tecniche, alcune arbitrarie ("sì ma" oppure "no ma"), altre meccaniche (tiri di caratteristica, abilità ecc).
Il giocatore vuole far compiere un'azione al proprio PG, il master decide come risolvere l'azione.
I regolamenti offrono una serie di azioni già codificate, in modo che il master abbia già la regola cui far riferimento senza doverne inventare una. Di solito almeno il combattimento, ma a seconda dei regolamenti possono essere codificate le regole anche di altri aspetti del gioco. Ma credo sia impossibile fornire una regola per ogni cosa. Quindi limitarsi alle regole, dentro e fuori dal combattimento, va a limitare l'interazione dei PG con il mondo di gioco.
Vietare azioni fuori dalle regole durante il combattimento può aiutare a "bilanciare" gli incontri. Può anche essere un modo per evitare discussioni al tavolo. A volte, infatti, i giocatori vorrebbero compiere delle azioni che tirano al limite le regole. In D&D, ad esempio, dietro ogni tiro per colpire c'è la volontà di uccidere il nemico. Specificare che si prende di mira il cuore dell'avversario è un tentativo di superare la regola, perché ogni colpo - finalizzato a uccidere l'avversario - é già un colpo mirante al cuore, e c'è già una regola per questo (il tiro per colpire). Lanciare della sabbia negli occhi del nemico, se non contemplato nel regolamento, è un caso diverso perché il fine non è quello di uccidere l'avversario ma di penalizzarlo. Non offrire questa opportunità ai giocatori, per quanto utile al tavolo, riduce la capacità dei personaggi di interagire con il mondo. Ed è un peccato.