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Atto I - Tensioni a Shinano


Noraxthuul

Messaggio consigliato

Novantatreesimo anno Sengoku Jidai (1560 d.C.), Nono giorno di Utsuki - Provincia di Kai, Tempio Hirokuji.

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E' detto comune che cinquanta anni di vita sono lunghi quanto un sogno, ma nessuno mai spiega quanto doloroso possa essere il risveglio. Aoki Shigeuji aveva iniziato a sognare tardi, a migliaia di ri dal suo luogo natale, su coste aliene e sconosciute che non potevano far altro che considerarlo altrettanto. Eppure, proprio in quel mondo straniero, la sua indole aveva trovato quella pace unica del sapersi a casa, in una comunità che aveva saputo sostituire la svilente routine cristiana con gli aromi e l'eleganza del lontano Oriente.

Ma nessun sogno è perfetto e Aoki già era giunto al suo secondo risveglio, ormai: il primo, tre anni addietro, quando i fuochi della guerra avevano minacciato l'Echizen. Era stato costretto a partire, lasciandosi alle spalle chi lo aveva accolto e istruito, per proferire parole dove non sarebbero state ascoltate e soggiornare non voluto in un posto che non gli apparteneva. Relegato in un tempio lontano dalla capitale, Shigeuji era stato costretto a vivere come la nuova fede gli comandava, in isolamento assieme a coloro che al mondo vi avevano rinunciato per davvero. Ma proprio quando la malinconia del Vecchio Mondo pareva raggiungerlo persino sulle sponde nipponiche, egli conobbe la persona che diede inizio al secondo sogno.

Morisawa Hiroshi No Kami, sojo di Hirokuji, lo aveva accolto come un figlio, dove altri in quella provincia sconosciuta avevano deriso le sue origini e ridicoleggiato la sua presunzione di potersi emancipare. Sotto la sua guida eccelsa, Aoki ha avuto modo di dare alla sua vita una nuova direzione, attraverso la via del Buddha e della meditazione. Essere lo studente prediletto di un Maestro dalla fama leggendaria aveva però un suo prezzo. L’attenzione di uomo sapiente e illuminato, riverito perfino dalla Tigre del Kai, era un privilegio da molti agognato e aveva causato l'invidia di una quantità di residenti al tempio, ma nessuno si era mai permesso di esternare alcunché sotto lo sguardo vigile, seppur accomodante del sojo.

Ora, tre inverni più tardi, anche quest'ultima guida era venuta meno. Il suo viso bonario o l'inseparabile piccola volpe che aveva al seguito erano spariti nelle trame nel passato, esattamente come aveva fatto la sua routine. Non più meditazioni nelle ore mattutine e studi filosofici sulla veranda al tramonto: il nuovo sojo, Inata, dal basso del suo rancore abissale aveva trovato in lui una vera e propria vocazione per la pulizia delle latrine, perché i compiti più umili gli temprassero nello spirito le virtù del Buddha. L’abate del resto non aveva più tempo per certe cose, troppo occupato nel far valere la nuova posizione e a confermare agli occhi di uomini e kami di come nulla avesse capito di cosa la veste che portava significasse realmente. Tre mesi erano seguiti: novanta lunghissimi giorni di angherie, umiliazioni e nessun contatto con l'esterno, persino quelli epistolari gli amici nell'Echizen avevano cessato di colpo. Ma, ancora una volta, le cose erano destinate a cambiare…

C’è una leggera brezza quando il gong suona l’ora minore del drago (7am). Un Aoki assorto nel suo compito sente nell’aria il rumore di zoccoli in avvicinamento e nei passi febbrili dei monaci intorno a lui il sapore della novità. Qualcosa sta per accadere, ma difficilmente lo può riguardare. Si sorprende infatti, quando sente la presa ferma del sojo prenderlo per una spalla e trascinarlo sgraziatamente assieme agli altri verso i cancelli torii. A salire i 168 gradini, il giovane monaco scorge venti uomini in armatura scarlatta, recanti il sigillo dei signori dei cavalli…
“Mettiti in riga.” sibila Inata, degnando il nanbanjin convertito di un’occhiata sprezzante. “Farai meglio a ricordarti il tuo posto.”

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Shigeuji Aoki

Aoki annuisce in silenzio alle parole del sojo. Gli sembrava quasi di essere tornato indietro nel tempo, agli ordini del gesuita. Ma forse qualcosa stava per cambiare : finalmente i Takeda si erano fatti vivi, e forse era giunto il momento di tornare vittorioso a fianco di Yorisata e suo padre.

Mi muovo quindi secondo gli ordini del mio superiore, speranzoso.

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Aoki si mette in fila come da ordini, ma il suo sguardo non vaga a lungo tra i nuovi ospiti. Come le prime figure cavalcano le soglie del tempio, i monaci crollano in ginocchio, faccia a terra, senza nemmeno osare sollevare lo sguardo. In testa alla coorte di cavalieri cremisi, un uomo con le sembianze di demone guida il corteo.

Si tratta di una figura imponente persino tra gli uomini dell'Occidente, la cui sola presenza fa correre un brivido lungo la schiena del giovane nanbanjin. Un haori scarlatto copre grossi spallacci di acciaio temprato, il cuoio è riccamente decorato da colori roboanti dove il rosso, l'oro e il turchese fanno da padroni assoluti. Una criniera bianca esplode dal retro del kabuto quasi fosse la chioma di uno yokai selvaggio, coronando un maedate in oro zecchino recante il simbolo del clan. Occhi impassibili scrutano dietro i lineamenti demoniaci della maschera, uno sguardo che nessuno ha la temerarietà di incontrare. Aoki Shigeuji non ha mai visto quell'uomo eppure scopre di sapere bene che cosa aveva appena varcato la soglia del tempio. La Tigre del Kai, Takeda Shingen, non aveva mai avuto bisogno di presentazioni.

Il sojo Inata inspira profondamente. Sembra mettere su la sua migliore faccia da lacchè, poi avanza in un gesto conciliante. Spiccica quindi qualche parola di circostanza, su quale onore sia avere il signore del clan fra le sue mura e a cosa deve la fausta occasione. Il discorso ha vita breve. Il daimyo si toglie la maschera…

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...e l’occhiata che rivolge al monaco basta a congelargli la lingua. Inebetito il sojo si fa da parte, mentre il sovrano passa oltre senza più degnarlo di uno sguardo.

Non è la prima volta che il daimyo onora il tempio Hirokuji della sua presenza, Aoki aveva sentito di un’altra visita recente, il giorno del funerale del suo pianto maestro. Morisawa Hiroshi No Kami era stato uno dei pochissimi uomini ad avere pubblicamente la stima della Tigre e fu lo stesso monaco che gli fece prendere i voti. Le voci narrano che Shingen abbia vegliato tre giorni e tre notti sul corpo del defunto amico, prima dare l’ultimo saluto. Ovviamente Shigeuji non aveva partecipato alla cerimonia, Inata lo aveva fatto assegnare a qualche lavoro di circostanza, sancendo così l’inizio del nuovo trattamento riservato allo straniero.

Lo squadrone di cavalieri passa oltre, muto come il loro comandante prima di smontare e lasciare che i monaci si occupino di portare i cavalli nelle stalle locali. Aoki sta per fare lo stesso, ma viene fermato. Un membro della guarnigione, che non è ancora smontato da cavallo, gli si para davanti. Una voce baritonale esce dal kabuto mascherato, apostrofandolo con cortesia marziale.

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“Il mio nome è Maeda Keishi, cavaliere del sangue di Takeda Shingen. Siete Shigeuki-dono, vero?”

 

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Maeda Keishi scuote la testa in risposta al monaco, misurandolo lentamente con lo sguardo. Smonta quindi da cavallo, prima di mollarlo ad un Inata sorpreso e di aggiungere: “Venite con me.”

Il samurai ti conduce attraverso il cortile del tempio, oltre la bellissima biblioteca situata a nord, dove il Kongo Sanmai-in prosegue la sua tranquilla esistenza fuori dal tempo, all’ombra dei rododendri. Sotto lo sguardo curioso di tutti gli astanti, Shigeuji si fa strada fino alle porte dell’edificio centrale.

“Entra. Ti sta aspettando.” dice quindi il guerriero indicandoti la soglia.

Le porte vengono aperte e così l’ampio salone centrale del tempio a te familiare ti si presenta davanti in tutta la sua placida bellezza. Unica nel suo genere, la pagoda del Kongo Sanmai-in è una delle ultime rappresentanti dello stile Tahoto, caduto in disuso dopo l’epoca Heian. Costruita su due piani, con il tetto inferiore ricurvo alle estremità e il tetto superiore a forma piramidale, è interamente costituita di legno di hinoki.

All’interno della grande sala, Aoki scorge le statue lignee che rappresentano i cinque buddha della saggezza (dhyani bouddha), e un hibutsu (buddha segreto). Alla loro destra, sorge il salone della pittura dalle fusuma ornate con decorazioni floreali su fondo dorato. Al centro di questo posto senza tempo, davanti alla statua centrale che torreggia nell'abside, una Tigre del Kai seduta a gambe incrociate sembra darti le spalle, apparentemente assorta nella meditazione.

“Vieni.” ti viene intimato dopo qualche istante. La sua voce rimbomba negli antri ancestrali del tempio, ma il daimyo non sembra nemmeno voltarsi. “Siedi assieme a me.”

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Shingen resta a lungo in silenzio prima di proferir parola.

"Mi è giunta voce che tu fossi il miglio allievo di Morisawa Hiroshi No Kami." mormora pacato. "Parlami di come è morto."

Nella mente di Aoki riemergono i ricordi di due anni addietro, quando Morisawa era tornato dal suo viaggio al Nord, dopo che per qualchetempo si era assentato in un lungo pellegrinaggio. La fine di Morisawa come la ricordi tu è stato un lento e a tratti sofferto declino verso la fine. Nei suoi ultimi giorni debole e stanco lo sembrava di certo, ma dopotutto chi non lo è prima che la propria morte sopraggiunga? Il suo corpo lo stava fallendo e lui ne era cosciente, ma il suo placido sorriso non aveva abbandonato le sue labbra un solo istante. Forse è anche per questo che lo chiamavano un uomo illuminato.

 

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Shigeuji Aoki

"Temo non sia stato uno dei modi più edificanti di morire" dice Aoki, con una maschera di tristezza e malinconia stampata sul volto. "È stato lento, a tratti sofferto. Ma ha affrontato tutto con la sua consueta calma, coraggio e dignità. È stato un grande uomo, e la sua scomparsa ha lasciato in tutti noi un segno profondo."

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Takeda Shingen annuisce lentamente. "Ci sono momenti nella vita di un uomo dove ci si guarda indietro e ci si chiede dove si ha fallito. Cosa si farebbe in modo diverso."

Fa un breve respiro, poi continua parlando più a sé stesso. "Morisawa-sama e io non eravamo sempre d'accordo. Lui credeva che io non pensassi che alla guerra e io che non avesse la volontà di agire per apportare i cambiamenti di cui parlava nella sua dottrina. Quando seppellii i Murakami, gli dissi che aver unificato Kai nel sangue era qualcosa di cui non mi pentivo, ma governarla nel sangue è qualcosa a cui non sarei arrivato. Ora Shinano ha perso il suo governatore e io un'altro amico: sua moglie sembra aver preso il potere e messo in discussione la sua lealtà verso il clan. Sento rapporti di sommosse e di spargimenti di sangue, e il fetore del tradimento ovunque. Potrei raggiungere Shinano in pochi giorni e schiacciarli sotto gli zoccoli come ho fatto in passato, ma sono un uomo di parola e prima voglio essere sicuro che non vi siano altre opzioni. Ho bisogno di uno strumento che sia i miei occhi e le mie orecchie in quelle terre, che si assicuri che la mia volontà venga rispettata e che mi informi nel momento in cui la guerra fosse inevitabile."
La tigre del Kai per la prima volta si gira verso di te, scrutandoti con uno sguardo impenetrabile.

"Aoki Shigeuji, voglio che tu sia quello strumento." 

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Shigeuji Aoki

Aoki rimane sbalordito. Takeda Shingen, la Tigre del Kai, gli aveva chiesto, o meglio comandato di essere il suo uomo scelto per tenere sotto controllo Shinano. Sicuramente un grande onore, e non poteva certo rifiutare : un rifiuto poteva costare il buon esito della richiesta di alleanza degli Asakura. Però, forse, era giunto il momento di spingere un po'...

"Accetto molto volentieri, signore. Essere scelti per una questione di tale importanza è un grande onore! Ma temo di avere anche io una richiesta : ormai tre anni fa arrivai con una richiesta di aiuto e alleanza da parte dell'onorevole clan Asakura, ma non ho ancora ricevuto risposta. Comprendo la difficoltà della scelta e ciò che comporta, ma il tempo in questa faccenda è vitale. Quindi, vorrei che si impegnasse, nel breve periodo, a dare una risposta a questa richiesta. Non deve essere necessariamente positiva, ma vorrei che arrivasse nel minor tempo possibile : temo che ormai la guerra sia alle porte."

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Prova di Will[Successo]: Le tue parole escono chiare, il tuo tono fermo. Takeda Shingen sembra dapprima irrigidirsi, probabilmente poco abituato a sentire qualunque risposta non sia un semplice "Sì, mio signore!". I suoi occhi si socchiudono come per misurarti meglio. Infine, annuisce con un sorriso gentile sulle sue labbra.

"Hai parlato bene, giovane Aoki." dice approntando un paio di bicchierini. "Il clan Oda potrà essere nostro alleato sulla carta, ma gli Asakura meritano una risposta. Fa questo per me, e e hai la mia parola che intercederò in favore del tuo clan."

“Molto bene.” scandisce il daimyo porgendoti un dei minuti bicchieri contenente un liquido cristallino. “Ora bevi. Le grandi imprese non si compiono da sobri.”

***

E’ lo scalpiccio di persone su strade lastricate a svegliare Aoki. Intorno a te è lo spazio angusto di una kago, una portantina trasportata da un paio di popolani sudaticci. Attraverso le fessure scorgi il sole alto nel cielo: non deve essere passata più di un’ora (due ore nella nostra concezione del tempo) dal tuo “sonno improvviso”. In fondo alla strada, si scorge l’ombra imponente del Tsutsujisai, il maniero-fortezza dei Takeda, dove un certo fermento sembra aver luogo. Fai per massaggiarti le tempie e alleviare il tuo feroce mal di testa, quando solo adesso ti accorgi che non sei solo.

L’altro passeggero è un uomo alto, dallo sguardo fermo, vestito nei sobri ma eleganti abiti dei buke, casta guerriera. Non l’hai mai visto in volto, ma riconosci i suoi occhi: si tratta di Maeda Keishi, il soldato che ti ha rivolto la parola al tempio di Hirokuji.

“Sei sveglio.” afferma annuendo. “Bene. Tra poco verrai presentato al gruppo che seguirai nelle terre di Shinano. Ora lascia che ti spieghi cosa ti è richiesto.”

Il nobile Keishi inizia quindi ad illustrare il piano dei dettagli: la tua missione sarà quella di viaggiare assieme a un gruppo di stranieri e giungere assieme a loro a Ueda-jo, la città castello capoluogo di Shinano. Sarà tuo compito sorvegliare e comunicare sulle azioni e il comportamento della moglie di Sanada Yukitaka, ora autofregiatasi del titolo di ‘Dama Scarlatta’, che è sospettata di tradimento, omicidio, e possibilmente di essere in combutta con i ribelli o i nemici dei Takeda. Aoki dovrà inoltre assicurarsi che il contratto con gli stranieri vada a buon fine e che il carico sia consegnato al generale Akiyama presso Fukushima, in modo da armare i soldati Takeda contro la ribellione. Durante la tua permanenza a Ueda dovrai indagare e riferire quanto scoperto sul gruppo delle maschere e in generale quanto di rilevante colgono i tuoi occhi.

Poi lo sguardo del guerriero si addolcisce un poco. “Il mio signore sa essere duro, ma non è un ingrato. Anche se non appartenete a queste terre di nascita, il fatto che il maestro Morisawa-sama vi abbia preso sotto la sua ala prova quanto la vostra volontà di abbracciare i nostri costumi e il nostro credo sia genuina. Per questo motivo, non sarete tenuto ad agire in prima persona né a fare qualunque cosa contravvenga ai vostri dettami, anche in caso di emergenza. Tutto quello che vi è richiesto è di essere gli occhi e le orecchie del vostro signore. Sarete libero di agire come credete, fintanto che ciò non comprometterete la vostra posizione e quella della vostro clan.”

Keishi fa una pausa.

“Avete qualche domanda, Shigeuji-dono?”

Spoiler

Giusto per essere chiari, visto che hai genuinamente abbracciato la via del Buddha, ecco alcuni tra i suoi comandamenti più importanti:

  1. astenersi dall'uccidere o dal nuocere agli esseri viventi;
  2. astenersi dal rubare;
  3. astenersi dall'erronea condotta sessuale;
  4. astenersi dall'uso di un eloquio volgare o offensivo e dal mentire;
  5. astenersi dall'alcool o dalle sostanze che alterano la lucidità mentale.
  6. proteggere la vita;
  7. coltivare la generosità;
  8. avere una vita sessuale sana e coltivare rapporti sinceri;
  9. parlare con schiettezza e con gentilezza;
  10. mantenere la chiarezza mentale.

Ovviamente Shingen non usava onorifici quando ti parlava. Ho dato per scontato che tu usassi quelli corretti.

 

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NELLE PUNTATE PRECEDENTI... 
 
Il monaco Shigeuji, il ronin Kato Yukishige e il misterioso e maleodorante nanbanjin Jorujou Ruokku De Mocenigou (come per lo meno avete inteso il nome), hanno deciso di comune accordo di viaggiare insieme verso nord in quanto sembrano diretti alla stessa meta: la città castello di Ueda, capoluogo di regione sotto il controllo del clan Takeda. Purtroppo, il soggiorno a una yado non distante dal confine tra le regioni di Kai e Shinano non è stato dei migliori: come alle volte accade, sopratutto in quelle taverne troppo isolate, un gruppo di banditi si sono intrufolati nella taverna, apparentemente non visti dai vigili ronin assunti dal locandiere. Dopo un rapido ma violentissimo scontro, terminato con il decesso di due dei tre malviventi, la compagnia riprende il viaggio verso nord, varcando senza troppi problemi il posto di guardia eretto al confine.
Le terre di Shinano, per come hanno sentito dire alcuni di voi, non godono esattamente di tranquillità. Voci parlano della morte del signore di quelle terre, un tempo grande nemico e poi vassallo di Takeda, ma sopratutto narrano della sua bella quanto ambiziosa moglie, che ora sembra tenere il potere del marito ben stretto tra le sue mani, senza però aver ottenuto in nessun modo il riconoscimento dell'autorità che ora esercita dal potere centrale. Non sono poche le voci che parlano di alto tradimento, alcune pure di assassinio dato che la morte del vecchio daimyo sembra essere avvenuta per cause misteriose. Come se non bastasse già questo, una terribile ribellione si è scatenata proprio in quelle terre, una sommossa che ha distrutto interi villaggi e che sembra decisa a non retrocedere nemmeno di fronte alle forze armate del posto.
A parte però una certa tensione, frutto dell'assenza di viaggiatori e di mercanti ambulanti per le strade del feudo, la provincia di Shinano non sembra poi essere messa così male: i pochi villaggi che avete passato sembrano prosperare e i campi di riso e di daikon già danno i primi segni di una estate calda, rigogliosa e produttiva (siamo ora nel dodicesimo giorno di Utsuki, Aprile). Sulla via avete però incontrato anche qualche segno negativo: poco distante dalla strada, quello che sembrava un coinvoglio formato da una mezza dozzina di soldati e da altrettanti attendenti sembra essere stato attaccato e distrutto con ferocia inaudita. Avete notato che i soldati indossavano armature, cosa insolita nei tempi di pace, e che malgrado il carico del carro che il convoglio scortava fosse vuoto, monete armature e altri oggetti di valore non erano stati rimossi dai cadaveri. L'ultimo dettaglio notato dal monaco è poi stato la presenza di corde tagliate, che lo ha portato a supporre che la natura del carico trasportato riguardasse criminali o ribelli fatti prigionieri.
Ripromettendosi di raccontare tutto alle autorità, la compagnia riprende il suo viaggio verso il castello di Ueda, dove arriva pochi giorni dopo. Anche lo stato della città non sembra per niente aderire con quanto narravano le voci giunte ai vostri orecchi. Nei vicoli sterminati e labirintici dei quartieri bassi così come nelle strade ricche e ampie più vicine al castello sembra esistere una certa serenità: nessun segno di irrequietudine né di malcontento, nessun segno di repressione violenta o tentativo di ribaltare l'ordine costitutivo...
Modificato da Noraxthuul
Correzione ortografica.
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Giorgio Rocca Mocenigo

Marciando fra le vie della cittadina, quella che sembra essere un, per quanto comunque bello, assembramento di casupole di legno degne dei servi della gleba che qua sembrano abbozzare proprio come ''città'', il nobile storce il naso alle stranezze di questo popolo bizzarro. Molto vicino a degli sporchi selvaggi inacculturati, tutti quei piccoli segni ambivalenti di una confusa idea di cosa è Dio e al contempo di confusione generata da Satana stesso iniziano a essere sempre piu' vicini al secondo caso piu' che al primo visto cio' che hanno fatto ad Aoki. 

Aoki: il solo pensare che un Cristiano non solo getti il nome affidatogli da Iddio stesso per proteggerlo sotto l'egida di un Santo... ma abbia addirittura abbandonato il cammino tracciato da Gesù in favore di un... livello? Un ideale? Qualunque cosa sia ''Buddà'' e al contempo venerare pure ogni piccolo dio in ogni albero, casa e pulviscolo è agghiacciante. Allarmante. 

Normali segni che avrebbe normalmente interpretato come ''Ingenuità di sfortunati sub-umani'' mai esposti alle glorie del signore prendono piu' una sfumatura di sbagliato e deviato. Quasi satanico. 

 

Scrollando il pensiero il Nobile Veneziano si getta per le vie camminando verso il castello principale. 

''Ditemi: quello è il castello che dovremmo raggiungere?'' chiese indicandolo nel suo stentato giapponese per parlare ad entrambi. Lo sguardo cade naturalmente verso i negozi, le attività, la gente semi-ignuda che lavora a costruire qualcosa. Lo scandalo che lo ha colpito la prima volta è ancora la' e quasi si distrarrebbe a guardare le donne... se non sapesse che PROPRIO QUESTO dev'essere un tranello di Satana! 
No, basta un Cristiano corrotto, non serve essere in due. 

Si ri-concentra puntando i negozi, e qua e la' l'occhio cade sui soldati. Le armature dei TaCHEda sembrano essere davvero belle a vedersi con quel colore rosso vivo. Non solo: a quanto ho saputo son cavalieri esperti. Il pensiero di portare un armatura loro a casa mi inizia a stuzzicare. 

''Se volessi comprare un armatura samurai o due, dove dovrei andare?'' chiede mentre il gruppo procede verso il castello. 
 

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Aoki Shigeuji

"Sembra tutto molto tranquillo, anche piú della capitale. Avevo sentito di ribellioni in corso in queste zone, ma devono essere solo delle voci" dice Aoki rasserenato.

"Se non vi arreco disturbo, penso che vi accompagneró ancora un po', sono rimasto chiuso nel mio tempo per molto tempo, e mi ero dimenticato com'era il mondo fuori".

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1 minuto fa, Slamurai2 ha scritto:

"Sembra tutto molto tranquillo, anche piú della capitale. Avevo sentito di ribellioni in corso in queste zone, ma devono essere solo delle voci" dice Aoki rasserenato.

Beh, ciò che avete trovato fuori dalle mura potrevbbe suggerire il contrario.

3 minuti fa, athelorn ha scritto:

''Se volessi comprare un armatura samurai o due, dove dovrei andare?'' chiede mentre il gruppo procede verso il castello. 

Nessuno di voi è davverio pratico della città, ma chi ha vissutto abbastanza sulle sponde nipponiche sa che la forgiatura di un'armatura familiare è qualcosa richiesto solo dai più abbienti della casta guerriera. Probabilmente, l'artigiano locale si trova da qualche parte nei quartieri alti, ovvero quelli comunque più vicini alla vostra meta: il castello.

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Kato Yukishige

Tenendosi a due precisi passi di distanza dai due nanbanjin, Yuikishige osserva attentamente i dintorini, aspettandosi pericoli dietro ogni angolo e cespuglio.

La situazione che gli avevano detto della regione consigliava estrema prudenza, soprattutto per un gruppo come il loro. Eppure Ueda non appare come una città circondata da sospetti e ribellioni. Le mille e una stradine contornate da tende, bancarelle e carri accostati ai limiti della strada davano un senso di normalità, coronato dall'espressione serena dei paesani.

Yukishige era già stato un paio di volte a Ueda, anche se non di recente, e ricordava vagamente la via per il palazzo, dove il ronin supponeva si dovesse recare il suo datore di lavoro.

'Dipende dalla persona a cui devi consegnare il carico. Ma sono abbastanza certo che chiunque sia si troverà a palazzo.' risponde Yukishige con il suo solito tono alla prima domanda del nanbanjin, per poi aggiungere poco dopo 'Per quanto riguarda l'armatura non vedo perché tu debba prenderne una, non stiamo andando in guerra.'

Per quanto riguarda la richiesta del monaco, il ronin non batte ciglio ne si risponde. Non era sua l'autorità per acconsentire a tale richiesta, lui avrebbe seguito Jorujou.

 

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Giorgio Rocca Mocenigo

Spiegato a me dove un fabbro potrebbe trovarsi, ben lieto il nobile veneziano espone un gran sorriso. 

"Ovvio che non andiamo in guerra" Replica Giorgio con tono di ovvieta', iniziando a spiegare al romin con l'aiuto del monaco "Ma armature esotiche come queste nelle mie terre valgono tanto nonostante siano ormai inutili per la nostra guerra. Per scopo artistico o di collezione. Per quanto compro un armatura qua, a casa mia la vendo a due o piu' volte tanto." 

Camminati un paio di passi il nobile si ferma e gli scappa una mezza risata. "... ammetto che poi una armatura vecchia come le vostre voglio provarla e possederla pure io per bellezza"

 

"Bene, conducetemi da questo Fabbro." Son le parole eccitate che escono in giapponese stentato, puntando verso il castello e, sembra, i quartieri alti. "Oh, ho sentito che queste scimmie saraniche han provato ad imitare le terme Romane. E' vero?" Prosegui' poi in latino verso il suo conterraneo.

Modificato da athelorn
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La bottega che si aspettava di trovare Giorgio, ha tutto meno che l’aspetto di un officina di un mastro armaiolo. Si tratta invece di un maniero signorile, con tanto di piccolo giardinetto interno. A differenziarlo da una qualunque altra residenza è il piccolo noren che sventola pigramente sulla soglia e un’elegante insegna che l’uomo dell’ovest riesce più o meno a decifrare a modo suo. Come il nanbanjin entra assieme ai suoi due compagni, un ometto canuto e arzillo, anche se piegato dal peso degli anni gli si fa incontro con un ampio sorriso.

“Benvenuto, benvenuto, nobile straniero!” esordisce allegro, mentre accorre subito con un bicchiere di té caldo per tutti. “Venite, venite, sedete e ditemi cosa il vecchio Sasori può fare per voi.”

L’interno dell’abitazione è ampio e maniacalmente ben tenuto. Appesi alle pareti sono alcune opere di calligrafia su cui difficilmente puoi esprimerti, ma nelle rientranze degli angoli è chiaramente messa in mostra l’arte del suo residente: quattro armature, ognuna molto diversa dalle altre è esposta ai quattro angoli della casa. Mentre osserva questi capolavori, uno più bello dell’altro, Giorgio sente già il profumo dei danari occidentali scivolargli in tasca. Una in particolare sembra cogliere la sua attenzione...

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Giorgio Rocca Mocenigo
 

Un paio di passi, e subito il Veneziano sente improvvisamente strappato alla strada ostile, aliena e satanica delle strade giapponesi. 

Una casa con un giardinetto
Saluto cortese rivolto direttamente a lui stesso. 
Sembra FINALMENTE essere il primo a rivolgersi a lui come il nobile che è. 
Il vecchietto sembra un abile artigiano o artista... per quanto assurda la sua forgia. 

Improvvisamente questo ambiente sembrava parecchio meno ostile rispetto al giappone fuori e finalmente un po' di corretta accoglienza verso un nobile ed un europeo. Gli occhi italiani vagano verso l'arte esposta, facendo un cortese cenno del capo e afferrando il te' offerto noi per accoglierci. 'Finalmente ragioniamo' è il suo ovvio pensiero.

Arte e soprattutto le armature. 
Una in particolare inizialmente lo colpisce per il suo aspetto temibile. Quasi... satanico. Scrolla celermente il pensiero di testa pero' ricordando che sembra essere a suo modo un artista: probabilmente lo realizza in tal modo perchè sono i suoi clienti a richiederlo... o forse... 

Forse ha messo un aspetto demoniaco ad un armatura per andare a rappresentare il dualismo di un guerriero: onore nel difendere i cari e peccato nel commettere un omicidio. 

Le sue pupille son rimaste a fissare quella armatura piu' del permesso. Sorride al vecchio, il primo giapponese di tutto quest'isola verso la quale sembra provare un forte e onesto rispetto. Gli artigiani a venezia, dopotutto, erano considerati un gradino sotto i nobili ma un gradino sempre sopra per il talento. Venezia esisteva per la sua potenza navale ed i mercanti, ma piu' di loro per i suoi artigiani. 

 

''Nobile Sasori...'' Accenna un inchino giapponese lanciando un occhiata al monaco perchè lo assista con spiegazioni e traduzioni per evitare incidenti. 
''Il mio nome è Giorgio Rocca Mocenigo. Nipote della linea Reale del Regno di Venezia'' comincia a spiegare in maniera molto semplice la situazione di casa. 'Repubblica' 'Ramo Cadetto' forse erano concetti ancora troppo complessi. 
''Voglio informarla che sto' ancora apprendendo la vostra cultura e lingua, quindi mi scusero' in anticipo per ogni errore o maleducazione di cui dovrei macchiarmi. Il mio compagno, Aoki, qui presente provvederà a tradurre o chiarire se dovessi commettere un errore di etichetta o lingua. In ogni caso, le chiedo perdono in anticipo nel caso.'' 

Portate avanti le mani in maniera decisamente molto inusuale vista l'usuale arroganza del nobile, sorseggia il te' e riprende a parlare dopo una teatrica pausa d'effetto. 

''Vengo da una terra molto lontana. Da noi le armature sono completamente di metallo. Le nostre armature son tanto grosse da renderti immune a frecce e qualunque lancia o spada, ma la bellezza è un dono che definirei... poco espressa da noi.'' Inizia a spiegare il motivo della sua entrata in questo negozio. Prima di proseguire indica pero' l'armatura che tanto lo ha colpito. 
''Le vostre armature, pero', posso sinceramente considerarle Opere d'Arte da indossare. I colori, i dettagli e le parti che si mischiano tutte assieme per formare un capolavoro pure agli occhi di uno straniero come me. Il tutto su un pezzo di armatura funzionale e altamente efficace. Lo trovo... poetico. Sorprendente.'' prosegue ammirando l'armatura. 
''Tornando pero' al motivo della visita... ho richiesto ai miei compagni di portarmi da un abile Artigiano di armature, ma, se mi permette, son rimasto stupito dal suo talento.'' proseguo indicando ancora l'armatura che mi ha stupito prima di guardarlo negli occhi. 

''Gradirei, se la cosa fosse possibile, commissionarle due armature. Una per la mia persona, ed una che possa portare nelle mie terre per mostrare il vostro talento per le armature e l'arte al contempo. Gradirei apprendere come funzionano le vostre armature se non le dispiace per indossarla correttamente portandole il giusto rispetto ad un tale lavoro di artigiano.
Quella da riportare alle mie terre verra' osservata da molti nobili e alcuni Reali probabilmente mentre viene spiegato loro del Giappone. Quindi mi affido a lei per capire come un armatura possa rappresentare il vostro paese correttamente. Ho visto, ad esempio, che le armature TaCHEda sono davvero magnifiche con i colori rossi ed il simbolo in mostra. Sarebbe possibile?''


In questo lungo discorso l'europeo dalle terre della Repubblica Marinara di Venezia con raffinatezza, rispetto e calcolando parole e movimento che mai ha sfoderato fino ad ora (e che probabilmente mai sfodera se non davanti a nobili che ritene suoi pari, artigiani sopraffini ed artisti. Un caso unico quanto raro). Sembra quasi aver afferrato per poco tempo l'etichetta giapponese e mostrare una dialettica appropriata per un nobile!
 

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