Sono d'accordo. Penso che ciò che descrive Pulsipher sia alla fine corretto e abbastanza veritiero, ma l'autore porta a sostegno cose che non hanno molto a che fare con i giochi di ruolo. Le motivazioni sociali e culturali sicuramente ci sono, ma andare a scomodare le guerre mondiali e la guerra fredda è abbastanza esagerato. Io personalmente (ma non ho ancora elaborato bene queste idee) credo che questa tendenza del "Tutto ruota intorno a me" derivi dall'approccio attoriale di alcuni ambienti ludici (per esempio gli show di dnd ecc...). I giocatori tendono a vedere i loro personaggi come i protagonisti di una grande epopea in cui devono brillare e bucare lo schermo. Ciò porta a comportamenti per me nocivi, come presentarsi a sessione con complessi background creati in solitaria e a ritenere impoverenti le risorse date dal manuale "base", cosa che porta alla ricerca di regole personalizzate e abilità uniche. Oppure a creare personaggi che non sono in alcun modo compatibili con un gioco sociale (ad esempio il tizio che ha i suoi piani super segreti e segue il gruppo finchè gli è utile, magari progettando un tragico, anzi tragicomico, abbandono o tradimento finale).
L'individualità nei gdr di per sè non è un male, ma la sua bontà varia a seconda del gdr usato e all'uso che si fa di questa possibilità. Trovo per esempio negativo che le personalizzazioni dei pg vengano fatte in privato con il master piuttosto che tutti insieme al tavolo (nel primo caso subentra anche il desiderio, abbastanza impoverente, di voler stupire sempre e a tutti i costi i proprio compagni di gioco). Ci sono poi gdr dove la dimensione individuale è importantissima e molto affascinante, ma sono progettati in maniera tale da rendere tale comportamento armonico e non disfunzionale (penso a giochi come Vampiri, SCUP e molti altri).
Per quanto riguarda l'azione che su tale comportamento avrebbe la mortalità nel gioco...non saprei. Penso sia più importante il modo in cui il gioco regola il protagonismo in questo ambito. E ci sono tantissimi fattori addizionali: timidezza dei giocatori, fiducia tra di loro, gestione degli spotlight, tipo di gioco e suo genere ecc...
Alla fine ritorna sempre il concetto che nei gdr (non so quale sia la vostra opinione) sia importante sapersi ascoltare e costruire su quello che gli altri dicono, e non presentarsi al tavolo con arie da solista (e non vale solo per i giocatori, ma anche per i master!). Se ciò che spinge a giocare è il desiderio di vedere per il proprio pg (o per la propria storia) un arco narrativo cinematografico alienato dal gioco degli altri tanto vale scrivere un romanzo...