Wilfrido Baax, elfo e druido
Alle mie parole il gruppo di imperiali mi scruta con incertezza, dopodiché un soldato basso e un po’ grassottello avanza con un po’ di fiatone e prende la parola
<<Non si è mai visto un elfo alle dipendenze di un Paladino, tantomeno di un Capitolo, peró è indubbio che stiate cercando di aiutare la Rosa. Ora.. >> e si gira verso un soldato <<..Geronimo, vai a chiamare i guaritori con la barella e convoca subito gl’Inquisitori. Digli pure che li chiama Aloïsio ... e porta delle torce: non vorrei mai che ci chiedessero di usarle e ci trovassero sprovvisti>> dice con un tono che sembra di scherno.
Ma subito una smorfia di disgusto appare sul suo volto mentre volge lo guardo sui resti del golem:
<<Qua c’è un evidente segno dei malevoli influssi del Nord. Che io ricordi non ho mai sentito di episodi tali in Castelfranco, per di più tutti così ravvicinati... Elfo, ora allontantevi dalla Paladina, ci pensiamo noi, ma sappiate che dovrete rimanere a disposizione per essere interrrogato>>
Ne approfitto per prendere parola:
<<Certamente, Ufficiale Aloïsio>> dico guardandolo negli occhi <<permettetemi ... sono Will Puck: ho già combattuto nelle mie terre le abominevoli manifestazioni del Caos, ma questa di oggi è stata superiore per orrore e malvagità. È una vera emergenza: quei capanni sono pervasi della stessa malvagità presente nel palazzo di Lord Mellario. E stata proprio la Rosa a decapitarlo e a mettere al rogo la sua casa.Io ero là>>
L’ufficiale mi guarda per qualche istante coprendosi gli occhi dalla luce del sole: mi sta studiando, probabilmente è la prima volta che sente un elfo rivolgergli la parola. <<State qua>> mi dice e si gira al rumore dei guaritori in arrivo: tre umani in vesti avorio ed un giovane elfo con una barella.
Uno dei guaritori si abbassa a controllare le condizioni della Paladina: nonostante il combattimento appena avvenuto l’armatura con i sacri simboli della Dea risplende ancora alla luce del sole. Ad un cenno i guaritori issano Khalya sulla barella e la portano via. Ed ecco avanzare più lentamente tre Inquisitori riconoscibili per le loro tuniche verdi, accompagnati da un intero corpo delle proprie milizie. Uno dei tre, ammantato di un ampio mantello verde smeraldo appuntanto con una vistosa spilla a foggia di coppa, alza la mano come per zittire chiunque mentre con uno sguardo disgustato osserva a terra i numerosi gabbiani banchettare sui resti del golem.
Con tono sarcarstico dice:
<<Aloïsio... non immaginavate vero di convocare proprio me, vero? Ebbene: ora sono qua e cosa vedo? Orrore e scempio, ed un elfo in mezzo ad esso. Mi dite subito che cosa è successo?>>
Ovviemente non mi rivolge la parola, a malapena uno sguardo veloce...
<<Allora, Aloïsio? Attendo un vostro resoconto...>>
Vedo Aloïsio ingoiare saliva e rispondere in tono freddo: <<Arcidiacono Teodolfo, la vostra opera saggia è richiesta qua. Un’aberrazione del Caos è stata abattuta da una Rosa di Lorne e dal suo ..aiutante. Pare che si nascondesse in questi capanni, anch’essi di Lord Mellario, e costui>> dice indicandomi <<dice che altre vi si nascondono. Dobbiamo ancora verificare che vi siano e, quindi, procedere con il fuoco>>
A queste parole, avvertiamo improvvisamante cambiare qualcosa nell’aria, come un repentino senso di malessere che ci avvolge. All’unisono un forte battito d’ali: sono i gabbiani che si alzano tutti in volo contemporaneamente, come se fuggissero spaventati da qualcosa. Sta soffiando anche un vento forte di cui ne percepisco subito la natura corrotta; e, nonostante le funi e gli ormeggi il galeone affianco a noi inizia a ondeggiare come se fosse in mare aperto, e così pure le barche dietro di esso. Un’ulteriore raffica ancora più impetuosa ci trova impreparati: l’Arcidiacono con il suo mantello che si agita e sbatte nell’aria riesce a rimanere in piedi seppure con l’aiuto degli altri due Inquisitori, io pure riesco a mantenere appena l’equilibrio, ma l’ufficiale Aloïsio no, e finisce a carponi sul lastricato del molo. A fatica, camminando controvento, riesco ad avvicinarmi a lui e gli porgo una mano per farlo rialzare. Nel fragore del vento avverto un rumore indecifrabile alle mie spalle e vedo l’ufficiale sgranare gli occhi: dietro di me è successo qualcosa.
Non vi sono più i tre capanni, ma un enorme ammasso di carni grigiastre che inizia ad agglomerare in sè tutto quello che trova. Nel suo corpo s’intravedono il legno dei capanni ancora con le iscrizioni runiche, pietre divelte dalla pavimentazione del molo, reti da pesca, barili, un timone, una chiglia sfasciata. E tre gemme verdi, che pulsano all’unisono in modo malvagio.