Capitolo 7. Ricordi.
La notte passò tranquilla. All’alba Gray si svegliò, e dopo essersi messa la giacca uscì dalla propria tenda. Il sole basso sull’orizzonte l’abbagliò per un istante, l’erba attorno a lei era di un caldo color rosso dorato; Jeager era già sveglio e stava ravvivando il fuoco, i due si salutarono con un gesto del bracico. La ragazza entrò piano nella tenda di Felicia e Maya. Entrambe stavano ancora dormendo.
Gray, in silenzio, curò ulteriormente le ferite della cameriera, poi rimase ancora qualche secondo ad osservarla dormire. Infine uscì.
- Allora? – Domandò l’uomo senza voltarsi.
- Non dovremmo avere nulla di cui preoccuparci.
- Ti sbagli. Alla foresteria deve essere accaduto qualcosa di cui sono lieto non averne fatto parte. E’ stata una fortuna essere andati via prima.
- Trovi? – Domandò Gray accovacciandosi dinanzi a Jeager e fissando i propri occhi nel fuoco – Se fossimo rimasti forse avremmo potuto fare qualcosa di positivo.
- O forse morire. Sarò egoista, ma preferisco essere io vivo, e loro morti, piuttosto che far loro compagnia. Non ho una gran simpatia per i morti... rispetto… ma non ci tengo a diventarlo.
- Stupido.
Gray si alzò e tornò nella propria tenda per prepararsi alla ripresa del viaggio. Quando tornò fuori notò con piacere che anche Maya e Felicia erano si erano svegliate e stavano finendo la zuppa avanzata la sera prima.
- Allora? – Domandò Jeager – Cosa è successo?
Felicia smise di mangiare, poggiò la scodella sulle ginocchia e reclinò il capo in avanti, i capelli seguirono quel movimento nascondendole il viso.
- Facendola breve i soldati non erano soldati. Hanno ucciso il signor Gorin e tutti gli ospiti, o quasi. Dato alle fiamme la stazione di posta e… bhè potete immaginare cos’altro abbiano fatto.
- E tu come hai fatto a salvarti? – Domandò Gray notando che a quella domanda le mani di Felicia si strinsero con forza sulla tazza.
- Se non vuoi rispondere non fa niente… - Intervenne con tono conciliante Maya.
- E invece fa! Che significato ha il numero che hai impresso sul collo? E le cicatrici che hai su tutto il corpo? – Insistette Gray.
Le mani di Felicia si strinsero ancora di più sulla tazza, un brivido le scosse il corpo, dei suoni simili a singhiozzi le uscirono dalla bocca.
- Gray, non insistere. Ha passato il peggior momento della sua vita e… - continuò Maya.
- No. – Disse infine Felicia alzando il volto in lacrime – Ha ragione… e poi ne ho passate di peggio, come avrete immaginato vedendo il mio corpo.
- Felicia, non sei obbligata a…
La cameriera scosse la testa.
- Ho bisogno di fidarmi di qualcuno, ormai sono stanca di scappare e vivere nel terrore. E non posso chiedere fiducia e aiuto, se non la dimostro io. Il mio nome non è Felicia. Francamente ignoro quale sia. Per anni è stato il numero che ho sul collo. Immagino che non sappiate cosa sia la Forgia. D’altronde chi la conosce o è come me, o è complice del mio stato. La Forgia è una società segreta con il compito di creare armi viventi, soldati perfetti, arcanisti inarrestabili. E per fare ciò ricorre ad ogni mezzo. Gray, tu non sei una maga, giusto? Il tuo potere risiede nel tuo sangue, in un qualche punto di contatto fra creature potenti e qualche tuo predecessore. La Forgia cerca di ricreare e potenziare quel potere sia incrociando persone già dotate di poteri innati, sia esponendole alla fonte di tali poteri alla nascita o durante la… chiamiamola vita. Ovviamente sono alla continua ricerca di nuove combinazioni, di nuovi poteri… e di nuove cavie. Non esitano a commissionare rapimenti per i loro scopi, magari solo per avere uno stregone con sangue demoniaco da accoppiare a qualcuno con sangue celestiale. Ma sapete che non sempre i poteri si rivelano sin dalla nascita, spesso devono essere risvegliati. E le mie cicatrici testimoniano che i miei poteri non si siano subito palesati… Tempo fa. Forse un anno fa. Io e altri compagni siamo riusciti a scappare dalla Forgia, ma da allora siamo braccati e viviamo in fuga. So che diversi miei amici sono stati catturati. Alcuni riportati indietro, altri uccisi. Vago quindi di posto in posto in una fuga senza fine. Ecco come mi sono salvata, usando quei poteri che tanto odio e detesto.
- E sarebbero? – Domandò Gray.
- Io sono nata nella Forgia. Mia madre era una mezz’elfa che proveniva da non so quale foresta custodita da unicorni. Al momento della mia nascita venne uccisa una fenice, e le sue ceneri poste sul ventre di mia madre. Io nacqui e la fenice risorse. Quindi, al momento la fonte del mio potere sono l’istinto di protezione degli unicorni e l’immortalità della fenice. Ma c’è una cosa che mi preoccupa. Io venni concepita nella Forgia, quindi dovrei avere un terzo potere latente. Quello di mio padre. Ma ignoro quale sia.
- Ora comprendo perché mi sentissi a disagio in tua presenza – commentò Gray - la fonte del mio potere non credo sia particolarmente benevola, e deve aver reagito al tuo.
- E tu, Gray? – Domandò Jeager.
- Fino a non molto tempo fa di lavoro facevo la becchina. Non credo ti debba dare altre spiegazioni.
- Non credo - rispose l’uomo voltando lo sguardo dall’altra parte. – La cosa però è molto più preoccupante di quel che sembri, mie fanciulle. Gente in grado di tenere in cattività una fenice… bhè – continuò grattandosi il capo – credo sia alquanto potente. Ma forse ti avranno già data per morta… senza offesa per nessuno, s’intende… - si corresse goffamente.
- No. Mi stavano cercando. Anche i banditi che taglieggiavano la locanda, credo che fossero al soldo della Forgia. Anzi ne sono sicura. L’uomo che mi prese in ostaggio mi sussurrò che sapeva chi io fossi.
- Quindi sanno dove stiamo andando. Ma in tal caso perché non ci hanno già raggiunti? – Domandò Jeager.
- Perché è stata la prima persona che ho ucciso quando mi sono resa conto di cosa stesse accadendo, e forse quegli uomini hanno giudicato rischioso inseguirmi – Rispose Felicia.
- … proteggerò – Disse con un filo di voce Maya attirando su di sé gli sguardi dei presenti. – Io ti proteggerò, ti difenderò e aiuterò quelli come te, distruggerò la Forgia. Lo farò per te e per le persone che morirono a cau… a me care.
Detto ciò Maya si alzò e rientrò nella tenda. Una volta dentro portò la mano al petto e strinse il ciondolo donatole da Shelyn, mentre i suoi occhi si fissarono sullo zaino e sull’armatura in esso contenuta.
Gray la seguì.
- Direi che è il tuo turno. – La voce di Gray scosse nel profondo Maya. Che si girò e sedette accanto al proprio zaino.
Gray continuò.
- Ci conosciamo da pochi giorni, però ci siamo promesse di essere amiche. E tu sei la mia prima amica, per cui… bhè… ci tengo a te. Posso comprendere il tuo senso di colpa e il volerti sentire responsabile di quanto accaduto. Ma prima hai accennato a persone morte per causa tua. E credo che il contenuto di quello zaino sia coinvolto in un qualche modo. Giusto?
- Vero. E’ così palese?
- Non lo so. Per me sì, ma ho anche passato anni ad osserva la gente ai funerali, notando persone liete per la morte del consorte per poter vivere con l’amante, assassini sentirsi in colpa, o essere soddisfatti perché nessuno sospettava di loro. E tu ti reputi unica responsabile di qualcosa, e ti flagelleresti se servisse.
- Allora non ti dovresti meravigliare se ti dicessi che lo feci. Per una settimana. Quella che porto con me è la mia armatura cerimoniale di sacerdotessa al culto di Shelyn. Sacerdotessa e… protettrice. Ma una maledetta sera tradì la fiducia della mia dea. A causa di ciò l’intero villaggio in cui servivo venne distrutto e Shelyn mi rinnegò come sua servitrice, negandomi la sua benedizione. Ma la pena peggiore fu il darmi la speranza di poter tornare nelle sue grazie. Ed io, stupidamente, ancora ci credo.
Gray si sedette accanto all’amica. E sorrise.
- I casi, a questo punto sono due, ho anche Jeager ha una storia da derelitto culmine della sfortuna, oppure si sentirà un disadattato in mezzo a noi tre. Direi che ci siamo proprio trovate.
Maya si asciugò le lacrime e sorrise a sua volta.
- Direi che la sfortuna di Jeager inizia ora, dovendo sorbirsi le nostre paranoie.
- Personalmente non mi lamento sono passata dall’essere sola ad avere tre amici in meno di una settimana. Ed ora, amica mia, vediamo cosa fare e dove andare. Immagino che tornare a Quinoa sia inutile e pericoloso.
- Probabile. Però voglio mantenere la mia parola riguardo alla Forgia.
- Come ha detto Jeager, attaccare chi può tenere in cattività una fenice potrebbe… anzi è pericoloso. Siamo solo in quattro. Dovremmo trovare almeno un quinto sfigato come noi.
- E allora non abbiamo molti posti dove andare. Dovremmo anche chiedere dov’è la Forgia…
- Va bene, intanto avviso gli altri.
Gray uscì dalla tenda e fu sorpresa nel vedere come Felicia e Jeager stessero conversando fra loro. La ragazza si portò innanzi ai due.
- Bene, Felicia ben venuta fra noi. Con Maya ho convenuto che tornare a Quinoa sia pericoloso e che ci serve una quinta persona per poterti aiutare efficacemente. E che dovremmo sapere dov’è la Forgia.
Felicia alzò la testa per guardare Gray.
- Grazie. La Forgia si trova nel Cheliax. Non vi so dire esattamente dove, ma credo che ci saprei arrivare.
- E tu Jeager? Qual è il tuo passato triste e segreto?
- Nessuno biondina. Sono una persona che dopo un periodo passato in una milizia ha scoperto che gli piacciono le armi, ma non le regole. E mi piace girare e combattere. Immagino di deluderti.
- Stupido.
Gray si girò di scatto e tornò da Maya per finire di sistemare le borse.