@Ghal Maraz Nathan Clark Affronti la campestre con l’aria svogliata e un’espressione rassegnata, come se il solo fatto di essere lì fosse già una punizione sufficiente. L’unica, magra consolazione è che una parte del percorso attraversa il tuo elemento naturale: il bosco. Almeno lì, in mezzo agli alberi, ti senti un po’ meno fuori posto. Ti trascini a un ritmo costante, calcolato con la precisione di chi vuole fare il minimo sindacale per la sufficienza e nient’altro. I primi due giri scorrono senza intoppi: respiro regolare, muscoli caldi, tempo sotto i 12 minuti. Ci sei. A metà del terzo giro, però, giunto nel tratto più profondo del bosco, quello in cui la luce filtra appena tra i rami fitti e la terra è morbida sotto le suole, il cuore ti fa un improvviso balzo nel petto. Più per lo spavento che per la fatica. Tra gli alberi, qualche decina di metri più avanti, ti pare di scorgere una figura femminile sottile, immobile. I lunghi capelli neri le ricadono sulle spalle, mossi da una brezza che tu non senti. La pelle è diafana, quasi luminescente contro l’ombra della vegetazione. Tiene lo sguardo basso… finché, all’improvviso, non lo solleva su di te. Due occhi completamente neri, come la notte più profonda, ti trafiggono lo sterno come lame gelide. È come se ti avessero visto fino in fondo, fino a dove nemmeno tu osi guardare. Un fruscio. Uno schiocco secco, come un ramo spezzato pochi metri dietro di te. Ti volti di scatto, istintivamente. È Sasha che sta sopraggiungendo. Quando torni a guardare verso l’ombra tra gli alberi… la figura è svanita. Come se non fosse mai stata lì. "Che ti prende, Clark? Rimasto senza fiato?" Sasha ti supera con passo pesante ma deciso, e anche lei ormai sembra alla frutta. "Dai, forza che ci siamo quasi!" aggiunge con un sorriso, allungando la falcata e lasciandoti qualche metro indietro. @TheBaddus Scarlett Bloomblight Ti metti a correre al meglio delle tue possibilità, affondando ogni passo nel terreno come se potessi calpestare via la rabbia che ti brucia dentro. Corri con i denti stretti, col fiato corto, con la testa piena. E per un po’, sorprendentemente, funziona: i primi due giri scorrono lisci, e per un tratto riesci persino a stare davanti a Tyler ed Emily, i due più atletici della classe. Una piccola, fugace vittoria. Poi il ritmo comincia a cedere. Il fiato si fa pesante, le gambe iniziano a bruciare, i pensieri tornano a farsi sentire. Uno dopo l’altro, anche Nathan e Sasha ti sorpassano, prendendosi quei metri che non riesci più a difendere. E poi, la scivolata. Un piede messo male, un angolo infido di fango, ed è fatta. Finisci distesa nella melma, con la faccia e i vestiti imbrattati, l’umidità che ti penetra fin sotto la pelle. Per un secondo resti lì, ferma, immobile nella rabbia. È una rabbia feroce, brutale, viscerale. Una rabbia che, se avesse un colore, sarebbe il rosso acceso dei tuoi capelli al naturale. Il rosso di tua madre. Chiudi gli occhi. Solo un momento. Solo per respirare. Ma l’oscurità dietro le palpebre non è silenziosa. Avverti una specie di scossa, come un brivido che attraversa l’aria stessa. Un’immagine ti esplode dentro senza preavviso: una creatura gigantesca, maestosa, scaglie rosso fuoco che riflettono una luce che non c’è, fauci spalancate che sussurrano parole in una lingua che non conosci… È solo un istante. Un flash. E poi niente. Quando riapri gli occhi, c’è solo il bosco. Umido, silenzioso, uguale a prima. Ti tiri su a fatica, cercando almeno di ripulirti il viso con le mani. Intorno a te, altri compagni passano oltre, alcuni ti lanciano uno sguardo fugace, un misto di imbarazzo e colpa per non essersi fermati ad aiutarti. Poi, mentre stai per ripartire, qualcosa ti fa voltare. Con la coda dell’occhio, più indietro sul sentiero… vedi Noah. È chino, sta apparentemente allacciandosi una scarpa. Ma il modo in cui si guarda intorno ti fa aggrottare le sopracciglia. Non ti sembra si sia accorto di te. E poi, improvvisamente, si alza e si allontana dal tracciato, infilandosi tra gli alberi. Non fai in tempo a pensare troppo. Ti rimetti in moto, rabbiosa e infangata, e prosegui con passo nervoso. Corri a tratti, cammini a lunghi passi per riprendere fiato. Ti supera anche Harper, silenziosa come sempre. Alla fine, quando giungi al tracciato ti senti gli occhi di tutti addosso. Sei chiaramente oltre il tempo della sufficienza. @Theraimbownerd Orion Kykero Corri. Con tutta la determinazione che riesci a raccogliere, corri. Ogni falcata è un affondo nei tuoi stessi limiti, e il binder ti stringe il petto come una maledizione cucita addosso. All’inizio il ritmo tiene, le gambe rispondono, la rabbia è carburante. Per un attimo quasi riesci a illuderti che ce la farai senza pagarne il prezzo. Ma già verso la metà del secondo giro il respiro comincia a diventare un lusso. L’aria non entra più come dovrebbe. La vista si increspa ai lati, il battito martella nelle orecchie. Ti sorpassano in diversi, e a un certo punto passi anche accanto a una figura coperta di fango. Sei troppo stanco per riconoscerla davvero. Non importa. Continui. È solo ostinazione, ormai. Tagli il traguardo e crolli contro un albero, le spalle che si sollevano a scatti sotto la stoffa bagnata di sudore, la bocca aperta nel tentativo disperato di richiamare ossigeno. La vista ti si sfoca appena, ti costringe a socchiudere gli occhi. “Ehi, Kykero,” ti dice la voce squillante del coach Moss, che ti raggiunge e ti fissa con quell’aria da telecronaca sportiva. Poi dice altro, ma le orecchi ti fischiano e non riesci a capire cosa ti stia dicendo. Ti lascia lì, con una pacca energica sulla spalla e lo sguardo già su un altro studente. Alice ti raggiunge poco dopo. È accaldata, i capelli raccolti alla meglio, ma si abbassa subito vicino a te, cercando il tuo sguardo. “Ehi… Orion. Tutto bene? Hai l’aria di uno che ha visto il proprio spirito lasciare il corpo.” Il tono è scherzoso, ma non nasconde l’apprensione. Ti porge la sua borraccia, tenendola salda anche mentre la sua mano, leggera, ti sfiora un braccio come a controllare che tu sia reale, presente, sveglio. @SNESferatu Ana Ribero Hai un corpo perfetto.. una macchina perfettamente funzionante di cui non conosci i limiti.. e decidi di usarlo alle tue condizioni, nel modo in cui vuoi tu e non in quello che si aspettano gli altri. La tua corsa campestre somiglia più a una danza anarchica che a una prova scolastica. Parti lenta, quasi svogliata. Poi, senza preavviso, scatti in avanti con la potenza di un predatore. Ancora una pausa. Poi di nuovo un’accelerazione, fulminea, precisa. Un’andatura impossibile da interpretare. Chi ti osserva, come Eliza, non può fare a meno di rimanere interdetto. È evidente che ti sta studiando, sguardo scettico ma incuriosito. Se il tuo intento era attirare nuovamente la sua attenzione, anche solo per provocarla, beh… missione compiuta. Non senti fatica durante la corsa, non sudi… o forse si? C’è stato un breve momento, durante il terzo giro, nel quale hai avvertito come un brivido e la tua pelle è sembrata per un attimo come imperlata dal sudore.. ma poi è passato, come se fosse stato solo un po’ di umidità. Alla fine arrivi proprio allo scoccare dei 20 minuti, precisa e perfetta come un orologio! @Voignar Darius Whitesand Non è che la corsa ti interessi più di tanto. Anzi, diciamola tutta: se non fosse per l’incubo costante che è tua madre quando si tratta di voti, probabilmente ti saresti fermato al primo giro per contemplare le nuvole. Hai cercato di dare un minimo di supporto a Ben all’inizio, con una parola d’incoraggiamento lanciata al volo… ma lo sapevi fin da subito che non ce l’avrebbe fatta a tenere il passo. Nessuna colpa, solo realtà. Tu, dal canto tuo, non sei un maratoneta, ma hai testa e fiato quanto basta per restare in zona sufficienza. È nel bel mezzo del terzo giro che qualcosa però ti spiazza. Ti trovi nel tratto più fitto del bosco, quando, con la coda dell’occhio, noti qualcosa. Una roccia, poco fuori dal sentiero tracciato… ma non una roccia qualunque. Su di essa sembrano incisi dei simboli. Antichi. Sottili, intrecciati. La lingua… ti è ignota, ma non ti pare casuale. C’è uno schema, un’intenzione. E per un solo istante, ti sembra quasi che quegli intagli brillino leggermente, come se riflettessero una luce che in realtà non c’è. Non fai in tempo ad avvicinarti. Un tonfo attira la tua attenzione: davanti a te, Scarlett è finita dritta nel fango, nel punto più scivoloso della curva. Istintivamente rallenti appena, per non scivolare anche tu e per valutare se stia bene. La superi e riprendi il passo. Il tempo stringe. Non puoi permetterti un’insufficienza, e lo sai. Ma ti segni mentalmente quel punto nel bosco dove hai visto. incisioni. Arrivi al traguardo con il fiato spezzato e le gambe di piombo, ma un’occhiata rapida all’orologio del coach ti conferma che sei appena sotto i diciotto minuti. X TUTTI Siete tutti arrivati al traguardo, chi coperto di fango, chi più morto che vivo, chi come se non avesse neppure corso e chi semplicemente stanco ma soddisfatto. Chi per orgoglio, chi per disperazione, chi per testardaggine, ognuno ha chiuso la corsa a modo suo. Vi radunate attorno al coach, ansimanti, e vi legge i vostri risultati. I minuti passano lenti. Poi, finalmente, spunta anche Ben. Il volto completamente arrossato, la maglietta madida di sudore, il respiro spezzato. Avanza lentamente, quasi trascinandosi, ma non si ferma. È ampiamente fuori tempo massimo, ma è arrivato. “Bravo Flores! L’importante è che tu non abbia mollato!” esclama Coach Moss, dandogli una pacca sonora sulla spalla che per poco non lo fa vacillare. Un piccolo sorriso si accende tra i volti dei compagni, qualcuno applaude piano. State quasi per dirigervi verso gli spogliatoi quando la voce del coach vi ferma di nuovo. “Manca solo Davis!” Solo in quel momento vi accorgete che Noah non è tra voi. Moss guarda il gruppo, poi punta gli occhi su Emily. “Reyes, fammi un favore. Vai a cercarlo e assicurati che non sia scivolato anche lui da qualche parte.” Poi si gira verso gli altri, battendo le mani una volta. “Gli altri, via a farvi una bella doccia! Vi siete guadagnati ogni goccia d’acqua calda! Tranne tu, Ribero. Voglio parlarti un attimo.” Il suo sguardo si posa fisso su Ana.