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Competizione nei giochi


Fenix85

Messaggio consigliato

Rispondo solo a questo, giuro. Perdonami adam.

 

 

Cita
Delle uscite del genere mi fanno pensare a problemi grossi nel capire che è un gioco, ci si gioca per divertirsi, non per essere migliore (migliore di chi, poi?).

Hai mai giocato ad un qualunque gioco da tavolo? Risiko, briscola, forza-quattro? A che scopo ci giochi se non per vincere? Se non ci giochi per vincere non stai giocando a quel gioco, perché lo scopo di quel gioco è vincere. E se giochi per vincere giochi per dimostrarti "migliore" del tuo amico. Il divertimento passa attraverso la competizione. Non c'è nulla di male in tutto questo. Direi che il 99% dei giochi si basa sulla competizione e sul dimostrarsi "migliori" degli altri concorrenti.

 

Davvero non riesco a capire come questo concetto sia diventato quasi tabù nel mondo dei GdR.

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E se giochi per vincere giochi per dimostrarti "migliore" del tuo amico.

In Risiko!, briscola o Forza Quattro hai indubbiamente ragione, ma in D&D il discorso è leggermente diverso.

Sono d'accordissimo sul fatto che la competizione sia parte integrante e motore del gioco, ma credo che ti sbagli riguardo il bersaglio di questa competizione.

In un gioco da tavolo, si compete contro un avversario, in un gioco di ruolo (non uno di narrazione) si compete contro delle sfide.

Chi ti pone le sfide, il GM, non sta provando a batterti, né tu stai provando a battere lui: lo scopo del GM è quello di porre sfide interessanti e appropriate, non di sconfiggere i giocatori.

Deve fare in modo che vincano, ma si sudino la vittoria.

Ovviamente, non ci può essere competizione se solo una delle due parti compete, e infatti in D&D non si "vince", ma si "avanza".

Sono comunque d'accordo sul fatto che la competizione ci sia, solo che non si gioca per mostrarsi migliore di qualcuno, ma di qualcosa; sembra un sofismo, ma è una differenza bella grossa.

Tantopiù se si parla di dimostrarsi migliori del proprio compagno di squadra ("Ah, io ho ottimizzato e tu no, pezzente!").

Se avete mai incontrato dei giocatori così, e ne abbiamo incontrato tutti, allora sappiate che quelle persone non sanno come si gioca a D&D, e avete ragione a definirle infantili e immature.

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The Stroy

Questa è una falsità colossale.La Guida del Dungeon Master ripete ogni tre paragrafi che i PG sono protagonisti, le loro scelte devono contare e il loro agire deve influenzare il mondo.

Lo stesso manuale mette in guardia mille volte contro il railroading in tutte le sue forme, e lo fa in maniera chiara e diretta, non dicendoti di voler bene ai giocatori o cose del genere.

Dalla guida del DM

Possono accadere cose terribili nel gioco solo perché i dadi vanno di traverso. Tutto procede per il meglio, quando all’improvviso i giocatori fanno una serie di tiri sfortunati. Un round più tardi, metà della compagnia è fuori combattimento e l’altra metà è quasi certamente sopraffatta dai nemici rimasti. Se tutti i personaggi muoiono, la campagna è bella che finita, il che non è piacevole per nessuno. Cosa si fa a quel punto? Stare a guardare mentre tutti finiscono massacrati, o «imbrogliare» e far scappare via gli avversari, oppure alterare il risultato dei dadi cosicché i PG alla fine vincano miracolosamente? In realtà due sono gli elementi da considerare. Imbrogliare? La risposta è che il DM in realtà non può imbrogliare. E’ l’arbitro, la sua parola è legge. E quindi, è nei suoi diritti dirigere le cose in un modo o in un altro per far felici tutti oppure per far proseguire il gioco senza intoppi. Non c’è nessun divertimento quando un personaggio esperto viene investito da un carro. In linea di principio un personaggio non dovrebbe morire in un modo banale a causa di un lancio sfortunato dei dadi, a meno che in quel momento non stia facendo qualcosa di veramente stupido. Comunque non c’è giustizia nè divertimento a meno che il DM e i giocatori non obbediscano alle stesse regole. a volte i PG sono fortunati e uccidono un PNG che il DM prevedeva di far restare a lungo sulla scena. Allo stesso modo può accadere che le cose di mettano male per i PG, e siano perseguitati dai disastri. Sia il DM che i giocatori devono accettare tanto il bene quanto il male. Questo è un modo di giocare perfettamente accettabile, e se esiste un metodo standard di fare il DM, eccolo qua.

Il DM non imbroglia perché lui è il padrone delle regole, pertanto quando imbroglia non è come se stesse imbrogliando veramente... però hei! Non c'è giustizia ne divertimento a meno che il DM e i giocatori non seguano le stesse regole...:sorry::D

Ci sono così tante contraddizioni in questo paragrafo che immagino sia chiaro che si dice tutto e il contrario di tutto.

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Era esattamente quello che dicevo: la GDM dice che il DM può barare, ma che lo deve fare per evitare che i PG muoiano a casaccio.

La falsità colossale a cui mi riferivo è quella secondo la quale il DM deve barare per preservare la storia che ha creato, che non è assolutamente supportata né da quello né da nessun altro paragrafo della GDM.

Che poi barare in questo senso sia un bene o meno è un discorso a parte, ma resta che il paragrafo è piuttosto chiaro sul perché si dovrebbe farlo.

E comunque hai risposto nello split, non nel topic originale :P

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Per mia esperienza personale (il che le dà il vigore del visto dal vivo, ma anche la limitatezza del caso singolo, va riconosciuto sempre questo quando si parla dei dati reali) la competizione in un gioco di ruolo tende a essere più un problema dei giocatori che non un problema del gioco.

Premettiamo che la competizione, Esiodo docet, può essere buona o cattiva: la prima spinge a migliorarsi, la seconda a odiare e sabotare il rivale. Delle due solo la seconda è un problema reale (in qualsiasi D&D la prima si riassorbe nelle logiche del party*, tanto per fare l'esempio del gioco più "competitivo" secondo alcuni), perché anche il temuto PVP in certi casi ha la sua logica nel mondo di gioco; il problema sorge nel PVP esterno al mondo di gioco, in quello che è veramente imputabile solo ai giocatori.

Ed è qui che faccio il più sentito degli esempi personali: non un "buildatore professionista" che tratta male chi fa peggio (uno che, veramente, dovrebbe giocare ad altro che non ai GdR; ma che in certi giochi verrebbe rimosso lui dal tavolo per manifesta coproantropia), ma un "TPKiller professionista".

Il tipo era un esaltato da Assassin's Creed, e per lui in ogni GdR il fine ultimo era accoltellare alle spalle gli altri PG. In *qualsiasi* GdR. Emblematica una sessione al GdR dell'Orlando Furioso, in cui un PG (il mio) riuscì a sconfiggere dopo dura tenzone il nemico, un cavaliere rivale che impediva di attraversare un ponte, e il nostro caricò lancia in resta l'eroico compagno d'arme; senza un motivo, senza uno scopo. Solo per essere il giocatore del PG che restava in vita più a lungo.

Con qualsiasi gioco di ruolo il nostro avrebbe creato problemi. Il problema era "lui".

Dico "era" perché magari negli anni è migliorato (cosa che gli auguro), però all'epoca sopportarlo non era impresa umana.

* esempio della sessione odierna di RQ: il nobile e ricco PG con tanti punteggioni di caratteristica elevata stava per farsi infinocchiare, sono stati i personaggi meno "forti" a parare a lui e al resto della carovana a cui erano aggregati le chiappe.

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In Risiko!, briscola o Forza Quattro hai indubbiamente ragione, ma in D&D il discorso è leggermente diverso.

Sono d'accordissimo sul fatto che la competizione sia parte integrante e motore del gioco, ma credo che ti sbagli riguardo il bersaglio di questa competizione.

In un gioco da tavolo, si compete contro un avversario, in un gioco di ruolo (non uno di narrazione) si compete contro delle sfide.

Chi ti pone le sfide, il GM, non sta provando a batterti, né tu stai provando a battere lui: lo scopo del GM è quello di porre sfide interessanti e appropriate, non di sconfiggere i giocatori.

Deve fare in modo che vincano, ma si sudino la vittoria.

Ribadisco questo concetto dicendo che vedere il DM come bersaglio della sfida piuttosto che la sfida in sé sarebbe come voler vincere a RiSiKo! prendendo a mazzate la plancia. Che può essere divertente per alcuni, ma non è chiaramente lo scopo del gioco, né quello che lo fa piacere, e soprattutto durare, di più.

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Rincaro la dose: più sento i ragionamenti di chi parla di questi problemi dei giochi, e più mi sembra che siano problemi dei giocatori generalizzati.

Problemi anche diffusi, eh, e posso capire cosa c'è dietro e perché sì è continuato a giocare così: io sono un giocatore di ruolo molto "choosy" (temo che alla Fornero starei antipatico), e preferisco non giocare rispetto al giocare in maniere non consone al sottoscritto: preferisco avere tre giocatori attorno al tavolo che non un megaparty di 8 persone sca**ate o che mi giocano un GdR come se fosse un altro (gli old school giocati come D&D 4^ :( ), ma questo vuol dire spesso smettere di giocare con gli amici, magari smettere di vederli nell'unica occasione settimanale che si aveva per uscire assieme, magari facendo sì che si risentano nei nostri confronti... insomma, non è una cosa così scontata da fare.

E posso anche capire come persone che hanno avuto anni di "brutte esperienze" di gioco alla fine arrivino a considerare certi difetti come connaturati nel gioco, e non piuttosto legati ai loro brutti trascorsi. Voglio dire: se io dovessi valutare la pizza come alimento solo alla luce delle pizze precotte irlandesi (schifo!), della pizza di un tale Secondo Gatti che in un paese vicino al mio si diletta di scolpire orrori di roccia e preparare pizze orribili ma sopravvalutate (in base al principio del "se la tira, quindi è bravo"), delle pizze toscane cotte al forno elettrico e di un'orribile pizzeria palermitana, direi che la pizza fa schifo. Per mia fortuna ho mangiato anche ottime pizze, in casa facciamo una pizza deliziosa, e quindi so che il problema non sta nell'alimento-pizza, ma nel modo in cui viene attuato dai singoli pizzaioli non troppo bravi. Una persona che avesse avuto solo esperienze del primo tipo sarebbe ovviamente portata a generalizzare la sua esperienza, reputando che la pizza faccia schifo a prescindere; è comprensibile che la si pensi in questo modo, ed è comprensibile che si abbia questo tipo di esperienza: magari tutti gli amici vanno in un locale in cui la pizza fa schifo "perché è figo", e quindi per uscire assieme a loro si accetta di mangiare la pizza-boiata - il che è il corrispettivo di quel che ho scritto poco sopra per il GdR.

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quoto in toto il tuo ragionamento, stavo per entrare anche io nella discussione con un discorso del genere (tranne che a Firenze un paio di pizzerie buone ce ne sono - non quelle con il forno elettrico, in effetti).

il fatto è che le due "situazioni" provate, la competizione tra personaggi E la creazione di una storia, io le ho ritrovate entrambe senza cambiare gioco di ruolo (D&D4^) semplicemente cambiando gruppo. proprio da poco tempo ho abbandonato un gruppo perché i giocatori non pensavano ad altro che a dimostrare quanto ce l'avessero duro, e per quanto non critichi uno stile di gioco del genere, non è mai stato il mio. cambiando gruppo (e tornando con un master che adoro - abbiamo lo stesso "stile" di gioco) le cose sono diventate "ok, ORA stiamo creando la storia, non devo dimostrare a nessuno che sono migliore di lui, non devo prendere un talento perché sennò non ho più tiro per colpire di lui, non devo prendere un'arma perché fa solo più danni, posso finalmente scegliere quello che mi piace e non quello che serve a superare gli altri".

Insomma, dalle mie esperienze passate ho davvero cambiato gioco senza cambiare regolamento, cosa che da quel che leggo per alcuni sembra impossibile (ed anche per il vecchio gruppo: "D&D è fatto per fare PG uber che picchiano tutto" è una frase che mi sento dire spesso e che non ho mai approvato. si può giocare in quel modo, ma non è l'unico).

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E posso anche capire come persone che hanno avuto anni di "brutte esperienze" di gioco alla fine arrivino a considerare certi difetti come connaturati nel gioco, e non piuttosto legati ai loro brutti trascorsi. Voglio dire: se io dovessi valutare la pizza come alimento solo alla luce delle pizze precotte irlandesi (schifo!), della pizza di un tale Secondo Gatti che in un paese vicino al mio si diletta di scolpire orrori di roccia e preparare pizze orribili ma sopravvalutate (in base al principio del "se la tira, quindi è bravo"), delle pizze toscane cotte al forno elettrico e di un'orribile pizzeria palermitana, direi che la pizza fa schifo. Per mia fortuna ho mangiato anche ottime pizze, in casa facciamo una pizza deliziosa, e quindi so che il problema non sta nell'alimento-pizza, ma nel modo in cui viene attuato dai singoli pizzaioli non troppo bravi. Una persona che avesse avuto solo esperienze del primo tipo sarebbe ovviamente portata a generalizzare la sua esperienza, reputando che la pizza faccia schifo a prescindere; è comprensibile che la si pensi in questo modo, ed è comprensibile che si abbia questo tipo di esperienza: magari tutti gli amici vanno in un locale in cui la pizza fa schifo "perché è figo", e quindi per uscire assieme a loro si accetta di mangiare la pizza-boiata - il che è il corrispettivo di quel che ho scritto poco sopra per il GdR.

ci ritrovo in pieno la mia esperienza, gente che crede che le regole nei gdr siano cose da evitare solo perchè hanno sempre provato gdr con regole fatte male :)

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Rincaro la dose: più sento i ragionamenti di chi parla di questi problemi dei giochi, e più mi sembra che siano problemi dei giocatori generalizzati.

Concordo in pieno sul punto, con una precisazione: determinati tipi di giochi spingono sicuramente a determinati comportamenti, il sistema non è neutrale.

Ma quello che si nota meno è che determinati giochi selezionano anche giocatori che amano quei comportamenti: giochi un certo gioco perché giochi in certo modo e non il viceversa. Per fare un esempio: se vai in un Club del Libro trovi molti lettori, e sicuramente partecipare ad un Club del Libro spinge alla lettura; ma l'effetto di selezione, il fatto di aver scelto di partecipare ad un Club del Libro, è ovviamente la causa principale della sovrabbondanza statistica di lettori.

E' molto difficile distinguere i due effetti e valutare se sia il gioco o il giocatore nel caso dei GdR. Ma chi si lamenta dei problemi con il PvP di DW, non può essere cassato con un "Giocando a DW non succede": probabilmente se ci giocasse lui succederebbe. Non succede giocando a DW perché tipicamente il genere di giocatori che va a giocare a DW non ha una visione competitiva del GdR, vuole creare una storia. Questo è possibile con ogni GdR, ma DW lo incentiva e seleziona giocatori poco interessati a farsi una build spulciando manuali stampati solo in portoghese su pergamena. In parte questo è ottenuto eliminando l'aspetto strategico: difficilmente selezionerà giocatori interessati a giocare un gioco tattico, visto che non c'è una parte tattica.

Ma onestamente non penso che se un gruppo che gioca a DW si spostasse a giocare a D&D3.5 ci sarebbe molta differenza per quanto riguarda la visione "competitiva" del gioco. I loro interessi erano altri, e continueranno a essere altri. Se arrivati su D&D3.5 cambiano radicalmente il modo di giocare, IMO a (qualcuno di) loro diverte di più un approccio strategico/tattico e DW li costringeva a fare altro.

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Condivido parzialmente, nel senso che secondo me il volere dei giocatori alla fine va oltre il gioco; molto banalmente, puoi giocare a calcio anche con un pallone da pallavolo - e penso che a tutti da bambini sia capitato. Sì, ci sono i casi "particolari" (la palla da rugby, e il "di testa!" con la palla medica), ma in linea di massima anche se la palla è ottimizzata per una cosa chi la vuole usare per un'altra non si pone troppi problemi.

L'esempio che facevo qualche post fa è eloquente: il tipo giocava a pugnalare alle spalle in qualsiasi gioco, e neanche in quella maniera subdola che ci può stare in un Vampiri. In qualsiasi GdR, per come era all'epoca, avrebbe fatto la stessa cosa - e infatti la faceva!

Poi nell'ambito dei giochi di ruolo c'è una notevole duttilità: i più hanno esperienza con dei giochi dove due o tre scelte modificano pesantemente lo stile del gioco. Per D&D 3.5 è eloquente l'esempio del voto di povertà, che a seconda dello stile del gruppo può essere potentissimo o risibile. Insomma, salvo certi casi (che hanno una rilevanza statistica molto scarsa) alla fin fine il gioco indirizza tanto quanto di fronte alle scelte dei giocatori.

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No Domon, non provare a ribaltare contro altri i loro discorsi. Fai solo male a te stesso e alla tua credibilità così. Oltre a risultare fastidioso e a non contribuire affatto a una discussione civile e argomentata.

a me sembrava la stessa cosa detta da te. ma chiaramente ho le mie personali conclusioni a riguardo. non assurgere la mia opinione a scusa per attaccarmi. :/

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Sorvolando su quanto scritto nel post sopra, recupero l'intervento di Thondar: è vero, la competizione può essere positiva, dipende in sostanza dal tipo di competizione.

E, ovviamente, un gioco in cui non è possibile quello stile di gioco che contempla la competizione positiva fra giocatori è un gioco con minori potenzialità, anche se di fatto un gruppo o un giocatore "volenteroso" può inserircela sempre e comunque - anche se a volte stona parecchio.

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Un gioco non competitivo rinuncia ad una possibile fonte di divertimento ma non per questo vuol dire che sia noioso. Certo che quando leggo i combattimenti negli AP di DW non vedo certo gente che tenta di costruire una storia ma di vincere.

chissà negli AP di chi :)

cmq, scetticismi a parte, se nessuno pensa a fare una storia il gioco sta fecendo il suo lavoro, in un gioco fatto bene mica devi pensarci apposta a fare una storia, esce seguendo le regole.

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