@Voignar Darius Whitesand - pausa pranzo Suor Margaret si irrigidisce appena la frase «un tizio con la testa d’animale» ti esce di bocca. Le sue dita, sottili e ossute, si chiudono con forza sul leggio davanti a lei e per un istante il suo sguardo, di solito calmo, si vela di una preoccupazione che non cerca neppure di mascherare. Gli occhi grigi ti scrutano con un’intensità che ti fa sentire come se avesse intravisto qualcosa dietro di te. Tu provi a stemperare, accennando al fatto che è solo un’idea per una campagna di gioco di ruolo, ma mentre parli il tatuaggio alla base del collo comincia a bruciarti. Non un fastidio leggero: un calore improvviso, pungente, che sembra vibrare sotto la pelle come se qualcuno stesse tracciando linee di fuoco sul simbolo. La suora deglutisce, il suo respiro diventa lento e misurato. «Ragazzo…» dice infine, la voce bassa, quasi un sussurro che però riempie tutta la cappella. «Ci sono argomenti che è meglio non trattare, nemmeno per gioco. Le storie che parlano di creature come quella non nascono dal nulla. Portano dietro un peso che non va stuzzicato.» Fa un passo verso di te, il rosario che porta al polso tintinna appena. «Il professore Clark… con cui… giocate… farebbe bene a non mescolare certe cose. Alcune leggende sono nate per restare in silenzio.» Una reazione, la sua, fin troppo esagerata per la tua semplice domanda. Il calore al collo pulsa, quasi in risposta alle sue parole. Prima che tu possa replicare, la campanella dell’istituto squarcia l’aria con il suo trillo metallico. Suor Margaret si raddrizza e, con un tono che non ammette repliche, aggiunge: «Non voglio farti arrivare in ritardo. Vai a lezione, ora. E ricorda ciò che ti ho detto.» Ti lascia lì, con il rintocco che rimbomba tra le pareti di pietra e il bruciore che continua a farsi sentire, come se il simbolo sotto la tua pelle avesse davvero ascoltato la conversazione. @TheBaddus @Ghal Maraz Fuori dall’aula di teatro Benissimo.. Scarlett ha speso il suo FILO su Nathan e Nathan ottiene 1 PUNTO ESPERIENZA. @Voignar @TheBaddus @Theraimbownerd @Ghal Maraz Aula di teatro L’aula di teatro è simile a un piccolo palcoscenico: luci appese a barre di ferro, vecchie panche spinte ai lati, un odore di velluto e legno che sa di sipario. Clarissa Vega entra come una folata di vento colorato: capelli rossi cortissimi, sciarpe e spille che tintinnano, un taccuino gonfio di disegni e appunti stretto sotto il braccio. «Signori miei e signore mie!» annuncia, piantandosi al centro dello spazio. «Siamo quasi alla fine del programma teorico di terza. Oggi chiudiamo il nostro giro nel teatro moderno: un tocco di Brecht, un filo di Artaud, un pizzico di Grotowski. Ricordatevi: ognuno di loro cercava la stessa cosa… rendere il pubblico parte della storia, strapparlo alla comoda illusione. Questo è il cuore del nostro lavoro: verità, corpo e rischio.» I primi tre quarti d’ora della lezione passano così… in modo lento e noioso. Nonostante il modo intrigante e particolare di spiegare della professoressa Vega, l’argomento è noioso ed avete comunque già affrontato una mattinata di lezioni. Alla fine, sfoglia il taccuino con un gesto teatrale, poi scatta un sorriso ampio. «Bene, la teoria basta così. Adesso si gioca.» Con un paio di battiti di mani fa sparire ogni traccia di “lezione”. Le sedie vengono spinte contro il muro, lo spazio centrale resta libero. «Riscaldamento: camminata libera. Riempite la stanza, cambiate direzione senza preavviso, ascoltate il vostro respiro. Poi giochiamo con lo “status”: immaginate di essere re, mendicanti, spie, star del rock. Muovetevi come loro.» Clarissa si muove tra gli studenti come un direttore d’orchestra, sciarpa che svolazza, voce che incoraggia. «Non pensate, sentite. Non c’è giusto o sbagliato.» Dopo qualche minuto batte di nuovo le mani. «Perfetto. Ora improvvisazione a coppie. Vi assegno io le scene, così nessuno sceglie la strada facile.» Estrae dalla tasca una manciata di foglietti colorati e comincia a leggere, indicando man mano i nomi: «Scarlett con… Harper! Tema: “Una passione romantica!”.» vi guarda entrambe con un che di malizioso. «Poi… Nathan con Emily: “Una telefonata che non doveva essere ascoltata”.» «Orion con Alice: “Due sconosciuti bloccati in un ascensore durante un blackout”.» «Darius con Sasha.. uuh… la mia preferita! “Un incontro notturno in una stazione deserta”.» «Max… tu stai con me! Farai il jolly: ti inserirò dove serve, pronto a sconvolgere le scene.» Li guarda uno per uno, occhi che brillano. «Due minuti di tempo per pensarci, poi si va in scena. Niente copioni, solo istinto. Lasciate parlare il corpo, il tono, il silenzio.» Chiude il taccuino con un colpetto secco. «Il palco è vostro. Sorprendetemi.» @SNESferatu Ana Rivero Eliza si illumina di un sorriso complice, quello che le arriva fino agli occhi e le dà quell’aria da cospiratrice. «Giusto. Aspettiamo l’ora buca!» mormora, piegandosi leggermente verso di te. Si scambia un’occhiata veloce con te, le pupille che tradiscono la stessa scarica di adrenalina che ti scorre nelle vene. Il brusio della mensa cala fino a diventare un ronzio di fondo, poi la campanella esplode nell’aria con il suo trillo metallico. I pochi studenti rimasti raccolgono vassoi e libri in fretta; in un attimo, i tavoli si svuotano. Eliza si alza e, con un gesto rapido, infila il vassoio nel carrello. «Andiamo. Aula studio… almeno per finta.» Uscite nel corridoio mentre l’eco dei passi della folla si dissolve. Poco più avanti riconoscete Tyler, alto e atletico, che cammina fianco a fianco con Juno, la sorella di Orion. Li vedete entrare nell’aula studio, ridendo piano, e la porta si richiude alle loro spalle. Perfetto: meno occhi indiscreti in giro. Vi scambiate un cenno e rallentate di qualche secondo, solo per assicurarvi che il corridoio si svuoti del tutto. Poi partite, scarpe che sfrigolano leggermente sul linoleum, in direzione dell’ala della palestra dove si trova l’ufficio del coach Moss. L’edificio è silenzioso, rotto solo da qualche eco lontana di voci in aula. Il cuore ti batte un po’ più forte quando, girato l’angolo, vi trovate davanti Tom McCarthey, il bidello. Un armadio di uomo, barba bianca e grigia, cappellino calcato sulla testa e un mazzo di chiavi grande quanto un pugno che tintinna a ogni passo. Sta chiudendo un armadietto di servizio e quando vi scorge alza un sopracciglio, lento, pesante. «Ehi… che ci fate da queste parti durante le lezioni?» La sua voce è un brontolio che rimbomba nel corridoio vuoto. Lo sguardo si sposta da te a Eliza, misurandovi come se stesse già valutando se credervi o no. Le chiavi oscillano, il tintinnio che sembra quasi un conto alla rovescia mentre aspetta una spiegazione.