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Dragons´ Lair

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Visualizzazione dei contenuti con l'esperienza più alta dal 03/10/2024 in Commenti Voci blog

  1. 6 punti
    digressione interessante, ma alcuni punti mi sono del tutto estranei, e vorrei capire da dove nasce il pensieri dietro di essi avendo giocato spesso con donne al tavolo, non comprendo come l'immaginare che i propri personaggi possano trovare sollazzo in certe attività sia legato al patriarcato, nè perchè debba essere visto come pessimo esempio comportamentale ("heard behavior at its worst") cosa c'è di patriarcale e maligno in tutto ciò? dov'è il problema nell'insegnare ai nuovi giocatori che il personaggio deve avere una coerenza con sè stesso? perchè dovrebbe essere un problema il mettere in chiaro che, ad esempio, un gracile Mago che ha passato la sua vita sui libri senza mai toccare un'arma con il sollevamento d'ipotesi come unico esercizio ricorrente, sarebbe inverosimile che si gettasse nella mischia a mulinare un'ascia che pesa più di lui? o che, vice versa, un guerriero cresciuto in territori selvaggi e inesplorati e abituato fin dalla tenera età ad adottare una visione del mondo in cui tutti sono divisi in prede e predatori, a fare affidamento unicamente sulla sua prodezza fisica e a cavarsela letteralmente con le unghie e con i denti, sarebbe quantomeno strano se di punto in bianco si intrattenesse in lunghe dissertazioni filosofiche e antropologiche con i più grandi luminari del settore? insegnare e imparare la coerenza è tanto fondamentale quanto lo è insegnare e imparare le meccaniche, sia al tavolo che fuori; dov'è il problema in questo? a meno di adottare un sistema semplificato o diverso da quello di D&D, in che altro modo si dovrebbe introdurre un novizio al combattimento se non con l'esempio e l'esposizione del regolamento? esistono n altri giochi, dalla nota ruolistica più o meno spiccata, che in questo sono decisamente più "user friendly" per quanto riguarda il lato meccanico e che richiamano in qualche modo il d20 system, se il "problema" con il gioco è la mole del regolamento basta provarne un altro, altrimenti è naturale che ci sia un primo approccio difficoltoso al gioco è naturale che D&D si porti dietro, più o meno volontariamente, degli strascichi dal wargame da cui deriva, ma da dove arriva il pensiero che il gioco sia in qualche modo allegoria del "neocolonialismo bianco"? se c'è una cosa che D&D insegna, e rappresenta (in modo anche un po' troppo forzato negli ultimi tempi), è l'inclusività e l'opposizione a certi stereotipi sociali non più accettati nel nostro tempo, che potesse anche solo essere in qualche modo vagamente legato al "neocolonialismo bianco" è un concetto che non ha mai lontanamente sfiorato nè me nè tutte le persone con cui ho avuto il piacere di giocare negli anni questo ammetto che sarebbe interessante da vedere, ma ormai D&D è diventato talmente mainstream da essere il punto di riferimento del settore, le mosche bianche che non ne sono mai venuti in contatto pur navigando il mare dei gdr, da tavolo o meno, penso siano equivalenti al Bigfoot o a Nessie rispondo in ordine - non credo, anche prechè la definizione "tradizionale" ormai non ha più senso di esistere, lo stesso D&D, il gdr "tradizionale" per antonomasia, ha subito talmente tante variazioni e mutazioni da essere profondamente diverso da quello che era agli albori. La domanda avrebbe più senso senza quel "trad" inserito all'ultimo: le persone hanno bisogno di evadere dalle difficoltà del mondo, in questo i gdr come D&D servono lo stesso scopo dei sogni, ci aiutano a rielaborare e affrontare i nostri demoni, in maniera decisamente più divertente - non ho capito la domanda - "un botto". D&D si può definire il capostipite dell'impostazione dei gdr attuali, è naturale che la sua firma sia bene o male presente nella maggior parte, se non quasi totalità, delle alternative esistenti. E non c'è da stupirsi, D&D ha creato una formula che funziona, è naturale che eventuali concorrenti si siano liberamente ispirati al suo sistema per dire la loro, è un processo naturale che si può applicare letteralmente a ogni aspetto dell'esistenza - questa domanda trova risposta nelle risposte precedenti: come per qualsiasi sistema culturale basato sulle tradizioni, è naturale che i gdr "moderni" siano influenzati da quelli "tradizionali" pur portando avanti spesso e volentieri un approccio innovativo. Se da un lato capisco la provocatorietà della domanda, dall'altro non ne capisco l'utilità quando la sua risposta è così ovvia e naturale - non capisco la domanda. I gdr, per definizione, forniscono una sorta di escapismo dalla vita, ma dovendo mantenere un certo grado di immersività e verosomiglianza con meccaniche reali a noi familiari, devono per forza di cose tentare di riprodurre quei sistemi e concetti che tentano di demonizzare ho letto con piacere l'articolo/commento, che dir si voglia, ma non sono sicuro di averne colto il punto
  2. Esattamente quello cui ho voluto rimediare. Adesso magari una creatura è ancora a ai 3/4 dei dei suoi PF, però ferito alla gamba non può più fuggire/inseguire oppure la penalità al braccio gli da penalità a combattere o addirittura reggere l'arma, magari la fa proprio cadere in terra. Con personaggi di più alto livello che quindi fanno tiri di attacco e danno maggiori gli effetti si rendono ancora più variegati e "da film" (emoragie, cecità, ecc.).
  3. 2 punti
    E' anche una questione di semplicità meccanica e gestione delle regole. Mi domando spesso se qualche game designer attuale abbia recentemente provato a giocare ad AD&D 2a Edizione. Nonostante questo regolamento fosse effettivamente pieno di sottosistemi, eccezioni e regole particolari che oggi apparirebbero farraginose, la gestione pratica di un guerriero di 10º livello rimaneva comunque intuitiva e alla portata di chiunque. Questo perché, al di là delle specifiche complicazioni regolistiche, il numero effettivo di opzioni e decisioni da prendere durante il gioco restava contenuto. Oggi, invece, nella cosiddetta "semplice" 5ª edizione, un personaggio dello stesso livello si trova davanti a una mole impressionante di possibilità, abilità speciali, capacità razziali e talenti. Già solo per effettuare un'azione in combattimento si devono spesso considerare una decina o più di alternative, ciascuna con condizioni ed effetti particolari. Quella che dovrebbe essere una semplicità di fondo è così rapidamente oscurata da un carico cognitivo non trascurabile, specialmente per giocatori meno esperti o meno inclini al metagioco e all'ottimizzazione. L’eliminazione delle penalità (valori negativi), l’uniformazione delle prove su d20, la rimozione di tabelle e il linguaggio più amichevole sono senz’altro scelte accessibili… ma lo sono davvero, quando poi il manuale del giocatore supera le 300 pagine, e il sistema completo sfiora le 1.000? Proprio per questo mi chiedo se non abbia senso oggi, più che mai, riproporre due linee editoriali distinte: una linea di Dungeons & Dragons pensata per chi predilige semplicità di opzioni e immediatezza di gioco, e una linea Advanced, più complessa e articolata, pensata esplicitamente per chi cerca la profondità tattica e strategica offerta da un sistema ricco di opzioni. Perché non tutti vogliono un "personaggio configurabile come un sistema operativo", per citare un amico. Alcuni preferiscono scendere nei dungeon, esplorare, tirare un dado e improvvisare. E questo è ancora Dungeons & Dragons, anche se oggi sembra finito nel dimenticatoio delle edizioni.
  4. Ahh, io vado pazzo per il worldbuilding! Intanto complimenti per aver messo i rilievi. Però non c'è una legenda: quanto è grande il tutto? Perché per come hai messo le linee sembra che tu stia delimitando piccole catene montuose o singoli massicci, non molto grandi, eppure vedo ben due imperi...
  5. per cui il primo dei suoi nipoti sarebbero state creature demoniache I cangianti non sono creature demoniache, tecnicamente nascono dall'unione tra Doppelganger e umani ma dipende dall'ambientazione. Essendo assassino, ho la possibilità di fare un attacco in più se in posizione di vantaggio Direi di no, se giochi alla 5 edizione come hai inserito nell'etichetta del post. L'assassino della 5e ti permette di fare un critico furtivo automaticamente su un nemico sorpreso, non di compiere un attacco aggiuntivo. Per il resto mancano un pò di info come l'ambientazione. Il bg magari postalo completo che così è un pò vago imho. Per il concept del pg c'è poco da aggiungere, classico assassino dai mille volti ma che funziona sempre bene :)
  6. 2 punti
    Trarre conclusioni generali da un singolo episodio mi pare abbastanza azzardato, e non essendo stato presente non posso pronunciarmi nel merito. Mi sento di dire solo alcune cose. Dici che la sessione non è stata divertente. Non lo è stata per te, o non lo è stata per tutti? Nel primo caso, ci sta avere gusti diversi, senza necessariamente doverne trarre delle dietrologie "antropologiche" sugli altri. Nel secondo caso, viene da chiedersi se ne abbiate parlato insieme, e cosa ne abbiate concluso. "Puoi fare ciò che vuoi" è solo uno slogan che si può interpretare in tanti modi. D&D è un gioco di ruolo adatto, in particolare, a situazioni fantasy di avventura e di azione, in cui i PG fanno squadra per un obiettivo comune e i giocatori cercano di farglielo raggiungere, affrontando ostacoli e pericoli controllati dal DM. All'interno di questo schema è indubbiamente vero che si può fare ciò che si vuole (si ha una libertà infinitamente maggiore rispetto a un gioco da tavolo non di ruolo). Ma non si può fare ciò che si vuole al punto tale da giocare a un gioco diverso: questo è un limite ovvio, che vale per qualunque gioco. Tentare di sfruttare al massimo il potenziale del proprio personaggio è un comportamento del tutto ragionevole in D&D (anche dal punto di vista del personaggio stesso, che, a buonsenso, ci tiene a raggiungere l'obiettivo e riportare a casa la pelle). Se la cosa non ci piace, forse non dovremmo giocare a D&D; ma non mi sembra molto sensato giocarci lamentandosene. Che D&D derivi dai wargame è noto. A tante persone, legittimamente, questa cosa piace. Essendo io tra quelle, spero proprio che il gioco non "se ne tiri fuori" affatto, per i decenni a venire. Le altre persone a cui, altrettanto legittimamente, non piace hanno ormai centinaia di altri GdR a disposizione. Riconosco le peculiarità di D&D, ma non trovo che si qualifichi come "gioco di ruolo non di ruolo". Sono anche convinto che il gioco di ruolo non c'entri praticamente niente con il teatro. E che semmai sia l'eccessiva ricerca del drama ad allontanare, in molti casi, dal gioco di ruolo per andare verso qualcos'altro. Ho avuto il piacere di introdurre al gioco decine di novizi, nel tempo. Perfino due interi gruppi di novizi, in due separate occasioni. Nella stragrande maggioranza dei casi non ho visto problemi dovuti all'apprendimento delle regole e al loro (trovo molto funzionale che le si impari man mano che si gioca, senza spiegoni), non sono stato costretto, da DM, a "semplificare" niente, mi sono divertito e si sono divertiti loro. Ho sperimentato nel tempo (specie negli ultimi tempi) GdR diversissimi tra loro, e diversissimi da D&D, con una grande varietà di persone. E sì, le differenze culturali tra le diverse culture di gioco ci sono e si sentono. Sono una ricchezza, finché queste culture sono disposte a parlarsi e imparare l'una dall'altra. Se iniziano a guardarsi con disprezzo, addirittura a negarsi a vicenda il fatto di giocare "davvero" di ruolo, cominciano i problemi. Il mondo senza GdR "trad" esiste già: sono moltissimi e ne vengono pubblicati continuamente di nuovi. Da Apocalypse World a Blades in the Dark, da The Pool a Wanderhome, da Trollbabe a Not the End a Alice is Missing: alcuni mi piacciono, altri no, ma c'è solo l'imbarazzo della scelta. Alcuni di questi mi piacciono molto, altri per nulla, ma sono gusti personali. La maggioranza continua a preferire D&D e affini? Pazienza, no? Ognuno gioca quello che vuole e siamo tutti contenti. Certo, in una one-shot annuale improvvisata, per ingannare il tempo tra amici, qualunque sia il gioco scelto non pretenderei niente di più di due risate in compagnia, ecco. Se si pretende di imbastire una giocata super-profonda sul tema sociale forte, forse è inevitabile rimanere delusi... ci sono altre occasioni per roba come quella.
  7. 2 punti
    Naaa secondo me ci stai pensando troppo! Deformazione professionale immagino. Secondo me il problema non è di D&D in senso assoluto, ma di come molti giocatori si approcciano al gioco. Ad ogni modo non dubito che il novizio sia rimasto frastornato, D&D moderno è complesso (si, anche la 5E, anche se meno di altre) e poco adatto a questo utilizzo, soprattutto se ci si trova in mezzo ad un gruppo capace di sfruttarne i cavilli. Se poi aggiungiamo che gli altri avevano già giocato insieme, avevano ricordi, affiatamento e un gergo condiviso, beh, capisco perché possa non essere stata una bella prima esperienza. Per quanto riguarda voi, forse siete solo cambiati e il gioco di un tempo non vi calza più. Ma credo nulla vi vieti di parlarne e cambiarlo, anche rimanendo con D&D. Non discolpo del tutto il gioco, comunque: le versioni moderne di D&D (dalla 3E in poi direi) portano con facilità il gioco in una certa direzione, e credo ci voglia tempo per sviluppare gli anticorpi adatti. Per rispondere alla tua domanda finale, ci sono sicuramente GdR molto diversi da quelli che chiami "tradizionali", molto diversi, e potrebbero essere un'ottima alternativa. Dovreste provarli per vedere se sono adatti a voi, ma se cercate (anche involontariamente, o inconsciamente) quel tipo di gioco, non andrete comunque a parare lontano.
  8. Complimenti per l'ottimo lavoro! 😊
  9. Concordo. In effetti anche io non ho mai applicato la regola. I giocatori hanno fin troppi problemi. Come sopra. Al mio tavolo se i giocatori decidono d'investire tempo per ascoltare una porta scoprono sempre qualche indizio sui suoi abitanti. Le uniche eccezioni rimangono i non morti: a volte gli scheletri sono solo ossa disperse che si animano all'ingresso dei personaggi, mentre gli zombie sono "assopiti" in stile walking dead. Esatto. Anche in questo caso ho sempre ignorato la regola
  10. Grazie per l'incoraggiamento! Ho iniziato a giocare con la 3e, che offre tante regole per gestire il gioco ma meno strumenti per creare la campagna. Anni fa ho deciso di dare uno sguardo alla prima edizione e devo dire che mi si è aperto un mondo. Non è perfetta ma sicuramente ha un approccio da "toolkit" molto utile, che si è perso con AD&D 2e... l'avessi avuta a 16 anni! Fortunatamente la 5e è tornata a proporre questi strumenti, senza però evidenziare adeguatamente una serie di strutture utili per gestire il gioco.
  11. Ciao! Sebbene non abbia mai né giocato né approfondito in alcun modo edizioni di D&D precedenti alla 3a, mi ha sempre incuriosito l'approccio "tradizionale", in particolare la generazione casuale di tutto quello che può risultare utile ad un DM (cosa che purtroppo vedo sempre più scemare e sostituita da un "a discrezione del DM"). La lettura dei primi due post scorre molto bene e sei stato molto esaustivo, sia con le descrizioni sia con le fonti e un po' di "storia". Seguirò i prossimi post con grande interesse! 😊
  12. In questi mesi ho continuato ad affinare l'implementazione del combattimento. Ora: pensate a come è banale il combattimento D&D standard, e guardate questo tra solo due nani (di 1° liv.) e alcuni trogloditi. Non trovate sia molto più avvincente? Io penso che il mio regolamento "D&D Raw" sia, per così dire, un must per aveere combattimenti eccitanti, soprattutto per i giocatori esperti che altrimenti si trovano unicamente a dover segnare "3 PF a me, 4 PF a te... vediamo chi arriva prima a 0". :-( Ciao, MadLuke.
  13. 1 punto
    Sì, capisco. Ma se giochi ad un sistema per cui DI BASE i personaggi scalano esponenzialmente di resistenza e capacità combattive con il crescere dei livelli di che si lamenta? ^^'
  14. 1 punto
    Il "problema" (almeno per l'autore dell'articolo, scritto subito prima o subito dopo l'apparizione della 4° edizione) è che nelle prime edizioni di D&D i pg erano molto più fragili (meno pf e meno CA) e semplici (nessuna abilità, poche o nessuna capacità al salire di livello)... questo costringeva ad un diverso stile di gioco: meno combattimenti e più soluzioni furtive, più uso dell'intelligenza da parte di giocatori, eccetera... James Maliszewski rimpiange questo.
  15. 1 punto
    Mmh, cioè? Ci è voluto decisamente pochissimo perché D&D si riempisse dei personaggi più strampalati con addosso il gran bazar delle meraviglie e il vizio di prendere le divinità a calci sulle gengive. Quello che è ora D&D sta scritto nelle sue regole che non sono mai cambiate, fondamentalmente. Se si vuole un'esperienza diversa bisogna rivolgersi ad altri sistemi.
  16. Allora, all'interno di alcune montagne abitano degli gnomi e i nani (in coesistenza poco pacifica). Sopra le altre montagne vivono popolazioni seminomadi di Orchi e Troll, sulla falsa riga degli Urgali dei libri di Christopher Paolini, e alcune città umane ed elifche. Tutte le montagne, tranne quella vicina a Simatra e ai due imperi, sono naturali. Quella vicina a Simatra è la base di una gilda di assassini antichissima che ha costruito quella montagna con il supporto di alcuni maghi che avevano rapito (poi sacrificati a Mask), e quindi è magica.
  17. Bentornato... Con una bella citazione di Lovecraft! 😆 Ti ringrazio! Sono contento di aver raggiunto quello che infatti era il mio intento! 🥹 Sì! Mi piace molto, ma avendo cambiato un po' anche l'editor, credo dovrò fare un lavoro di "restauro" a quasi tutti i post del blog... Le dimensioni delle intestazioni sono un po' sballate! 😂
  18. Ciao! Torno qui su DL dopo strani eoni, e infatti il sito ha qualcosa di diverso... nuovo taglio di capelli? :'D Comunque, molto belli gli stemmi che hai concepito per i vari stati del tuo mondo! Apprezzo molto l'idea di unire l'estetica araldica con le bandiere moderne, un connubio interessante che trasmette bene l'atmosfera un po' steamfantasy de "L'Ultima Era". Complimenti!
  19. Grazie! Ho usato Inkarnate, nella versione gratuita. https://inkarnate.com I confini tra le nazioni li ho dovuti però fare a mano con Paint, siccome lo strumento per strade e confini nazionali non è previsto dal piano gratuito di Inkarnate. 😅
  20. Ciao! Complimenti! Ho solo una domanda (più "tecnica"), con che sito/app usi per le mappe?
  21. Dopo qualche prova penso di aver capito che i primi tre round circa li si passa solo a rompere le armature, poi man mano che con i danni si riduce la loro hardness e riduzione danno, si inizia a menare anche i relativi indossatori. Ed essendo le ferite localizzate con condizioni accessorie alla perdita PF, gli effetti del combattimento si accusano presto (mica come nel regolamento standard dove finché hai almeno 1 PF salti e balli come niente fosse). E' un campione di test estremamente ridotto, però per il momento mi piace parecchio.
  22. Non dirlo a me, ho quasi paura del disastro completo (personaggi che diventano invincibili ovvero invalidi dopo 2 round di combattimento). No, solo in base alla gravità. Perforante o taglio non cambia nulla. Una palla di fuoco procura 3-4 ferite la cui somma danni fa il totale tirato dall'incantatore. Di nuovo: ogni ferita viene prima attenuata da eventuali protezioni. Anche le cadute fanno 1-2 ferite che sommate fanno il danno totale. (Il fulmine magico invece fa una sola ferita con tutto il danno e non viene attenuata dall'eventuale armatura).
  23. Aggiornamento 2: Aggiunta la terza avventura per Household, "Non si vive di solo pane".
  24. Grazie! In teoria ho in cantiere un secondo volume, con le Bestie del Catai organizzate secondo il Serraglio Imperiale di Borges. Ma considerato quanto ci ho messo a scrivere questo, chissà quanto tempo ci vorrà XD Mi spiace solo che questa Guida è praticamente priva di immagini, ma anche usando quelle di pubblico dominio non sarei riuscito a ricavarci molto. E io non sono un grande artista, anzi.
  25. Presumo tutti quelli che ce l'hanno, ce l'avevano o se la son ricomprata e convengono che con un minimo di sbatta con fogli e biro si potesse giocare anche con le miniature. (anche ufficiali, tra l'altro) E vabbò, siccome la realtà delle cose non piace facciamo che non è funzionale al discorso e lo scopo è tendenzioso. Cioè, se le cose esistono mica è colpa nostra. Se il precedente della griglia ce l'hai in 1e è comunque antecedente la 3e. Non lo dico io, basta vedere le date d'uscita. Negarlo è un po' come venire qui a dire "no no, guarda...facciamo che x mostro/creatura prima di 3x non esisteva perché stava in un altro manuale invece che nei MM." o "no, facciamo che la prima apparizione di Strahd non conta ai fini della storia editoriale del setting di Ravenloft." Banalmente si sta solo raccontando e cercando di raccontarti la realtà dei fatti con tanto di retrospettiva articoli/immagini. Eh, io invece mi chiedo se ha senso far un post di sparate a zero sull'indole altrui ecc per poi uscirsene fuori con sta cosa che parte dalla premessa che stiam tutti dicendo balle. (non si sa bene quali e/o perché) Anyway, se vogliamo giocare al Raw barocco e al cavillo improbabile,¹ là indietro in uno spoiler hai già un estratto di regolamento precedente la 3x. (spoiler: si parla di movimento tattico) ¹ Non che non sia già stato anche detto che 1e potevi giocarla con o senza miniature.
  26. Credo che il discorso di @bobon123 (come d'altronde quello del post originale) vada oltre lo specifico confronto tra le edizioni 3.5 e 5 per fare considerazioni generali. Non ha detto che un sistema più semplice è necessariamente migliore. Ha detto (e condivido) che esistono due tipi di semplicità: la "semplicità negativa", che è la negazione di quella che ha chiamato "complessità": semplificare togliendo contenuti, scelte strategiche, varietà di situazioni; la "semplicità positiva", che è la negazione di quella che ha chiamato "complicazione": semplificare senza togliere contenuti, scelte strategiche, varietà di situazioni, ma rendendo più agevole, diretta, intuitiva l'interfaccia verso quegli stessi contenuti, scelte, situazioni. Ha poi ammesso, credo (e anche qui concordo), che la quinta edizione, rispetto alla 3.5, ha sia una maggiore "semplicità negativa" che una maggiore "semplicità positiva". Quindi la scelta tra le due è opinabile, è appunto questione di gusti: ognuno di noi sceglierà se la maggiore complessità (cosa bella) della 3.5 vale la candela della sua maggiore complicazione (cosa brutta). Ha però concluso che non è corretto generalizzare asserendo che qualunque richiesta di maggiore semplicità sia necessariamente un sintomo di stupidità / instupidimento: è invece una richiesta perfettamente naturale e comprensibile, che andrebbe solo incanalata, da parte dei designer, verso una maggiore "semplicità positiva" anziché "semplicità negativa".
  27. Mi devo essere spiegato proprio male, perché il punto del mio intervento era proprio che la complessità e profondità di un sistema è positiva, ma non è l'unico contrario di semplice. Vi sono sistemi inutilmente complicati, che non aggiungono niente alla complessità. Per rispondere anche a @Nyxator, non siamo necessariamente nei gusti. Sono assolutamente d'accordo che sia solo gusto scegliere tra un sistema poco complesso e poco complicato e un sistema molto complesso e molto complicato, e tutta la gamma tra i due estremi. A volte mi piace giocare ad un sistema meccanicamente invasivo e complesso, e quindi anche un po' complicato, a volte a giochi estremamente semplici o anche ruleless. Ma a parità di complessità, un sistema meno complicato è semplicemente meglio. Se riesco a rendere con poche regole semplici e chiare gli stessi trade-off strategici, il sistema migliora. Se riesco a rendere con un tiro di dado confrontato con un numero quello che altrove necessita di tirare dadi su tre tabelle, senza perdere in complessità strategica, il sistema migliora. C'è il gusto, e c'è la teoria del game design. Andare all'essenza del gioco e eliminare quello che è inutile non vuol dire semplicemente eliminare il più possibile. As simple as possible, but not simpler. L'esempio con la scrittura credo aiuti. Un buon testo, che spieghi bene e convinca chi legge, è un testo lungo o un testo corto? Un testo complicato e con parole difficili, o un testo grammaticalmente semplice e con parole facili? Questione di gusto! Il testo lungo e difficile può rendere concetti più complessi e tutte le sfumature in modo più preciso, ed è appunto gusto decidere se ne valga la pena. Ma se riesco a rendere lo stesso concetto con meno parole e frasi più semplici, senza perdere in precisione e sfumature, è sicuramente un vantaggio. Io tendo sicuramente a essere prolisso qui sul forum, proprio perché non spendo il giusto tempo per ridurre e semplificare. Ma credo che sia facile vedere come questo post potrebbe essere scritto in modo molto più efficace spendendo una mezz'ora a asciugarlo e togliere il superfluo. È invece solamente gusto discutere se vi sia stata riduzione della complessità tra 3.5E e 5E, o se preferisco il rapporto complessità/complicazione di 3.5E o 5E. Ma sul principio generale, esplicitato anche nell'esempio finale che una feature o un'icona in più in un'applicazione sia sempre meglio, credo si possa parlare con tutta l'oggettività che permettono le scienze soft.
  28. Sono davvero in totale disaccordo con questo post 🙂 Si confondono quattro contrari di "semplice": "complicato", "complesso", "ricco", e "difficile". Non sono la stessa cosa: voglio un software o un sistema ricco e complesso, ma non lo voglio complicato o difficile da usare. Einstein ha detto* che un modello deve essere As simple as possible, but not simpler. Più semplice possibile, ma non tanto semplice da perderne il senso, la complessità emergente. Semplificare, sintetizzare, togliere il grasso e lasciare il muscolo, trovare il modo più diretto per far funzionare una meccanica, è la chiave per rendere esplicita la complessità del sistema, la ricchezza di opzioni, ma togliendo tutte le parti superflue che aggiungono solo complicazione inutile e annacquano il gioco. Creare un sistema semplice (non complicato, non difficile) ma non-semplice (complesso, ricco) prende tempo ma migliora il prodotto: lo distilla. Non bisogna fare l'errore di pensare che scrivere tanto, fare più regole per gestire ogni aspetto, così come mettere più opzioni in un software, prenda necessariamente più tempo che scrivere meno o mettere meno regole e meno opzioni. Può essere ovviamente: qualcosa può essere semplice nel senso di non complicato, non difficile, ma anche non complesso e non ricco. Ma non è necessariamente il caso. Ne è la prova questo mio post, lungo tre paragrafi, che diluisce e basta la citazione di sette parole di Einstein* e la rende meno efficace. Per forgiare quelle sette parole, è stato speso sicuramente molto più tempo e talento che per scrivere questo mio post. Finisco con un'altra citazione, di Pascal, che termina la lettera al cugino (mi pare) con Questa lettera è più lunga delle altre perché non ho avuto tempo di farla più breve. * Non ci sono prove in realtà che abbia detto proprio questa elegantissima frase, pare sia una efficace sintesi giornalistica di Roger Sessions di un pensiero meno chiaro e conciso: Einstein scriveva bene, ed era molto arguto, ma non era il suo talento principale.
  29. Provo ad aggiungere umilmente il mio punto di vista, senza alcuna pretesa anche perché sono l'ultimo arrivato o quasi. Ci sono conflitti poco costruttivi, o non costruttivi, e che tendono a gonfiarsi e soffocare l'oggetto originario di una discussione. Permettetemi per brevità di chiamarli escalation. Come anche questa conversazione, nel suo piccolo, dimostra, questi conflitti tendono a svilupparsi in particolare quando si tocca la sfera emotiva, cioè quando qualcuno si sente a disagio, offeso, indignato o turbato (a livello personale e/o in base ai propri valori) per le parole di qualcun altro. Permettetemi per brevità di dire solo che la persona si sente urtata. Essere urtati è un evento che può capitare in una discussione, è impossibile prevenirlo. Il punto naturalmente è come gestirlo per evitare che degradi nell'escalation. (1) Punto di partenza Come punto di partenza, direi che dovremmo tutti accettare che se qualcuno dice di essere urtato da un'affermazione, lo è; cioè, non deve dimostrarlo o giustificarlo: se ne prende atto. Questo però non implica nessuna colpevolezza da parte dell'autore dell'affermazione: dovremmo tutti impegnarci anche a presumere sempre la buona fede. Può capitare a tutti, anche non volendo, di urtare qualcuno, e può capitare a tutti di essere urtati, e comunque ognuno ha una sensibilità diversa e nessuno può prevedere quelle degli altri. (2) Pertinenza Ora, se un'affermazione urta qualcuno, occorre chiedersi se è pertinente, cioè se è in tema con l'argomento originario della discussione e necessaria ad esprimere il punto di vista dell'autore su quell'argomento (non sul mondo e la vita in generale). Un'affermazione non pertinente che urta qualcuno dovrebbe semplicemente essere rimossa. Non è un'invocazione alla censura: in una comunità di persone che si rispettano a vicenda la libertà di parola non dovrebbe spingersi fino al punto di sbattere in faccia agli altri il proprio pensiero quando li ferisce, a meno che non sia necessario per uno scopo. Quindi l'autore stesso dell'affermazione dovrebbe riconsiderarla e ritirarla, se la fattispecie fosse questa. Più difficile è gestire un'affermazione pertinente che urta qualcuno. (3) Riformulare Un'affermazione parzialmente pertinente può a volte essere riformulata in modo da essere pienamente pertinente, cioè in modo che esprima ancora la totalità della visione dell'autore per quanto riguarda l'oggetto della discussione, senza però urtare l'altra persona o almeno urtandola molto meno. La cosa sorprendente è che spesso questo è molto più facile di quanto si pensi (molte volte è questione di cambiare una parola o aggiungere un distinguo), ma non viene fatto perché si crea una dinamica in cui entra in gioco l'orgoglio delle due parti e il vedere l'interlocutore come avversario (è umano), così parte l'escalation. Attenzione: riformulare non vuol dire dover cambiare il proprio pensiero, solo esprimerlo con più tatto. È importante che entrambe le persone (sia l'urtante che l'urtato) capiscano che è questo l'obiettivo primario a cui tendere. Voglio dire che, mentre quando c'è un dissenso nell'ambito dell'argomento originario (sui GdR) è legittimo e sensato che ognuno cerchi di convincere l'altro (senza eccessi), quando qualcuno si sente urtato a livello personale o nei suoi valori non è opportuno né auspicabile che questo avvenga. L'urtato non deve cercare di convincere l'urtante a cambiare il proprio pensiero, neanche se lo ritiene giusto e doveroso sul piano "civico", perché tale attività esula dall'argomento della chat (eventualmente si può proseguire in privato). Allo stesso modo è inopportuno che l'urtante cerchi di convincere l'urtato a non essere urtato dalle sue parole così come sono. Queste linee di intervento non fanno altro che portare all'escalation. Se invece la persona urtata cerca di spiegare perché si sente urtata da quelle parole specifiche, e l'autore di quelle parole fa autocritica chiedendosi non se deve cambiare modo di pensare, bensì come può esprimere lo stesso punto di vista senza urtare l'altra persona, si possono fare significativi progressi con davvero poco sforzo. Poco fa, in un canale Telegram, ho avuto una reazione indignata da parte di un utente perché avevo definito "obsoleta" una regola delle vecchie edizioni (non ricordo se 1e o 2e). Stavo per replicare impuntandomi, perché in fondo siamo arrivati alla 5e e quella regola è di fatto obsoleta (oltre che piuttosto stupida). Sarebbe stato un conflitto comunque su D&D, in un canale che parlava di D&D, quindi non era neppure off-topic! Però mi sono fermato e mi sono chiesto: ha senso dibattere su questo? Il succo del mio discorso era un altro. Così ho scritto "Riformulo: non obsoleta, proveniente dalle vecchie edizioni". Corretta quella parte nessuno ha avuto da ridire e la discussione principale è proseguita tranquillamente. Rimango convinto che obsoleta fosse il termine giusto, ma insistere a ribadirlo non avrebbe giovato né a me né agli altri, mentre ritrattarlo ha disinnescato l'escalation mantenendo il focus della conversazione sul punto originario. Naturalmente questo approccio richiede grande maturità da entrambe le parti. Inoltre non sempre è possibile, vedi seguito. (4) Agree to disagree È possibile che un'affermazione pertinente risulti per qualcuno urtante, anche molto urtante, ma non possa essere riformulata in modo non urtante perché è il concetto stesso ad esserlo, e non il modo in cui è espresso. In questo caso l'unica cosa sensata da fare è far intervenire un arbitro terzo, appunto i moderatori, con uno scopo ben preciso: certificare che quell'affermazione è pertinente e non riformulabile. Bisogna che entrambe le parti comprendano che il ruolo arbitrale dovrebbe limitarsi a questo (salvo casi plateali di insulti personali o simili). Se necessario l'abitro può interagire con le due parti cercando di capire meglio o di trovare una soluzione, ma secondo me questo dovrebbe avvenire dietro le quinte, in privato, senza affollare ulteriormente la discussione principale. Lì, eventualmente, si può scrivere qualcosa come "il post di Tizio è oggetto di attenzione da parte dei moderatori, vi faremo sapere". Una volta fatta questa valutazione, la cosa migliore da fare da parte di entrambi gli interlocutori è accettare la divergenza come tale senza insistere ulteriormente sul punto. È necessario renderci conto che, in una comunità di persone che si rispettano, se da un lato dobbiamo moderare le nostre parole in modo da ridurre il disagio per gli altri al minimo indispensabile per esprimere il nostro pensiero pertinente, dall'altro dobbiamo saper accettare di essere urtati quel tanto che è indispensabile per permettere agli altri di esprimere il loro pensiero pertinente. Dal punto di vista dell'urtato questo può essere molto spiacevole, e lo dico per esperienza personale. Ma è necessario perché, fermo restando che nessuno può essere costretto a restare in una comunità in cui è urtato ripetutamente, nel portare all'estremo la ricerca di un contesto in cui niente ci fa male rischiamo di ritrarci da tutti i conflitti e rinchiuderci in una "bolla". La certezza di aver attraversato i punti 1, 2 e 3 sopra, e in particolare aver avuto la possibilità di esternare il proprio disagio e non essersi sentiti giudicati per esso, può servire a mitigare il malessere. Quello che di sicuro può solo esasperarlo, invece, è far partire l'escalation.
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