@Voignar Darius Whitesand Sasha ridacchia divertita alle tue parole, scuotendo la testa. «Il personaggio di Romeo e Giulietta si chiama Mercuzio, sai? Mercurio è una divinità greca…» ti corregge, ma senza alcuna cattiveria: la sua risata è sincera, sembra divertita davvero della tua gaffe. Poi ci pensa un attimo e aggiunge con un sorriso malizioso: «Allora io potrei fare Tebaldo… così avrei l’onore di ucciderti io stessa!» Anche stavolta non percepisci alcuna ostilità, solo il piacere di scherzare insieme. Poco dopo, Sasha si congeda spiegando che ha un impegno da sbrigare. Così resti solo e puoi incamminarti nei corridoi che conducono alla cappella. Appena varchi la soglia dell’aula, hai l’impressione che l’aria cambi consistenza: diventa più densa, quasi liquida, come se stessi attraversando qualcosa di invisibile. Un leggero giramento di testa ti coglie all’istante, ma passa rapidamente; al suo posto rimane però un bruciore pungente al simbolo inciso alla base del tuo collo, che si fa subito sentire. La cappella è invasa da un intenso profumo di incenso, così forte da graffiarti le narici. Davanti al piccolo altare che usa di solito come cattedra, Suor Margareth è piegata su un grosso libro aperto. Le sue labbra si muovono rapide, sussurrando preghiere in latino. Accanto a lei l’incensiera continua a fumare, disegnando nell’aria spirali sottili che si mescolano con il fumo e la luce. Quando ti percepisce, la suora interrompe la litania, solleva il capo e si volta verso di te. Ti rivolge un sorriso, ma è forzato, tirato: non riesce a nascondere la tensione che le vela gli occhi. Off game Immagino che Mercurio sia stato colpa del correttore… però ho approfittato della cosa per far finta che Darius abbia sbagliato davvero per creare un pretesto affinché risultasse “buffo” in senso buono agli occhi di sasha.. che poi era stato il suo obiettivo anche durante l’improvvisazione di teatro. @Theraimbownerd Orion Kykero Alice sorride quando le dici che la vedi bene come protagonista. Anche se l’arrabbiatura non le è ancora passata del tutto, noti che la tua approvazione le fa piacere, e questo ti sembra un buon segnale. Ma non appena nomini Marcus, il suo volto si rabbuia: rabbrividisce appena e ti fissa con aria tesa. «Quel Marcus??» ti chiede, come per assicurarsi di aver capito bene a chi ti riferisci. Quando confermi, scuote la testa con evidente disapprovazione. «Non capisco perché ti ostini ad appoggiarti a gente come lui… Le tue feste sarebbero comunque piene di gente, e fighissime, anche senza quella robaccia che ti porta.» Le sue parole ti arrivano dritte: il suo tono non è di rimprovero, ma di sincera convinzione. Davvero crede a quello che dice. Eppure dentro di te la domanda resta sospesa: tu e la tua cerchia, le tue feste leggendarie… sarebbero davvero così memorabili senza i tuoi agganci, senza quella reputazione di chi “ha sempre il modo di procurare il divertimento più estremo”? Il silenzio ti accompagna lungo il corridoio mentre rimugini su questo. Quando arrivate al cancello della scuola, Alice ti guarda esitante: «Guarda… ti accompagnerei volentieri, ma sinceramente non voglio avere nulla a che fare con quel Marcus.» Si ferma un attimo, poi, quasi in imbarazzo, aggiunge: «Mi dispiace.» Dopo un breve saluto, la vedi allontanarsi, lasciandoti solo. Così ti incammini a passo lento verso il punto d’incontro: il parcheggio sul retro di un vecchio drug store isolato, alla periferia nord di Liliac Hallow. L’andatura trascinata tradisce la poca voglia che hai di incontrare Marcus. Quando finalmente raggiungi il posto, lo noti subito. È un classico gorilla di strada: grosso, muscoloso ma appesantito, tatuaggi sulle braccia, lineamenti duri e occhi piccoli che non trasmettono certo intelligenza. Probabilmente di origine latina. Si appoggia con noncuranza al fianco del suo furgone — un vecchio cassone scassato, con la carrozzeria graffiata e una scritta sbiadita lungo la fiancata: Botanica del Sol — Erbe e Rimedi Naturali. Sai bene che è solo una copertura per Satya. Marcus fuma una sigaretta, lasciando che la cenere cada senza preoccuparsene. Prima di avvicinarti ti guardi attorno, scrutando il parcheggio. Non ci sono occhi indiscreti, né orecchie all’erta. Sei solo tu, lui, e quell’aria sporca di periferia. Fai un respiro profondo, costringendoti a proseguire. Quando il bestione ti nota, ti accoglie con un sorriso storto, più simile a una minaccia che a un segno di cortesia. Fa un lungo tiro dalla sigaretta, poi la getta a terra e la schiaccia con il tacco. «Eccola, la mia principessina preferita! O dovrei dire principino?» ti saluta con tono provocatorio e denigratorio, la voce bassa e graffiante che amplifica lo scherno. @SNESferatu Ana Rivero Trascini Eliza contro il muro accanto alla porta, il lato delle cerniere: lei con le spalle incollate al muro freddo, tu davanti a farle da scudo, i vostri corpi a contatto stretto. I passi nel corridoio si avvicinano, sempre più nitidi. Poi si fermano. Proprio davanti alla porta. Trattenete il respiro. L’unico rumore che senti è il battito martellante del cuore, il tuo e quello di lei. Se si sono fermati proprio qui… non può essere che una persona: il coach Moss. Ti aspetti da un momento all’altro di vedere la maniglia forzarsi, scattare a vuoto — dopotutto, è stata già spaccata. Poi un contatto improvviso: le mani di Eliza si appoggiano al tuo ventre. Scivolano piano verso il basso, e quando abbassi lo sguardo la vedi mordersi il labbro, lo sguardo acceso, anche se con un occhio resti vigile verso la porta. La pressione sulla maniglia arriva davvero: ti sembra di percepire una mano pesante che si posa e resta lì, indecisa. E proprio allora, dall’altra parte, riecheggia ovattata e lontana la voce del bidello: «Coach Moss, potete venire un attimo? Ho… ho bisogno di parlarvi. Sa… per quella cosa.» Fuori, senti lo sbuffo irritato del coach, poi la sua voce dura: «Proprio ora, Tom? Ho del lavoro da sbrigare…» Trattieni ancora il fiato, pregando che decida di andarsene. Le mani di Eliza, intanto, sono scivolate fino al tuo inguine: il calore del suo tocco contrasta con la gelida attesa di quel momento. Il bidello insiste, la voce ora più vicina: «Ehm… ci vorranno solo cinque minuti. Ma se non avete tempo… non fa nulla.» Un silenzio che sembra eterno, poi la risposta, secca: «Ok, ok… va bene. Solo cinque minuti.» La pressione sulla maniglia scompare. I passi si allontanano, prima del coach e poi del bidello. L’aria sembra tornare nei tuoi polmoni nello stesso istante in cui Eliza, con un piccolo sussulto, riprende fiato anche lei. @TheBaddus Scarlett Bloomblight Lanci il tuo avvertimento a Nathan quasi d’istinto, forse seguendo quella parte di te che non riesce a ignorare il destino che lo aspetta. Per un attimo senti un lieve senso di colpa: dopotutto sei tu ad averlo trascinato lì. Alla fine, se riuscisse a scappare da Cory e restare illeso, non sarebbe un tuo problema. Potresti comunque dire di aver fatto il tuo dovere e di aver rispettato la tua parte di accordo. Se invece scegliesse di restare, e loro lo massacrano… beh, peggio per lui. Tu hai cose più importanti di cui occuparti. Così ti volti e corri. Non scappi davvero per paura — in fondo sai che non sei mai stata in pericolo — ma per tagliare ogni possibile legame con ciò che sta per succedere nel bosco. Meglio che nessuno possa dire che c’eri. Meglio che il tuo nome resti pulito. Dietro di te risuonano passi rapidi, leggeri, agili. Non hai dubbi: Tanaka ti sta seguendo. Stringi i denti e spingi le gambe al massimo, anche se il cappotto lungo e lo zaino ti ostacolano. Ti muovi più veloce che puoi, il respiro che si fa corto, il cuore che picchia forte. Non fai in tempo a percorrere più di duecento metri quando lo senti addosso. In un attimo ti afferra per un braccio, tirandoti indietro. La sorpresa ti sbilancia, inciampi contro una radice e cadi all’indietro su un letto di foglie secche, a pancia in su. L’impatto ti strappa un gemito, e quando sollevi lo sguardo lo vedi: Tanaka è lì, in piedi sopra di te, lo sguardo vivo e quel sorriso beffardo che sembra divertirsi della situazione. Per un istante ti tiene così, poi allunga una mano verso di te per aiutarti a rialzarti. «Allora?» chiede con tono ironico. «Credi che quel cog***ne ci abbia creduto che non sei una serpe del ca**o che lo ha incastrato?» La sua voce non ha veleno, anzi: trasuda una strana ammirazione. Il suo insulto non suona come un’offesa, ma quasi come un complimento. «Siamo stati abbastanza convincenti?» aggiunge, inclinando appena il capo, con un lampo divertito negli occhi. Off topic Tiro di dado. Fuggire: 9-1=8-> riesci a fuggire dalla scena facendo in modo che Nathan non abbia altre occasioni per capire il tuo doppio gioco. Ma ti imbatti/imbatterai in qualcosa di peggiore. In questo caso l’ho inteso più così la mossa… come il fuggire dalla scena del crimine per non rimanerne coinvolta. @Ghal Maraz Nathan Clark Vedi Scarlett fuggire seguendo il tuo consiglio e lanciando un ultimo sguardo spaventato verso di te prima di scaricarsi a destra e correre via a più non posso. Tanaka parte immediatamente dietro di lei, lasciandoti solo contro quattro: uno in meno da dover affrontare. Quattro è sicuramente meglio di cinque, ma per te non cambia granché. Senti la rabbia scattare dentro come una molla; una risatina sardonica ti sfiora la mente mentre afferri una manciata di terra. “Oh… sì, piccolo Nathaniel… fagliela vedere a questi st**nzi cosa succede a chi tocca il tuo maledettissimo bosco.” La voce nella tua testa suona beffarda, quasi uno scherno, ma paradossalmente ti rincuora averla lì, proprio ora. Cory scatta in avanti, la mazza già sollevata sopra la testa. «Ora me la pagherai, spione del ca**o!» ringhia, prima che il colpo possa scendere. È l’attimo che aspettavi. Getti la terra dritta nei suoi occhi: lo colpisci in pieno. Il ragazzo sbatte le palpebre, si porta una mano al volto, maledicendoti ad alta voce. La mazza quasi gli sfugge dalla presa. «Aaah… bastardo!» urla, accecato. Sfrutti l’apertura e lo colpisci dove fa più male: un calcio secco, preciso, nel basso ventre. Lo vedi piegarsi, gli cedono le ginocchia e stramazza al suolo, una mano stretta tra le gambe, il volto contratto dal dolore. Un lamento strozzato esce dalle sue labbra mentre prova, invano, a riprendersi. Uno dei suoi, uno dei due con le catene, si china per soccorrerlo; gli altri due avanzano verso di te, meno sicuri ma ancora pericolosi. Ti accerchiano: l’adrenalina scorre fredda, i muscoli si tendono. Schivi il primo colpo di catena con un movimento secco; il secondo infame invece ti sorprende alle spalle: una presa robusta ti avvolge il torso, braccia forti che ti bloccano come in una morsa. «Forza… colpisci questo odioso!» grida rivolgendosi al compare che, di fronte a te, agita nuovamente la catena. Off topic Tiro di dado. Scagliarsi contro qualcuno: 8+2=10 successo pieno. Cory subisce 1 DANNO è uno di loro temporeggia.