@Dadone buona lettura
Nome: Harun Yahya (prima Adnan Oktar).
Razza: Umano
Classe: Arcanista (Occultista)
Tratto di campagna: Scion of the Nine Circles
Ruolo: arcanista, sapiente, filosofo
Storia: Adnan non è sempre stato così. C'è stato un tempo in cui Adnan era un agiato cittadino di Cheliax, con una graziosa casa di proprietà, una bella moglie di nome Greta e due giovani figlie, gemelle, Adela e Jasmina. Il suo negozio, una sartoria specializzata in pellicce con ben dodici dipendenti tra sarti e garzoni, vantava una clientela di altissimo prestigio e perciò la famiglia Oktar godeva di un più che discreto benessere economico. Era rispettato dal vicinato, dai colleghi d'affari, devoto alla chiesa di Asmodeus (e con essa generoso) quanto bastava per essere considerato un cittadino modello. Poi il sogno s'infranse.
Le prime crepe nel quadro di perfetto idillio nella vita di Oktar comparvero quando Adela e Jasmina vennero arrestate. Le autorità prima le accusarono di aver partecipato ad un furto, poi di far parte di un culto eretico, infine della morte di un giovane nobile che, tempo prima, era stato trovato intossicato e seviziato. Adnan non credeva ad una sola parola: c'era di certo uno sbaglio, uno scambio di persone. Spese una fortuna in ottimi avvocati che non produsse alcun risultato. Giunse la condanna e le figlie gli furono portate via. Ma più di ogni cosa, ciò che inferse un duro colpo al suo già non più giovanissimo cuore fu la consapevolezza che tutto era vero. Dopo la pronuncia di condanna, prima di essere inghiottite dal buio delle carceri, Adela e Jasmina vomitarono sull'uomo il risentimento accumulato in anni, tacciandolo di ipocrisia, dispotismo, disaffezione ed ingenua cecità. Adnan tornò a casa a pezzi, portandosi dentro la terribile consapevolezza del suo fallimento come padre.
Non passò molto tempo che anche Greta lo abbandonò. Adnan si era trasformato in un uomo cupo e taciturno, dopo la perdita delle figlie, e si era rifugiato in una quotidianità fatta di lavoro e silenzio. Lei lo lasciò per un altro uomo, un facoltoso cliente di nome Brandon Hop, accusandolo di trascurarla, di aridità, di avarizia, di essere un pessimo compagno. Adnan s'infuriò come mai prima nella sua vita e solo la comparsa di Hop gli impedì di strangolare la moglie con le sue mani. Non lo denunciarono, ma lo ricattarono e costrinsero a sciogliere il vincolo matrimoniale e trasferire buona parte del patrimonio, tra cui la casa, alla ormai ex moglie. A gettare ulteriore sale sulle sue ferite, tempo dopo Brandon gli fece recapitare una lettera dove gli fece ben capire che il tradimento della moglie era iniziato molto prima di quanto lui non pensasse. Aveva nuovamente fallito, questa volta come marito.
Adnan si isolò completamente dal mondo. Viveva nel magazzino del laboratorio, uscendone solo per andare alle celebrazioni settimanali della chiesa di Asmodeus. Ma gli scandali famigliari si erano riflessi inevitabilmente sui suoi affari, che lentamente ma inesorabilmente scemarono. Una mattina d'autunno chiuse a doppia mandata l'ingresso al laboratorio per l'ultima volta, quella definitiva. Era passato soltanto un anno dal processo alle figlie, ed era giunto il terzo fallimento, come uomo d'affari.
Ridotto in miseria, usò gli ultimi soldi per mangiare e bere - pochissimo, tanto che dimagrì a vista d'occhio - e in donazioni alla chiesa. Ma anche se ogni tanto parole di conforto giungevano dal prelato che lo conosceva da una vita, Adnan vedeva nell'accondiscendenza di lui una vena di disprezzo, confermata dalla mancanza di qualsivoglia aiuto. Il fallimento lo marchiava, rendendolo inviso a tutti.
Finì in strada, la sua mente vacillante e la sanità mentale prossima a spezzarsi. Le autorità lo presero un'alba d'inverno, avvolto in una pelliccia infangata coperta della prima neve del nuovo anno. Fu internato e trascorse lungo tempo - nemmeno lui sa quanto - in solitudine, parlando per lo più con se stesso, un'abitudine che talvolta riaffiora. Ma questo fu il fondo che Adnan toccò, prima della sua risalita. Nella lucida follia di quei giorni indistinguibili l'uno dall'altro, egli trovò un senso a tutto ciò che gli era capitato. Trovò un senso ai suoi sbagli e alle sue debolezze, ai tradimenti e alle bugie, alle ingiustizie, alle sofferenze. La ragione dei suoi fallimenti, dei fallimenti della società e di tutte le razze mortali era una e aveva un nome: Caos.
"Il caos che permea il mondo, penetra dentro ciascuno, rovina irreparabilmente la perfezione del disegno armonico a cui tutti saremmo destinati, a cui tutti siamo tenuti a contribuire. Come una malattia che ci divora, il Caos va estirpato dal corpo perfetto del mondo, costi quel che costi. Per questo ideale non c'è sacrificio che non valga la pena affrontare. Io ho pagato e sono pronto a farlo ancora".
Così recita un passaggio del diario che tenne durante il periodo d'internamento e queste furono le parole che usò quando convinse i giudici del suo rilascio. D'altra parte, non aveva commesso nessun crimine, e pareva aver ritrovato sufficientemente la sanità mentale perduta.
Una volta libero Adnan, che ora si sentiva al principio di una nuova esistenza e perciò adotto il nuovo nome di Harun Yahya, aveva un ideale da perseguire, ma non un esempio da imitare né i mezzi per farlo. Trovò questo esempio negli esseri esterni, scevri delle imperfezioni che attanagliano la miseria dei mortali, e nel mondo degli Inferi, dove regna l'ordine perfetto Trovò i mezzi nelle arti arcane e nell'Accademia, divenendo alla veneranda età di 55 anni discepolo di un mago ben più esperto e più giovane di lui. Ottenuto l'abito di Arcanista, Harun Yahya decise che era giunto il tempo di intraprendere il cammino per cui a lungo si era preparato. Non c'era tempo da sprecare, anzi. L'unica grande ossessione di Harun era infatti proprio questa: il tempo. Per lui, il fato gli aveva riservato due vite, ma entrambe molto brevi. Il suo animo meticoloso e pianificatore si scontrava inesorabilmente con la verità della sua mortalità. Lontano dall'Accademia, era certo che avrebbe trovato l'occasione che stava cercando.