DM Le tre monete d’oro che fai scivolare nella mano grassoccia della matrona fanno sparire all’istante il suo ghigno sarcastico. Gli occhi le si illuminano di un bagliore avido. Chiude il pugno sulle monete con un gesto rapido, quasi animalesco, poi ti rivolge un sorriso untuoso, mostrando denti ingialliti. "Ah, un prete con il cuore generoso… e il portafoglio pesante. Mi piace." Fa un cenno secco con la testa verso il corridoio laterale, oltre una tenda di velluto rosso logoro. "Stanza 7, in fondo a destra. È la più tranquilla che abbiamo: porta solida, finestra sbarrata, letto abbastanza grande per tre. Niente interruzioni, niente domande. Un’ora intera, come pagato." Abbassa la voce, sporgendosi leggermente verso di te. "Ma se provi a portarle via o a fare il missionario con la Bibbia in mano, il mio orco ti spacca le ginocchia e ti butta nel lago. Chiaro, uomo di Pelor?" Non aspetta risposta: schiocca le dita in direzione delle gemelle. Lira e Mira, che fino a quel momento hanno cercato di fingere di non averti riconosciuto, si irrigidiscono visibilmente. Una delle due quella con una piccola cicatrice sopra il sopracciglio sinistro, Lira, ora lo ricordi spalanca gli occhi per un istante, poi abbassa lo sguardo. L’altra, Mira, si morde il labbro inferiore, pallida sotto il trucco pesante. La matrona alza la voce, autoritaria: "Lira, Mira! Cliente speciale nella 7. Muovetevi, e sorridete, perdiana." Le due si avvicinano lentamente, evitando di guardarti direttamente negli occhi. Indossano abiti succinti di seta logora, rossi e neri, che lasciano poco all’immaginazione: segni di una vita che non hanno scelto. Quando vi passano accanto per precederti verso il corridoio, senti Lira sussurrare, quasi impercettibilmente: "Kai?" La voce è rotta, incredula, come se temesse di sbagliarsi.La matrona ti fa cenno di seguirle. Il corridoio è stretto, illuminato da una singola lanterna a olio che puzza di rancido. Passate davanti a porte chiuse da cui provengono gemiti, risate ubriache e colpi ritmici contro il legno. In fondo a destra, la porta numero 7: legno grezzo, rinforzata con bande di ferro, una piccola feritoia chiusa da un chiavistello interno. Mira apre la porta con una chiave che porta appesa al collo. Dentro: una stanza angusta (3 metri per 4), un letto grande con materasso macchiato e lenzuola che hanno visto giorni migliori, un tavolino con una candela mezza consumata, una brocca d’acqua torbida e due bicchieri scheggiati. Una finestra sbarrata da assi inchiodate lascia filtrare solo un filo di luce lunare. Le gemelle entrano per prime, chiudono la porta dietro di te. Il chiavistello scatta con un rumore secco. Per la prima volta dopo 19 anni, siete soli. Lira si appoggia alla parete, le braccia conserte come a proteggersi. Mira si siede sul bordo del letto, le mani che tremano leggermente. Entrambe ti guardano finalmente in faccia: occhi stanchi, segnati da anni di cose che nessun bambino dovrebbe vivere. Mira parla per prima, la voce bassa, spezzata: "Sei davvero tu? Kai? Il nostro… fratello maggiore?" Lira aggiunge, quasi sussurrando: "Pensavamo fossi morto… o che ti avessero tenuto a Greyhawk per sempre. Perch, perché sei qui?" Il peso di quelle parole ti colpisce come un maglio. Hanno paura di sperare.