@Pretzel Jack I Dessendre non sono mai stati tra i più ricchi, ma erano raffinati, colti, ammirati per la grazia delle loro corti e per l’acume dei loro consiglieri. Un tempo, le loro parole muovevano più lame delle spade stesse. Si diceva che un Dessendre, in una sala del trono, valesse dieci cavalieri in campo aperto. Il loro stemma. Una rosa nera che fiorisce da un calice spezzato, su campo cremisi. Bello, malinconico come la loro fine. La rovina è arrivata non con la guerra, ma con qualcosa di peggiore: l’amore e la disperazione. Alarielle la madre di Nero fu colta dalla febbre lunare. Lentamente si spense, come una rosa lasciata a seccare. Lord Blaidd Dessendre, svuotò i forzieri, vendette terre, giurò patti ai guaritori più oscuri pur di salvarla. Niente funzionò. Quando morì, lui morì con lei non nel corpo, ma nell’anima. Da allora, il casato cadde: niente più ricevimenti, niente più ambasciatori, solo stanze vuote, arazzi impolverati e servitori che fuggivano nella notte. Alcuni dicono che le cripte di Maison Dessendre, nella vecchia valle di siano ora infestate dai suoi pianti. Alla sua morte, il suo erede naturale era Radhan, il fratello maggiore di Nero, un giovane dai modi nobili, dallo sguardo calmo e profondo, che sapeva discutere con i filosofi e abbattere un cavaliere a cavallo con un solo colpo di lancia. Era il tipo d’uomo che, si diceva, avrebbe potuto salvare il casato. Tutti attendevano il giorno in cui avrebbe preso le redini del dominio e riportato la rosa dei Dessendre a rifiorire. Quel giorno non venne mai. All’alba del primo equinozio d’autunno, Radhan sellò il proprio cavallo, prese una spada senza nome, e abbandonò il castello senza lasciare spiegazione. Nessun biglietto. Nessuna promessa. Solo una rosa nera, ormai secca lasciata sulla sedia del suo posto a tavola. Di lui, da quel momento, nessuna traccia. Il casato era senza guida. E la responsabilità cadde su Nero. Meno appariscente, meno amato, e per molti all’epoca meno adatto. Silenzioso, riservato, più vicino agli alla pittura e alla musica che alla sala delle armi. Ma nel vuoto lasciato dal padre e dal fratello, Nero emerse come un'ombra che si fa forma. Non cercò applausi, né alleanze brillanti. Si limitò a osservare, a ricordare chi aveva sorriso troppo in fretta alla rovina del suo casato. E cominciò a tessere lentamente una rete. Molti ridono ancora dei Dessendre, li chiamano un nome del passato. Eppure, quando Nero entra in una sala, nessuno ride. Quando il conflitto cominciò a bruciare i confini dell’Ovest i lord delle Marche si voltarono verso un unico uomo: Ser Daerin Oakhart, l’ultimo cavaliere incorrotto, nominato Protettore dell’Ovest. Un uomo saldo come la sua casata. Ma quando giunse il tempo di formare un Consiglio di Guerra sul campo, composto da rappresentanti delle terre libere, la sua scelta più discussa fu proprio lui: Nero Dessendre. Molti storsero il naso. “Un erede di rovine? Un figlio di un casato svuotato, dove gli arazzi coprono più crepe che pareti?” Ma Ser Daerin non ascolta le corti. Perché Ser Daerin e Nero si conobbero anni prima, lontano dagli occhi dei nobili, in uno dei tanti inverni senza gloria, al confine settentrionale, quando la marca dell’Ovest mandava ancora uomini sotto falso nome per proteggere i passi dagli Incursori delle Doline Nero viaggiava come semplice esploratore, con la spada del nonno e il mantello senza stemma. In quella campagna, Nero salvò la vita di Daerin due volte. Per questo quando Sir Daerin dovette scegliere un rappresentante scelse Nero. Non per diritto di sangue. Non per amicizia. Ma per merito e per memoria. In merito alla terza domanda Nero odia la Marca dell’Est perché sono dei puzzoni. Mentre ama la Marca del Nord per le ottime zuppe. Questa parte la devo argomentare meglio?