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Realismo e realismo


plisis

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ciao a tutti,

mi è da poco capitato di leggere Mimesis di Auerbach sul realismo nella letteratura occidentale e questo mi ha ispirato una questione che volevo sottoporvi.

Parto dall'inizio dicendo che il lavoro del DM, ma anche dei PG in quanto chiamati ad interpretare il proprio personaggio da dentro, non è troppo diverso da quello di un novello Omero o di un novello Eloista (i due nomi non sono casuali) che devono decidere le azioni da intraprendere e la modalità nella quale intraprenderle. Questa scelta non è arbitraria ma in D&D è vincolata tanto per DM (laddove deve muovere PNG) tanto per PG dall'allineamento. Adesso, anche l'allineamento in un certo senso è soggetto ad interpretazione in base ad una concezione più generale della narrazione. Auerbach nel suo saggio distingue due tipi antichissimi e contemporanei di realismo, quello di Omero che vede muoversi sulla scene più che uomini incarnazioni di certe qualità, effigi quindi, mossi da passioni sempre definite e continue, che mai hanno uno sviluppo sul piano psicologico (mai ad Achille viene un solo dubbio sulla guerra che sta combattendo, mai Ettore trema davanti al nemico che pur tanto gli somiglia) e quello dell'antico e del nuovo testamento in cui si muovono persone vere, che dubitano, sbagliano, si redimono (San Pietro, ad esempio, tanto più coraggioso dei suoi compagni nel seguire Gesù dopo l'arresto e caduto tanto più in basso degli altri nel rinnegare il suo mestro tre volte, episodio che tuttavia lo porterà al pentimento e alla successiva comprensione della passione) e che quindi ammettono (non è obbligatorio) uno sviluppo psicologico e presentano dei tratti più riconoscibili come umani. Potrei fare altri esempi molto più rigidi per quanto riguarda il primo caso, ad esempio la Chanson de Roland dove eserciti del bene ed eserciti del male sono nettamente differenti: i primi sono nel giusto, i secondi in errore. Nell'interpretazione di stampo biblico non si può conoscere e apprezzare la grande gloria senza aver provato la grande umiliazione, non si può riconoscere il giusto fino a quando non si è caduti in errore.

Questa duplice interpretazione secondo me calza perfettamente per il gioco di ruolo perchè dopotutto ogni giocatore (e ogni master in quanto deve giudicare il role di ogni singolo giocatore) deve scegliere come sviluppare il proprio personaggio in base alla concezione che del gioco ha. Voglio dire, voi siete tra coloro che, da legali buoni di fronte al bambino drow unico superstite della battaglia lo uccidereste in quanto da grande sarà comunque un soggetto a voi e ai vostri ideali avverso oppure lo risparmiereste in quanto un indifeso bambino? Accettereste di fronte ad una situazione come questa che il vostro PG possa per lo meno provare dubbio o rimorso per quello che fa oppure colpireste senza pensarci due volte? Siete quindi più eroi o più persone?

E per i master, quale delle due possibili interpretazioni maggiormente apprezzate e incoraggiate?

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Direi che, per quanto mi riguarda, i PG e i PNG importanti (per durata o per ruolo) dovrebbero ricadere nel caso biblico, ovvero dotati di un certo spessore psicologico, sensibili a evoluzioni, dubbi e cambiamenti. I PNG secondari (diciamo le "comparse") invece tenderanno ad essere psicologicamente molto più semplici, archetipici, talvolta addirittura caricaturali...proprio perchè, data la loro brevità, è una via utile per renderli comunque caratterizzati all'interno della nostra storia.

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Da master cerco di gran lunga di incentivare i personaggi "persone", per il seguente motivo:

Partendo dal fatto che l'elemento dubbio rende il gioco più variegato (le possibilità di scelta sono molte di più, le situazioni ricreabili sono più incerte) si deve tener conto che quando si crea un pg, si parte da stereotipi, quasi sempre. A maggior ragione se si gioca in una sistema a classi come D&D, dove la scelta iniziale già "ingabbia" il giocatore. Accade anche ai giocatori esperti, ovviamente in misura molto minore. Indi è molto, molto più facile ottenere personaggi "eroi".

Se realizzare delle "persone" perfette in tutti i miinimi dettagli psicologici ai fini di gioco non è forse molto consigliabile (eventuali tormenti psicologici van bene, ma ricordiamoci che non si deve inficiare il divertimento) è anche molto più arduo; ragion per cui incentivando tale modalità, in maniera non esasperata, si ottengono degli "eroi personizzati", ovvero una via di mezzo tra le due figure: sufficientemente approfondite per rendere il gioco più variegato, sufficientemente "snelle" per non appesantirlo.

Per quanto riguarda i PNG, il discorso di Magnifico è esatto in tutto e per tutto: è improponibile che il master crei una profondità psicologica per tutti i PNG di una campagna. Quindi la complessità della loro storia e psicologia dev'essere direttamente proporzionale al loro impatto nella storia.

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I pg devono essere prima di tutto persone e poi avventurieri ed eroi. Senza una storia dietro, senza un modo di pensare, senza una psicologia abbastanza dettagliata per non essere banale sono solo un'ammasso di statistiche semovente.

Bhè, per quell'orfano drow ti direi subito cosa farebbe in genere un pg legale-buono se fosse il mio: oltre a lasciarlo in vita si assicurerebbe che sia cresciuto da qualche parte e che non diventi malvagio come il resto della sua razza.

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Bisogna anche tenere conto che i PG sono almeno in parte i giocatori che li interpretano, e per esteso i PNG e l'intero mondo di ambientazione "sono" il dungeon master. E' impossibile, infatti, scindere del tutto la personalità del giocatore da quella del o dei personaggi. Per quanto ci si sforzi di generare un carattere artificiale (e non è tra l'altro una buona idea, per me, almeno per i PG, visto che i migliori risultati si hanno quando un giocatore interpreta un PG che in qualche modo gli assomiglia), le proprie esperienze e la propria sensibilità avranno comunque la parte del leone. Al momento di interpretare un personaggio "scontroso", per fare un esempio, ciascun giocatore darà la sua propria versione di scontrosità, come è codificata nella sua mente o sulla base dell'esperienza che ha avuto con persone scontrose nella vita reale.

Per questa stessa ragione sorgono sempre molte discussioni sull'interpretazione degli allineamenti. La stessa azione potrebbe ricadere per un giocatore in un comportamento entro la definizione di "buono" oppure no. Ci potranno essere perciò molte persone che ritengono abbastanza "buono" uccidere appartenenti a razze definite come malvagie, anche senza che siano specificamente colpevoli di null'altro che della loro esistenza, mentre per altri giocatori una tale azione non può definirsi "buona". Il ruolo del master risulta in questo caso prezioso per definire i parametri che devono essere accettati da tutti durante il gioco, magari dopo una discussione iniziale.

Personalmente, sia come giocatore che come master (nonché come uomo nella vita reale) la mia visione preferita è quella che vede partire tutti da una condizione di innocenza presunta. Il bambino drow è innocente finché non commette lui stesso (e non la sua famiglia o la sua razza) qualcosa di malvagio, e anche allora la cattura e il giudizio sono da preferirsi alla battaglia. Insomma: per me nessun personaggio legale buono, sia esso più eroe o più persona (la differenza non conta, in questo caso) dovrebbe alzare l'arma su qualcuno se non è a sua volta attaccato da lui (o se questo sta attaccando altri innocenti).

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