@TheBaddus Scarlett Bloomblight - nel bosco a mettersi nei pasticci Sei quasi certa della direzione da cui la creatura è arrivata. Anzi… no. Nei sei sicura. Il ricordo della sua sagoma alta e innaturale, nera come un’incisione nella notte, ti attraversa la schiena come una lama di ghiaccio. Per un istante vacilli — un istante appena — chiedendoti se sei impazzita a tornare qui, da sola, in questo stato. Ma basta un respiro. L’euforia ti rimbalza nel petto, la droga ti gonfia il coraggio, e soprattutto il pensiero di Tanaka — del tuo Tesoro — ti spinge avanti con violenza. Allora parti, decisa, nella direzione che sai ti porterà alla radura. Di tanto in tanto ti chini, osservi il terreno. In un punto le foglie sembrano più schiacciate… fai per seguirle… ma anche più a destra ce n’è un’altra serie. E più avanti altre ancora. Il bosco è un groviglio di sentieri possibili, tutti identici. Nei film basta uno sguardo per capire dove è passato qualcuno… qui ogni foglia sembra uguale all’altra. Alla fine ti rassegni: ti affidi all’istinto. Segui ciò che “senti” appena sotto la pelle, ciò che ti attira senza un motivo logico. A volte ti accorgi di aver preso una direzione sbagliata e torni indietro, irritata, per poi cambiare strada di nuovo. Non sai quanto tempo passi così — minuti? mezz’ora? di più? — ma più cerchi, più l’euforia scema e la ragione torna a ghermirti. E con la ragione arriva il dubbio. Sempre più grande. Sempre più rumoroso. Stai quasi per arrenderti, per voltarti e chiederti se riuscirai persino a ritrovare l’uscita (ora che hai vagato come una scheggia impazzita, ne sei davvero sicura?)…quando la vedi. Tra gli alberi. La radura. E lì, al centro, come un monolite che ti aspettava: l’arcata. Con la scalinata che sprofonda nel buio. Rimani immobile sul limitare degli alberi. La mano stretta attorno al coltellino. Le nocche bianche. Il cuore che batte a un ritmo disordinato e feroce. Poi inspiri. Ti fai forza. E avanzi. L’aria che esce dall’imboccatura della scalinata è gelida — una lama fredda che scosta una ciocca dei tuoi capelli. Odore di umido, di pietra antica… di qualcosa che marcisce nell’oscurità. Tendi l’orecchio. Niente. Solo il vento che sibila tra gli alberi. Nessun animale. Nessun canto. Nessun rumore umano. Deglutisci. Il respiro ti si incastra in gola. Un prurito alla base del collo, quasi un formicolio… A malapena te ne accorgi… Valuti per un lungo, interminabile istante se scendere davvero… o se — per la prima volta — lasciar parlare la prudenza. Off game Non voglio assolutamente dirti di non scendere nella scalinata eh… il mio bloccarmi in questo momento è proprio per lasciare a te la decisione ultima su cosa fare! @SNESferatu Ana Rivero - a casa di Gustav Suoni il campanello. L’attesa dura pochi secondi, ma a te sembrano minuti interi. Il cuore batte forte, le dita tremano. Forse non c’è nessuno… forse è meglio così… forse dovresti andart— Passi lenti, trascinati, arrivano da dietro la porta. Poi un click. La porta si apre solo di uno spiraglio, bloccata dalla catenella di sicurezza. Attraverso l’apertura riconosci un volto scavato, arcigno, coronato da capelli arruffati e ribelli come un nido di fili d’argento. “Chi è? Che vuoi?” La voce è dura, ruvida da anni di solitudine. Poi i suoi occhi — occhi azzurri, chiari come schegge di vetro — ti inquadrano. E qualcosa cambia. La mandibola gli si abbassa appena. Sorpresa. Incredulità… e qualcos’altro, più profondo, che non sai nominare. All’improvviso la porta si richiude in faccia. Secca. Netta. Il cuore ti crolla nello stomaco. Forse non ti vuole. Forse non ti ha mai voluta. Un interminabile momento di silenzio. Poi un altro click: quello della catenella. La porta si apre di nuovo. Davanti a te, Gustav. Proprio come lo ricordavi… eppure no. È più vecchio. Il viso è scavato e segnato da rughe profonde, i baffi sono incolti, la barba a chiazze. Indossa una vestaglia macchiata di vernice e argilla, consumata ai gomiti. Odora di legno, solvente e notti insonni passate a scolpire. Ma soprattutto, ha lo sguardo di chi non riceve visite da una vita. “A… Ana?” mormora, come se il tuo nome gli graffiasse la memoria. “Sei… sei davvero tu?” Deglutisce. “Non dovresti essere qui…” Ritrova un briciolo di contegno, si sporge oltre la soglia con aria sospettosa, lanciando occhiate rapide a destra e a sinistra, come temesse che qualcuno ti avesse seguita. Poi posa una mano pesante sulla tua spalla. La sua mano è calda, callosa. Più paterna di quanto vorrebbe ammettere. “Forza… entra.” Varcata la soglia, la porta si richiude con un tonfo sordo. La luce dentro è fioca: tendaggi pesanti soffocano il sole, la stanza è un caos controllato di oggetti, strumenti, sculture incompiute, tele inclinate, libri ammassati. Il pavimento è pieno di schegge di legno e pezzi di creta secca. Sembra più un antro che una casa. Il suo antro. Gustav inspira profondamente, poi ti rivolge lo sguardo. La voce, burbera, vibra ora di un’ombra di… preoccupazione? “Perché sei qui, Ana?” Il suo tono non è un rimbrotto. Non del tutto. Somiglia più alla domanda di un padre che teme la risposta. @Theraimbownerd Orion Kykero - fuori da scuola Tyler ti ascolta senza interromperti, con quella sua calma solida che raramente vacilla. Non c’è sfida nei suoi occhi, né fastidio: solo rispetto. Rispetto per quello che dici, e per come lo dici. E quando arrivi al punto — Cory e i provvedimenti che andrebbero presi nei suoi confronti — non si irrigidisce, non si mette sulla difensiva. Anzi. In un lampo capisci che questa conclusione l’aveva già sfiorata anche lui… forse da più tempo di quanto voglia ammettere. “Hai perfettamente ragione, Orion.” La sua voce è ferma, senza esitazioni. “La squadra per me è importantissima… ma ci sono cose, ci sono valori, che vengono prima di tutto il resto. Cory ha esagerato.” Fa una breve pausa, inspirando a fondo. Le parole che seguono sembrano misurate, pesate, come se volesse scegliere quelle impossibili da fraintendere. “Non perché mi ha mancato di rispetto, o perché — come hai detto tu — mi ha fatto fare la figura del debole. Di quello non me ne frega niente. Ma quello che ha fatto a Nathan…” Si interrompe un istante, lo sguardo che scivola verso il vostro amico poco distante. “…quello ha superato il limite. E di molto.” Sincerità pura. Quasi brutale. “Il problema…” riprende poi, tornando a te, “è che non ho io l’autorità per cacciarlo. L’ultima parola spetta al coach.” Un’ombra di frustrazione attraversa il suo viso, ma non dura. Tyler non è il tipo da farsi bloccare. “Oggi gliene parlerò. Vorrà delle prove che sia stato Cory… prove che, ovviamente, non ho.” Stringe la mascella, deciso. “Spero solo che si fidi del mio giudizio.” E dal modo in cui lo dice, capisci che farà tutto ciò che è in suo potere per proteggere Nathan e penalizzare Cory. @Voignar Darius Whitesand- fuori da scuola Ben sobbalza quando gli posi la mano sulla spalla. Le tue parole gli arrivano, questo lo capisci: gli tremano le labbra, ma il panico negli occhi cambia sfumatura. Non è più paura verso di te ora… forse.. è più terrore verso qualcos’altro. Qualcosa di cui non aveva neppure immaginato l’esistenza… fino a quando tu non gliel’hai messo davanti, nudo e crudo. Quando ridi per sdrammatizzare, Ben deglutisce così forte che lo senti. Non ride con te. Sembra quasi che quel gesto gli confermi quanto tutto questo sia più grande di lui. “D–Darius… io…” Si passa una mano dietro al collo, abbassando lo sguardo verso le sue scarpe come se volesse infilarsi dentro l’asfalto. “Non pensavo… che fosse… così…” Fa un respiro corto, spezzato. “Tu parli di… di morire… e io… io non capisco cosa stia succedendo davvero. Io… io ho solo sentito dei rumori, ok? Dei passi veloci… delle voci… e quando ho visto qualcosa muoversi nell’ombra ho pensato che fosse… non so… qualcuno che scherzava. Poi ho visto te.. ed Ana… parlavate di demoni… Suor.. suor Margareth è stata aggredita… Io.. Io non dovevo essere lì. Non è… non è roba per me…” Alzi il dado come se stessi tirando davvero, e lui sobbalza un’altra volta, come se quel gesto — familiare, innocuo — gli ricordasse quanto sia lontana e diversa la realtà da cui è appena stato strappato. “Che… che CD è?” ripete. Poi, prende un respiro tremante, quasi volesse dare un punteggio al suo stesso panico. “Alta. Molto alta.” Solleva lo sguardo verso di te, e per la prima volta ti fissa senza scappare. “Tu… tu dici che vuoi proteggermi. Io… io mi fido di te, Darius. Sempre. Ma… per favore…” Si stringe alle spalle, come se avesse freddo. “…non lasciarmi fuori. Dimmi cosa sta succedendo davvero. Ho paura… ma non sapere mi fa ancora più paura.” E in quelle parole c’è tutto Ben: ingenuo, fragile, ma sinceramente disposto a crederti. Anche se è chiaro che la rivelazione lo ha frantumato più di quanto tu volessi. @Voignar @Ghal Maraz @Theraimbownerd Darius, Nathan, Orion - prime ore di scuola Quando la campanella finalmente suona, vi riversate nell’edificio insieme al flusso degli altri studenti, tutti diretti verso l’aula di biologia. Nei corridoi l’atmosfera è elettrica: si parla quasi solo di due cose. Il post con le foto pubblicate da Nathan su Blabber — ormai virale — e suor Margaret, caduta il pomeriggio precedente e portata via in ambulanza con un femore spezzato. Due argomenti molto diversi, ma entrambi abbastanza succosi da far ronzare l’intera scuola. Anche Cory si presenta, ma la sua sola presenza cambia la temperatura del corridoio: è teso, irritabile, con quell’aria da “non provateci” che dice molto più delle sue parole. Chiaramente non ha gradito l’esposizione pubblica… e gli sguardi che lo seguono ovunque — accusatori, indignati, curiosi — non aiutano affatto. In classe, il professor Brooks procede con l’appello. Noah oggi è presente; in compenso mancano Scarlett e Ana. L’insegnante non commenta, non cambia espressione: spunta i nomi e passa oltre. La lezione scorre senza particolari eventi, piatta e ordinaria, come se per un’ora il mondo avesse deciso di sospendere ogni anomalia. Quando suona la campanella, vi dirigete verso gli spogliatoi per cambiarvi in vista dell’ora di educazione fisica. Nel brusio dei ragazzi che ridono, parlano e sbattono gli armadietti, si percepisce un filo di tensione. Una volta pronti, raggiungete il coach Moss in palestra. Durante l’appello il suo sguardo si blocca per un istante sul nome di Ana — un micro-secondo di esitazione, quasi impercettibile — ma riprende a scorrere come se nulla fosse. Poi alza lo sguardo. “Clark! Cosa ti è successo?” esclama, la voce che rimbomba nella palestra. I suoi occhi si fissano sui lividi ben visibili. “Vieni un attimo qui!” ordina. Poi, rivolto al resto del gruppo: “Voi altri, cominciate con dieci giri di corsa per scaldarvi!” La sua voce è un colpo secco, e i ragazzi scattano in movimento mentre Nathan viene chiamato a sé, attirando non pochi sguardi di curiosità. Off game Se volete giocate pure in spoiler le scene interrotte fuori da scuola prima dell’inizio della lezione… poi, se volete approfittare di questo momento per interagire con qualcuno dei compagni fate pure.. se invece vedrò che non c’è molto interesse a giocare questa scena procederò a velocizzare la cosa saltando ad un altro momento..