Capitolo 8. Maritude.
I quattro s’incamminarono attraverso la vasta pianura, lasciandosi alle spalle la strada. Per raggiungere il Cheliax avrebbero dovuto attraversare parte dei Regni Fluviali fino al lago Enchartan, attraversarlo e sbarcare nel Molthune e da lì arrivare nel Cheliax. Un viaggio lungo, la cui sola idea affaticava le gambe a Gray, ma diversamente sembrava invece aver dato energia a Jaeger.
Marciarono per due giorni in mezzo al nulla, senza vedere nessuno a parte, per loro fortuna, qualche animale selvatico che a cena servì loro come cena.
Nel pomeriggio del terzo giorno avvistarono un insediamento. Piccoli fili di fumo uscivano dai camini, segno che, sicuramente, non era disabitato.
Il villaggio verso il quale si stavano dirigendo non aveva mura, nei suoi pressi vi era qualche recinto con del bestiame e campi coltivati, anche se, al momento, non vi era nessuno al lavoro.
Giunti in prossimità delle prime case poterono vedere anche i primi abitanti. Umani dalle vesti semplici. Donne che cucivano sedute innanzi alle porte di casa, bambini che giocavano fra loro o con dei cani, qualche uomo che spingeva dei carretti. Il suono continuo e ripetitivo di un martello al lavoro giunse alle orecchie dei quattro, seguito poco dopo dalle voci allegre dei ragazzi.
Quando fecero il loro ingresso nel villaggio, vennero accolti cordialmente con saluti palesi o semplici sorrisi.
- Va bene – disse Jaeger – villaggio contadino, gente simpatica e cordiale… ma dove dormiamo?
- Non credo che qui ci siano delle locande – rispose Maya – dovremo chieder ospitalità a qualcuno. Proverò a chiedere.
Maya si staccò dai propri compagni e si diresse verso un uomo che, seduto su una sedia sotto a un porticato, stava intagliando un pezzo di legno.
- Buongiorno! Mi chiamo Maya. Io e i miei compagni stiamo facendo un lungo viaggio, e vorremmo sapere se possiamo fermarci qui per la notte, e al caso dove potremmo fermarci.
- Buongiorno a lei. Fa piacere vedere qualche faccia nuova ogni tanto. Per potervi fermare qui, però dovreste chiedere al sindaco. Lo troverete al lavoro nella sua bottega. Proseguite dritti fino alla piazza con il pozzo, girate a destra e troverete sulla sinistra una macelleria. Chiedete di Mastro Gallop.
- Grazie!
La ragazza si ricongiunse ai suoi compagni e, seguendo le indicazioni, ricevute giunsero innanzi alla macelleria. Vi entrarono.
Un forte odore di carne invase le loro narici, Felicia dovette uscire e attendere all’aperto.
L’interno della bottega era semplice. Un lungo bancone in legno, e dietro, contro il muro, un banco con diverse chiazze di sangue e segni di profondi tagli. Un uomo robusto e dal viso allegro diede il benvenuto ai tre.
- Buongiorno – salutò Maya – vorremmo parlare con Mastro Gallop. Siamo viaggiatori, e vorremmo fermarci qui per la notte.
- Ottimo! – Rispose l’uomo allargando le braccia in segno di accoglienza – Siete più che i ben venuti qui a Maritude. Gallop sono io. Di base non vi è alcun problema per la vostra permanenza, ma non abbiamo locande. Vi dovrete accontentare di un vecchio casale ora adibito a fienile. Vi va bene? E per la cena vedrò di organizzare un banchetto per voi nella piazza!
Maya, da tale accoglienza rimase sorpresa.
- Grazie… non mi aspettavo una simile ospitalità… ma non vorremmo essere di peso e…
- Non preoccupatevi! Tutt’altro! Ora chiamo qualcuno che vi accompagni al casale.
Gallop si volse verso il retro bottega e chiamò un certo Marvin. Dopo un rumore di passi veloci su delle scale apparve un uomo magro, stempiato dal naso aquilino e profondi occhi infossati.
- Marvin, gentilmente accompagna i nostri ospiti al casalfienile. Stasera banchetteremo per loro.
Marvin accennò a un sorriso con il solo lato sinistro della bocca.
- Piacere – salutò poi – prego seguitemi…
L’uomo accompagnò i quattro ospiti fuori dal villaggio, fino a una piccola casa dai muri scrostati e dalle finestre rotte. Attorno i resti di un recinto.
Vi entrarono. Quasi tutti i muri erano stati abbattuti ed anche parte del divisorio col piano superiore. Lo spazio venutosi così a creare era quasi tutto occupato da fieno e paglia, e il loro odore permeava l’ambiente rendendolo rilassante.
- Non ci sono letti - disse Marvin – ma la paglia non manca. Sistemate pure le vostre cose, e poi venite nella piazza, ceneremo tutti assieme.
- Grazie – Rispose Felicia a nome di tutti.
Marvin uscì, e i quattro compagni si lasciarono cadere sulla paglia lasciando che il dolce profumo dei fiori e delle essenze secche li rilassasse.
Si riposarono per qualche minuto, poi si recarono nuovamente al villaggio per il banchetto.
Nella piazza centrale erano stati allestiti numerosi tavoli, su di essi vi erano pietanze, brocche di acqua, vino e birra. Dei fuochi erano stati accessi e su di essi della carne stava venendo arrostita, mentre canti e balli si alternavano nello spazio libero. I quattro viandanti furono subito accolti in modo ospitale e caloroso, quasi tutti gli abitanti del villaggio si presentarono loro, e tutti vollero fare numerosi brindisi. La festa durò a lungo e al termine della stessa tutti erano pieni di cibo e con parecchio alcool in corpo. L’euforia del momento e la situazione avevano giocato a favore dell’alzare un po’ il gomito, anche se nessuno effettivamente esagerò in modo eccessivo.
Con lo stomaco pieno e un po’ di mal di testa i quattro viaggiatori tornarono nel fienile per riposarsi e riprendersi.
Tutti si lasciarono andare sulla morbida paglia lasciandosi cullare dal dolce profumo di erbe e spezie. Lentamente il mal di testa si dissolse, lasciando il posto a una piacevole sensazione di rilassamento del corpo, ogni pensiero svanì dalle loro menti, lasciando che un profondo torpore ne prendesse il posto. Quando Gray se ne accorse era troppo tardi, e i suoi occhi si chiusero facendola precipitare nel buio e nel nulla.
Luce. Luce aranciata di torce. Muro. Muro di pietra ruvida. Suoni. Voci. Voci non umane. Gray strinse gli occhi, fece per alzarsi ma la testa iniziò a girarle vorticosamente, per un attimo ebbe l’impressione che tutto attorno a lei stesse girando. Si sdraiò nuovamente cercando di massaggiarsi le tempie con una mano.
- Dura poco. Poi ti dovresti riprendere. – Era la voce di Jaeger, e sembrava fra l’arrabbiato e il frustrato.
Gray riaprì gli occhi, con cautela si portò seduta e si guardò attorno.
Non erano nel fienile. Ma in quella che sembrava essere una cella. Le pareti erano in pietra lavorata, seppur in modo grezzo, non vi erano finestre. Sul pavimento un po’ di paglia. Stese in un angolo vi erano ancora Felicia e Maya prive di sensi. Jeager era in piedi che voltava le spalle all’interno della cella, le mani tenevano salde le grosse sbarra che la delimitavano su di un lato. Oltre un corridoio e alcune torce accese.
- -Scusami – disse Gray – mi sono accorta troppo tardi che vi erano delle erbe soporifere nel fienile. Immagino che sia stupido chiedere dove siamo…
- Gnoll. – Disse Jeager. – Ne ho visto uno quando mi sono ripreso. Quindi immagino che i nostri amichevoli ospiti ci abbaino venduto a degli gnoll per qualche motivo. Glielo chiederò prima di massacrarli tutti.
Dei lamenti giunsero dall’angolo dove si trovavano Maya e Felicia. Gray si avvicinò loro per aiutarle a riprendersi e a sopportare l’iniziale mal di testa.
Jeager ripeté quanto aveva detto prima a Gray.
- Non è che conoscete qualche trucchetto per uscire di qui? Non so qualcosa come far aprire la porta, sparire le sbarre…
- No – rispose Gray.
- Posso provare ad aprire la serratura – disse Maya avvicinandosi alla porta della cella, ma constatò che verso l’interno non vi era alcuna serratura. – Come non detto.
- Quindi dobbiamo aspettare qui. – Commentò Jaeger.
Poco dopo udirono il rumore di una porta che veniva aperta, seguito da quello di alcuni passi. Poi dei rumori non ben definibili e infine innanzi alla loro cella apparvero due gnoll. Uno dei due reggeva una mazza, l’altro un sacco con dentro qualcosa. Quest’ultimo infilò un braccio nel sacco, e ne estrasse dei pezzi di pane e di carne secca che gettò nella cella.
- Vostro pranzo – disse.
- Aspetta! – Chiamò Maya avvicinandosi alle sbarre – Cosa volete fare di noi?
Lo gnoll si fermò e si girò verso di lei.
- Capo deciderà. – E riprese ad allontanarsi sparendo dalla vista.
Il silenzio scese nuovamente nel corridoio e nella cella. Poi una voce maschile risuonò nel corridoio.
- Il nostro destino può essere vario: venduti come schiavi, usati come schiavi, sacrificati oppure lasciati qui a marcire. Piacere di conoscervi. Io mi chiamo Drozd, con chi ho il piacere di condividere questa villeggiatura?
- Piacere, io sono Jeager, e sono qui con le mie compagne di viaggio Maya, Gray e Felicia.
- Almeno sei in dolce compagnia. Io invece sono solo, almeno da un paio di settimane… credo. Il mio compagno di cella lo hanno prelevato e non è più tornato. Anche voi siete passati dal simpatico villaggio di Maritude?
- Ne sai qualcosa? – Domandò Maya.
- Più o meno. Hanno un accordo con questi gnoll. In cambio di…noi, loro evitano di essere attaccati e ricevono una piccola protezione.
- Hai idea di come sia fatto questo posto? – Domandò Gray.
- Assolutamente no. Ed uscire da qui credo che sia impossibile.
- Ho passato la mia vita in un posto simile… - Disse Felicia con tono distaccato avvicinandosi alla serratura – e non intendo ripetere l’esperienza. Apriti! – L’ultima parola venne pronunciata con enfasi.
Un lieve “clack” risuonò nell’ambiente, e la porta della cella si aprì.
Felicia uscì nel corridoio, poi si volse verso i propri compagni.
- Voi non venite?
- Ehi! Non è che faresti uscire anche me? – Chiese Drozd.
- Ci penso io – Rispose Maya che, passando accanto a Gray le passò una mano fra i capelli prendendole una forcina, poi si diresse verso la cella accanto. E vide Drozd.