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Lilac Hollow – Stagione 1: I Figli della Prima Notte

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Scarlett Bloomblight

Nel bosco con Tanaka

Si è svegliato!

Lo guardo stando ancora stesa a terra. C@zzo... e ora che gli dico?? Mi tiro su sui gomiti e cerco di cancellare la stanchezza e il dolore dalla mia espressione per assumerne una calda e preoccupata, in modo che sia più incline ad ascoltarmi.

Poi il mio istinto fa capolino, e la "strada" di parole si palesa davanti a me, le frasi giuste affinché si tranquillizzi un attimo e decida di seguirmi a casa mia; quando sarà al caldo, pulito e più tranquillo forse sarà pronto a sentire la storia completa.

"Senti... non lo so bene neanche io..." Che non è proprio una bugia. "Sì, ci siamo beccati nel bosco ed eri con Cory, ci siamo allontanati e poi abbiamo scopato." Non fare storie, ti prego. "Poi è tutto abbastanza confuso... credo che siamo svenuti, forse ci siamo andati troppo forte..." Arrossisco e distolgo lo sguardo, in modo da riaprire quel tipo di connessione con lui. "Quando mi sono svegliata non c'eri: ho provato a chiamarti e guardato in giro ma niente, poi è arrivato Nathan; era conciato male, i tuoi amici ci sono andati giù pesanti prima di lasciarlo andare. Non potevo lasciargli credere che eravamo d'accordo, quindi l'ho seguito e siamo tornati a casa; ho continuato a chiamarti ma non rispondevi, ho pensato che te ne fossi andato e che fossi andato a letto." Torno a guardarlo preoccupata. "Quando mi sono svegliata stamattina e di nuovo non rispondevi mi sono preoccupata e sono tornata nel bosco a cercarti; certo non mi sarei mai aspettata di trovarti mezzo nudo, sporco e infradiciato..." Mi lascio scappare una risatina, cercando di sdrammatizzare la situazione e per far scendere la sua tensione.

A questo punto mi alzo in piedi, mi tolgo il giubbotto e glielo porgo. "Non sarà della tua taglia, ma almeno puoi coprirti un po'." Gli sorrido. "Senti... mia mamma è via per lavoro qualche giorno, andiamo da me a darci una ripulita e proviamo a rimettere insieme i pezzi al caldo? Che ne dici Tanaka?"

@Loki86 offgame

È stato abbastanza complicato fare questo post: spiegargli il giusto per farlo abboccare ma senza spaccargli la testa col sovrannaturale 🤣

Se avessi un FILO su di lui lo spenderei per tentarlo a fare ciò che voglio (seguirmi), ma purtroppo non ce l'ho quindi rip.

Se reputi che ci sia da fare un tiro di Eccitare dimmelo che lo faccio.

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Immagini pubblicate

Orion Kykero

Con Alice

Odio educazione fisica, la odio e la odierò sempre, ma oggi è quasi tollerabile. Quasi. Solo perché mi distrae da quello che mi verrà dopo, sicuramente peggio di cento giri di corsa. Almeno essere troppo stanco per pensare a volte ha i suoi vantaggi.

Ma ci sono modi decisamente più piacevoli di distrarsi. Ad esempio parlare con un' amica. Saluto Alice con un cenno della mano, avvicinandomi a lei. So che non mi ha ancora del tutto perdonato per quello che è successo con Nathan, ma almeno sembra essere sulla buona strada per farlo. E questo è un bene, perché dopo oggi pomeriggio mi servirà tutto l' aiuto possibile.

Con Marcus è andata una meraviglia. Credo di averlo impressionato sai? Gli ho tenuto testa per una volta e lui si è rivolto a me con i pronomi giusti. A volte con i bulli bisogna mostrarsi tosti. Pure se si rischia. Le dico, il riferimento anche a Nathan particolarmente ovvio. Nel mio caso il rischio ha ripagato. Chissà nel caso di Nathan. Sicuramente gli è andata peggio che a me, ma forse è la volta buona che il coach mette in panchina quel gorilla una volta per tutte. Magari ne può ancora uscire qualcosa di buono in tutta questa storia.

Modificato da Theraimbownerd

Ana Rivero

A casa di Gustav

Quello che Gustav mi dice mi sconvolge molto meno di quanto pensassi. Non urlo. Non lo scuoto più. Per un attimo non faccio niente, accovacciata davanti a lui, con le ginocchia che quasi toccano il pavimento. L’odio mi sale comunque. È un uomo piccolo, fragile. Uno che ha barattato la propria dignità per “diventare qualcuno”.

Eppure. Eppure lo capisco. Perché se c’è una cosa che so, è che anch’io darei qualsiasi cosa per essere umana. Qualsiasi cosa. Anche l’anima, se ne avessi una. Lui non ha dovuto dare la sua. Ha creato me. Una non-anima.

Stringo le dita fino a farmi male, sento la crepa tirare sotto la pelle. "Quindi è così…" mormoro piano. "In cambio ha voluto… me."

Lo guardo dall’alto in basso, inginocchiato com’è, piangente, svuotato. Un tempo avrei voluto vederlo così. Ora no. Ora mi fa quasi male.

"Lilith." Mi avvicino ancora un poco. Non lo tocco. "Rispondimi, Gustav. Una cosa mi interessa."

Lo fisso negli occhi, senza lasciargli via di fuga. "Mio padre… Rivero…" Deglutisco. "Sa chi è Lilith?"

  • Autore

@TheBaddus

Scarlett Bloomblight - a casa con Tanaka

Tanaka ti ascolta in silenzio. L’espressione confusa che già gli aleggiava sul volto si fa più evidente, più profonda. Sembra sul punto di dire qualcosa, le labbra si muovono appena… poi si ferma.

Si rimette in piedi con fatica. Per un istante resta immobile, combattendo contro un improvviso capogiro. Quando sembra riprendersi, afferra il tuo giaccone e se lo stringe addosso come può.

«Grazie…»
È una parola semplice, detta con un tono che non sei abituata a sentire nella voce di Tanaka. Resta in silenzio ancora un momento, come se stesse cercando di mettere ordine nei pensieri. Poi annuisce piano.
«Sì… forse è meglio fare come dici. Tanto dubito che mio padre si sia accorto della mia assenza…»
Nell’ultima frase cogli una nota di rabbia trattenuta, un risentimento che non prova nemmeno a mascherare.

Vi incamminate di nuovo verso l’uscita del bosco. Ogni tanto ti volti indietro, quasi aspettandoti di vedere riapparire la creatura dal teschio di cervo. Ma non succede nulla.

Alla fine lasciate gli alberi alle spalle e raggiungete Liliac Hallow. Il bosco resta lì, immobile, come se non fosse mai esistito.
Ora che la tensione si è sciolta e la fatica si è attenuata, ti senti sorprendentemente bene. Le mani ti fanno un po’ male per lo sfregamento della corda, ma l’energia è tornata a scorrere. Ti senti potente. Forte. Quasi come nel sogno della notte precedente.

Qualcosa di quella strana euforia, estranea e pungente, non se n’è andata del tutto. È rimasta dentro di te come una scia sbiadita… ma la senti ancora.

Arrivati a casa tua, fai entrare Tanaka e chiudi la porta alle tue spalle. È infreddolito, tremante, ma finalmente siete al sicuro. Il calore della tua stanza vi avvolge entrambi, morbido e accogliente.

@SNESferatu

Ana Rivero - uscendo da casa di Gustav

Gustav alza di nuovo lo sguardo su di te. Sostenere il tuo è per lui uno sforzo enorme. Nei suoi occhi leggi vergogna, senso di colpa, il bisogno disperato di un perdono che, forse, sa di non meritare. La testa gli si muove appena, incerta, da una parte all’altra. «Tuo padre? No… io… non credo...» risponde infine. «Non ha mai pronunciato il nome di Lilith. È venuto da me perché aveva sentito parlare delle mie capacità…» Si interrompe, il respiro spezzato. Poi ripete, più piano: «No. Non credo che sappia chi sia Lilith.»

Suona più come un’ipotesi che come una certezza. Ma, per ora, è tutto quello che ti può offrire.

Ti rimetti in piedi e ti volti... Senza parole.. confusa... Non sai più nemmeno tu quali siano le emozioni che ti attraversano in questo momento... Prima era la rabbia... Un'emozione che ben conosci e che sai gestire... Ma ora? Quali emozioni ti stanno pervadendo, Ana? Come le chiamerebbero i normali esseri umani con un'anima?

Ti avvii verso l’uscita senza dire altro. Gustav non ti ferma. Anche se non lo guardi, lo immagini lì, accovacciato sul pavimento. Tremante. Piccolo. Insignificante. Forse ti sta osservando andare via. Forse non ha nemmeno il coraggio di alzare gli occhi e sta fissando il pavimento. Esci da quella casa con più domande di quante ne avessi entrando, la mente più confusa che mai.

Cammini senza una meta precisa, cercando di rimettere ordine nei pensieri. Il tempo scorre senza che tu te ne accorga. A un certo punto ti sembra di aver intravisto Scarlett, che camminava in fretta accanto a qualcuno… un ragazzo avvolto in un giubbotto troppo piccolo per lui. Ma non ne sei certa. Eri troppo assorta per esserne sicura.

Quasi senza rendertene conto, porti la mano al telefono. Forse per controllare l’ora. Ci sono due notifiche. Due. Più del normale. La sorpresa è sufficiente a riportarti almeno in parte al presente.

La prima è di Max: “Ehi Ana, tutto bene sorella? Non dirmi che sei tornata nel bosco senza il resto della truppa!!”

La seconda ti fa sussultare. È di Eliza. “Come stai?” Un messaggio semplice, diretto, di circa un’ora prima.
Subito sotto, un altro, più recente: “Ana, ci sei? Il coach Moss mi ha appena detto che alla fine delle lezioni vuole parlarmi nel suo ufficio… Non prevedo nulla di buono.”

@Ghal Maraz

Nathan Clark - in infermeria... di nuovo...

Quando entri in infermeria, la Morris alza lo sguardo dalle cartelle che stava sistemando.
Per un istante resta immobile. «Clark?»
La sorpresa le passa sul volto in modo fin troppo evidente. Non serve che dica altro: nei suoi occhi leggi chiaramente la domanda che non fa. Com’è possibile che tu sia di nuovo qui?

Dopo una tua rapida spiegazione del perché sei lì, sospira piano e ti fa cenno di avvicinarti al lettino. «Va bene. Togliti la maglietta.»

L’aria della stanza è più fredda di quanto ricordassi. Quando la stoffa scivola via, la Morris si avvicina e il suo sguardo indugia sui lividi che ti segnano il torso. Grossi, scuri, irregolari.

Non dice nulla. Allunga una mano e inizia a visitarti con movimenti esperti, ma attenti. Quando esercita pressione in certi punti, il dolore si riaccende, improvviso e tagliente. Ti sfugge un respiro più forte, difficile da trattenere. La Morris si ferma. Il suo volto si è fatto serio, le sopracciglia leggermente corrugate.

«Fa male qui?» chiede, anche se conosce già la risposta. Poi scuote appena la testa, come infastidita da ciò che sta vedendo. «Nathan…» Alza finalmente lo sguardo su di te. «Chi è stato a ridurti così?»
La voce è bassa, controllata, ma carica di preoccupazione. Subito dopo aggiunge, senza lasciarti il tempo di prepararti una scusa: «E non provare a dirmi che sei caduto per caso o cose del genere. So riconoscere i segni di percossa.»

Il silenzio che segue pesa più delle sue mani sui lividi. Sembra aspettare una risposta, ma anche temerla.

@Ghal Maraz @Voignar @Theraimbownerd

Nathan, Orion e Darius - Lezioni della mattina

Il resto della mattinata scivola via senza scosse particolari, come se la scuola stesse cercando di tornare a una normalità che nessuno sente davvero sua.

La professoressa Lane riprende alcuni degli argomenti affrontati lunedì, li riannoda con voce piena di passione e poi prosegue con il programma. Tra i banchi c’è chi segue con attenzione, chi prende appunti per inerzia e chi approfitta dell’ora per riprendersi dalla fatica di educazione fisica, lasciando vagare lo sguardo fuori dalla finestra o fissando il quadrante dell’orologio.

La lezione di francese non va diversamente. Parole che scorrono, verbi coniugati senza entusiasmo, una noia tranquilla che riempie l’aula senza lasciare traccia. Nessun momento davvero degno di nota. Nessun incidente. Nessuna rivelazione.

Quando finalmente suona la campanella ed è ormai quasi mezzogiorno, la classe si rianima quel tanto che basta. Le sedie strisciano sul pavimento, gli zaini vengono chiusi in fretta, piccoli gruppi si formano quasi per abitudine.

Il gruppo si divide.
Orion, Tyler, Alice, Ben, Mei-Lin, Emily e Harper si avviano verso l’aula di giornalismo.
Darius, Nathan, Max, Eliza, Noah e Sasha prendono invece la direzione dell’aula studio, pronti a consumare l’ora buca tra libri aperti a metà e pensieri che faticano a restare al loro posto.

@Theraimbownerd

Orion Kykero - Lezione di giornalismo

L’aula di giornalismo ha sempre avuto un’aria diversa dalle altre. Più piccola, più vissuta. Le pareti sono coperte di vecchi numeri del giornalino scolastico, ritagli di articoli, fotografie di eventi che nessuno ricorda più davvero. L’odore è un miscuglio di carta, pennarelli secchi e caffè. Prendi posto insieme agli altri. Il brusio è basso, quasi rispettoso. Qui dentro nessuno urla mai davvero.

Julian Crane entra senza cerimonie, come fa sempre. Giacca di pelle consumata, capelli raccolti in una coda disordinata, il solito pizzetto. Appoggia la borsa sulla cattedra e si guarda intorno, contando le presenze con un colpo d’occhio rapido.

«Allora...» dice, battendo una volta le mani. «Oggi niente impaginazione e niente titoli a effetto. Oggi parliamo di una cosa molto più semplice.»
Fa una breve pausa. «Come si trovano le informazioni per scrivere un buon articolo.»

Qualcuno si raddrizza sulla sedia. Crane si siede sul bordo della cattedra invece di restare in piedi.
«Perché scrivere è facile. Copiare è ancora più facile. Ma capire cosa chiedere, a chi e perché…» scuote appena la testa. «Quella è la parte che separa un pezzo inutile da qualcosa che vale la pena leggere.»

Prende un pennarello e scrive sulla lavagna, senza aggiungere altro:

CHI
COME
PERCHÉ

«Se sapete rispondere a queste tre domande...» continua, «...avete già metà articolo.»
Si volta verso di voi. «L’altra metà è scoprire cosa non vi viene detto. Chi evita di rispondere. Chi cambia versione. Chi vi parla solo quando è sicuro di controllare la storia.»

Il suo sguardo scivola sui banchi.

«Le fonti non sono mai neutre...» aggiunge. «E spesso quelle più utili sono quelle che non si considerano tali.»

Si alza, lasciando il pennarello sulla cattedra.
«Il vostro lavoro non è fare accuse. È fare domande abbastanza giuste da costringere la realtà a mostrarsi per quella che è.»

Lascia che nell'aula cali il silenzio e vi osserva, come per aspettare di vedere se qualcuno di voi ha qualche domanda.

Ana Rivero

Fuori da casa di Gustav

Sono soddisfatta. In parte mi sento più leggera. So qualcosa in più che prima non sapevo, che a Darius potrebbe interessare. Darius. Ormai davvero si merita di sapere di più, magari è anche in grado di aggiustarmi la spalla. Forse sono stata troppo dura con lui ieri, ma mi ha preso di sprovvista, e mi ha colpito nell'unica cosa che mi appartiene, e pure poco. Il mio corpo.

Lascio Gustav alle mie spalle. "Ci rivedremo, lo sai, no?". Non aspetto risposta. Non guardo indietro. Ho altri pensieri, troppi che si accavallano per avere la mente coerente.

Quasi mi perdo, fino a quando non vedo una scena che posso solo descrivere come "strana". Scarlett, accanto a un ragazzo. Scarlett sta ricicciando troppo spesso ultimamente. Almeno non sembra essere in fiamme come prima. Oh, bè. Non sono affari miei. Chissà che giri strani ha, sta sempre con gente poco raccomandabile. E se sono io a dirlo, è davvero poco raccomandabile. Mica mi è piaciuto come ha parlato lunedì. Lunedì... sembra mesi fa.

L'attenzione passa al telefono, improvvisamente. Non è frequente per me ricevere messaggi, non credo di avere il numero di... bo, quasi nessuno. Max, ed Eliza. Ok, la mia cricca. Non dovevo aspettarmi niente di diverso. Rispondo al volo a Max. "No bosco. Mi faceva male la spalla, tutto ok". Tecnicamente, non una balla. E non posso metterlo in mezzo con tutta la faccenda della setta, che in effetti esiste. Quel nanerottolo dell'amico suo aveva ragione.

Ma è quanto leggo da Eliza che non mi piace. Quel vecchio porco del prof, non la posso lasciare da sola. Sicuramente ci avrà scoperte, me lo sento. Strano che non abbia provato a convocare me. Se l'ha convocata da sola, non ha troppe prove, o sarebbe andato in presidenza. Oppure, vuole farsi giustizia da solo. Quel porco. E se non ci ha scoperte, vuol dire che ha Eliza come nuovo bersaglio. E fa pure parte della setta! Non ce la faccio, ci sono troppi pezzi in questo puzzle. Le scrivo al volo. "Sto meglio, corro a scuola. Dobbiamo preparare un piano di attacco."

Mentre mi dirigo a passo spedito verso il liceo, scrivo anche un messaggio a mio padre. Sì, è poco in character per me, in genere i nostri messaggi si limitano a "Dove sei" e io che non rispondo, o "ok" e altre variazioni a domande che necessitano di risposte più lunghe. "Cosa mangiamo oggi a cena? Andiamo fuori? Olive Garden?". Non lo so, ogni tanto devo dargli un contentino, e oggi mi sembra il giorno giusto.

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