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Emozioni di Gioco


Messaggio consigliato

A questo discorso, molto interessante, vorrei aggiungere un spunto di riflessione per i DM/Narratori. E' una cosa che taaanti anni fa mi sollevò un mio giocatore dopo che il suo personaggio aveva subito qualcosa che aveva lasciato il segno.

Un giocatore quando crea il suo personaggio, lo adatta alle proprie esigenze e aspettative, gli cuce addosso una personalità, degli eventi del passato e sulla base di questo gioca. Se deliberatamente (mi allaccio all'esempio dello stupro) il DM gli fa subire qualcosa che, seriamente, cambia qualche aspetto del personaggio, il giocatore potrebbe trovarsi a giocare un qualcosa che non gli piace più.

Per questo motivo sarebbe sempre meglio spoilerare un po' l'avventura ma chiedere al giocatore in questione se si sente pronto per un tipo di evoluzione così forte.

Dalla mia esperienza ho visto che la maggioranza dei giocatori vuole giocare affrontando situazioni che non spingano ad un cambiamento nell'atteggiamento del proprio personaggio ed in generale questo è in linea con i protagonisti dei romanzi di avventura, che difficilmente partono da impavidi e finiscono pavidi.

Sto anche cercando nel mio gruppo di gioco di avere qualcuno che partecipi alla narrazione introducendo elementi, discutendo magari con me su cosa vorrebbe che venisse integrato all'avventura, ma vedo difficoltà in questo.

Da giocatore ho provato a chiedere al DM di introdurre situazioni (che potevo anche preparare in autonomia) per portare avanti sottotrame legate al mio PG, ma non ho avuto grande successo.

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Vi è mai capitato invece di avere giocatori che preferiscono "non vedere" piuttosto che entrare in conflitto con altri?

Per esempio, ho un giocatore con un tipo di umorismo molto pulp che, qualunque gioco di ruolo si stia facendo, spinge sempre con le azioni del suo PG verso scene di depravazione sessuale, uccisioni truculente e insensate di piccoli animali e vilipendio religioso. Ho anche un altro giocatore che gioca sempre PG eroici, senza macchia e cavallereschi.

Ebbene, anche se non dovrebbero vedersi a vicenda, i rispettivi PG fingono sempre di ignorare ciò che l'altro fa, "bypassano" per così dire, per amor di compagnia. ho provato anche a proporre di separarli in due gruppi, che avrebbero dovuto fare due giochi dalle tematiche diverse, ma non hanno accettato: vogliono continuare così!

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Dal mio punto di vista si affronta spesso tematiche "particolari" essendone più o meno consci. Inoltre lo stile di gioco del gruppo determina quanto questi argomenti siano più o meno approfonditi o addirittura se trattati in modo serio o comico. Chiaramente le opinioni in questi temi dovranno esprimere il punto di vista del personaggio giocato.

Esempio: "Dopo aver catturato vivo e interrogato il capobanda goblin, si discute se ucciderlo, consegnarlo alle autorità o quant'altro..." - in un certo senso in questo caso si stà parlando della pena di morte e di giustizieri "a sangue freddo" autoproclamati.

Per quanto riguarda gli spoiler sulla trama per gestire meglio il proprio personaggio, non lo credo realmente necessario. Differente è invece l'inserimento nella trama di avvenimenti creati ad hoc per il personaggio. Dai più banali eventi dettati dall'esigenza di una qualche classe di prestigio agli eventi che potrebbero influire sul carattere del proprio personaggio. Mi è capitato spesso di giocare personaggi in un fase di "transizione", ed è bello evolvere il loro carattere in base agli eventi esterni, alcuni possono essere programmati mentre altri "casuali".

Ad esempio ora sto giocando un personaggio che diverrà affetto da personalità "bipolare", ed il master ha inserito nella trama la morte del mio maestro, situazione concordata assieme come evento scatenante dell'inizio del cambiamento.

Per quanto riguarda il "chiudere un occhio" su alcuni conflitti in-game, credo che l'importante sia non farlo sempre anche perchè ci si toglie l'opportunità di ruolare un sacco di belle scene. D'altro canto il ruolarle tutte, sempre e comunque avrebbe un doppio svantaggio con cui si deve fare i conti e bilanciarsi: l'appesantimento della situazione di gioco allungando considerevolmente i tempi di sessione, situazioni di onniscenza di personaggi che calcano troppo la mano ad "indagare" su certe azioni puramente in funzione del fatto che ne hanno sentito parlare out-game.

Quanto ho detto fa riferimento a gdr di modello classico, quando ne sperimenterò di altro tipo potrò anche aggiungere qualcosa, ma non credo che ci siano restrizioni a quanto detto se non invece ampliamenti.

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Uhm...quando proverai qualcosa di non classico, qualche differenza secondo me la riscontrerai in questo punto:

Chiaramente le opinioni in questi temi dovranno esprimere il punto di vista del personaggio giocato.

Questo perché tutti i giochi di ruolo "di nuova impostazione" che finora conosco rifuggono in qualche misura la distinzione tra carattere del giocatore e carattere del PG, il che è anche il senso del "play passionately" di cui si parla nel topic: mettere in gioco se stessi e le proprie convinzioni profonde, senza la "scusa" di interpretare un PG altro da sé.

Aggiungo che secondo me questo da vita ad un cocktail potenzialmente esplosivo: ci sono gruppi di gioco, come i miei, in cui si evitano accuratamente argomenti di tipo etico-religioso e politico anche fuori dal gioco, per evitare baruffe tremende che si sono già verificate in passato.

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Aggiungo che secondo me questo da vita ad un cocktail potenzialmente esplosivo: ci sono gruppi di gioco, come i miei, in cui si evitano accuratamente argomenti di tipo etico-religioso e politico anche fuori dal gioco, per evitare baruffe tremende che si sono già verificate in passato.

Il gioco è un'attività sociale e come tale deve sempre sottostare alle regole di convivenza civile del gruppo. Semplicemente basta impostare delle Linee o dei Veli appositi.

Nel caso del tuo gruppo hai due Linee, una sulla religione ed una sulla politica.

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Tuttavia, questo contesto sociale rende quasi impossibile il portare in gioco

contenuti emotivamente carichi come sessualità, religione, politica, famiglia, identità

culturale e situazioni in cui la violenza sia trattata realisticamente e non come

un cartone animato. Un giocatore semplicemente non ha fondamenta abbastanza

solide su cui offrire materiale così personale visto che i suoi contributi sono

soggetti all’approvazione del GM.

Nell'articolo c'è solo detto - visto che è una parte del ragionamento - che un gioco dove la morte del personaggio può avvenire senza alcun motivo pregnante per la storia - tipo il mostro errante per capirci -, c'è una buona probabilità che l'approfondimento di alcune tematiche - che sono decisamente introspettive - venga lasciato galleggiare in superficie, perché l'investimento emotivo da parte dei giocatori potrebbe sfumare per qualcosa di fortuito.

a me pare che tu abbia capito molto male.

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Llukas

Me ne farò una ragione allora e vedrò di rileggermi l'articolo per vedere in cosa ho capito male, se vuoi esplicitare in cosa esattamente non ho colto il senso dell'articolo mi faresti un piacere, in caso contrario, vabbé ognuno resterà della sua idea.

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Cerco di spiegartelo io. In corsivo riporto brani dell'articolo.

Nella parte precedente Burneko parte dal discorso del "bene della storia" come ragione per ignorare le regole.

Spesso “meglio per la storia” diventa un modo per dire “non infrangere le aspettative pregresse su cosa è accettabile”.Fondamentalmente qualcuno deve essere incaricato di agire come un comitato di censura per il gruppo, e spesso questa persona è il GM.

Burneko fa l'esempio di una partita in cui il gruppo è attaccato particolarmente al tema.

In una partita in cui si vogliono riproporre i Miti di Cthulhu in maniera fedele, se una regola viene abusata al punto da permettere ad un PG di dominare un Grande Antico ecco che è necessaria una correzione e pertanto si ritiene necessaria la figura del GM che si metta a cambiare le regole on the fly ogni qual volta si rischia, nell'esempio, di perdere l'atmosfera dei racconti di Lovecraft.

Il passo successivo è quando c'è un investimento emotivo forte nelle azioni del proprio personaggio. Nel contesto sociale sopra descritto, il GM è posto nella posizione estremamente scomoda di dover soddisfare le esigenze emotive e creative del giocatore. La situazione peggiora un bel po’ se due giocatori stanno facendo compiere ai propri personaggi azioni opposte l’un l’altro, dimostrando lo stesso grado di investimento emotivo nell’uscirne vittoriosi.

Sostanzialmente se io sono particolarmente preso dalle azioni che faccio compiere al mio personaggio, per me il bene della storia sarà costituito dal riuscire in quelle azioni. E nel momento in cui il GM non mi aiuta o favorisce qualcun altro, io sarò frustrato.

Da qui deriva il discorso del GM imparziale che fa appunto da Mediatore come dice Llukas e che cerca di accontentare tutti.

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@Step

Quella parte mi è chiara, ma il topic non parla dell'articolo, ma di un suo stralcio, stralcio che serve al pezzo successivo per dire che in una situazione dove le tensioni vengono passate al gm in gioco che ci mette la pezza o che è chiamato a "giudicare", infatti poi fa un elenco di tecniche ad hoc.

In quel frangente io ci ho letto quello che ho scritto in precedenza :).

Però è sempre utile rileggere, quindi appena ho 5 minuti a casa, me lo rileggo tranquillo e beato.

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il resto dell'articolo utilizza più o meno le stesse tematiche. quello che mi premeva segnalare era proprio il passo no sesso/religione/emozioni varie perché c'è un DM che media.

io la vedo nella maniera diametralmente opposta:

c'è sesso/religione/emozioni ecc. perché c'è il DM.

Nell'articolo c'è solo detto - visto che è una parte del ragionamento - che un gioco dove la morte del personaggio può avvenire senza alcun motivo pregnante per la storia - tipo il mostro errante per capirci -, c'è una buona probabilità che l'approfondimento di alcune tematiche - che sono decisamente introspettive - venga lasciato galleggiare in superficie, perché l'investimento emotivo da parte dei giocatori potrebbe sfumare per qualcosa di fortuito.

infatti nella risposta di Fenna si parla di morte del pg: non citata nella parte in oggetto;

come non si parla di "galleggiare in superficie";

come non si parla di fortuna;

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Vediamo di riportare l'articolo per intero sotto spoiler, visto che haimé la gente non legge i cartelli di pericolo è difficile che vada a leggere i link, meglio leggerselo sul pdf.

Spoiler:  
I freddi dadi

di Jesse Burneko

Un’idea ripetuta spesso nell’ambiente del gioco di ruolo è che a volte occorre ignorare le regole di un gioco perché le regole non possono sapere cosa sia “meglio” per la storia. Il problema di questa idea è che fondamentalmente “meglio” è un giudizio di valore e quindi bisogna chiedersi: chi decide cosa sia “meglio” per la storia e quale metro viene usato per esprimere questo giudizio?

Spesso “meglio per la storia” diventa un modo per dire “non infrangere le aspettative pregresse su cosa è accettabile”. Fondamentalmente qualcuno deve essere incaricato di agire come un comitato di censura per il gruppo, e spesso questa persona è il GM.

Nel gioco fondato su un forte interesse del gruppo al tema del gioco questa non sembra essere, a prima vista, una cattiva idea. Dopotutto, se le regole possono far accadere accidentalmente la morte di una persona amata in un gioco di supereroi stile “fumetti anni 50” o se l’abuso di una regola può condurre un personaggio a dominare un Grande Antico in un gioco che sia un tributo a Lovecraft, avere qualcuno che elimini queste situazioni ai limiti sembra essere una “toppa” naturale al problema.

Tuttavia, un effetto collaterale insito nell’affidare questo genere di autorità ad un solo individuo è che lo stesso individuo diventa di conseguenza responsabile della soddisfazione emotiva di chiunque sia al tavolo.

Consideriamo per un istante un giocatore che faccia compiere un’azione al proprio personaggio e che chiaramente dimostri un alto grado di investimento emotivo riguardo un particolare esito di quell’azione. Nel contesto sociale sopra descritto, il GM è posto nella posizione estremamente scomoda di dover soddisfare le esigenze emotive e creative del giocatore. La situazione peggiora un bel po’ se due giocatori stanno facendo compiere ai propri personaggi azioni opposte l’un l’altro, dimostrando lo stesso grado di investimento emotivo nell’uscirne vittoriosi.

Se il GM detiene il potere di influenzare la situazione a favore di un particolare giocatore e non lo fa, ha fallito nel proteggere la “storia” di quel giocatore e di conseguenza nel soddisfare le esigenze emotive e creative di quel giocatore. Se usa il suo potere per influenzare la situazione in favore di un particolare giocatore troppo spesso allora viene a trovarsi accusato di fare favoritismi.

Questa posizione privilegiata di fornitore creativo ed emotivo è una posizione svantaggiosa su tutti i fronti per il GM e contribuisce, a lungo termine, direttamente allo stress del GM e provoca i casi di “esaurimento del GM”.

Queste circostanze sono alla base di molta retorica riguardo la necessità di “fidarsi” del fatto che “Il GM sia imparziale”, indicando con questo un GM che riesca a destreggiarsi nel soddisfare le necessità emotive dei propri giocatori nella maniera più equa che sia umanamente possibile, mentre contemporaneamente appiana qualsiasi tensione o momento difficile a livello sociale.

L’unico contesto creativo in cui questo sia sostenibile è uno in cui il coinvolgimento emotivo sia molto basso. Un esempio possono essere molte avventure “vecchia maniera” centrate sul “gruppo di avventurieri”. Nessuno si arrabbierà troppo se il GM prendesse una cattiva decisione sul fatto che quella particolare parete rocciosa sia o meno scalabile. Generalmente ci sono altre opzioni a portata di mano e gli esiti raramente provocano forti emozioni sul piano personale.

Tuttavia, questo contesto sociale rende quasi impossibile il portare in gioco contenuti emotivamente carichi come sessualità, religione, politica, famiglia, identità culturale e situazioni in cui la violenza sia trattata realisticamente e non come un cartone animato. Un giocatore semplicemente non ha fondamenta abbastanza solide su cui offrire materiale così personale visto che i suoi contributi sono soggetti all’approvazione del GM. Allo stesso modo nessun GM vorrebbe che un giocatore introducesse tale materiale, per evitare di dover mediare lo stress a livello sociale che tale contenuto potrebbe provocare.

Ironicamente, la soluzione al problema è proprio ciò che molti giocatori asseriscono essere la rovina del gioco ”basato sulla storia”: procedure di gioco chiare e meccaniche non negoziabili. Proprio il fatto che le regole del gioco non possano avere riguardi nei confronti dei giocatori è la ragione per cui dovremmo fare affidamento su di esse nel gioco emotivamente teso. Procedure e meccaniche non negoziabili creano una base di gioco che favorisce la prevedibilità sul modo in cui saranno trattati i contributi creativi e un’equa distribuzione della responsabilità emotiva.

Quando le procedure e le meccaniche di gioco non sono negoziabili, agiscono come un contratto fra i giocatori. Si noti che ciò è ovvio quando si parla di ogni altro tipo di gioco, a parte il GDR. Se una persona chiede ad un’altra di giocare a Scacchi è immediatamente chiaro per la seconda persona a cosa gli sia stato chiesto di partecipare. Senza alcuna ulteriore informazione egli sa di quale attività si tratti, del perché stia partecipando e che tipo di comportamento ci si aspetti da lui. Quando sceglie di contribuire al gioco sa immediatamente il modo in cui quel contributo sarà trattato senza dover sperare in un’altra persona.

In un GDR con procedure e meccaniche non negoziabili, quando un giocatore sta valutando se introdurre o meno materiale emotivamente rischioso sa in anticipo come esso sarà trattato. Non deve fare un salto nel buio in gioco e sperare che il GM o qualcun altro maneggi il suo materiale in maniera imparziale. Non c’è rischio che il suo contributo causi maggior danno emotivo rispetto a quello che lui intendeva causare perché le conseguenze delle sue azioni sono trattate in maniere inaspettate e non c’è rischio che il suo investimento emotivo venga reso marginale perché una persona decide di sorvolare su quel contenuto.

Illustrerò questo in pratica con eventi tratti da una recente partita che ho giocato a Il Gusto del Delitto. Era una partita ad una convention e conoscevo tutti i giocatori tranne una. La giocatrice che non conoscevo rivelò che il suo personaggio era stato in passato una prostituta e io chiesi una scena in cui il mio personaggio, in preda ai fumi dell’alcool, lanciasse denaro al suo personaggio ed esigesse da lei le vecchie prestazioni. Ero un po’ nervoso nel far questo poiché non avevo assolutamente idea di dove fossero le barriere emotive di questa donna.

Tuttavia, le meccaniche e le procedure de Il Gusto del Delitto sono di una chiarezza cristallina. Quando cerchi di influenzare il comportamento di un altro personaggio tiri i dadi. Addirittura lo indichi fisicamente per distinguere chiaramente un autentico tentativo di influenzarlo da altre minacce ignorabili. Se vinci il tiro di dadi dovrai decidere se il tuo tentativo di influenza avrà successo o meno.

Solitamente non sono un grande amante delle meccaniche non vincolanti ma in questo particolare contesto fu altamente vantaggioso perché sapevo che avrei potuto introdurre la scena e se avessi vinto ai dadi avrei potuto semplicemente scegliere di far fallire il mio personaggio se fosse stato chiaro che avessi superato un certo limite. Poiché conoscevo il modo in cui la scena sarebbe stata trattata meccanicamente, ho potuto prendere una decisione razionale sul mio contenuto emotivamente provocatorio in un contesto sociale incerto. Ciò non sarebbe stato possibile in un ambiente meno chiaro dal punto di vista delle procedure e probabilmente non avrei affatto introdotto la scena.

Quando è chiaro che ognuno comprende le ramificazioni procedurali dei propri contributi prima di compierli, la responsabilità per l’effettivo disagio emotivo diventa molto più equamente distribuita. Se Joe introduce contenuti che mettono Bob a disagio, ma che rientrano nell’ambito del gioco, allora uno dei due, Bob o Joe, in quel preciso momento deve discutere del contributo O Bob ha bisogno di considerare se giocare con Joe sia proprio il modo in cui vuole passare il suo tempo.

In situazioni più oscure dal punto di vista procedurale Bob potrebbe essere tentato di rivolgersi al GM per smorzare la tensione. Una tipica tecnica da GM in queste circostanze è di permettere a Joe di portare avanti la sua azione, ma di favorire decisioni sulle meccaniche che renderanno marginale l’impatto di quelle azioni.

Si suppone che ciò soddisfi teoricamente entrambi i giocatori: Joe ha avuto modo di tentare la sua azione e Bob non ha dovuto affrontarne le spiacevoli conseguenze perché il GM le ha nascoste sotto il tappeto per lui. In realtà ciò non soddisfa nessuno. Il contributo di Joe è stato indebolito e Bob è stato ancora sulle spine per la possibilità che quelle azioni avrebbero potuto avere un impatto in gioco in una maniera che lo avesse messo ancora a disagio. Per tutto il tempo il povero GM è dovuto apparire come “imparziale”.

Ahimè, la chiarezza nelle procedure non è necessariamente sufficiente per trattare contenuti emotivi particolarmente carichi. Permettetemi di continuare il mio esempio precedente in cui il mio personaggio tentava di pagare il personaggio di un altro giocatore in cambio di sesso. In Il Gusto del Delitto ciascuno al tavolo tira i dadi insieme agli altri due giocatori che partecipano alla scena. Se un altro giocatore vince il tiro, allora sarà quel giocatore a decidere l’esito del tentativo di influenza. Nel nostro caso il tiro fu vinto da un altro giocatore.

Pensavo che stesse per morire dall’agitazione. Si trovava preso in mezzo tra il dover indebolire il mio contributo e il forzare una giocatrice che non conosceva molto bene in una situazione potenzialmente spiacevole. Le meccaniche del gioco mettevano quel giocatore nella stessa seccante situazione sociale con cui la maggior parte dei GM deve fare i conti che ho descritto prima. Almeno le procedure di gioco avevano reso la situazione chiara piuttosto che passivamente offuscata.

Inoltre, poiché avevo dato inizio a quella situazione accettando in partenza la possibilità che il mio tentativo di influenza fallisse, sono stato in grado di allentare la tensione comunicando questo fatto al giocatore. Tuttavia, in gruppi socialmente meno rispettosi o fra due giocatori con maggior investimento emotivo nell’esito della situazione, non ci sarebbe stato un così facile sollievo per la sua angoscia.

Altre meccaniche non molto adatte a giochi con poste emozionali alte sono quelle in cui il GM fissa il “livello di difficoltà” da superare con i tiri dei dadi. Nel caso

in cui non siano coinvolti nella situazione personaggi del GM, il GM si trova in una situazione simile a quella descritta sopra. Egli deve scegliere un numero che sembri “imparziale” a tutte le parti coinvolte e quell’atto di giudizio è una situazione svantaggiosa per tutti quando le tensioni emotive sono abbastanza alte. Nel caso in cui i personaggi del GM siano coinvolti il GM è bloccato in un conflitto d’interesse. Egli deve “imparzialmente” decidere un numero bersaglio nel mezzo di qualcosa in cui teoricamente sia emotivamente coinvolto. Questo è il motivo per cui ho trovato che i giochi che usano tiri contrapposti, tiri contro un numero fisso

o in cui solo una parte effettivamente tira sono più adatti per giocare con poste più coinvolgenti a livello emozionale.

Il punto è che il momento in cui la tensione emotiva è più alta è precisamente il momento in cui vuoi che il più freddo, il più insensibile componente del gioco risolva quella tensione: il dado. I dadi non fanno favoritismi. I dadi non possono portare rancore o essere socialmente feriti. Ai dadi non interessa il tuo benessere emotivo. Il gruppo ha concordato di attenersi a queste meccaniche, di rimandare a loro questi punti di conflitto. Ora è tempo di dar seguito a quel contratto. Se la stabilità sociale deve essere mantenuta insieme ai contenuti emotivamente provocatori, sono i freddi dadi che devono essere l’arbitro del fato, non il giudizio umano su cosa sia “meglio” – qualunque cosa significhi.

Da qui ognuno può leggere l'articolo.

Il GM si dice nella prima parte è colui che è caricato dal compito di “non infrangere le aspettative pregresse su cosa è accettabile”, quello che in precedenza ha detto essere "il meglio per la storia".

Quindi è grazie a lui che alcune tematiche entrano in gioco non perché le introduca attraverso il controllo della fiction e della backstory, ma perché diventa fulcro e filtro di situazioni che le regole del gioco non sanno come affrontare.

Vediamo dove si parla di coinvolgimento emotivo e di randomicità, la situazione:

Nel gioco fondato su un forte interesse del gruppo al tema del gioco questa non sembra essere, a prima vista, una cattiva idea. Dopotutto, se le regole possono far

accadere accidentalmente la morte di una persona amata in un gioco di supereroi stile “fumetti anni 50” o se l’abuso di una regola può condurre un personaggio a

dominare un Grande Antico in un gioco che sia un tributo a Lovecraft, avere qualcuno che elimini queste situazioni ai limiti sembra essere una “toppa” naturale al problema.

L'esempio è la morte di una persona amata dal personaggio, mi sono azzardato a dire che lo stesso effetto è nella randomicità della morta del personaggio stesso. Da qui ho ricavato la parte di commento da cui tu dici io non abbia capito l'articolo.

Però di fatto, l'artcolo parla di tutt'altro.

Infatti, la parte interessante per l'articolo viene dopo però quando il paragrafetto dice: un effetto collaterale insito nell’affidare questo genere di autorità ad un solo individuo è che lo stesso individuo diventa di conseguenza responsabile della soddisfazione emotiva di chiunque sia al tavolo.

Quindi non dice che queste cose non possono avvenire perché c'è il GM, fino ad ora viene solo detto che il carico della responsabilità di situazioni simili, visto che le regole di taluni gdr devono essere corrette per evitare di avere risultati che poco hanno a che vedere con "la bellezza della storia".

La parte successiva fa un esempio che a chiunque abbia giocato da GM per un po' di tempo è abbastanza chiaro: due giocatori stanno facendo compiere ai propri personaggi azioni opposte l’un l’altro, dimostrando lo stesso grado di investimento emotivo nell’uscirne vittoriosi.

Questo carica il GM ancora più di responsabilità, anzi lo mette in una posizione svantaggiosa

Poi riporta la parte che hai detto tu: quale è il contesto in cui questo non avviene?

L’unico contesto creativo in cui questo sia sostenibile è uno in cui il coinvolgimento emotivo sia molto basso. Un esempio possono essere molte avventure “vecchia maniera” centrate sul “gruppo di avventurieri”.

Dove per vecchia maniera e qui diventa chiaro, è uguale a dire Old school, leggasi Gygax Tomba degli orrori ecc ecc.

Fino a li sono situazioni che si trovano tranquillamente in gruppi di gioco normali che giocano a D&D 3.5 - non sta facendo dei distinguo, sta dicendo: questo è quello che ho visto -.

Poi l'articolo continua spiegando la soluzione per Jessie:

Ironicamente, la soluzione al problema è proprio ciò che molti giocatori asseriscono essere la rovina del gioco ”basato sulla storia”: procedure di gioco chiare e meccaniche non negoziabili

Quindi ha identificato una specifica situazione - l'old school dove l'investimento emotivo è basso, non ha detto che è così sempre - ha detto che il GM in quel caso diventa centrale, tanto centrale da essere caricato di un compito che in talune situazioni è "troppo". Ha specificato quale sia la sua risposta al problema.

Poi ognuno ci può leggere quello che vuole.

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Il discorso è appunto questo.

Le condizioni di base che l'articolo affronta sono due:

1) La presenza di un GM autorizzato a cambiare le regole per il bene della storia

2) Il coinvolgimento emotivo dei giocatori nei personaggi.

Se io giocatore sono coinvolto profondamente da una mia azione, sapendo che il GM può ignorare le regole quando vuole, fa sì che io mi possa aspettare che il GM stesso usi il suo potere per quello che io considero il bene della storia.

Se non lo fa ci rimango male.

Se due giocatori compiono azioni opposte ecco che ciascuno dei due si possa aspettare che il GM favorisca la propria storia e qui nasce il problema.

Esempio realmente accaduto a me:

Catturiamo un png e lo accompagniamo all'uscita, dopo aver salvato due PG che erano stati schiavizzati.

Gli avevamo promesso di lasciarlo andare in pace se ci raccontava tutto, cosa che ha fatto.

Quando lo stiamo per salutare, uno dei giocatori dei PG schiavizzati dichiara l'attacco per uccidere quel tizio.

In quel momento io giocatore ero coinvolto dalla situazione, l'altro giocatore idem.

Risultato: prima discutiamo su come fare per usare le regole, tiriamo l'iniziativa, il png muore e scoppia un litigio generale. In quel ciascuno ha fatto pressione sul GM per cercare regole e cavilli da applicare per poter salvare il png.

E questo è successo perchè eravamo coinvolti dalla vicenda, presi dalla medesima.

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Il GM si dice nella prima parte è colui che è caricato dal compito di “non infrangere le aspettative pregresse su cosa è accettabile”, quello che in precedenza ha detto essere "il meglio per la storia".

Quindi è grazie a lui che alcune tematiche entrano in gioco non perché le introduca attraverso il controllo della fiction e della backstory, ma perché diventa fulcro e filtro di situazioni che le regole del gioco non sanno come affrontare.

Io parlo per me, non per l’autore dell’articolo visto che, come evidenziato al principio del thread, sono in totale disaccordo con lo stesso.

Il DM non è colui che non deve infrangere aspettative né tantomeno colui che stabilisce a priori quale sia il meglio per la storia. Né tantomeno è fulcro o filtro di nulla. Partendo da queste premesse per forza si giunge a taluni risultati, ovvero che il giocatore non giocherà la sessualità del proprio pg perché ha un filtro.

Né, tantomeno, è valido il discorso sulle regole che non sanno affrontare situazioni di gioco. Infatti le regole ci sono, a volte scritte, altre no, ma ci sono: ovvero le decide il tavolo, sempre e comunque.

È il tavolo che sceglie se, come, quando e dove le regole agiscono, cosa è accettabile, cosa sia fulcro o meno;

Nel gioco fondato su un forte interesse del gruppo al tema del gioco questa non sembra essere, a prima vista, una cattiva idea. Dopotutto, se le regole possono far

accadere accidentalmente la morte di una persona amata in un gioco di supereroi stile “fumetti anni 50” o se l’abuso di una regola può condurre un personaggio a

dominare un Grande Antico in un gioco che sia un tributo a Lovecraft, avere qualcuno che elimini queste situazioni ai limiti sembra essere una “toppa” naturale al problema.

Qui trattiamo un tema completamente scollegato dal precedente. È inutile tentare di farcelo entrare a tutti i costi! Infatti non è compito del DM porre alcuna toppa! Se il DM ci mette la toppa è perché il tavolo vuole la toppa non il DM; se, invece, il DM mette la toppa dove il tavolo non vuole, allora ha sbagliato!

un effetto collaterale insito nell’affidare questo genere di autorità ad un solo individuo è che lo stesso individuo diventa di conseguenza responsabile della soddisfazione emotiva di chiunque sia al tavolo.

Assolutamente no. È il tavolo a esserne responsabile ed è proprio perché il tavolo è responsabile di sé stesso che i giocatori che si fidano del DM possono sviluppare certi temi. Se il tavolo non fosse responsabile di se stesso, anzi fosse privato di questa prerogativa, allora si che nessun giocatore potrebbe giocare certe tematiche e questo non perché ci siano o meno episodi fortunati, tiri di dado senza senso estetico ecc., bensì perché non esisterebbe alcun tavolo e, probabilmente, tutti vorrebbero essere altrove a fare altro.

La parte successiva fa un esempio che a chiunque abbia giocato da GM per un po' di tempo è abbastanza chiaro: due giocatori stanno facendo compiere ai propri personaggi azioni opposte l’un l’altro, dimostrando lo stesso grado di investimento emotivo nell’uscirne vittoriosi.

Questo carica il GM ancora più di responsabilità, anzi lo mette in una posizione svantaggiosa

Assolutamente no! È proprio questo che contesto!! Ma quale svantaggio? Per questi motivi io, nel ruolo di DM, non dovrei voler trattare certi temi profondi? Per paura che due investano eguali quantità emotive in un dato contesto? No, no, no! Rifuggo da questa definizione, alquanto pretenziosa e poco reale.

Ben venga qualunque contrasto, ben venga qualunque investimento emotivo, qualunque tematica, qualunque cosa chiunque voglia metterci.

È il tavolo che decide, come sempre.

L’unico contesto creativo in cui questo sia sostenibile è uno in cui il coinvolgimento emotivo sia molto basso. Un esempio possono essere molte avventure “vecchia maniera” centrate sul “gruppo di avventurieri”.

Dove per vecchia maniera e qui diventa chiaro, è uguale a dire Old school, leggasi Gygax Tomba degli orrori ecc ecc.

E chi l’ha detto che in un’avventura di gigaxiana memoria non possano introdursi tematiche d’un certo tipo?

Forse non sarà facile, di certo non impossibile.

Ironicamente, la soluzione al problema è proprio ciò che molti giocatori asseriscono essere la rovina del gioco ”basato sulla storia”: procedure di gioco chiare e meccaniche non negoziabili

Cosa che, ancor una volta contesto! La soluzione al problema è meno accademia, più gioco. Togliersi di testa che certe cose non si possono fare se non abbiamo qualcuno o qualcosa che ci dica come farle.

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@Fenna:

In realtà Burneko dice che molti considerano lecito ignorare le regole per il bene della storia.

Spesso bene della storia = Aspettative pregresse su cosa è accettabile.

Allora in questi casi è necessario che qualcuno corregga il tiro. In alcuni gruppi è il GM che si occupa di farlo.

Siamo quindi in un sottinsieme dei casi possibili, in cui il carico del GM non è tanto quello di non infrangere le aspettative, quanto di correggere la situazione, nel caso vengano infrante.

@Llukas:

Se nel tuo gruppo decide il tavolo, non rientri nell'esempio di Burneko. Chiaro e semplice. :)

Peraltro l'articolo non nega l'inserimento delle tematiche, quanto far sì che ci sia coinvolgimento emotivo del giocatore e che manchino tensioni sociali al tempo stesso, sempre riferendosi al caso specificato prima.

Inoltre Old School non è un tipo di avventura, è una modalità di gioco dove ci sono i Save or Die, dove muori in ogni stanza, i dadi cadono dove devono cadere, niente menate sulla storia, l'introspezione, ma solo pertica di 3m e via a tastare il terreno per non cadere nelle trappole.

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Se nel tuo gruppo decide il tavolo, non rientri nell'esempio di Burneko. Chiaro e semplice. :)
Da un articolo non mi aspetto che l'autore parli solo del proprio tavolo. Questa è una cosa che mi aspetto da un blog come racconto, non di qualcosa che, almeno a me sembra così, vuole esaminare qualcosa.
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Llukas

La mia era una risposta per dire che l'articolo l'avevo capito a differenza di quanto affermavi :) sinceramente reputo lecito che tu contesti alcune affermazioni o l'articolo per intero, non reputo fondanti le affermazioni che hai fatto di seguito, ma d'altro canto accade questo quando si hanno idee differenti.

Step

la comodità di aver riportato l'articolo è che uno se lo legge, se non lo si legge nemmeno una volta messo sotto spoiler c'è da prendere a calci l'utenza :D

Poi ti ripeto, io lo so cosa voleva dire Jessie, di fatto è uno dei motivi per cui un gdr story now deve avere i dadi, però cosa vuoi che ti dica: la mia parte l'ho fatta.

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