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Renis

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Tutti i contenuti di Renis

  1. Sei un artista, un creativo, o semplicemente non hai mai smesso di sognare? Benvenuto su Ali Ribelli, collettivo artistico internazionale. Stiamo accettando iscrizioni al nostro collettivo: accogliamo artisti visivi, cineasti, musicisti, scrittori. Se sei interessato a unirti a noi, inviaci una mail ad aliribelli@gmail.com . Risponderemo a qualsiasi domanda!
  2. Non essendo specificato, come Narratore non concederei anche un bonus aggiuntivo sulla robustezza, altrimenti il talento mi sembrerebbe troppo forte. Voi cosa ne pensate? PS. ho appena acquistato tutti i manuali True20 su Amazon, usati si trovano davvero a buon prezzo; questo per dire che nel manuale degli Adepti riuscirò forse a trovare informazioni più chiare al riguardo.
  3. Grazie di cuore per avermi fatto conoscere Ventura e per avermi dato dei preziosi suggerimenti per la strutturazione de La Notte Eterna.

  4. Renis

    Sacro Liberatore

    Il seguente background è ispirato all’ambientazione La Notte Eterna, marchio registrato di Ali Ribelli. Le strade affollate e polverose scorrevano come fiumi vocianti di persone. Dai bazar esotici si levavano le grida dei mercanti, pronti a giurare qualsiasi menzogna pur di vendere la propria merce; ai margini delle strade, maghi e saltimbanchi si esibivano nel loro meraviglioso spettacolo; carovane magnifiche sfilavano pompose, sospinte a forza fra la folla dalle arroganti guardie del nobile di turno. Questa era ed è Zey[1], una metropoli pulsante di vita, il centro nevralgico dell’intera regione. la regione nota come Cenere di Lanie illustrazione di Claudio Trangoni La vita sa essere dura, insopportabile a volte. Lo sapeva bene il piccolo Aruk, mentre si caricava sulla schiena due pesanti ceste piene di frutti ok’koror[2]. Non aveva molta scelta questo piccolo uomo-leopardo: quelli della sua razza erano ritenuti alla stregua di bestie, forse peggio. A Zey, essere un uomo-bestia significa vivere un’esistenza di immense tribolazioni. Aruk era stato portato via dalla sua tribù quando lui era appena un cucciolo. Chiedeva al padrone qualche notizia dei suoi ma costui, uno gnomo grasso e testardo, si limitava a ricordargli che a quelli come lui non spettava alcun nome e che il suo unico scopo nel mondo era di servire ciecamente il “padrone.” Aruk accettava la sua condizione con la rassegnazione che contraddistingue tutti gli schiavi di Neir, indipendentemente dalla razza cui appartengono e, anche se a volte gli capitava di sognare una vita diversa, non si lamentava mai. Eppure, il destino aveva altro in serbo per lui. Un sorgere di luna, mentre trascinava delle casse, il piccolo uomo-leopardo sentì le forze abbandonarlo e all’improvviso il mondo si sfocò fino a divenire buio. Poco dopo, Aruk fu svegliato da violente frustate dietro la schiena, colpi sferrati con cattiveria dal suo padrone. «Svegliati, bestiaccia!» Gli gridava, e per quanto soffrisse Aruk non riusciva ad alzarsi da terra. Sentì il sangue bruciare come lava bollente dietro la sua schiena e in quel momento il piccolo uomo-bestia conobbe l’odio. Svenne una seconda volta. Il padrone avrebbe continuato a frustarlo fino allo sfinimento se uno straniero coperto interamente da una lunga mantella bianca, un abito adatto a riparare il pellegrino dal gelo e dalle tempeste di sabbia di Lanie, non fosse intervenuto a bloccargli la mano con una presa d’acciaio. «Come osate?!» Gridò con voce stridula il padrone. «Lasciate stare questo ragazzo.» Disse lo straniero a cavallo di un grande, nobile cavallo bruno. Da questa posizione sopraelevata, lo straniero fissò negli occhi il grasso e sudato padrone prima di lasciargli andare il polso con fare disgustato. «Conoscete la legge sugli schiavi. È proibito frustarli a morte senza un valido motivo.» Una piccola folla si era frattanto raccolta intorno ai due. I poveri di Zey erano abituati ad assistere a scene simili e sapevano fin troppo bene che, alla fine di tutto, si riuscivano sempre a raggranellare soldi e gioielli dai cadaveri rimasti a terra. «Come osate parlare di legge a me? Faccio parte della gilda dei mercanti, io!» Fu l’altezzosa, pronta risposta del mercante. Il cavaliere allora aprì la mantella, svelando una scintillante cotta di maglia. Sull’armatura era disegnato una luna rossa, che simboleggiava il grado di comandante delle guardie. Guardandola, lo gnomo impallidì all’istante. «Signore! Questo schiavo si è ribellato ai miei ordini, dovevo punirlo!» Mentì spudoratamente il mercante con un tono supplichevole e la lingua viscida che biascicava ogni parole. «Non mentire! Ho veduto tutto. Lascerai che questo schiavo venga con me.» «M-ma certo, Signore. Prendetelo pure.» Il comandante scese da cavallo con un agile balzo e, raccolto Harad da terra, lo caricò dolcemente in groppa alla nobile bestia. Non degnò il mercante di uno sguardo, ma passandogli accanto sputò a terra il suo disprezzo. Cavallo e cavaliere scomparvero dentro una stradina. *** Aruk riaprì gli occhi. Giaceva su una comoda branda – migliore, certamente, della paglia su cui aveva sempre dormito – e si sentiva riposato come mai era stato nella sua vita. C’era quiete intorno a lui, e il piccolo si domandò dove fosse finito. L’ultimo ricordo prima dell’oblio era fuoco sulla schiena. Il ricordo gli riportò in mente il dolore e Aruk mosse istintivamente la mano dietro la schiena, che era stata bendata con cura da qualche ignoto benefattore. Una porta si aprì di scatto. L'uomo dall’ampia mantella bianca varcò la soglia ma Aruk, non conoscendolo e vedendo che era armato, pensò di trovarsi in carcere. «Non fatemi del male!» Gridò con le lacrime agli occhi. «Sta tranquillo, ragazzo. Nessuno qua vuole farti del male. Dimmi, qual è il tuo nome?» «Il mio nome?» Lo stupore si dipinse sul volto delicato del ragazzo. Mai nessuno gli aveva chiesto il suo nome fino allora. «Il mio nome è Aruk.» «Piacere di conoscerti, Aruk.» Il piccolo era incapace di formulare domande. Agli schiavi, in fondo, non era permesso neppure quello. «Conosco le domande che assillano il tuo cuore. Sei lontano da Zey, in una piccola fortezza nel deserto, non distante dalle Dune Mobili[3].» La voce profonda dell’uomo ispirava sicurezza, ma anche un certo timore nel ragazzo, che scosse il capo in senso di diniego. «Ero certo che non avevi mai sentito nominarle. Si tratta di un’area piuttosto vasta a nordest della Cenere di Lanie, una regione isolata dalla civiltà.» Aruk si limitò a fissarlo con i suoi grandi occhi felini. «Eh! Ti starai chiedendo se sono pazzo. Devi sapere che io, insieme ad altri valorosi guerrieri, faccio parte di un gruppo chiamato Janessar. Noi difendiamo i confini della Cenere di Lanie dalle incursioni dei predoni oscuri e Zeyd, e ci facciamo portavoce di una causa giusta: la causa della libertà.» Detto ciò, l’uomo rimase in silenzio, lasciando che il piccolo uomo-bestia rielaborasse a modo suo quanto aveva detto. Dopo un lungo minuto, Aruk sgranò gli occhioni con fare incerto: «Cos’è la libertà?» Quindi chiese, e questa fu la prima domanda che pose in tutta la sua vita. *** Non fu facile capire il senso della parola ‘libertà’. Naigret – così si chiamava il cavaliere e suo futuro tutore – insieme con gli altri Janessar, glielo spiegò con il modello della propria vita. Quest’uomo combatteva per l’ideale in cui credeva, e si batteva bene e con coraggio. Conduceva una vita fatta di rinunce e isolamento pur di rendere Neir un posto migliore. Spesso, il cavaliere rischiava la vita pur di salvare i bisognosi in difficoltà. Delle volte, invece, Naigret si recava a Zey, oppure alla città-avamposto di Manor[4], e qui si spacciava per una guardia o qualche altro pezzo grosso e liberava quanti schiavi poteva, correndo enormi pericoli ma evitando, per quanto gli fosse possibile, di spargere sangue. Per seguire la vita esemplare del suo salvatore, Aruk dovette dare il meglio di sé. Lo seguì sin da giovanissimo nei suoi pellegrinaggi nel deserto, imparando a sopravvivere in uno dei luoghi più ostili di Neir. Ma la via della spada egli scelse su tutte. Con la sua lama, il pellegrino guerriero che vaga sulla terra aveva il potere di scrivere il destino dei suoi nemici. Il giorno in cui la vita del suo vecchio mentore si spense, Aruk promise a sé stesso che avrebbe dedicato la sua intera esistenza all’ideale che lo aveva reso un individuo cosciente dei propri diritti. Al momento di partire dalle Dune Mobili, i suoi compagni Janessar gli donarono l’Anello della Speranza. L’Anello della Speranza è un oggetto tenuto in alta considerazione fra questi uomini coraggiosi, dato che si ottiene solo tramite enormi sacrifici. Questo anello magico ha il potere di sprigionare un bagliore di luce nelle notti senza luna, una stella cadente illusoria che solca il cielo a gran velocità e si spinge fino a decine di miglia di distanza. Il segnale avvisa altri Janessar nelle vicinanze che un loro compagno si trova in gravi difficoltà. Seguendo la scia di luce, che riconoscerebbero fra altre mille, gli Janessar giungono in soccorso del proprio compagno. Aruk oggi vaga per le distese sabbiose di Lanie in sella al fedele Shazar, discendente del purosangue cavalcato a suo tempo da Naigret. Sotto la lunga mantella bianca che lo copre dal capo ai piedi, si nasconde un uomo-bestia che ha conosciuto la cocente frusta di un padrone, che ha conosciuto odio e dolore, e che è pronto a lottare fino all’ultima goccia di sangue per la libertà. I tiranni del mondo faranno bene a tremare sui loro troni di acciaio!! [1] L’Oasi di Zey è generalmente ritenuta l’ultima città prima che la Cenere di Lanie, il vasto deserto all’estremo sud di Neir, inghiotta fra le sue dune ogni traccia di civiltà. [2] Originari del sottosuolo di Neir, i frutti ok’koror assomigliano a mele verdi ma sono di gran lunga più dolci. Questi frutti non temono il freddo, ma eccessive precipitazioni rischiano di uccidere la pianta. [3] Le Dune Mobili sono un’area a nordest della regione nota come Cenere di Lanie. Famigerate per inghiottire gli ignari viandanti che osano percorrerle, le Dune Mobili costituiscono forse la zona meno frequentata del deserto. [4] Manor è un avamposto militare dell’Impero delle Terre Nascoste ai limiti settentrionali della Cenere di Lanie. di J.R. Forbus
  5. Renis

    Il Vento del Mondo

    background ispirato da La Notte Eterna Per la mia gente è stato, è e sempre sarà Amar Sûl, il “Vento del Mondo”. Esso non ha età, perché chiama a sé giovani e vecchi indistintamente; non ha volto, perché ne ha un milione diversi, tanti quanti coloro che in esso si specchiano al levarsi di ogni alba.[1] Un viandante sa riconoscerlo nel respiro di un drago, in una vela che si gonfia, anche sul pallido volto di una fanciulla: è quell'istinto vorace che ti ghermisce il cuore e ti porta lontano, in sella a un cavallo, scalzo lungo una strada polverosa, marinaio di un vascello senza nome, poco importa, purché si vada. Ricordo come ieri quella luna: passeggiavo distratto, perso in chissà quali sogni, quali orizzonti, quando d’improvviso ebbi l’impulso di levare lo sguardo a quel tetto di alberi antichi allora le fronde iridescenti sussultarono, solo una volta, perché pronunciarono un solo nome, Yamash, il mio nome. Amar Sûl aveva attraversato pianure sconfinate, oceani bui, montagne dai picchi innevati, sotterranei oscuri e polverosi, regni squassati da guerre sanguinose e immani catastrofi, giungle inesplorate, laghi incantati e quindi era giunto fino a me, lì nella Verde Foresta esso mi parlò e ciò che disse avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Solitario di natura e solo per destino, raccolsi i miei miseri averi e partii. Se mi fossi voltato indietro, forse la paura dell’ignoto avrebbe preso il sopravvento, forse avrei messo radici nella terra dei miei avi, ove avrei vissuto fino al giorno della mia morte. Non andò così e dopo appena pochi giorni di cammino io, elfo silvano poco avvezzo ai fatti del mondo, raggiunsi una città. Mai prima d’allora ne avevo visitata una, e la sua vista mi procurò un fiume in piena d'emozioni che tutt’oggi non saprei definire. Scoprii di essere irrimediabilmente perduto poco dopo, nel muovermi in mezzo a quella folla, quella fiumana indistinta di civiltà e barbarie, come un naufrago sospinto alla deriva. Non so quale corrente mi trascinò fin lì, quale stradina, quale spallata distratta mi sospinse in quel vicolo. Comunque andarono le cose, mi trovai dinnanzi una porta di legno, vecchia e annerita dagli anni. Un cartello penzolante mi dava il benvenuto nell’Allegra Botte di Walt, e dal vociare indistinto, la musica e le risa che udivo sembrava dire il vero. Non occorse molto perché, stanco nel corpo e nello spirito, decidessi di aprire la porta e varcare la soglia Ah, gli odori, le voci e gli sguardi che popolano una locanda racchiudono l’intera storia del mondo. Decifrare tale storia non è semplice, occorre un alfabeto unico nel suo genere che solo la strada può insegnare. Fu quel giorno, in quel luogo che compresi che vi era un lungo cammino da percorrere, e che per iniziare un simile viaggio avrei avuto bisogno di validi compagni di ventura. Non fu difficile trovarli, mi lasciai guidare dall'istinto, permisi all’Amar Sûl di consigliarmi. Rifletto spesso su come sarebbero andate le cose se i nostri destini non si fossero incrociati, se non mi fossi fidato del Vento del Mondo. Continuo a pormi domande alle quali non può esistere risposta, e perseguo nel mio intento per il puro diletto di tornare indietro negli anni. Perché sono vecchio, molto vecchio, e quando si ha la mia età si ama ricordare. Eppure eccomi, dopo tanto tempo e tante miglia, è qui che sono giunto. Ancora una volta, prima dell’ultimo viaggio. Note [1]La Verde Foresta è una vasta regione nel sudest di Neir. Rimasta intoccata dalla scomparsa del sole grazie a un antico incantesimo di Vera Magia, la Verde Foresta è la patria degli elfi selvaggi, i lontani discendenti della leggendaria Dor. - di J.R. Forbus
  6. Renis

    Il Cuore di un Cavaliere

    Il background presente in questo documento è stato ispirato e scritto sulla base dell’ambientazione La Notte Eterna, marchio registrato di proprietà di Ali Ribelli Edizioni. *** Un lampo squarciò le tenebre, un lampo intenso e bellissimo che illuminò tutto il bosco per la durata di un brevissimo istante. Poi venne il tuono, con la voce grossa e spaventosa, e le finestrelle della casetta tremarono. Era una di quelle notti senza luna e senza stelle, senza canti di fate, senza melodie di flauti. Una notte di lampi, tuoni, pioggia e paura. Un vecchio dalla folta barba bianca se ne stava seduto alla finestra. Sembrava pensieroso, quasi imbronciato. Forse pensava al vecchio tetto che gocciolava, oppure alla candela che, inesorabile, andava consumandosi¼ Così ci bevve su un lungo sorso d’idromele, e continuò a scrutare il vuoto davanti a sé. - «Nonnino?» Mormorò una flebile voce dietro di lui, ma le attenzioni dell'uomo erano rivolte altrove, in un altrove molto lontano. Il fragore di un tuono, questo più prepotente dell’altro, esplose per gli abissi del cielo sferzando la casetta con il suo gridare. E quel vento, come un fanciullo dispettoso, spense la candela recando la tenebra più assoluta nella casa e nei cuori di coloro che l’abitavano. - «Nonnino, ho paura!» Stavolta la flebile voce coprì anche le urla della bufera. Il vecchio trasalì e, alzandosi di scatto dalla sedia, cercò a tentoni quella voce che avrebbe riconosciuto fra tutte le voci del mondo. Dopo alcuni, lunghissimi secondi d’incertezza, finalmente la trovò. - «Sshhh... non temere, ci sono qua io, piccola mia...» Mormorò lui raccogliendo la bambina fra quelle braccia da gigante e sorridendole con i suoi occhi grigi. - «Oh nonnino, falla smettere! Sta spaventando Weymond!» Il vecchio non riuscì a fare a meno di sorridere: Weymond era l’orsetto di pezza che le aveva regalato in occasione dello scorso Gran Torneo di Primavera. Da quella luna, la piccola non se ne era mai separata, e lo teneva sempre con sé. - «Ma io non posso comandare il cielo, mia cara.» Le disse quindi riaccendendo la candela. Una luce fioca ma accogliente li avvolse. - «Allora raccontaci una storia!» Fece la bambina, che cominciava ad asciugarsi le lacrime e a tirare su il nasino. - «Ma non dovresti andare a letto?» - «Tanto io e Weymond non riusciamo a dormire con tutto questo rumore.» Il vecchio sospirò. Discutere con sua nipote era inutile. Alla fine la spuntava sempre lei, in un modo o nell'altro. Forse sbagliava a dargliela continuamente vinta, ma da quando i genitori della piccola erano morti, lui era tutta la famiglia che le era rimasta. L’uomo gettò della legna di yug nel fuoco e poi, quando le fiamme presero a scoppiettare allegramente, prese posto sulla seggiola. La bambina si sedette a terra, su una pesante coperta di lana. - «Uhm, lasciami pensare...» Bevendo un altro sorso d’idromele. «Te l’ho già raccontata la storia dell’albero parlante?» La piccola annuì. - «E quella del falco imbroglione?» - «Sì, almeno cinque volte.» Non era mai stato granché in quanto a immaginazione, e quella notte la sua mente era occupata da ben altri pensieri. Eppure, quei grandi occhioni arrossati di pianto lo imploravano per una storia, “una storia degna di tal nome”, come qualcuno gli aveva detto tanti anni addietro. - «Tu e Weymond siete diventati un pubblico esigente!» La bambina sorrise, e al nonnino parve che gli occhietti del pupazzo brillassero di una vispa intelligenza. Fuori la casetta, intanto, il vento ululava come un lupo invernale. Ma dentro, al tepore del focherello che scoppiettava allegramente, la tempesta parve chetarsi - «C'era una volta¼» Cominciò allora con una voce calda e profonda, una voce che sembrava provenire direttamente dal mondo delle fiabe… CONTINUA...
  7. Renis

    Ombra Rossa

    ispirato da La Notte Eterna “Muovi il cu*o, sorellina!” “Un'altra pinta di birra a questo tavolo, occhi belli!” Chi ha mai detto che sarebbe stato facile? Vivere, intendo. Quando sei la sguattera di una bettola puzzolente, la vita non è tutta rosa e fiori. Perché scrivere delle mie memorie? Per rammentare a me stessa che ho il cuore dannato? Forse per ritrovarmi in queste pagine, fra qualche anno, e scoprire che i petali della mia vita sono appassiti come la rosa che stringo in pugno. Non fa differenza. Mio padre era morto l’anno prima. Ricordo che una sera tornò dai campi con un febbrone da cavallo e il dottore ci disse che non sarebbe sopravvissuto alla notte. Aveva ragione. La gente se ne infischiò. La vita era già abbastanza dura a causa della carestia e delle tasse del connestabile, perché preoccuparsi della vedova O’Leary e figlia? Gli usurai si portarono via tutto. Anche quei quattro stracci che avevamo addosso. Mi piace pensare che mamma morì di dolore per la scomparsa del babbo, ma la realtà è che quelle notti senza luna furono particolarmente rigide [1]e le pietre del vecchio mulino erano fredde e piene di spifferi come una tomba. Al villaggio i superstiziosi e i maligni cominciarono a mormorare: “È la figlia” dicevano “la giovane O’Leary è una strega. È stata lei a far ammalare i genitori! Avete visto i capelli? Sono rossi come le fiamme dell’inferno. Presto quella strega verrà a prendersi i nostri bambini!” Altre porte si chiusero. Altre teste si voltarono al mio passaggio. Sola e miserabile, lasciai il villaggio a bordo di una carovana diretta a Mubunash[2]. Lì restai nascosta per due giorni, succhiando il sangue appiccicoso dai ventri squartati dei maiali. Il pasto migliore che avevo da mesi. Non ero mai stata in una città prima di allora. All’età di quindici anni il mondo è un luogo pieno di meraviglie e, malgrado tutti i miei guai, mi sentivo piena di vita. Mi sarei trovata un lavoro, avrei messo su un sacco di soldi e sarei diventata ricchissima. Quando sei una ragazzina di campagna ci credi a certe cose. È sempre la solita storia: in città le strade sono lastricate d’oro e tutto il resto… Ben presto capii che mi sbagliavo. La gente di città era peggio di quella del mio villaggio. Nessuno si curava di una ragazzina sporca e cenciosa, nessuno. Provai dunque a elemosinare e all’inizio le cose andarono benino. Ma una sera un mendicante, un uomo che reputavo mio amico, mi pestò di botte e si portò via quell’unica moneta d’argento che avevo faticosamente risparmiato. Lo guardai con gli occhi lividi di pugni e di lacrime mentre, in locanda, banchettava con il mio denaro. È così che conobbi l’odio. Stanca, infreddolita e affamata scivolai nella stalla, dove mi adagiai sul fieno. Non riuscii neppure a chiudere gli occhi, però, che sentii afferrarmi da due forti braccia. “E tu chi sei?” Era un ragazzo, poteva avere al massimo un paio di anni in più a me. ”E cosa ci fai qui?” “Cerco solo un posto dove passare la notte. Ti prego, non picchiarmi!” Solo allora il ragazzo parve accorgersi dei miei lividi. “Chi ti ha fatto questi segni?” Ma io non risposi e scoppiai a piangere. “Non piangere”, e porgendomi uno straccio, “tieni, asciugati quegli occhioni tristi. Io sono Duncan, ma tutti qui mi chiamano Dunk. E tu?” “S-Sarah, Sarah O’Leary.” “Ti andrebbe del latte caldo, Sarah O’Leary?” Annuii entusiasta e Dunk, senza aggiungere una parola, sgusciò via dalla stalla. Pochi minuti dopo era di ritorno con una tazza di latte fumante fra le mani. La tazza di latte mi ricordò giorni più felici, quando il babbo e la mamma erano ancora vivi e allora piansi, piansi moltissimo. Dunk lavorava come garzone alla locanda e confessò che, nella penombra, mi aveva scambiata per un ladro di cavalli. Ricordo che lo trovai molto coraggioso. Fu grazie a lui, comunque, che l’oste accettò di assumermi come sguattera. Il lavoro era terribile. Dovevo sopportare in silenzio le continue allusioni sessuali che gli avventori mi sputavano addosso con quelle loro linguacce da ubriachi. Ma la compagnia di Dunk e la sicurezza di un pasto caldo e di un tetto sopra la testa mi sostenevano anche nei momenti più duri. Con il passare dei mesi, mi affezionai a quel ragazzo forte e di buon cuore che mi aveva tolta dalla strada. C’eravamo promessi che un giorno avremmo aperto una locanda tutta nostra. Sembra ridicolo, ma era il nostro grande sogno. Già mi vedevo indaffarata ai fornelli, aiutata dai miei ragazzi. Sì, perché in quel sogno c’erano anche i figli, i nostri figli. Ma il destino, si sa, lavora per conto suo e nel mio caso aveva in serbo tutt’altri progetti. Accadde una notte sul tardi: Dunk era uscito a controllare la stalla, mentre il vecchio oste russava già da un pezzo. Era rimasto un solo cliente, quello che doveva essere un mercante a giudicare dagli abiti che indossava. L’uomo si era scolato molte, troppe pinte di birra e dormiva con la testa appoggiata sul tavolo; la prassi, insomma. Mi avvicinai per svegliarlo e invitarlo cortesemente alla porta quando l’uomo si destò all’improvviso e, con una rapidità sorprendente, mi stritolò il polso. “Sei davvero un bel pezzo di figliola… ti va di spassartela?” “Mi… mi lasci stare! Devo chiederle di uscire, la locanda sta per chiudere!” Non ebbi il tempo di finire che l’uomo estrasse un pugnale e me lo puntò dritto alla gola. “Io non vado da nessuna parte e tu, se ci tieni a quei begli occhioni verdi che hai, farai esattamente come ti dico…” Mi fissava con uno sguardo rosso e umido, uno sguardo da ubriaco. Capii subito che faceva sul serio e preferii obbedire. Il mercante mi condusse alla porta. La paura mi aveva bloccata, non riuscivo a pensare ad altro che al pugnale, che adesso l’uomo mi teneva puntato dietro la schiena. Ci allontanammo di qualche passo ed io mi davo già per spacciata quando Dunk, sbucato dall’ombra, diede un poderoso strattone al mio assalitore. L’uomo cadde a terra ma, prima che Dunk potesse gettarcisi addosso, si era già rialzato e con una prontezza letale lo feriva al cuore. Forse il mercante aveva sbagliato mira, forse non voleva colpire per uccidere. Fatto sta che Dunk indietreggiò di qualche passo e, guardandomi con gli occhi sbarrati dallo stupore, balbettò: “M-mi dispiace…” Un attimo prima di accasciarsi al suolo, morto. Quel che accadde dopo lo sa soltanto il diavolo. Ricordo un impeto di rabbia, ricordo di aver raccolto il pugnale che l’assassino aveva lasciato cadere a terra. Poi, un velo rosso sangue copre ogni cosa. Mi vedo in fuga, con il pugnale stretto saldamente nel pugno e il cuore che mi martellava in petto, quell’ardente sensazione di libertà e l’appagamento di una vendetta compiuta. In quel bagno di sangue mi sentii rinata. Quando ripresi conoscenza mi trovavo nello stesso, lurido angolino dove dormivo prima di imbattermi in Dunk. Per un brevissimo istante pensai che si fosse trattato di un incubo, ma guardando il pugnale e le mie mani imbrattate di sangue capii che no, non l’avevo sognato. Strano, ma la mia coscienza era sgombra da qualsiasi rimorso. Pensai a Dunk, a com’era morto per proteggermi. Vacillai: il dolore era ancora troppo vicino. Quella notte conobbi me stessa. Perché un'altra ragazza al mio posto si sarebbe costituita alle guardie o avrebbe atteso immobile lo scorrere degli eventi. Io scelsi un’altra via. Al momento decisivo, il mio istinto di conservazione ebbe la meglio su tutto. Sciacquai le mani e il pugnale in una pozzanghera e mi allontanai scomparendo nelle tenebre. Sin da allora conoscevo abbastanza bene questo sporco mondo da sapere che le guardie corrotte si sarebbero intascate il borsello del mercante e mi avrebbero accusata di furto e omicidio. Per un pugno di soldi e minacce, il vecchio oste avrebbe testimoniato a loro favore. Per me non restava altro da fare che lasciare Mubunash, dove avevo vissuto per un anno. Un lungo anno in cui da ingenua fanciulla ero diventata una donna. Avevo sedici anni allora, quando cominciai a peregrinare in giro per Neir. La paura della legge m’indusse a viaggiare di città in città, anonima e silenziosa come un’ombra. Fui obbligata a compiere altri crimini per sopravvivere. All’inizio piccoli furti, quel tanto che bastava per tirare avanti, ma poi mi spinsi sempre più oltre, finché uccisi di nuovo. E poi ancora, e ancora. Con il tempo ci presi gusto. Per la prima volta nella mia vita ero io a scegliere, io a comandare, io e soltanto io. Nel corso dei miei viaggi ho appreso i segreti della Via e raffinato le tecniche; ho conosciuto altri come me: nobili o corrotti, innocenti o colpevoli, vivi o morti. Ma per tutti vale la stessa regola, la stessa religione: la lama silenziosa taglia meglio. Due anni or sono conobbi Ezkar, un mago sapiente[3]. Fu lui a convincermi a seguirlo fino a Zey[4], dove diventammo soci in affari e non impiegammo molto a farci una discreta reputazione. Io mi servivo delle sue conoscenze per procurarmi i “lavori”: affari complicati, politica e quant’altro. Ma una pugnalata dietro la schiena risolveva ogni problema, garantito. A essere sincera i maghi non mi sono mai piaciuti. Troppo astuti e pericolosi per potersi fidare di loro. Immaginate, dunque, la mia sorpresa quando Ezkar confessò di amarmi. “Lasciamo stare questa vita. Abbiamo abbastanza soldi da vivere bene per il resto dei nostri giorni. Andiamo via, io e te, e ricominciamo tutto daccapo.” Povero, stolto Ezky. Gli tagliai la gola nel sonno e fuggii con i soldi. La nostra unione era conclusa, eh eh. Forse quei bifolchi dei miei compaesani avevano ragione su di me, forse sono davvero una “strega”. Fatto sta che adesso ho una taglia sulla testa. Ammonta a 3,500 pezzi d’oro, se non sbaglio. Senza le conoscenze influenti di Ezkar, la legge mi considera una pericolosa fuorilegge. Devo trovare un gruppo di avventurieri e guadagnarmi la loro fiducia, se non voglio che la morte venga a bussare alla mia porta anzitempo. Solo allora potrò dormire sonni tranquilli. Credo. La gente mi conosce come Ombra Rossa, ma in qualunque modo vogliano chiamarmi io non devo rispondere ad altri che a me stessa. Dopo tutto, chi ha mai detto che sarebbe stato facile? Vivere, intendo. [1] A causa dell’assenza della luce solare, il mondo di Neir è piombato in una tenebra eterna che pregiudica la sopravvivenza di migliaia di specie animali e vegetali. Il Fuoco Segreto, la fonte arcana dalla quale ha origine la magia, insieme al sacrificio del dio del sole Laon che, prima di essere imprigionato, donò parte del suo calore e della sua luce alla luna, hanno preservato il pianeta a una temperatura sopportabile, quantunque rigida, che in alcuni territori raggiunge picchi di calore addirittura piacevoli. [2] Centro politico e commerciale di spicco presso la frammentata regione di Xanesh, Mubunash è rinomata per la sua famosa biblioteca. [3] I sapienti sono umanoidi molto simili agli umani, caratterizzati da un’aspettativa di vita più lunga, un’innata capacità arcana, e tratti somatici piuttosto chiari. [4] Zey è l’ultima grande città prima di raggiungere l’immensa e pericolosa distesa desertica nota come Cenere di Lanie. di Jason Ray Forbus
  8. Renis

    Confessioni di un Arcimago

    tratto da La Notte Eterna Vi ho visto, oltre questa barriera che ci separa. Mi guardavate con odio. Cosa sarà mai una cella? Ho avuto l'immenso dispiacere di albergare presso locande ben più umili della prigione in cui alloggiate. La verità è che siamo diversi, io e voi. No, non sono un orfano disgraziato né la vittima di un destino crudele. Figlio di genitori nobili e amorevoli, sono cresciuto in una casa incantevole. Come potete vedere dalla veste che indosso, sono un elfo proveniente dalla splendida isola di Azkabel, un autentico gioiello sospeso nel mare del Nord. Saprete senz'altro che la mia gente abita quell'isola da secoli, ormai. Noi elfi siamo come topi rinchiusi in una fogna d'oro. A mio avviso, una fogna vale l'altra. Sin da fanciullo dimostrai di possedere un'intelligenza fuori dal comune, anche per gli standard della mia razza. Difatti, essendo scarsamente istruito, non capivo perché vivessimo isolati dal resto del mondo¼ e così ricordo che ne domandai a mia madre, la sola creatura che io abbia mai amato in questa valle di lacrime. La risposta che mi diede mi lasciò perplesso. Esistevano altre creature al mondo, creature malvagie e pericolose da cui era meglio tenersi alla larga. Pericoloso è una parola affascinante. Pericolosa è la pioggia battente che distrugge il raccolto di un fattore, portando lui e la sua famiglia alla fame e alla morte. Ciò che è pericoloso per uno, è vantaggioso per altri. Ma nella vostra fin troppo lunga vita, lo avrete senz'altro capito. Ecco, quella parola mi ossessionò per giorni. Ero un fanciullo molto sensibile, sapete? "Pericoloso,’ dicevo leccandomi nervosamente le labbra; ‘pericoloso", dicevo guardando la mia pallida figura riflessa in uno specchio d'acqua. Mi innamorai di quella parola perché mia madre la pronunciava come una cortigiana suole pronunciare il nome del suo amante. Dopo alcune notti insonni, finalmente capii¼ io dovevo essere quella parola, e per farlo ero disposto a dannarmi l'anima. Ma come? Certo, apprendevo velocemente le nozioni che i maestri mi insegnavano. Ma non bastava. Conoscere la geografia e la storia di Neir a memoria non mi rendeva pericoloso. È il potere di fare e disfare, di alterare la realtà delle cose e influire sulle esistenze altrui che rende un essere erudito un essere pericoloso. Mi iscrissi alla scuola di magia. Sin da subito compresi la pateticità del luogo e della gente che lo frequentava. Alcuni dei miei compagni speravano di sostituire i loro amati maestri, un giorno; altri, più stolti, di partire all'avventura. Io ero uno fra tanti, un insetto dal viso affascinante e la chioma dorata. Carpivo ogni gesto, ogni parola. Prosciugavo ogni sapere come una piccola spugna ingoia l'oceano. La febbre della ragione non tardò molto a isolarmi dal resto della classe. Fu all'accademia di magia che mi guadagnai l'appellativo di "Spettro", nomignolo che mi porto dietro tutt'oggi. Ero talmente taciturno, che nessuno si accorgeva di me. E come una tigre che balza alle spalle delle sue vittime ignare, io confondevo le labili menti di quegli sciocchi esibendo gentilezza e falsa modestia. Ero dunque il fido consigliere di squallide faccende amorose; il compagno ideale di studio; il fanciullo timido e riservato che piaceva tanto alle madri dei miei compagni. In fondo, chi ha stabilito che un essere pericoloso debba necessariamente essere maleducato? Io sopportavo e aspettavo¼ gran parte dell'esistenza di un mortale trascorre nell'attesa. Ricordo perfettamente il giorno in cui ottenni il mio bastone: una bufera fuori stagione si abbatté sull'intero Regno di Nü, e i maestri ebbero a dire che un tempo del genere in un giorno di cerimonia come quello non lasciava presagire nulla di buono. A mio avviso, la bufera ebbe il merito di allontanare la folla di sciocchi curiosi che non mancano mai in simili occasioni. Bene, ero un mago. Sarei potuto restare ad Azkabel a trastullarmi con i miei simili, ma preferii accertarmi di persona dei pericoli del continente. Avevo condotto degli studi, in gran segreto, riguardo l'antica magia elfica¼ sì, l'Arte che rese i miei avi grandi e temibili. I segreti di questa potente magia si celavano in luoghi esotici e inospitali del continente. Luoghi dove neppure voi osavate mettere piede. Eppure, per colui che fosse stato in grado di scoprirli, si sarebbero aperti degli orizzonti di potere inimmaginabile! Voi conoscete bene il potere di cui parlo; vi siete amati di un vero amore. Convinsi i miei genitori a prestarmi del denaro, grazie al quale lasciai l'isola a bordo di uno spedito vascello. Non tardai molto a trovare dei compagni di viaggio con i quali visitare le grandi e depravate metropoli di Neir. Cominciai così la carriera che avevo tanto disprezzato, la via dell'avventuriero. Una vita interessante in fin dei conti, non trovate? La pratica era una migliore insegnante della teoria. Ciò che l'accademia non mi aveva insegnato, lo appresi sulla strada. Eravamo talmente abili, io e i miei soci, che con gli anni acquisimmo una certa fama. All'apice della nostra buona sorte, fummo eletti protettori di un'intera nazione. Così tramai all'ombra di saloni dorati di re e regine¼ Forte dell'appoggio economico e militare di un intero regno, manipolai i mezzi che avevo a disposizione in maniera tale da avvicinarmi all'oggetto delle mie ricerche finché, dopo tanti sforzi, lo trovai. La leggendaria Vera Magia! Una fonte immensa di potere arcano sepolta da ere, a cui i draghi dell’antica Mazak’hra avevano rinunciato per la sua pericolosità. Io non avrei commesso lo stesso errore. Non fu cosa facile impadronirsi della Vera Magia: quando credevo di avercela fatta, i miei compagni mi scoprirono e si rivoltarono contro di me. Disgraziati e miserabili. Quegli sciocchi non si erano resi conto di nulla¼ durante tutto quel tempo trascorso insieme, avevo studiato attentamente ogni loro forza e debolezza. Fu piuttosto facile eliminarli, uno dopo l'altro. Ammetto che fu anche divertente. Tuttavia, la sorte doveva giocarmi un ultimo, brutto scherzo prima della fine. Le Sorelle Elementaliste, le impiccioni di Neir, posero un intero esercito di guardia alla Vera Magia. Sbaragliare quell'armata di poveri pazzi fu ancora più facile che uccidere i miei compagni di ventura, ma in qualche modo servì a ritardare i miei piani un po' più del previsto. Di certo, quei cento che avete mandato al macello credevano che voi sareste riuscito a fermarmi. Poveri illusi! Non avreste dovuto sfidarmi, vecchio. La vostra magia è debole e innocua contro di me. Io sono Etuan lo Spettro, il più grande arcimago che abbia posato piede su Neir e Larass’hra dai giorni della Terra degli Splendori. Ebbene, credo di aver parlato fin troppo. Non si è l’ultimo Arcimago di Nü senza sapere quando è giunta la propria ora. Consideratevi onorato, poiché sarete il primo a sperimentare tutta la forza del mio nuovo potere. L'energia immensa della Vera Magia mi formicola sulle punta delle dita; sì, vecchio, la sentite? Urla nelle nostre orecchie come un vento siderale¼ e reclama la vostra vita! di J.R. Forbus
  9. Renis

    La Memoria di Odino

    Così è detto nel poema eddico Grímnismál, al XX canto: «Huginn ok Muninn fliúga hverian dag iörmungrund yfir; óumk ek of Hugin at hann aptr ne komit, þó siámk meirr um Munin.» «Huginn e Muninn volano ogni giorno alti intorno alla terra. Io ho timore per Huginn che non ritorni; ma ho ancora più timore per Muninn.» Era l’alba di un gelido mattino a Midgard. Le montagne, le foreste, tutto era avvolto nella nebbia e nella neve, in un sogno polare e senza risveglio. Non si vedevano né uomini, né animali, né bestie in cielo e per terra. In alto, fra le nuvole gravide, sulle cime dei monti, un corvo volava. Le sue piccole ali erano intirizzite dal freddo, le sue piume zuppe di neve, il suo becco ricoperto di ghiaccio; eppure volava, testardo, volava contro il vento del mondo che ululava fra le pareti rocciose. Continua ...
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    Scheda del personaggio T20.
  11. Renis

    Mini-bestiario

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    Mini-bestiario True20 La Notte Eterna, revisionato a cura di Tiziano Furlano.
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    Quick Start Rules True20 (corrette) in Italiano.
  13. Renis

    Punti Mana

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    Sistema di magia alternativo ai tiri contro stanchezza, ideato da Francesco Felici
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    Regole opzionali per Livelli Epici, ideata da Francesco Felici.
  15. Ho immediatamente girato la tabella per il danno a tutti i miei giocatori, grazie Tyke!
  16. Riguardo i ruoli, penso che il sistema della revised gli dia maggiore spessore ma allo stesso tempo, almeno per il sottoscritto, maggiore complessità. Per i livelli di salute, in effetti tenere a mente le varie condizioni non è sempre facile (seppure giocando si acquisisca dimestichezza, testato). Un tiro danno forse risolverebbe il problema e allo stesso tempo "darebbe più gusto". La differenziazione tra bonus di schivata e parata, invece, sono un pilastro intoccabile. Questi bonus forniscono un sistema di difesa più democratico a seconda dei casi. Parare, poi, deve basarsi sulla forza perché frapporre uno scudo a un'ascia bipenne e resistere all'impatto è un atto di forza, non di destrezza.
  17. Un mattino da sogno, un fanciullo decide di lasciare la sua isola e partire alla volta delle cascate alla fine del mondo. Tenetevi forte, cercatori, la zattera sta per salpare… Dopo una lunga attesa è finalmente disponibile la favola illustrata Il Fanciullo Lontano. La favola, rilegata in copertina rigida e con un formato A4, comprende 23 illustrazioni a colori della pittrice Bissan Rafe Qasrawi - www.nohra-studio.com . Al momento il libro è disponibile in lingua italiana e nei prossimi giorni sarà pubblicata anche in Inglese, Spagnolo e Arabo. A fine agosto il libro sarà presentato in una galleria d'arte di New York. Io e Bissan ci auguriamo possa trovare una buona accoglienza anche in patria. A presto, cari sognatori Il libro può essere acquistato direttamente tramite www.lulu.com/spotlight/aliribelli oppure richiedendomi una copia. Presto sarà disponibile anche in alcune librerie.
  18. Ecco a voi le pubblicazioni di Ali Ribelli, disponibili tramite www.lulu.com/spotlight/aliribelli oppure ordinabili tramite aliribelli@gmail.com Entro domani la favola illustrata Il Fanciullo Lontano, comprensiva di 23 illustrazioni opera della bravissima e affermata pittrice palestinese Bissan Rafe, www.nohra-studio.com , sarà pubblicata in Italiano, Inglese e Arabo (ulteriori lingue disponibili nelle prossime settimane).
  19. Grazie a voi, messere. I libri posso spedirveli io con dedica oppure potete ordinarli comodamente tramite www.lulu.com/spotlight/aliribelli . A giorni, grazie alla collaborazione della pittrice palestinese Bissan Rafe, pubblicheremo una splendida favola illustrata dedicata al mare, Il Fanciullo Lontano . Vi auguro una splendida giornata!
  20. Ali Ribelli è una serie di pubblicazioni con nessun’altra pretesa se non quella di diffondere sogni, che siano veri, in un’epoca in cui la gente comincia a dimenticare cosa si provi. Il giorno in cui compresi che le nuvole che correvano sulle nostre teste non lasciavano più alcuna traccia, quel giorno compresi che avevo bisogno di ali, ali per volare più in alto e più lontano. Per costruire le mie ali mi sono servito di sogni, piuttosto che ricorrere all’accattivante cera. Quando le ali si avvicineranno ai roventi raggi del sole, esse non si squaglieranno ma saranno baciate dalla luce. E forse, al di sotto delle nuvole, qualcun altro seguirà e si tufferà nell’etere. All’attivo, la piccola casa editrice annovera i seguenti testi: 1) Il Blu Silente, 35 poesie posate sul fondo del mare (in lingua italiana, presto disponibile) 2) Storie d’Oltredove, 8 racconti di viaggi nello spazio e nel tempo (in lingua italiana) 3) The Revolt of the Skeletons in the Closet, novelette (in lingua inglese -- utilizzando questo codice BEACHREAD305 , otterrete uno sconto del 15% ) 4) Il Fanciullo Lontano, un viaggio epico alla ricerca della verità (disponibile in italiano, inglese, spagnolo e arabo; presto disponibile) Tenetevi aggiornati su www.lulu.com/spotlight/aliribelli ed iscrivetevi alla fanpage su facebook http://www.facebook.com/pages/Jason-R-Forbus/107491242623870?ref=search
  21. Piangeresti se potessi, amor di morti, amor che muore piangeresti la tua amata con lacrime di fiaba. Una fiaba di peccato è quando ami senza alba è quando ami senza sonno e credi sarà eterno quando eterno non è stato. Perché piangi cavaliere? Perché sangue, perché gelo perché luna, perché gridi, perché solo? Lei è polvere, un ricordo di petali nel vento di baci soffiati lontano per il mondo. E quando giaci cavaliere nella tomba piangeresti, se potessi è più fredda e più profonda. Senza sonno e senza alba, amor di morti, amor che muore. di J.R. Forbus poesia tratta da La Notte Eterna, www.lanotteeterna.com
  22. Il manuale è in cartaceo e completo di tutte le regole necessarie a giocare. Con La Notte Eterna avete a disposizione un'ambientazione di 268 pagine + mappe e illustrazioni (comprensivo di bestiario, nuovi talenti, razze, poteri soprannaturali)... insomma, con 30 euro scarsi avete un gioco di ruolo completo. Buona ruolata!
  23. Sì, il manuale del giocatore (e-book o cartaceo) è in italiano e disponibile presso www.e-wyrd.com . Il bestiario uscirà fra uno-due mesi, per il momento è disponibile in inglese. Il manuale del giocatore però ha una tabella per convertire i mostri da vari regolamenti D20 al True20 (è facilissimo). Comunque, LNE include anche un mini-bestiario e pubblicheremo nuovi mostri (scaricabili gratuitamente) anche su www.lanotteeterna.com , dove puoi già trovare vari download gratuiti.
  24. Se ti riferivi a LNE sì, l'ambientazione è in italiano.
  25. Se ti piacciono ambientazioni gothic-fantasy, visita www.lanotteeterna.com . Al momento siamo al lavoro a Le Terre Nascoste, e per settembre avremo parecchie novità (si spera nel bestiario True20 italiano, e versione cartacea de La Notte Eterna). Buone ruolate a tutti e... buon viaggio!
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