problematiche di averlo scritto su una scheda del personaggio o di un png o di un mostro.
Il gioco, il sistema, le regole.
Richiedono di quantificare su una coppia fittizia di assi (legge-caos, bene-male) la moralità di un personaggio, per pure questioni meccaniche, quando in realtà una tale divisione è totalmente impossibile da fare dato che per ognuno la percezione della moralità cambia in base alle proprie esperienze.
Non esiste un malvagio e un buono "a prescindere", ma solo un malvagio o buono che può essere percepito come tale solo in base al concetto di malvagio e buono che si sono formati nell'osservatore in base alla propria esperienza o cultura di appartenenza.
Invece, nella necessità di quantificare per un sistema regolistico l'assetto morale, si usano delle "macrocategorie" di azioni e fini e le si legano all'asse bene-male o caos-legge, scelti arbitrariamente dai designer del gioco (col paradosso che se tutti i GD di D&d fossero degli ambientalisti estremisti andare a caccia potrebbe venire collocato sull'asse male). Senza lasciare spazio a quelle zone di grigio su cui i tuoi esempi, Dedalo, ci conducono. Sembra che il regolamento lasci in mano alla sensibilità dei singoli giocatori e singoli master gestire questi casi limite.
Una sensibilità che, per i motivi detti, ci impedisce di dare un giudizio morale unico e generale agli esempi da te riportati.
Sintetizzato: se sia il fine o l'azione a essere il punto di demarcazione tra il buono e il malvagio, questo è lasciato alle singole coscienze.
Umilmente...