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Dragons´ Lair

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Bille Boo

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  1. Per Ben Robbins, un elemento chiave da osservare per la "buona salute" del nostro tavolo di gioco è come si svolge la conversazione: chi parla con chi. Molti problemi possono essere ricondotti a quello che chiama lo "schema a stella". Articolo di Ben Robbins del 23 Settembre 2025 Quando qualcuno mi racconta che una sessione a un gioco con GM (come D&D) non gli è piaciuta, indosso il mio berretto da investigatore e faccio un sacco di domande sull’accaduto. Perché mi piace capire perché i giochi funzionano… o falliscono. E in diversi casi, dopo aver ascoltato le risposte, annuisco e dico: “oooh, sì, uno schema a stella”. Perché è una sindrome diffusa e una tipica trappola nei giochi con GM. È un’espressione che ho usato a lungo, ma non penso di averla mai descritta qui. Quando parlo di “schema a stella”, mi riferisco a quando tutti i giocatori parlano con il GM ma non tra loro. Provate a fare un disegno del tavolo e a tracciare linee che indichino le interazioni verbali: vedrete che tutte si estendono dal GM ai giocatori, come raggi di una stella; mentre tra un giocatore e l’altro ce ne saranno pochissime, o nessuna. È qualcosa che può capitare in ogni situazione sociale in cui una persona diventa il centro dell’attenzione, ma i GM, in particolare, cadono molto facilmente in questa trappola. E lo dico avendo fatto, io stesso, esattamente gli stessi errori. La spiegazione sempliceQual è la causa di questo problema? La spiegazione semplice è che molti GM hanno paura del silenzio. Il silenzio al tavolo può dare la sensazione che il gioco non sia eccitante e nessuno si stia divertendo. E quando ti metti in testa di essere responsabile del divertimento collettivo (altro classico errore da GM), e che il successo del gioco gravi tutto sulle tue spalle, il silenzio ti sembra un fallimento. Il GM vuole mantenere il gioco interessante, quindi continua a parlare, cercando di dipingere un quadro affascinante. Ogni volta che un giocatore descrive un’azione intrapresa, il GM interviene per ripeterla con più drammaticità, perché vuole rendere l’atmosfera più magica. Tenta di riempire gli spazi vuoti e di spingere le persone ad andare avanti. E finisce per parlare più di tutti gli altri messi insieme. Siccome il GM sta parlando, i giocatori non lo fanno, perché non lo vogliono interrompere. E se, quando il GM fa un secondo di pausa, i giocatori non prendono la parola immediatamente, lui sente il silenzio e parla di nuovo per riempirlo. Di conseguenza i giocatori diventano sempre più passivi, e il GM parla sempre di più. È un circolo vizioso. La spiegazione più complicataQuesta era una spiegazione semplice del perché il GM, spesso, parli più dei giocatori. Ma quando i giocatori parlano, perché non lo fanno tra di loro? La risposta a quest’altra domanda è radicata più profondamente nella struttura del gioco. In un GdR tradizionale, il GM è colui che plasma il mondo, gli occhi dei personaggi, e l’arbitro del fato. Il GM determina la realtà. Quando un giocatore descrive un’azione sta dicendo cosa vuole, ma non cosa succede. È il GM (usando le regole) a determinare l’esito dei desideri del giocatore. È il GM a descrivere come questi desideri si realizzano o non si realizzano. Quindi abbiamo questo strano procedimento a due step: il giocatore dichiara un’azione, e poi, il più delle volte, il GM ripete la descrizione di quell’azione, arricchendola drammaticamente con interazioni con il mondo e gli avversari, e concludendo con l’effetto che ha. Un giocatore può descrivere qualunque cosa voglia far fare al suo personaggio, ma non è reale finché non passa attraverso l’approvazione del GM, perché ci possono sempre essere fattori di cui lui è a conoscenza ma i giocatori no, e che potrebbero portare a un successo o fallimento inaspettato. In termini meccanici nudi e crudi, ogni giocatore ha bisogno di interagire con il GM per completare il proprio turno o avere informazioni sul mondo, dato che il GM è letteralmente i suoi occhi e le sue orecchie. Mentre non ha bisogno di interagire con le altre persone al tavolo: quello è opzionale. In aggiunta ci sono i sistemi di iniziativa (come quello del D&D moderno) in cui ogni giocatore ha un turno separato, una regola che può in effetti scoraggiare l’interazione e il gioco di squadra. Se tocca a me agisco, se non tocca a me posso farmi una passeggiata fino al frigo, distrarmi, fare quello che voglio. Fate il confronto con il vecchio “tocca allo schieramento A, poi tocca allo schieramento B”, dove i giocatori discutono tra loro su chi va per primo e su cosa fare. Quindi quella in cui ci ritroviamo è una situazione in cui non c’è nessuna ragione meccanica di coordinarci con gli altri giocatori, e un sacco di ragioni di parlare con il GM. Certi giochi con GM più moderni forniscono ai giocatori motivi meccanici o di fiction per parlare tra loro, anche cose semplici come offrirsi a vicenda dei dadi di aiuto. Ma quella è l’eccezione, non la regola, ed è una battaglia in salita contro la necessità centrale del GM di stare al centro della “stella”. Nella seconda parte, parleremo di come questo si può correggere. Link all'articolo originale: https://arsludi.lamemage.com/index.php/4801/the-star-pattern/ Visualizza articolo completo
  2. Articolo di Ben Robbins del 23 Settembre 2025 Quando qualcuno mi racconta che una sessione a un gioco con GM (come D&D) non gli è piaciuta, indosso il mio berretto da investigatore e faccio un sacco di domande sull’accaduto. Perché mi piace capire perché i giochi funzionano… o falliscono. E in diversi casi, dopo aver ascoltato le risposte, annuisco e dico: “oooh, sì, uno schema a stella”. Perché è una sindrome diffusa e una tipica trappola nei giochi con GM. È un’espressione che ho usato a lungo, ma non penso di averla mai descritta qui. Quando parlo di “schema a stella”, mi riferisco a quando tutti i giocatori parlano con il GM ma non tra loro. Provate a fare un disegno del tavolo e a tracciare linee che indichino le interazioni verbali: vedrete che tutte si estendono dal GM ai giocatori, come raggi di una stella; mentre tra un giocatore e l’altro ce ne saranno pochissime, o nessuna. È qualcosa che può capitare in ogni situazione sociale in cui una persona diventa il centro dell’attenzione, ma i GM, in particolare, cadono molto facilmente in questa trappola. E lo dico avendo fatto, io stesso, esattamente gli stessi errori. La spiegazione sempliceQual è la causa di questo problema? La spiegazione semplice è che molti GM hanno paura del silenzio. Il silenzio al tavolo può dare la sensazione che il gioco non sia eccitante e nessuno si stia divertendo. E quando ti metti in testa di essere responsabile del divertimento collettivo (altro classico errore da GM), e che il successo del gioco gravi tutto sulle tue spalle, il silenzio ti sembra un fallimento. Il GM vuole mantenere il gioco interessante, quindi continua a parlare, cercando di dipingere un quadro affascinante. Ogni volta che un giocatore descrive un’azione intrapresa, il GM interviene per ripeterla con più drammaticità, perché vuole rendere l’atmosfera più magica. Tenta di riempire gli spazi vuoti e di spingere le persone ad andare avanti. E finisce per parlare più di tutti gli altri messi insieme. Siccome il GM sta parlando, i giocatori non lo fanno, perché non lo vogliono interrompere. E se, quando il GM fa un secondo di pausa, i giocatori non prendono la parola immediatamente, lui sente il silenzio e parla di nuovo per riempirlo. Di conseguenza i giocatori diventano sempre più passivi, e il GM parla sempre di più. È un circolo vizioso. La spiegazione più complicataQuesta era una spiegazione semplice del perché il GM, spesso, parli più dei giocatori. Ma quando i giocatori parlano, perché non lo fanno tra di loro? La risposta a quest’altra domanda è radicata più profondamente nella struttura del gioco. In un GdR tradizionale, il GM è colui che plasma il mondo, gli occhi dei personaggi, e l’arbitro del fato. Il GM determina la realtà. Quando un giocatore descrive un’azione sta dicendo cosa vuole, ma non cosa succede. È il GM (usando le regole) a determinare l’esito dei desideri del giocatore. È il GM a descrivere come questi desideri si realizzano o non si realizzano. Quindi abbiamo questo strano procedimento a due step: il giocatore dichiara un’azione, e poi, il più delle volte, il GM ripete la descrizione di quell’azione, arricchendola drammaticamente con interazioni con il mondo e gli avversari, e concludendo con l’effetto che ha. Un giocatore può descrivere qualunque cosa voglia far fare al suo personaggio, ma non è reale finché non passa attraverso l’approvazione del GM, perché ci possono sempre essere fattori di cui lui è a conoscenza ma i giocatori no, e che potrebbero portare a un successo o fallimento inaspettato. In termini meccanici nudi e crudi, ogni giocatore ha bisogno di interagire con il GM per completare il proprio turno o avere informazioni sul mondo, dato che il GM è letteralmente i suoi occhi e le sue orecchie. Mentre non ha bisogno di interagire con le altre persone al tavolo: quello è opzionale. In aggiunta ci sono i sistemi di iniziativa (come quello del D&D moderno) in cui ogni giocatore ha un turno separato, una regola che può in effetti scoraggiare l’interazione e il gioco di squadra. Se tocca a me agisco, se non tocca a me posso farmi una passeggiata fino al frigo, distrarmi, fare quello che voglio. Fate il confronto con il vecchio “tocca allo schieramento A, poi tocca allo schieramento B”, dove i giocatori discutono tra loro su chi va per primo e su cosa fare. Quindi quella in cui ci ritroviamo è una situazione in cui non c’è nessuna ragione meccanica di coordinarci con gli altri giocatori, e un sacco di ragioni di parlare con il GM. Certi giochi con GM più moderni forniscono ai giocatori motivi meccanici o di fiction per parlare tra loro, anche cose semplici come offrirsi a vicenda dei dadi di aiuto. Ma quella è l’eccezione, non la regola, ed è una battaglia in salita contro la necessità centrale del GM di stare al centro della “stella”. Nella seconda parte, parleremo di come questo si può correggere. Link all'articolo originale: https://arsludi.lamemage.com/index.php/4801/the-star-pattern/
  3. fino

    LE PORTE SONO APERTE Da ORA potete iscrivervi a tutte le bellissime sessioni del TPK! 2025. Non c'è molto altro da dire, quindi non lo diremo, vi ricordiamo solo cosa, come quando e dove. COSA: Due giorni di gioco, panel, cose OSRose. QUANDO: Sabato 22 e domenica 23 novembre 2025 DOVE: Alla Pieve di Cologno Monzese COME: vi iscrivete su https://prenotazioni.totalpartykon.it
  4. Bille Boo ha commentato in aza's voce blog in TSR D&D
    Ho trovato il link all'originale, nel caso a qualcuno fosse utile: GROGNARDIA: What D&D Is
  5. Personalmente non sono d'accordo che con i neofiti serva un'avventura "railroadata", nemmeno che sia una buona idea; ma dipende cosa si intende con "railroadata". L'ideale secondo me è una giocata breve con un obiettivo chiaro ed esplicito (tipo "salvare la tale persona", "recuperare il tale oggetto" etc.) e senza preamboli (cioè, iniziare già "sulle porte del dungeon" o comunque dove i giocatori hanno già un ostacolo da affrontare e decisioni concrete da prendere, evitando scenette introduttive con il quest giver, o con i PG che si conoscono tra loro, o altro del genere). Però sconsiglio di avere una sequenza di eventi predefinita e più o meno lineare. Per dire, un esempio eccellente di avventura introduttiva per me è Il Maniero del Vecchio Bertoldo. Per quanto riguarda i PG, dipende molto dal gioco, ma per la maggior parte dei giochi (dove la creazione è relativamente laboriosa) preferisco, nella giocata iniziale di prova, distribuire PG precostruiti, magari in numero superiore a quello dei partecipanti così tutti hanno più opzioni tra cui scegliere.
  6. @Edmund secondo me dipende molto da cosa si intende per sessione zero, e da cosa pensate di andare a giocare. Di base sono d'accordo con te: molto più efficace fare una sessione di prova, specialmente con dei neofiti totali, cioè che non hanno mai giocato nessun GdR. Se quella in cui volete imbarcarvi è una cosa di lungo respiro, una campagna lunga, magari non fa male un incontro informale per conoscersi e confrontare le aspettative. Non lo ritengo indispensabile ma può essere utile. In quel caso, non ti aspettare molte "direttive" specifiche su cose come ambientazione, personaggi etc. (potrebbero arrivare, ma non è detto): lo scopo dovrebbe essere, appunto, solo conoscersi a vicenda informalmente.
  7. Ciao! Ti consiglio di dare un'occhiata a questo: https://dietroschermo.wordpress.com/2024/01/22/lurbe-un-citycrawl-del-grande-nulla/ Non è esattamente quello che ti serve (è una città in rovina, anziché una abitata e funzionante), ma tanti spunti di partenza dovrebbero esserci: quartieri, luoghi di interesse, e soprattutto fazioni, ottime per rendere tutto più dinamico e "reattivo" rispetto ai giocatori.
  8. Se la manovra è un'azione standard, sì, direi che non può essere parte di un attacco completo né di una carica
  9. Nella mia campagna open table uso una mappa ad esagoni come ausilio mio per calcolare velocemente le distanze, i percorsi, e i territori delle varie fazioni. I giocatori, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno una meta precisa che hanno deciso di raggiungere, e si dirigono verso quella. Quindi, dal loro punto di vista, è più come se fosse un pointcrawl. Il vantaggio principale per me è che, una volta piazzata quella meta sulla mappa, la distanza da ogni altro punto di interesse è automaticamente definita, così come gli eventuali ostacoli su ogni cammino. Insomma, in un vero pointcrawl dovrei aggiungere il nuovo punto e le frecce; qui aggiungo solo il punto. Non so se mi sono spiegato.
  10. Provo a ripetere il mio discorso con parole diverse. Se il problema è che il giocatore, sapendo che quel muro è illusorio, ci si muove direttamente attraverso (senza spendere l'azione per ispezionarlo e capire che è illusorio)... la maniera migliore per prevenire il problema è che il giocatore non sappia che è illusorio. Non è questione di meccaniche, è proprio di basilare comunicazione al tavolo. Come dovrebbe fare a saperlo, se il DM non glielo dice? Mica gli dici "il mago nemico lancia muro illusorio", gli dirai "il mago nemico pronuncia una formula, e appare un muro". Se per qualche motivo (es. svista del DM) il giocatore ha saputo che è un'illusione, e decide quindi di comportarsi in maniera "non sportiva", la soluzione è parlarci e dirgli senza tanti giri di parole: "dai, ma non è sportivo, l'hai saputo per sbaglio, non dovresti saperlo". Se non siete d'accordo su questo punto e il divario è inconciliabile, l'unica soluzione è non giocare insieme. Sono profondamente convinto che le meccaniche di gioco non vadano intese come una misura contro gli imbrogli o i comportamenti scorretti (l'ho detto tante volte anche a proposito delle cosiddette "meccaniche di sicurezza"). Costruire delle meccaniche presumendo che i giocatori siano "furbetti" o disonesti, e cercando di mettere regole che glielo impediscano, non solo lo trovo poco sano ma ho constatato più e più volte che è vano, non funziona mai. Se invece il "problema" è che il giocatore, non sapendo se quel muro è illusorio o no, prova a passarci attraverso alla cieca, senza ispezionarlo, per risparmiare l'azione, direi che è un non problema. È liberissimo di farlo, ma corre un rischio. La volta che un mago nemico userà una magia che crea un muro vero, lui tutto baldanzoso farà per attraversarlo e ci andrà sonoramente a sbattere (come minimo subendo dei danni e finendo prono). Dirò di più: se fa questo gesto perché ha già affrontato quel mago in passato e ha capito che è un tipo che ricorre spesso alle illusioni, gli batto le mani: per me sta ruolando benissimo. Edit: se lo fa perché un suo compagno, prima, ha usato la propria azione per ispezionare il muro, e trovandolo illusorio ci è passato attraverso, di nuovo va tutto benissimo. Se hai appena visto un tuo compagno (o un nemico) attraversare il muro come fosse aria, non è che ti servano grandi ispezioni: è evidente che è illusorio.
  11. Aggiungo anch'io una mia serie di approfondimenti che ho scritto tempo fa sull'OSR: Povera vecchia scuola – Dietro lo Schermo Il primo episodio contiene una linkografia molto ricca per approfondire ulteriormente (la Fumeria dei Pensieri Incompiuti è un ottimo punto di partenza, in italiano). L'episodio "bonus" è un'intervista molto interessante a due esponenti dell'OSR italiana.
  12. Il criterio che seguo io (personalmente) per fare la prova l'ho già detto: non è né "sempre" né "a sentimento". Ispezionare l'illusione richiede sempre un'azione (almeno; dipende anche da come la si ispeziona). Il dado si tira solo quando l'esito di questa ispezione non è ovvio. (Edit: mentre ricevere da un altro l'informazione che quella è un'illusione non richiede di ispezionarla.)
  13. Per quanto riguarda il problema "basta che uno scopra l'illusione e lo dica agli altri, e la sfida è superata": ci sono un sacco di cose che funzionano così. Basta che un PG trovi il tesoro nascosto e tutti possono spartirselo. Basta che un PG trovi il passaggio segreto e tutti possono passarci. Basta che un PG scopra una trappola e lo dica agli altri, e tutti sapranno della trappola. Basta che un PG ottenga un'informazione dal prigioniero, e tutto il gruppo avrà l'informazione, se la condivide. È una cosa normale. In combattimento e in altre situazioni di tempo concitato, provare tutti a indagare l'illusione è costoso: tutti devono spendere l'azione; provarci da solo o provarci tutti quanti fa molta differenza. Fuori dal combattimento, si ricade in una situazione analoga a tutti gli esempi che ho fatto qui.
  14. Non "coccolo" i giocatori con vantaggi. Mi pongo dei criteri per interpretare la parte di gioco che spetta a me, cioè i nemici e il mondo di gioco: è una mia scelta nell'ambito della mia piena libertà di interpretazione. E lascio ai giocatori piena libertà e autonomia di scegliersi i propri criteri per interpretare la loro parte (il PG). Spero che li abbiano e apprezzo se li hanno. Ma, personalmente, mi astengo dal controllare / giudicare quali sono e come li applicano. Non per "coccolare" loro ma semmai per "coccolare" me, cioè per avere una preoccupazione in meno e un compito in meno. Per il resto, @Maudea96 ha fatto una spiegazione molto brillante e la sottoscrivo.
  15. In tal caso siamo nel punto precedente: lo fa perché sa che è un'illusione, per risolvere basta che il giocatore non lo sappia finché non lo sa il personaggio.
  16. Ho detto che non è come un'influenza mentale. Non escludo a priori che si possa trovare qualche incongruenza visiva, ma solo con un esame intenzionale e prolungato e solo se ha senso nel contesto. Io, DM, li descrivo come se fossero reali. Esatto, è quello che direi. Se ci tieni, puoi mettere una regola per cui i giocatori devono a loro volta attenersi a questi punti. E giudicare tu se ci si attengono oppure no. Se accettano la regola ma poi non la rispettano, puoi smettere di giocare con loro. (Nessuna regola può mai garantire automaticamente che sarà rispettata.) Io non lo faccio e mi trovo meglio, ma ho esigenze diverse dalle tue. Per chiarire: Se vuoi prevenire che un giocatore, sapendo (per motivi off game) che quello specifico muro è illusorio, dichiari che lo tocca per dire che l'ha sgamato, l'unica soluzione è evitare che lo sappia (anche off game). Descrivere le illusioni come se fossero robe vere, senza far trapelare che siano illusioni, serve (anche) a ovviare a questa eventualità. Se quello che vuoi prevenire è il fatto che un giocatore si metta a toccare tutti i muri che incontra, per precauzione contro le illusioni, l'unica soluzione è stabilire col gruppo che questa cosa non si può fare. Se qualcuno non lo accetta, non si può giocare con quel qualcuno. (*) Ho usato i muri come esempio, ma vale lo stesso discorso per creature e oggetti di qualunque tipo. (*) Io, personalmente, non ho mai visto succedere questa cosa, e credo che il motivo sia questo: toccare tutto comporta dei rischi. In un mondo in cui le illusioni esistono non è implausibile (anche in un'ottica in world) che qualcuno le tema al punto da sospettarle ovunque. Ma toccare tutto (e tutti) ha delle conseguenze. Trappole, veleni, malattie, reazioni scomposte di PNG giustamente seccati...
  17. Delle HR che ti ho proposto qualche pagina fa che ne pensi?
  18. Il mio tipico approccio nel masterare le illusioni l'ho spiegato per bene qui: https://dietroschermo.wordpress.com/2025/06/23/il-paradosso-del-sospetto-parte-2/ (nella parte precedente ho spiegato perché l'approccio 3.x non mi convinceva) In sintesi: le illusioni emettono luci, suoni o altri “segnali” sensoriali percettibili, ma non hanno effetti materiali; un’immagine illusoria è tipo un ologramma; interagiscono con la luce in modo realistico; non sono influenze mentali; da DM, in presenza di un'illusione, descrivo ai giocatori la situazione inclusi gli elementi sensoriali fittizi, come se fossero veri; se i PG fanno qualcosa attivamente per interagire con l'illusione o ispezionarla, risolvo l'azione con il buonsenso: è sicuramente inconcludente? -> sarà inconcludente ha conseguenze ovvie? (es. provare a tastare un muro illusorio) -> le descrivo e dico ai giocatori che è un'illusione è incerta? (es. provare a localizzare una creatura invisibile guardando le orme sull'erba) ->ci sarà un tiro di dado capire che qualcosa è illusorio non fa smettere di percepirlo; quando mostri o PNG hanno a che fare con un'illusione creata dai PG: di base (in assenza di indizi o fondati sospetti) si comportano come se fosse reale e non cercano intenzionalmente di metterla alla prova; se hanno la prova evidente che è un'illusione, la trattano come tale; se hanno indizi o fondati sospetti che potrebbe essere un'illusione, possono agire in qualche modo plausibile per analizzarla meglio (dipende dalla loro intelligenza). Ribadisco che è solo la mia visione personale. Ma ho notato che funziona molto bene.
  19. Se la domanda riguarda una giocata specifica, ci sono tante "bandierine verdi" e "bandierine rosse" che considero, di volta in volta. Difficile riassumerle tutte. Diciamo che, in genere, bisogna che il gioco / la giocata mi interessi molto e non ci siano persone che non mi vanno a genio, oppure che ci siano persone con cui ho molta voglia di giocare e non ci sia un gioco che non mi va a genio; in entrambi i casi, bisogna anche che l'evento non abbia una connotazione troppo commerciale, pubblicitaria o patinata.
  20. Di solito, per le giocate lunghe (a parte il mio tavolo aperto), prediligo le persone con cui ho già giocato e so di trovarmi bene. Con altre persone faccio spesso one shot, sia come giocatore che come master: in queste occasioni posso capire se mi viene voglia o no di invitarle a qualcosa più di lungo termine.
  21. Sì, scusa, sono stato sbrigativo: intendevo dire che si applicano i normali criteri che si sarebbero applicati ai servitori non-PG, caso per caso, tenendo conto che il mondo è pieno di eccezioni etc etc
  22. Ah, questo ci mancherebbe: i servitori dormono e mangiano coi servitori
  23. Dipenderà dalla situazione. In generale, in D&D, almeno per la mia esperienza, i PG sono un gruppo coeso di alleati che collaborano. Ed è normale che ogni cosa sia fatta dal più bravo, quando è possibile: delle trappole si occupa il ladro, per esempio, e se le disinnesca le disinnesca per tutti, non è che ognuno se le deve disinnescare per conto suo. Però ci possono essere le eccezioni. Se i PG non sono così affiatati, e uno di loro non vuole condividere i propri vantaggi con gli altri, beh, non lo farà. E se un PG è benvoluto nell'alta società ma si porta dietro i suoi compagni che sono malvisti, beh, ci sta che abbia delle difficoltà aggiuntive per questo. Magari uno svantaggio che bilancia il suo vantaggio. Ci potrebbe stare. Direi che dipende dalla situazione. In molte alte società, comunque, è normale che un pezzo grosso si circondi di guardaspalle, servitori e uomini di fatica, che sono essenzialmente plebaglia. Gli altri pezzi grossi probabilmente non ci faranno nemmeno caso, fintanto che è lui a parlare.
  24. Perché la vedi come una cosa da "risolvere"? Non è normale che si faccia gioco di squadra e si condivida il più possibile coi propri compagni di gruppo?
  25. Mi fiderei dei giocatori. Eventualmente, chiederei a loro come preferiscono organizzarsi.

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