@Ghal Maraz Nathan Clark L’appuntamento con Alice si è appena concluso. Perché si… alla fine di quello si è trattato… un appuntamento. Non è stato un disastro dal tuo punto di vista, ma probabilmente neanche quello che lei si aspettava. Ti chiedi se si sarebbe potuto concludere diversamente se questa giornata non fosse stata così assurda, così carica di eventi che ancora adesso ti scivolano addosso come pioggia che non riesci ad asciugare. È stata lei a invitarti. Perché? Si aspettava qualcosa da te? Un gesto, una risposta, un segnale? Forse. Ma oggi tu non eri pronto. E, a dirla tutta, nemmeno lei sembrava esserlo. Le storie con Cory Edwards e con Tyler in mensa, poi, ti hanno proprio prosciugato. Con Ty sai che probabilmente riuscirai a chiarirti e scusarti… con Edwards invece come andrà a finire? Con un bel cazzotto in faccia? Il tuo naso rotto sotto il suo pugno? O non si accontenterà di così poco? Hai detto la tua, hai lottato per ciò in cui credi. Hai fatto bene, vero? Eppure c’è quella voce, in fondo alla tua testa, che si domanda se non ti sei esposto troppo, se non hai oltrepassato un confine che il vecchio te non era ancora pronto a varcare. È stata la Selva, a spingerti fin lì? Sei tu che hai parlato… o era lei a parlare al posto tuo? E quella voce? Quella che ti é riecheggiata dentro quando hai perso il controllo… Era sempre la Selva? Hai bisogno di risposte. Ed è per questo che ora ti ritrovi qui. Senza nemmeno accorgertene, i tuoi passi ti hanno già portato oltre il limite del bosco. Dentro. Dentro la Selva. L’aria di marzo è tagliente, odora di freddo e legno, di erba umida e foglie morte. La luce si spegne in fretta, come se il sole avesse già deciso di abbandonarti. I rami nudi scricchiolano al vento, i cespugli si muovono appena, e in mezzo a tutto questo c’è quel silenzio: vivo, attento, come se ti stesse ascoltando. Senti una calma strana nel tuo petto… Come se, nonostante tutto, questo fosse il posto giusto per te. Però l’avverti ancora… un costante e spiacevole senso di inquietudine. I tuoi piedi continuano a muoversi. Non sai se stai seguendo un sentiero, o se il bosco ti sta conducendo da qualche parte. Dove stai andando, Nathan? La domanda si fa largo dentro di te, sottile come una lama. @TheBaddus Scarlett Bloomblight Il telefono di Emily squilla a vuoto più del previsto, tanto che inizi quasi a convincerti che non risponderà. Stai per interrompere la chiamata quando, all’improvviso, la sua voce ti raggiunge attraverso l’auricolare. «Scarlett?» La sua voce si perde nel sottofondo di rumori confusi: un brusio concitato, acqua che scorre, e risate femminili. «Posso richiamarti tra… tipo dieci minuti?» Non aspetta nemmeno la tua risposta. La linea si interrompe subito dopo. Passano così quindici minuti abbondanti, trascorsi stesa sul letto, con il telefono in mano e la mente che continua a rincorrere le stesse immagini confuse della giornata. Poi finalmente: lo schermo si illumina, il cellulare vibra, e compare il suo nome. «Ehi, Scarlett… eccomi!» Questa volta la sua voce è limpida, nessun rumore di sottofondo. «Avevo appena finito gli allenamenti con la squadra, ero in spogliatoio…» fa una breve pausa. «Tu come stai? Spero ti sia ripresa dopo oggi… sei scappata via così, all’improvviso…» Poi tace. Resta in silenzio, come se stesse cercando le parole giuste. Non ha ancora accennato all’uscita di stasera. @SNESferatu Ana Rivero Deglutisci. In tutta la tua vita non hai mai provato una paura simile. È una sensazione che ti paralizza… eppure, allo stesso tempo, ti fa sentire incredibilmente viva. Non sai se sia l’adrenalina, un istinto primordiale, o solo qualche strana routine automatica che si attiva nella tua testa per tenerti in funzione… ma ti senti allerta. Carica. Pronta a reagire. Scatti una foto. La creatura è distante, in movimento, mentre sparisce dietro un grosso tronco. Non sarà certo candidata a miglior foto dell’anno, ma è nitido abbastanza da distinguere una figura umanoide con un enorme teschio di cervo. Un’immagine disturbante. Reale. Ti muovi subito dopo, seguendola a distanza. La osservi avanzare a passo deciso, come se sapesse perfettamente dove sta andando. Non esita mai, non guarda indietro. Dopo circa cinque minuti, la vedi bloccarsi accanto a un tronco caduto. Solleva un braccio e punta un dito lungo e scheletrico verso qualcosa, o qualcuno. Segui la direzione del gesto. Non hai una visuale perfetta dal tuo nascondiglio, ma riesci comunque a distinguere una figura tra le rocce. Ti sporgi appena, trattenendo il respiro. È un ragazzo. Lo riconosci. Darius. È accucciato nel mezzo di un cerchio di pietre. Quando nota la creatura si alza, lentamente, e allarga le braccia in un gesto che sembra una resa. Leggi lo spavento chiaro sul suo volto. «Ehm… salute a… te, Spirito… con che nome, titolo o attributo posso rivolgermi a te?» La creatura non risponde subito. Poi, dalla testa scheletrica, esplode una litania oscura. Parole sconosciute, distorte, che ti provocano un brivido lungo la schiena. È come se il suolo vibrasse, impercettibilmente, sotto i tuoi piedi. Succede tutto in un lampo. Un bagliore si accende tutto attorno a Darius, proveniente dalle rocce. Il ragazzo viene sollevato da terra, le braccia tese, come paralizzato. Il terrore sul suo volto si trasforma in puro dolore. I suoi muscoli si contraggono, scossi da una tortura invisibile. Poi, di colpo, crolla al suolo come un burattino a cui hanno tagliato i fili. Vorresti correre, gridare, fare qualcosa… ma sei inchiodata dalla paura. La creatura si avvicina al corpo immobile di Darius. Lo osserva per lunghi, interminabili secondi. Mormora qualcosa che non riesci a cogliere. Poi si raddrizza. E si volta. Verso di te. Trattieni il fiato. No. Non ti ha vista. Ma… sta tornando indietro. Sta camminando nella tua direzione. Non aspetti un secondo di più. Ti rialzi, e fuggi. Via da quella cosa. Da quel mostro. Corri in un modo che farebbe impallidire perfino il coach. Quando finalmente ti arresti, dopo almeno dieci minuti, senti il tuo cuore battere all’impazzata. Hai il fiato corto. Off game Ti ho fatto fare un tiro su mantenere il controllo per vedere se riuscivi a mantenere il sangue freddo e scattare la foto e seguirlo: 10-1=9 successo parziale. Poi scusa se sono andato avanti veloce senza lasciarti la possibilità di agire, ma era per evitare distorsioni di trama con quanto già narrato a Darius. @Voignar Darius Whitesand La luce fioca della lampada da scrivania tremola appena, come se anch’essa fosse stanca quanto te. Hai sparpagliato libri ovunque. Tomi polverosi, volumi ingialliti dalla rilegatura rigida, alcuni ereditati da tuo nonno, altri sottratti di nascosto dalla biblioteca riservata di tuo zio Samuel. Le pagine sfregano sotto le dita, mentre le sfogli con crescente frustrazione. La testa pulsa a ogni battito. Ti fanno male le tempie, le articolazioni, le ossa… come se avessi davvero subito qualcosa, non solo nella mente. Ogni muscolo protesta, ma non riesci a fermarti. Devi capire. Cerchi con ostinazione parole chiave: rituali del sangue, simboli arcaici, creature con corna, cervidi nel culto stregonesco. Niente di preciso. Solo frammenti. Mitologie confuse, frammenti rabbrividiti tra le righe di testi dimenticati. Molti capi sciamano dei nativi americani erano soliti intonare canti rituali ornati con monili e teschi di animali, tra cui anche cervi. In un vecchio compendio sul folclore pre-cristiano, trovi però qualcosa che ti colpisce. Una pagina stropicciata, a margine di un capitolo dedicato ai culti oscuri e ai “figli di Lilith”. Il passo è vago, tradotto male da un originale aramaico, ma alcuni dettagli ti gelano: "...alcuni prescelti vengono marchiati, non per morire, ma per servire. L’Alba li riconosce. L’Alba li chiama. Non possono raccontare. Possono solo cercare…” Ti scosti dalla scrivania per un momento, la fronte madida di sudore. Ogni parola è come un ronzio in testa. Ti sembra quasi di sentirla parlare di nuovo, quella voce cavernosa… “Accogli l’alba”. Ma cosa significa? E perché proprio tu? Continui a leggere, ma le frasi cominciano a confondersi nella tua testa. Le lettere sembrano muoversi, danzare. Alcune righe si mescolano a versi completamente diversi, che giuravi non fossero lì un attimo prima. È come se il libro stesso cercasse di farti perdere la concentrazione. Ti sforzi, ma sei giunto al limite oltre il quale non riesci più a spingerti. Off game Guardare nell’abisso: 5+2=7 @Theraimbownerd Orion Kykero Bussi con calma e, dopo aver sentito il suo “Avanti”, entri nella stanza. Tua madre è in piedi davanti alla scrivania, la mano ancora appoggiata sul suo smartphone. Quando si volta, il suo volto si distende in un sorriso compiaciuto. “Orion!” dice con tono misurato, ma soddisfatto, “mi è giunto l’eco del rituale. Mi fa piacere sapere che tu e le tue sorelle abbiate conferito con la Dea.” Fa una breve pausa, sorridendoti benevola, ma con la sua solita aria composta. “Spero che la Dea ti abbia concesso le risposte che cercavi.” Quando le rispondi che è andato tutto a buon fine, per un istante cogli qualcosa nel suo sguardo: sorpresa?? Una frazione di secondo, subito dissimulata da un sorriso garbato. “Bene!” dice. Poi, con tono casuale: “Com’è andata a scuola oggi?” Una domanda innocua. Ne hai sentite a decine. Ma detta ora, suona quasi come un modo per distogliere l’attenzione dal discorso precedente. Dopo esserti congedato, una volta in camera tua, finalmente lontano dai suoi occhi, ti lasci cadere sul letto. Mentre stai per toglierti le scarpe, il telefono vibra. Un messaggio su WhatsApp. È Alice. “Hey Orion, come va?? Oggi alla fine sono uscita con Nathan… Sono appena tornata a casa… Boh… Non è andata proprio come speravo. Ci sentiamo dopo?”