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Creazione di un libro


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Il mio elfettino adora comporre poemetti stupidi, che poi va canticchiando quando crede che nessuno lo senta.

Una volta in casa mia,

giunse una cara zia,

che in groppa al mio criceto

lo uccise con un peto...

Vada per il narratore a turno. ora cerco di postarvi un abbozzo.

La narrazione in che tempo la facciamo allora? al presente o al passato?

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Principali partecipanti

cosa vorrebbe dire a pdf?

intendevi forse a pbf?

non so come funziona in ogni caso... Comunque credo che sia meglio procedere a pbf, perchè altrimenti è un macello ruolare i dialoghi se si procede per capitoli.

potremmo fare che si procede per pbf, e in seguito si ruolano eventuali dialoghi.

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Inizio io.

Nel villaggio degli orchi, Argaragnasd è molto conosciuto. Il suo fare maleducato rende orgogliosi gli orchi, ma il suo "piccolo" difetto li fa anche vergognare. Perciò alcuni orchi, combattuti tra questi due sentimenti, si suicidano perché non capiscono cosa stanno provando.

Oggi Argaragnasd è nella versione sapientona perché si è dimenticato che stava dormendo nella parte sotto di un letto a castello, e gli orchi hanno tutti un forte malditesta per questo.

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Eccovi un primo tentativo. È scritto dal punto di vista del mio elfo, con intermezzi descrittivi. Vedete se vi può andare bene, altrimenti lo trascrivo in modo diverso.

Dubbio: ma come fate voi ad allacciarvi al mio racconto, se io lo faccio in prima persona? Forse è meglio girarlo in terza, così da poter fingere di avere un unico narratore.

Altra opzione: facciamo che tutto il racconto è dal punto di vista del mio elfo, ma questo riduce le vostre possibilità interpretative (non potreste scrivere i pensieri dei vostri pg) quindi non mi sembra giusto.

Altra opzione: boh.

Diavolo! Lasciare questa terra è difficile, ma questi dannati ogre e ancora peggio questi dannati elfi mi danno veramente fastidio, disturbano i miei gorgheggi.

Arbred sa tuttavia che gli ogre e gli elfi si tenevano lontani dalla sua casetta appunto per evitare i suoi gorgheggi, che producono suoni comparabili a quelli di un verme purpureo che fa i gargarismi con aceto e limone.

Che noia questo sentiero, veramente, mi si rovinano i piedini. Non avrei dovuto lasciare sulla mia sequoia le scarpe, dannazione a questi sassi. Sono così appuntiti... Ahia!

Ma ora che ci penso, perchè non cammino sull'erbetta? Certo che il mio cervellino elfico funziona veramente male ultimamente! Vediamo se le treccine sono a posto...

Leggiadro, l'elfo prende in mano lo specchietto che si portava legato alla cintura, un regalo della nonna. È di pregevole fattura, con la cornice intagliata nell'avorio azzurro, ma mostra alcune profonde crepe, segno che Hammie ci si era specchiato. Hammie è un criceto, per la precisione una sorta di incrocio tra una pantegana radioattiva e un topino bianco da alchimista, di quelli usati per testare le pozioni.

Si guarda con finto disinteresse allo specchio, si aggiusta le bionde trecce rasta e si schiaccia un paio di secolari brufoli.

Questo dannato specchio è sempre più rovinato, per colpa del mio dannatissimo criceto. Vediamo come se la cava, il bastardo...

Sogghignando, estrae di tasca una scatola di ferro grossa un pugno, slega la cintura che lo teneva chiuso e quindi svita il coperchio a tenuta ermetica ed estrae un ammasso di peli con due teneri occhietti rossi che lo guarda in adorazione. Stringe in mano Hammie fino a vedere i suoi occhioni sporgere di qualche centimetro dalle orbite, e lo fissa con aria assatanata dritto nelle pupille.

«Sei ancora vivo eh?»

Il tenero esserino lo guarda e ammicca felice. In risposta, l'elfo inferocito lo ricaccia nella scatoletta che lo contiene a malapena, e la richiude avendo cura di pinzare buona parte della coda spelacchiata di Hammie. Dunque scaglia con vigore la scatoletta contro un albero, ma si china subito a raccoglierla, sapendo bene che si sarebbe ritrovato il criceto davanti il giorno dopo. Ci aveva già provato.

Speriamo che soffochi, la carogna. Ora... Dove si va? Avevo sentito parlare di Alglafia, un paesino di montagna vicino a queste parti, ma non ho idea di come ci si arrivi... Magari il ratto lo sa, ma non ho voglia di tirarlo fuori. Mah, incominciamo ad uscire da questo bosco.

Uscito dalla foresta, Arbred segue il sentiero, mentre incomincia a calare la notte.

Canticchiando una canzoncina demenziale, prosegue, affidandosi ai suoi sensi acuti per procedere sicuro nell'oscurità.

La mattina seguente giunge in vista di un villaggio di pastori, e fa il suo ingresso trionfale calpestando coi piedi nudi un enorme caccone bovino che sembra sorridere dalla gioia. Dopo avere infierito brutalmente sulle povere feci, prosegue imprecando verso l'unica osteria del paese, chiamata "La Boassa".

Una decina di pastori ride al suo passaggio, dopo avere seguito con sguardi curiosi le sue vicende e liti coi prodotti del bovino intestino. Ride perfino una mucca, che lo guarda divertita.

Ste dannate mucche con questa schifosissima abitudine di scagazzare in giro per la città...

«Oh ma che cosa disdicevole, tutti questi escvementi in givo pev le vie, oh ma che puzza insoppovtabile...»

Cornute le mucche e ancora più cornuti i pastori, che possano annegare insieme a Hammie...

«E voi potveste puve smetteve di videve, non si gioisce delle altvui sventuve!»

Uno sguardo inorridito si dipinge sulla faccia dei pastori alle sue parole, che sentono uscire dalla bocca dell'elfo con una voce roca e stonatissima, a volte stridula e a volte simile a un rutto di balor con la tracheite.

I pastori dunque iniziano a ridere rotolandosi per terra, ridono come pazzi senza più riuscire a fermarsi.

Arbred, imbufalito, entra nell'osteria e si appoggia stanco al bancone, ordinando una birra.

Se volessimo girare in terza persona il tutto, a questo punto ci sarebbe un intermezzo del genere:

Mentre Arbred distrutto e puzzolente si beve una birra, un mezzorco fa il suo ingresso nel villaggio, in modo fortunatamente più dignitoso.

Se decidiamo di fare il tutto in terza, allora dovrò anche modificare il testo sopra inserendo svariati "pensò l'elfo", "disse tra sé e sé" e roba varia.

Edit: qui yeshol potresti senza problemi allacciarti con la tua narrazione.

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Il sole ormai cala nelle vaste terre di Elvar, un elfo pensieroso cammina spedito attraverso una foresta.

- Diavolo! Lasciare questa terra è difficile, ma questi dannati ogre e ancora peggio questi dannati elfi mi danno veramente fastidio, disturbano i miei gorgheggi. -

Arbred ignora purtroppo che gli ogre e gli elfi si tenevano lontani dalla sua casetta appunto per evitare i suoi gorgheggi, che producevano suoni comparabili a quelli di un verme purpureo che si fa i gargarismi con aceto e limone.

- Che noia questo sentiero, veramente, mi si rovinano i piedini. Non avrei dovuto lasciare sulla mia sequoia le scarpe, dannazione a questi sassi. Sono così appuntiti... Ahia! Ma ora che ci penso, perchè non cammino sull'erbetta? Certo che il mio cervellino elfico funziona veramente male ultimamente! Vediamo se le treccine sono a posto... -

Pensando queste cose, l'elfo prende in mano lo specchietto che si portava legato alla cintura, un regalo della nonna. È di pregevole fattura, con la cornice intagliata nell'avorio azzurro, ma mostra alcune profonde crepe, segno che Hammie ci si era specchiato. Hammie è un criceto, per la precisione una sorta di incrocio tra una pantegana radioattiva e un topino bianco da alchimista, di quelli usati per testare le pozioni.

Si guarda con finto disinteresse allo specchio, si aggiusta le bionde trecce rasta e si schiaccia un paio di secolari brufoli.

- Questo dannato specchio è sempre più rovinato, per colpa del mio dannatissimo criceto. Vediamo come se la cava, il bastardo... -

Sogghignando, estrae di tasca una scatola di ferro grossa un pugno, slega la cintura che lo teneva chiuso e quindi svita il coperchio a tenuta ermetica ed estrae un ammasso di peli con due teneri occhietti rossi che lo guarda in adorazione. Stringe in mano Hammie fino a vedere i suoi occhioni sporgere di qualche centimetro dalle orbite, e lo fissa con aria assatanata dritto nelle pupille.

«Sei ancora vivo eh?»

Il tenero esserino lo guarda e ammicca felice. In risposta, l'elfo inferocito lo ricaccia nella scatoletta che lo contiene a malapena, e la richiude avendo cura di pinzare buona parte della coda spelacchiata di Hammie. Dunque scaglia con vigore la scatoletta contro un albero, ma si china subito a raccoglierla, sapendo bene che si sarebbe ritrovato il criceto davanti il giorno dopo. Ci aveva già provato.

- Speriamo che soffochi, la carogna. Ora... Dove si va? Avevo sentito parlare di Alglafia, un paesino di montagna vicino a queste parti, ma non ho idea di come ci si arrivi... Magari il ratto lo sa, ma non ho voglia di tirarlo fuori. Mah, incominciamo ad uscire da questo bosco. -

Uscito dalla foresta, Arbred segue il sentiero, mentre incomincia a calare la notte.

Canticchiando una canzoncina demenziale, prosegue, affidandosi ai suoi sensi acuti per procedere sicuro nell'oscurità.

La mattina seguente giunge in vista di un villaggio di pastori, e fa il suo ingresso trionfale calpestando coi piedi nudi un enorme caccone bovino che sembra sorridere dalla gioia. Dopo avere infierito brutalmente sulle povere feci, prosegue imprecando verso l'unica osteria del paese, chiamata "La Boassa".

Una decina di pastori ride al suo passaggio, dopo avere seguito con sguardi curiosi le sue vicende e liti coi prodotti del bovino intestino. Ride perfino una mucca, che lo guarda divertita.

- Ste dannate mucche con questa schifosissima abitudine di scagazzare in giro per la città... -

«Oh ma che cosa disdicevole, tutti questi escvementi in givo pev le vie, oh ma che puzza insoppovtabile...»

- Cornute le mucche e ancora più cornuti i pastori, che possano annegare insieme a Hammie... -

«E voi potveste puve smetteve di videve, non si gioisce delle altvui sventuve!»

Uno sguardo inorridito si dipinge sulla faccia dei pastori alle sue parole, che sentono uscire dalla bocca dell'elfo con una voce roca e stonatissima, a volte stridula e a volte simile a un rutto di balor con la tracheite.

I pastori dunque iniziano a ridere rotolandosi per terra, ridono come pazzi senza più riuscire a fermarsi.

Arbred, imbufalito, entra nell'osteria e si appoggia stanco al bancone, ordinando una birra.

In quel mentre, un corpulento mezzorco dall'aria rozza, ma con lo sguardo stranamente fiero e altezzoso per la sua razza, fa il suo ingresso nella locanda. Con passi pesanti ma ben misurati, si appropinqua al bancone, nell'unico posto disponibile, cioè di fianco ad Arbred. Infatti misteriosamente nessuno sembra volersi avvicinare all'elfo.

«Signor locandiere, potrebbe, cortesissimevolmente, consegnarmi quella pregiata bevanda alcolica che proviene dal frutto della vite autunnale?»

«Eh?!?»

Esclama il locandiere lievemente disorientato.

«Del vino, villano!»

Nel villaggio di orchi dal quale proviene, il mezzorco Argaragnasd è molto conosciuto. Il suo fare maleducato rende orgogliosi gli orchi, ma il suo "piccolo" difetto li fa anche vergognare. Perciò alcuni orchi, combattuti tra questi due sentimenti, si suicidano perché non capiscono cosa stanno provando.

Oggi Argaragnasd è nella versione sapientona perché si è dimenticato che stava dormendo nella parte sotto di un letto a castello, e tirando una poderosa testata alle assi del letto sovrastante, ha azionato il meccanismo psichico che lo ha messo in modalità sapientona.

Infatti il mezzorco ha una duplice personalità, che si scambia ad ogni colpo in testa.

Quando è in modalità sapientona, o meglio Modalità Pigna, come la descrive il suo psicologo, il mezzorco ottiene una squisita capacità di fare innervosire i suoi camerati.

Ora Argaragnasd sorseggia il suo vino tranquillamente, mentre il suo naso orchesco incomincia ad avvertire un aroma poco piacevole.

- E chi è adesso questo specie di orcoide puzzettone? Ma chi si crede di essere? Beve tenendo il boccale come una primadonna... - Pensa Arbred, guardando con la coda dell'occhio il nuovo arrivato.

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