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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
I vaganti, da quel poco che sa Ardager, ci sono sempre stati. Ricorda che Samre era già sotto attacco quando lui era piccolissimo, e che suo padre aveva detto che i non-morti infestavano la foresta da tempo immemore. "Però si sa" aveva aggiunto "In un luogo dove è stato versato tanto sangue, gli spiriti vagano inquieti" ed hai già sentito in passato quanto fossero frequenti i campi di battaglia infestati, tanto più sanguinose e fraudolente erano le guerre, maggiore il numero e la potenza del male che abitava quei posti. Per quanto riguarda la compagnia, Ardager dice di avere i suoi amici immaginari e gli animali della foresta che si rifugiano nel suo tempio quando le cose vanno particolarmente male; il concetto di solitudine gli sembra estraneo, o forse dimenticato. Apprezza la compagnia umana - come ben vedete - ma non ha paura di rimanere di nuovo da solo una volta che ve ne sarete andati. In compenso accetta volentieri di insegnare ad Arsak qualcosa, anche se questi sembra riluttante a volersi fidare del monaco. Per quanto riguarda la cucina, non riesci a capire se effettivamente hai insegnato qualcosa al tempio oppure se stai preparando qualcosa solo per il gusto di farlo; di sicuro ti fa piacere rimetterti ai fornelli dopo tanto tempo di inattività. La storia del non-morto che vi salva non ha molto senso per lui, ma vi dice una cosa molto interessante: "Recandomi oltre i confini del tempio di notte, ho visto spesso i vaganti tentare di avvicinarsi a questo luogo senza successo; girano in piccoli gruppi da otto o da dieci, e capita che quando due gruppi si incontrano tra di loro, inizino a combattere come mosche su un melograno giallo. Ma non succede sempre! Solo a volte..." e più che dissipare i dubbi, questo ve ne fa venire altri. Un ultimo chiacchiericcio va invece al simbolo sacrilego trovato sulla pietra miliare all'incrocio di Debark; "Fen'Harel, il Lupo Ingannatore. " sentenzia sicurissimo Ardager, portandovi nella sala centrale ed alzando un dito verso il soffitto. Il lupo nero che divora i nemici è raffigurato esattamente sopra la statua di Rao. Arsak lo corregge: "Veramente è il Temibile Lupo" ma Ardager continua: "Harel significa entrambe le cose, dipende dal contesto. Sapete, mio padre da piccolo mi diceva che il lupo veniva di notte e-" "...porta via i bambini, lo sappiamo" "Oh, bene! Ci sono altre raffigurazioni sparse per il tempio, soprattutto vicino gli ingressi. Incute timore ai nostri nemici. Ora vado a prendere un paio di cose per la cerimonia, sentitevi liberi di esplorare quanto volete." Arsak è sempre più seccato dalle fandonie da selvaggi che va blaterando Ardager. Ci mancava solo di confondere la fede con queste assurde superstizioni! Il monaco si allontana per un po', lasciandovi liberi di gironzolare e discutere tra voi fin quando non torna.
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
"Fate come se foste a casa vostra." Ardager ti concede l'utilizzo dei fornelli del tempio e di sistemarvi come meglio credete. Prima di poterla utilizzare, ti servono acqua e stracci per pulire la polvere accumulatasi in decenni di inattività di quella stanza, e nel mentre Arrigo pensa a dar la biada ai cavalli e Arsak perlustra il tempio e lascia poi armatura e armi in una delle stanze da letto liberandosi del peso non necessario. Inizi a cucinare con quel poco che il monaco ha da offrirti: patate, carote, frutta secca e miele, tutta roba che produce lui nel tempo libero e che poi in realtà non usa, visto che il tempio si occupa di tutte le necessità di base dei suoi occupanti. Vi riunite tutti in cucina, a vederti cucinare e ad ascoltare Ardager che parla. Per farla breve, racconta che il tempio era già in piedi quando arrivò in questo posto, e che quando vi arrivò pensò si trattasse di un rudere buono per passarci una notte soltanto. Tuttavia si affezionò al posto e iniziò a risistemarlo e durante la restaurazione trovò la bibbia di Rao attraverso il quale ottenne la fede, e si autoproclamò "guardiano". Non ricorda da quanti anni esattamente abita in questo posto, ma ricorda di aver ospitato un buon numero di pellegrini o avventurieri scampati per miracolo alla morte a causa dei vaganti, come li chiama lui. Quando Arsak gli chiede come faccia a parlare con Rao, Ardager non sa spiegarglielo; dice solo che è come se avesse l'istinto di fare qualcosa che poi si rivela essere la cosa giusta, e dopo si sente in pace con sé stesso. Quando si rifiuta, sente il suo spirito "disallinearsi" - in maniera molto minore rispetto a Randal, s'intende. Ancora una volta, il capitano di Fort Adigrat è perplesso. La fede si sta dimostrando molto meno chiara rispetto a come se l'era immaginata. Per quanto riguarda suo fratello Galifar, Ardager è un elfo selvaggio che visse a Samre per circa ottanta anni; alla morte di suo padre, l'eredità dell'impero Yechilay - quello che una volta doveva essere il leggendario impero degli elfi delle foreste di cui ora rimangono solo ruderi, i cui diretti discendenti sono appunto gli elfi selvaggi - passò in mano a suo fratello. Lo definisce un Somniari, che tradotto dall'elfico Thedas significa "Oniromante" uno sciamano capace di viaggiare nell'Oblio attraverso i sogni; ti ricorda vagamente qualcuno di tua conoscenza. Insomma, per farla breve avevano grosse divergenze su come andava gestito il villaggio; Ardager voleva sottomettere Samre a Lalibela in cambio della forza militare della capitale per purificare la foresta, mentre Galifar preferiva mantenere il suo popolo indipendente in virtù degli antichi fasti dell'impero, e attaccare le carovane dei passanti per depredarli delle ricchezze necessarie al villaggio per sopravvivere agli attacchi dei non-morti. Il diverbio si concluse con il suo esilio, e da decenni non ha più notizie né della sua terra natìa né della situazione nel resto dell'isola. Arrigo lascia la cucina verso metà racconto, affascinato dai disegni del tempio e dalle varie fonti di potere che lo animano; conoscendolo, sta probabilmente cercando di capirne il funzionamento per replicarlo o per giustificare razionalmente la "divinità" che anima tutto quanto e smontare le presunte balle del monaco sulla sua mistica connessione con il dio della pace.
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
Arsak di nuovo accetta suo malgrado le tue parole, anche se la pazienza dell'elfo è al limite. Prima la delusione di trovare un pagliaccio come emissario del suo dio, poi un covo di predoni come vostra prossima destinazione...non dev'essere per nulla facile, per lui. "Questo tempio deve sempre avere un guardiano" sentenzia il monaco "...e poi non vado tanto d'accordo con Galifar. Mi ha esiliato da Samre un po' di tempo fa. Se vuoi rendere omaggio a Rao, perché non restate qui stasera e dite le preghiere del crepuscolo con me? Ripartite domattina con il sol levante. E nel frattempo puoi scoprire se il tempio può imparare ricette, perché io non lo so proprio!"
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
"Guazzetto di calamari" ripete Ardager, affascinato. Arsak commenta: "Lo sapevo che non ci avrebbe portati a niente. Che delusione, tutto quanto! Tutta questa fede per cosa...?" ma il monaco controbatte: "Rao può molte cose, ma non può modificare l'anima dei mortali. L'anima di Randal è...stonata. Sbagliata. Come una lisca di pesce in una biblioteca. Qui non posso guarirlo, solo curarne i sintomi. Ma forse mio fratello ci riuscirebbe. Lui è più bravo di me a curare i disallineamenti. Si chiama Galifar, è il capovillaggio di Samre. Forse puoi andare da lui a trovare una soluzione." Il capitano sbotta: "Samre? Ora basta, questa è l'ultima presa in giro! Randal, questo strambo vuole mandarci tra gli elfi selvaggi! Tanto valeva farci ammazzare dai goblin a questo punto!"
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Capitolo V: Barusha
"Seguitemi." il capovillaggio si alza dal ceppo e lascia la capanna aspettandosi che voi lo seguiate. Una dozzina di metri vi separa dalle palizzate di legno dove ogni metro e mezzo circa una sentinella armata d'arco fa la guardia immobile come una statua. Da sud arrivano due guerrieri armati più pesantemente con al seguito altre sentinelle armate da mischia, piazzandosi ai lati del grosso portale rinforzato. I capitani d'armata salutano Galifar dichiarandosi pronti ed in posizione; avete l'impressione che gli elfi siano pronti per affrontare un assedio, ma non capite contro cosa. L'elfo che vi fa da guida si rifiuta di dirvi contro chi combatte Samre, portandovi invece sulle mura, proprio sopra il portale. L'ultimo raggio di sole scompare, e gli elfi sulle mura accendono le torce accanto a loro. Cala il silenzio. Anche i rumori della cittadina sull'albero vhenadal scompaiono, come se l'intero villaggio si fermasse allo scoccare dell'ora. "E' ora." commenta Galifar. La foresta viene scossa da lontani echi di urla e clangore. La terra trema lievemente sotto il rumore di passi sincronizzati che proviene dal fitto sottobosco che circonda la radura di fronte le mura a nord di Samre. Poi d'un tratto, da entrambi i lati notate i riflessi tipici del metallo quando colpito dalle luci delle torce sulle mura muoversi verso il centro dello spiazzo insieme ad un ritmo serrato di passi e metallo che stride. Galifar compie alcuni gesti delle mani e lascia che una dozzina di bolle luminose lascino le sue mani per invadere il campo di battaglia, e lì, nella penombra, li vedete: non-morti organizzati in plotoni, perfettamente ordinati e armati. I loro stendardi sono divelti e consumati, le armature arrugginite e decrepite, così come le loro armi. I visi scarnificati, i corpi martoriati da numerose ferite mortali si muovono come se nulla fosse loro accaduto, pronti alla battaglia nonostante la morte. Contarli vi riesce difficile. Sono armati di archi, frecce, spade, lance, scudi, con alcuni di loro che comandano intere squadriglie, dotati perfino di cavalcature non-morte. La palizzata di legno, per quanto ben costruita, non potrà mai fermare un assedio di tale portata, né i pochi arcieri sulle mura possono contrastare i morti abbastanza efficacemente. Galifar stringe il suo bastone tradendo l'espressione pacata ed impavida; avete la sensazione di esservi cacciati in un guaio bello grosso. Samre è spacciata.
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Capitolo V: Barusha
Galifar, serissimo: "Se non avete fretta, tra circa mezz'ora lo vedrete con i vostri occhi. Il sole sta calando."
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
Ardager esclama: "Certo! Puoi restare qui con me al tempio! Fintanto che sei nei paraggi non ti succederà nulla!" Una nuvola copre i raggi di sole provenienti dall'alto, e le mattonelle dal terreno scendono silenziosamente verso terra unendosi alle loro simili. Arsak ha gli occhi sgranati, mentre Arrigo è ancora visibilmente scettico riguardo alla sua "magia".
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
Dopo esserti seduto, Ardager si pone di fronte a te e stende le mani al di sopra del tuo corpo; un raggio di sole pomeridiano attraversa una delle poche nuvole ancora in cielo e penetra da una finestra dal soffitto direttamente sulla tua sagoma; dalla tua prosepettiva ora è quasi come se la statua fosse irradiata da un alone divino che però sicuramente solo una coincidenza - o meglio, vi viene spontaneo pensare che lo sia. L'aria inizia a riscaldarsi, senti la carezza tiepida del sole accarezzarti il volto facendoti rilassare e spazzando via dalla tua mente tutti i cattivi pensieri. Ardager inizia a mormorare, e le note più basse della sua voce che riecheggiano nel tempio facendo vibrare le campane d'ottone che risuonano come diapason. Ora l'intero monastero mormora una nota sola: "Mmmmmm" continua il monaco. All'inizio senti come se il tuo stesso corpo rigettasse quella strana vibrazione, sentendoti una nota stonata in un coro perfetto; poi, dopo qualche minuto, senti la tua musica interiore allinearsi con l'intero tempio. La tua mente si svuota delle voci, la pesantezza del tuo corpo che ti trascini ormai da mesi svanisce e ti senti per la prima volta completamente libero da Vendetta. Ardager smette di mormorare, ma il tempio continua a risuonare per un po', affievolendo pian piano la melodia. "Porti con te grande dissonanza, Randal." dice curioso il monaco "Rao ha cantato per te, il tempio ti proteggerà fintanto che resterai al tuo interno. Ma non è permanente, il seme della disarmonia è ancora dentro di te. Quando lascerai il tempio, ricomincerai a scordarti come una chitarra lasciata all'umido." Finalmente una similitudine azzeccata! Quando ti alzi, ti senti in piena forma. Arsak e Arrigo ti guardano, ma solo quest'ultimo ha il coraggio di parlarti: "Mbè?!"
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Capitolo V: Barusha
L'elfo che vi parla è calmo e pacato anche nell'astio che contraddistingue la sua voce; il suo modo di fare vi ricorda tanto quello di Tiberius, se non fosse per un accento molto più "militare" e meno "mistico" nelle sue movenze. "Se i vostri amici sono nella foresta, pregate per loro perché sono già morti...o peggio. E poi, nessun oggetto vale la vita di uno dei miei uomini. Se volete andare a morire nel bosco, fatelo da soli." Essere amici di Lalibela ha il suo prezzo, mentre cercate l'amicizia degli elfi di Yechilay.
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
Ardager ti ascolta senza mai interromperti, tanto che a volte hai l'impressione che il suo corpo sia lì ma la sua mente stia vagando altrove. A racconto terminato, fischia di stupore e aggiunge: "E' una storia più strana di un cavallo nell'erba alta" nel frattempo Arrigo è rientrato, ha salutato Ardager senza ricevere risposta e Arsak lo ha fermato dal volerti aggredire alle spalle mentre raccontavi la tua storia. Il monaco torna in piedi e alza un dito solennemente recitando: "Se un male ti affligge, raggiungi di Rao le vestigie. Hai fatto bene a venire qui! Chiediamo direttamente al Dio cosa ne pensa." Arsak spalanca gli occhi: "Intendi dire che tu...puoi parlare con...Lui?" "Certo!" risponde serissimo Ardager. "Venite con me, andiamo a trovarlo." Arrigo ti guarda scettico: "Chista a vojj propri 'avvedè." vi spostate nel salone centrale del monastero, di fronte alla statua del dio della pace. Ardager recita il motto scritto sulla base della statua: "Andaran atish'an" e dal terreno si alzano una dozzina di mattonelle fino a raggiungere l'altezza di circa un metro e mezzo; ora lo sguardo della statua pare convergere su quella sorta di altare, la cui dimensione è di circa due metri per uno; un letto di pietra capace di ospitare due persone, praticamente. Ardager ti fa cenno di salire: "Prego, devoto. Rao vuole esaminarti." Il capitano e l'avernusiano si guardano ancora più scettici, pronti a intervenire al minimo cenno di pericolo. Le vicissitudini di Ibnat hanno grandemente abbassato la fiducia nel prossimo dei tuoi compagni.
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
"Io sono Ardager." fine? Tutto qui? No, aspetta, forse c'è dell'altro. "Forse l'avevo già detto. Vivo in questo monastero da quasi un secolo, offrendo riparo a chi cerca di attraversare la foresta. Sapete, è pieno di vaganti là fuori, ma la statua di Rao li mantiene lontani. La mia vita è tutta qui, ma voi...voi! Siete reali come una pagnotta ammollo! Ditemi, la Lucente Signora è ancora a capo delle armate di Lalibela? Gli elfi di Samre sono stati annientati, infine?"
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
Il custode è affascinato dai vostri modi occidentali: "Divertente...sì!" e mentre Arrigo si rialza da terra appurando che tutto è tornato tranquillo, imprecando non si sa quale dio avernusiano, colui che vi ospita si siede sui cuscini con grazia esclamando: "Ardager! Sì, è il mio nome. Saggio...? E' così che mi chiamano? Non pazzo? O eremita? O traditore? Saggio mi piace. Saggio è bello, importante, ruspante!" al monaco si è gonfiato il petto d'orgoglio, ma sembra chiaro che sui lunghi periodi non se la cava granché bene con le parole.
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Mie campagne
Visto che ci hai speso un po' di tempo per tenere tutto in ordine, sai cosa sarebbe figo? Se mettessi i link ai TdG e una breve descrizione della campagna. Così, giusto per far interessare chi guarda questo topic! (Tipo me!)
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
Arsak sospira. In fondo la fede richiede una prova, oppure fede non è. "Va bene. Fammi strada." e mentre il capitano ti segue e tu spieghi al monaco cosa a grandi linee ti ha portato a Barusha, tutti e tre vi godete lo spettacolo di Arrigo destato dal sonno nel peggiore dei modi: "MARONN DO CARMIN AGGIA ARRIVAT KILAGAS UAGLIO' AMONINN CA ISS N'AMMAZZA A TUTT QUANT!" e detto questo si lancia dalla finestra accanto al divano piombando rumorosamente nella siepe antistante. Fortuna che siete a piano terra. Ardager ti chiede: "Questo è il vostro compagno, giusto? Siete soliti svegliarvi così, nell'occidente?" l'ha metabolizzato in fretta il fatto che siete alieni!
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
"Scoppiettano? Ooooh..." il monaco si avvicina ad uno dei piccoli prodigi di Arrigo accovacciandosi come un bambino e facendo estrema attenzione a non sfiorarle. "Pietre magiche che scoppiano, elfi con le orecchie tonde...ed è tutto reale! Questo mondo sta impazzendo come burro di mandorle in una frittata di aragoste..." Arsak dopo dieci minuti ha già perso la pazienza. Ti prende per un braccio e ti fa arretrare di qualche metro, poi sussurra: "Stiamo scherzando? Sono caduto nella trappola del falso lord una volta, non lo farò di nuovo. Questo non è il monaco Ardager! Selam è un luogo di culto, ospita il massimo rappresentante di Rao in terra che dovrebbe essere...questo stramboide?"
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
"Il pranzo...il pranzo! No, no, non io...il tempio. Lui cucina molto meglio di me." l'elfo farnetica mentre vi fa cenno di seguirlo verso il posto dal quale siete venuti, prendendo tutta un'altra strada attraverso i massi e le fronde degli alberi, facendo salti e capriole che difficilmente riuscireste a replicare; Arsak opta per risalire lungo il sentiero. "Oh, non aspettavo visite! Ero andato a meditare come al mio solito ed invece eccovi qua." si ferma a guardarvi, sorridente e immobile. Non avete la più pallida idea di quello che voglia fare. "Gente vera...wow." continua a pensare ad alta voce.
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Capitolo V: Barusha
Asvig vorrebbe borbottare qualcosa contro il lasciare andare da sola Sandrine insieme a Besnik verso l'ignoto, ma gli ordini della contessa non si discutono mai. "Sì, mia signora" risponde, avvicinandosi alle lady. Ventura, altrettanto preoccupata, mormora al capitano: "Stai attento..." Due elfi si piazzano a guardia dei rimanenti membri della spedizione, che nel frattempo si accampa nel bosco come può. Venite condotti da una decina di sentinelle fuori dal sentiero prefissato, con Galifar che fa da cicerone per voi tutti; dopo alcuni minuti già non sentite più gli echi dei vostri compagni e giunti in un punto preciso, sentite il capo dei selvaggi pronunciare una benedizione in elfico: "Fen'harel enaste" La foresta si desta, la sentite mutare, contorcersi e sussurrare. Poi torna silenziosa. Qualche altro metro in avanti, e di fronte a voi si apre uno scorcio della base nascosta degli elfi ribelli dell'isola. Samre, il villaggio dei selvaggi, è situato all'interno di un immenso albero cavo sul quale è stata costruita un'intera cittadina. "Quello è il Vhenadal, l'albero sacro che ospita il nostro villaggio, Samre." indica Galifar, puntando verso la chioma. La foresta si fa meno fitta in prossimità dell'albero, dove il terreno paludoso è sormontato da passerelle di legno e occasionali palizzate sui lati dove la boscaglia manca di fare da scudo al villaggio; l'aria è molto umida, ma almeno ha smesso di piovere. Attorno a voi, elfi tatuati ovunque, la maggior parte dei quali non-combattenti, si soffermano a salutare Galifar curiosi di vedere chi ha portato con sé. Ormai state iniziando entrambi a fare l'abitudine a questa sensazione di essere osservati ovunque andiate, voi "elfi dalle orecchie mozzate". Venite condotti sul lato nord della radura, dove si erge una grossa palizzata in legno con diverse decine di uomini a presidiarla; lì c'è una tenda di legna e fogliame, meta finale del vostro viaggio. La maggior parte delle sentinelle si allontana verso nord adesso, con solo quattro di esse rimaste a presidiare voi e la tenda. Galifar si siede su un grosso tronco messo in orizzontale all'interno della capanna, di fronte al quale ce n'è uno identico dove fa cenno di sedervi. "Andrò subito al sodo: dove siete diretti? E perché volete entrare nella foresta?" @Sandrine
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Capitolo V: Barusha
Lo sguardo di Galifar resta per molto tempo su Fortunale. L'elfo, più saggio dei suoi subalterni, ha capito immediatamente la capacità diplomatica di Sandrine e non si lascia affascinare facilmente dalle sue parole; preferisce invece osservare le retrovie del suo entourage in tutta la sua eterogeneità. Quando il capitano parla, tutti lo guardano con deferenza: è così che si capisce chi è il capo in una comitiva. Gli elfi confabulano tra di loro alle spalle di Galifar, che ha già preso la sua decisione. "Accetto la proposta. Voi due soltanto potete seguirmi verso Samre, gli altri restano. Ma portate con voi le armi. Vi potrebbero servire."
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
L'elfo si sveglia e vi guarda, dubbioso: "Cosa...? Siete reali?" scende dalla pietra con una capriola, vi si avvicina camminando con fare serpentino, vi prende il volto con entrambe le mani osservandovi le gengive e i denti da vicino e poi conclude: "Incredibile...sì, siete reali!" Arsak lo guarda a metà tra l'incredulo e il deluso. Te lo indica con fare interrogativo, come per dire: "QUESTO dovrebbe risolvere i nostri problemi?!" ma l'elfo non ci fa caso, saltando da una parte all'altra dall'entusiasmo con piroette e salti mortali come una molla impazzita. "GENTE VERA E' ARRIVATA! SUONATE I TAMBURI! SONO PIU' FELICE DI UN SASSO SU UN ALBERO DI CARRUBE!" Noti chiaramente il capitano strizzare gli occhi alla sua similitudine. Evidentemente non l'ha capita nemmeno lui.
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Capitolo V: Barusha
Tiberius si avvicina al capitano "Stanno parlando di convocare un certo Galifar. Forse è il loro capo." Nel frattempo tutti gli elfi hanno riposto le armi, definitivamente calmati dalle parole di Sandrine. Un paio di loro si allontanano, scomparendo tra gli alberi e tornando dopo qualche minuto con un elfo vestito di una casacca blu notte con pantaloni leggeri di seta grigia, un panciotto di cuoio protettivo legato con cinghie alla vita e sopra una tunica aperta e senza maniche di squame di qualche mostro a voi sconosciuto. Sopra gli abiti, gambiere e parastinchi e dietro di lui, legato alla schiena, un lungo bastone da incantatore. @Sandrine Il neo-arrivato parla perfettamente il barushano: "Ho sentito voci di avventurieri venuti dall'Ovest che hanno stretto patti con Lalibela. Ditemi, orsù: perché dovrei condurvi nella nostra roccaforte? Chi mi dice che non sia una trappola degli emissari di Chronepsis?"
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
"Bella domanda." Arsak prende a circumnavigare il bosco in senso antiorario rispetto al portone d'ingresso, una mano libera e l'altra sull'elsa della sua spada. Passeggiate per più di un quarto d'ora e nel frattempo il cielo si schiarisce facendo trapelare timidi raggi di sole attraverso le fronde degli alberi. In mezzo al bosco, d'un tratto vi accorgete di una formazione naturale abbastanza singolare che erge a sud del monastero: una grande roccia sferica di almeno un metro e sessanta di diametro. Sopra di essa si erge un elfo dai vallaslin molto pronunciati, vestito di abiti leggeri e che porta in grembo un bastone da passeggio. Sta evidentemente dormendo/meditando sulla roccia, e non fa apparentemente caso a voi che siete appena giunti. Arsak ti strattona una manica indicandotelo, si avvicina e si schiarisce la voce. Nessuna risposta.
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
"Non sento niente." risponde Arsak, un po' seccato dal fatto che lui, al contrario di te, non possiede alcuna dote magica e non può essere d'aiuto quanto vorrebbe. Intanto il tempo è volato, così come i bocconi nella pancia di Arrigo. Terminato il pranzo, questi si butta sull'ammasso di cuscini godendosi fin troppo l'ospitalità. "Sapiss chi ci vulissa mò? Na bella pennica..." e al termine della frase i suoi occhi si chiudono automaticamente, con la sua mente che farà un bel viaggetto nel Piano Onirico per la prossima oretta abbondante, conoscendo i suoi ritmi. "Sono più sereno ora che si è addormentato. Avevo paura facesse danni qui dentro." Arsak si alza da terra e si dirige verso l'ingresso. "Hai detto che qualcuno abita questo posto, giusto? Quindi se non è dentro..." ...è fuori. Il capitano ti fa il cenno militare per seguirlo - deformazione professionale, devi perdonarlo - ed esce fuori dall'edificio addentrandosi nella boscaglia prossima al delimitare della cupola di abiurazione; quasi inconsciamente segue il bordo dell'area, forse frenato da quella sensazione di pace che circonda tutto il tempio della Pace. "Perlustriamo il perimetro."
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Capitolo V: Barusha
Gli elfi ascoltano Sandrine parlare e si guardano tra loro, dubbiosi. Poi uno dopo l'altro abbassano gli archi, e perfino Sigbjorn vista la situazione lascia andare con uno strattone il suo prigioniero mormorando qualche imprecazione nella sua lingua natia. Il lavoro dell'interprete del gruppo prosegue in uno scambio di battute tra lei e gli elfi selvaggi... @Sandrine
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Capitolo V: Barusha
"Ma banal las din'an ma lethallin!" gli elfi urlano qualcosa nel loro elfico, visibilmente irritati. Il muro di scudi dei soldati di Asvig si pone tra voi e le frecce, ma Sigbjorn è completamente esposto. Basterebbe un tremolio, un soffio di vento, per far scoccare una freccia senza preavviso e iniziare una guerra istantaneamente... @Sandrine
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Capitolo V: Tutta colpa di Arrigo
Esplori il posto fino a capirne più o meno la piantina. Per essere un rifugio, è ben attrezzato e tenuto come si deve. Il monaco Ardager, se è ancora lui responsabile di questo posto, deve tenerci parecchio alla pulizia e alla manutenzione di questo posto. Una stanza privata nel lato nord-est contiene oggetti e vestiario di vario tipo, la maggior parte dei quali definiresti come "esotici"; lunghe tuniche rosse, strani bracciali di ferro battuto, e poi tre paia di sandali quasi identici. Sul comodino accanto al letto c'è il testo sacro di Rao, una copia identica a quella che trovasti tra le mani putrescenti del vero lord Iskander giusto qualche settimana fa. Molti dei passi al suo interno sono sottolineati e annotati facendo riferimento ad una sorta di datazione che copre tutto l'anno: forse la suddivisione delle preghiere in base al periodo solare? Nella stanza adiacente la cucina ci sono altri due letti, mentre dall'altra parte del corridoio rispettivamente uno studiolo semplice poi un ripostiglio di scorte quali legname, olio, cibo secco e coperte per il freddo. Alla sinistra della statua di Rao, un confessionale piuttosto ampio; se fai il giro del tempio, ti accorgi che il retro contiene una sorta di dormitorio a parte, probabilmente dedicato ai pellegrini. Dall'ordine e dalla polvere ti accorgi che nessun letto è stato usato da un po' di tempo, eccetto quello nella stanza singola a nord-est. Numerosi idoli di legno dedicati a Rao sono sparsi in ogni dove e spuntano fuori come funghi ovunque ti trovi. Come ogni tempio che si rispetti, d'altronde...