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Guida all'interpretazione #5: Interpersonale, 1 a 0

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Gli incontri sociali / di negoziato sono un tipico terreno di discussioni sulla dicotomia giocatore-vs-personaggio, e interpretazione-vs-dadi. Ecco una semplice proposta per risolverle.

Articolo di Bille Boo del 14 giugno 2021

Una scena classica di D&D è quella in cui i PG devono trattare con qualcuno (un PNG, un mostro intelligente...) per ottenere qualcosa: uno sconto, un favore, una decisione, un accordo, o semplicemente l’aver salva la vita. È una delle situazioni in cui è più facile che si crei confusione tra giocatore e personaggio. Ideale, quindi, per questa serie di articoli sull’interpretazione di ruolo.

Diemme A: “Io non faccio tirare dadi in questi casi. Siamo qui per un gioco di ruolo e il giocatore deve ruolare! Interpreto l’interlocutore e faccio parlare i giocatori: se mi convincono, bene, altrimenti nisba.

Diemme B: “Deve contare il personaggio, non il giocatore. Per questo mi baso solo sui tiri di dado. Se facessi contare ciò che dicono i giocatori finirei per discriminare quelli timidi o con meno abilità oratoria, anche se hanno speso risorse per acquistare le abilità sociali, mentre quello con +0 a Diplomazia/Persuasione del PG ma bravissimo a parlare sarebbe avvantaggiato ingiustamente.

Chi ha ragione?

Entrambi, o meglio, nessuno dei due.

Cominciamo con un bel sondaggio

Ho sottoposto un rapido sondaggio sia sul mio profilo Instagram che su un noto gruppo Telegram. Vista la penuria di rispondenti non possiamo attribuire ai risultati nessuna valenza statistica: si fa per parlare e basta.

Ecco il sondaggio con i suoi risultati:

Come gestite gli incontri interpersonali / sfide sociali (negoziati eccetera) in D&D?

Telegram (52 risposte)

Instagram (6 risposte)

1) Si tira il dado e conta solo quello: deve contare il personaggio, non il giocatore

4%

33%

2) Si "ruola" e basta (= conta solo il giocatore), niente dadi se non in casi eccezionali

6%

17%

3) Se il giocatore è convincente non serve il dado, altrimenti uso il dado come ripiego

52%

50%

4) Il giocatore deve sia essere convincente lui, sia fare un bel tiro coi dadi, per avere successo

38%

0%

In questi sondaggi ho barato, perché la vera risposta (quella che io, nel mio D&D, considero corretta) non è nessuna delle quattro. Molti utenti di Telegram se ne sono accorti e hanno scritto un commento con dei distinguo.

Gli approcci più comuni (alternativi o parzialmente alternativi a quelli elencati) sono:

  • Far prevalere la risposta 3 (tirare il dado come ripiego se il giocatore non è convincente di suo) per gli incontri sociali meno importanti, mentre la 1 (solo dado) o la 4 (sia dado che buona oratoria del giocatore) per incontri sociali più importanti. (Ma talvolta usare la risposta 3 comunque, per rule of cool – sappiate che io detesto la rule of cool 😝).

  • Tirare il dado, ma dare un bonus o una penalità al tiro a seconda di quanto è stato convincente il giocatore o di quanto è stata "bella" la sua interpretazione del dialogo.

  • Tirare il dado, ma la CD dipende da quello che il giocatore ha detto, da come ha descritto o interpretato la conversazione (molto simile al punto precedente, ma vicino anche alla risposta per me corretta).

Vediamo, adesso, come io raccomando di gestire la questione.

Giocatore e personaggio: a ognuno il suo

Se avete seguito questa serie, in particolare la parte 2 e la parte 4, avrete capito ormai qual è la funzione del giocatore e quale quella del personaggio, quantomeno in giochi di ruolo affini a D&D. Applichiamo il concetto a questo caso specifico.

  • Il compito del giocatore in un incontro sociale/interpersonale è decidere come il suo PG lo approccia. Ogni aspetto decisionale della faccenda ricade su di lui, non sul dado.

  • In seguito, la funzione del personaggio e delle meccaniche di gioco, dado compreso, è stabilire quanto bene riesce ad attuare quelle decisioni. Ogni aspetto riguardante la performance, la bravura esecutiva (= non decisionale), ricade quindi sul personaggio e non sul giocatore. (Ricordiamoci che il dado va coinvolto solo quando c’è, a giudizio del Diemme, un elemento di incertezza: se l’azione non può ragionevolmente riuscire, o non può ragionevolmente fallire, il dado è inutile. Ne abbiamo già discusso.)

Detto brutalmente:

È il giocatore a scegliere cosa vuole dire il PG. Sono la scheda e le regole a stabilire quanto bene riesce a dirlo.

L’obiezione del Diemme A.

Ma così si disincentiva la gente a ruolare! Io voglio premiare il role!” — oppure: “Ai bei tempi andati non c’erano tutte queste abilità: nelle scene di dialogo niente dadi, ruolavi e basta!

Intanto ribadisco che per me, lo sapete, ruolare vuol dire una cosa diversa da recitare parlando in-character, quindi va distinto “ruolare” o “role” da “recitare”. Ma non attacchiamoci alla semantica.

Risposta: non si disincentiva la gente a recitare la scena (cosa che può ancora essere fatta senza problemi, se piace), si evita solo di renderlo obbligatorio, che sarebbe una forma di recitazionismo.

(Tecnicamente non è neppure del tutto vero che nella Vecchia Scuola i dadi non entrassero in gioco nelle situazioni sociali: c’era una cosa molto interessante chiamata “tiro per la reazione” di cui parleremo molto presto.)

Alle corte, comunque: se il regolamento prevede l’esistenza di certe abilità / capacità / competenze per le scene sociali, con il loro bel costo associato nella creazione del personaggio, ignorarle e basta è una fregatura per i giocatori. Se proprio non volete usarle, perlomeno ditelo prima e abolitele con una house rule, permettendo ai giocatori di sostituirle con altro. Io, però, vi consiglio caldamente di usarle: in un GdR è bello poter interpretare un poderoso barbaro anche se in realtà si è mingherlini pesi piuma, ed è altrettanto bello poter interpretare un bardo dalla parlantina sciolta anche se in realtà si è timidi, introversi e privi di qualsiasi raffinatezza oratoria.

L’obiezione del Diemme B.

Ma se il personaggio è un abile diplomatico, con Intelligenza e/o Carisma altissimi, grande esperienza sociale eccetera, dovrebbe anche saper scegliere cosa dire meglio di quanto non faccia il giocatore!

Risposta: può darsi, ma così il gioco non funziona. Esasperare così tanto l’indipendenza del PG rispetto al giocatore porterebbe all’assurdità di personaggi che “giocano da sé” comandati dai dadi, senza che il giocatore faccia niente a parte stare lì a lanciarli. Il giocatore deve essere coinvolto, essere parte attiva di quello che succede, non ridursi a un generatore di numeri casuali a base di carbonio. Come ho ripetuto molte volte, nei giochi di cui parliamo il ruolo del giocatore è prendere le decisioni per il personaggio. Prenderle lui, non farle prendere a un dado o alla scheda in sua vece.

Se seguissimo questa obiezione fino in fondo dovremmo anche dire che in combattimento il PG, guerriero esperto e veterano di molte battaglie, sa meglio del giocatore quale nemico conviene attaccare e come: quindi anche quella decisione (chi attacco, da quale posizione, con quale arma?) non sarebbe “giusto” affidarla al giocatore e andrebbe invece legata a un qualche fantomatico tiro di Tattiche di Battaglia del PG. Ben poco divertente, no?

In combattimento è il giocatore a decidere chi attaccare, quale arma o incantesimo usare, dove posizionarsi: il PG e le regole servono dopo, per stabilire se ci riesce. Nell’esplorazione è il giocatore a decidere dove andare, cosa perquisire, se cercare trappole oppure no, se aprire o no una certa porta: poi, se è il caso, subentrano la scheda e i dadi. Gli incontri sociali non sono diversi.

Al limite, il Diemme può tenere conto dell’esperienza e abilità del PG per fornire informazioni (ricordate questa parte?) al giocatore su quello che il PG ragionevolmente sa. In battaglia potrebbe dirgli “la tua esperienza ti suggerisce che caricare in sella dei lancieri in formazione sia un’idea molto pericolosa” mentre in una situazione sociale potrebbe dirgli “la tua esperienza ti suggerisce che in questo contesto ci si aspetti un approccio molto cortese e formale, senza andare subito al sodo”.

All’atto pratico

Quando un PG vuole convincere un PNG a fare qualcosa, quindi, non basta che il giocatore dica “provo a persuaderlo”. In quel caso è giusto e doveroso che tu, Diemme, risponda: “sì, ma fammi capire come”.

Mentre il giocatore parla, però, ricordati che non devi valutare quanto è bravo a parlare, quanto è convincente il suo modo di esprimersi, né quanto sta “recitando bene” il suo personaggio. Il tuo obiettivo, invece, è capire quali argomentazioni e quale modalità di approccio vuole utilizzare: è questa la parte decisionale.

Non considerare che il PG stia ripetendo parola per parola quello che dice il giocatore. Applica, invece, la tecnica che The Angry GM chiama del murky mirror (specchio offuscato): il PG starà usando quegli stessi argomenti e quella stessa “traccia” ma con parole sue, con un’oratoria, una gestualità, un’intonazione, una dialettica che dipenderanno dalla sua scheda e/o dal risultato di un tiro (come previsto dal regolamento). Dice la stessa cosa anche Nerdcoledì: le frasi pronunciate dal giocatore non sono le stesse del personaggio, costituiscono “semplicemente un canovaccio, una linea guida, un riassunto”.

Ora, attenzione bene.

  • Le scelte del giocatore (argomentazioni, approccio) ti serviranno, innanzitutto, per stabilire se è necessaria una prova.

    • Se quelle argomentazioni e quell’approccio (di per sé, a prescindere da come il giocatore le ha esposte!) sono tali che è irragionevole / insensato, per il PNG, rifiutarle (questo lo saprai tu, in base a quello che conosci di quel PNG, dei suoi scopi, della sua personalità…) il successo è automatico.

    • Se, viceversa, quelle argomentazioni e/o quell’approccio sono del tutto inadatti a far presa su quel PNG, è automatico l’insuccesso. Non bisogna stupirsi: per ognuno di noi esistono sicuramente richieste / proposte che rifiuterebbe a prescindere da quanto bene vengono comunicate. Se il guardiano è omosessuale, per dire, è inutile che la bella barda procace tenti di sedurlo. Il paladino senza macchia non accetterà mai un tentativo di corromperlo con il denaro, anzi, si offenderà. Eccetera.

    • Se, infine, stabilisci che quelle argomentazioni e quell’approccio possono avere successo ma possono anche fallire, allora potrai usarle per stabilire la difficoltà della prova, cioè la probabilità di successo; nelle edizioni di D&D basate sul d20 system si tratterà di decidere la CD; in D&D 5e, a grandi linee, va bene un 10 se l’impresa è facile, un 15 se è impegnativa, un 20 se è molto difficile.

  • Una volta stabilite queste cose, se un tiro di dado è necessario, richiedilo in base alle regole e usalo per rappresentare quanto bene il PG ha espresso le argomentazioni e l’approccio scelti dal giocatore. Se il risultato è un successo, si sarà espresso in maniera sufficientemente buona. Se è un fallimento, avrà fatto qualche passo falso o non sarà stato all’altezza.

Sembra un procedimento semplice ma è facile inciampare. Per esempio:

  • Chiedo gentilmente uno sconto.

  • Buon pomeriggio, buon uomo, vorrebbe farmi la cortesia di un piccolo sconto? Per favore!

Queste due frasi, dette dal giocatore, sono equivalenti. Non guardatemi così! Sono del tutto equivalenti. Si richiede direttamente lo sconto, senza argomentazioni particolari a favore, usando come approccio / modalità la gentilezza. Se nel secondo caso siete tentati di dare, quantomeno, un +2 (o una CD più bassa) visto che il giocatore “ha ruolato meglio” trattenetevi, vi prego! (In effetti non ha ruolato meglio.)

  • Buon pomeriggio, messere, che magnifico negozio! I vostri abiti non sfigurerebbero indosso ai migliori cavalieri e alle più belle dame del reame. Non ho mai veduto niente di così bello! Io sono solo un umile avventuriero, purtroppo, e non credo di potermi permettere tanta bellezza, ma mi sforzerò di dimostrarmi all’altezza se mi concederete un piccolo sconto.

Ecco: qui, a voler essere buoni, si può ravvisare un elemento in più che è l’adulazione. Se il negoziante è sensibile all’adulazione (non è detto che lo sia) questo diverso approccio potrebbe portare a una difficoltà per la prova un po’ inferiore. Ma attenzione, sarebbe stato esattamente lo stesso se il giocatore avesse detto:

  • Gli faccio i complimenti per il negozio e per le merci, e vedo se mi fa lo sconto.

Continua altrove

Quello degli incontri sociali / interpersonali è un argomento immenso e lo abbiamo appena scalfito. Ma qui mi premeva affrontarlo solo dal lato dell’interpretazione di ruolo.

Per chi è interessato agli aspetti più tecnici e meccanici della questione, c'è una mini-serie a parte in cui presento le proposte di due grandi autori e poi, modestamente, la mia, cioè come io gestisco (da un po’ di tempo a questa parte) questo tipo di incontri al mio tavolo.

Intanto, qui finisce la mia serie sull’interpretazione di ruolo. Vi è piaciuta? Ho tralasciato qualcosa?


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Avevo letto questo articolo sul blog e mi sono trovato sostanzialmente d'accordo. Devo dire che le mie esperienze di gioco, pur non avrndo esplicitato questa meccsnica, hanno sempre funzionato così (a volte meglio, a volte peggio...)

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Io è un po' che non uso le caratteristiche. Il giocatore comunica cosa dice il personaggio (recitando o meno, non mi interessa), io - se credo sia necessario - faccio un tiro di reazione per capire cosa ne pensa il PNG (e dare senso al tiro, tenendo conto della situazione generale).

Forse un po' aleatorio ma funziona.

comment_1915783

Concordo in pieno con @Bille Boo, soprattutto quando fà questo esempio:

5 ore fa, Bille Boo ha detto:

Ma se il personaggio è un abile diplomatico, con Intelligenza e/o Carisma altissimi, grande esperienza sociale eccetera, dovrebbe anche saper scegliere cosa dire meglio di quanto non faccia il giocatore!

Risposta: può darsi, ma così il gioco non funziona. Esasperare così tanto l’indipendenza del PG rispetto al giocatore porterebbe all’assurdità di personaggi che “giocano da sé” comandati dai dadi, senza che il giocatore faccia niente a parte stare lì a lanciarli. Il giocatore deve essere coinvolto, essere parte attiva di quello che succede, non ridursi a un generatore di numeri casuali a base di carbonio. Come ho ripetuto molte volte, nei giochi di cui parliamo il ruolo del giocatore è prendere le decisioni per il personaggio. Prenderle lui, non farle prendere a un dado o alla scheda in sua vece.

Se seguissimo questa obiezione fino in fondo dovremmo anche dire che in combattimento il PG, guerriero esperto e veterano di molte battaglie, sa meglio del giocatore quale nemico conviene attaccare e come: quindi anche quella decisione (chi attacco, da quale posizione, con quale arma?) non sarebbe “giusto” affidarla al giocatore e andrebbe invece legata a un qualche fantomatico tiro di Tattiche di Battaglia del PG. Ben poco divertente, no?

In combattimento è il giocatore a decidere chi attaccare, quale arma o incantesimo usare, dove posizionarsi: il PG e le regole servono dopo, per stabilire se ci riesce. Nell’esplorazione è il giocatore a decidere dove andare, cosa perquisire, se cercare trappole oppure no, se aprire o no una certa porta: poi, se è il caso, subentrano la scheda e i dadi. Gli incontri sociali non sono diversi.

Al limite, il Diemme può tenere conto dell’esperienza e abilità del PG per fornire informazioni (ricordate questa parte?) al giocatore su quello che il PG ragionevolmente sa. In battaglia potrebbe dirgli “la tua esperienza ti suggerisce che caricare in sella dei lancieri in formazione sia un’idea molto pericolosa” mentre in una situazione sociale potrebbe dirgli “la tua esperienza ti suggerisce che in questo contesto ci si aspetti un approccio molto cortese e formale, senza andare subito al sodo”.

comment_1916100

Nel corso del tempo ho adottato varie delle tecniche proposte, mai il tiro di dado secco. Ma oggi mi trovo concorde con quanto specificato qua:

Il 2/5/2025 alle 07:06, Bille Boo ha detto:
  1. Le scelte del giocatore (argomentazioni, approccio) ti serviranno, innanzitutto, per stabilire se è necessaria una prova.

    • Se quelle argomentazioni e quell’approccio (di per sé, a prescindere da come il giocatore le ha esposte!) sono tali che è irragionevole / insensato, per il PNG, rifiutarle (questo lo saprai tu, in base a quello che conosci di quel PNG, dei suoi scopi, della sua personalità…) il successo è automatico.

    • Se, viceversa, quelle argomentazioni e/o quell’approccio sono del tutto inadatti a far presa su quel PNG, è automatico l’insuccesso. Non bisogna stupirsi: per ognuno di noi esistono sicuramente richieste / proposte che rifiuterebbe a prescindere da quanto bene vengono comunicate. Se il guardiano è omosessuale, per dire, è inutile che la bella barda procace tenti di sedurlo. Il paladino senza macchia non accetterà mai un tentativo di corromperlo con il denaro, anzi, si offenderà. Eccetera.

    • Se, infine, stabilisci che quelle argomentazioni e quell’approccio possono avere successo ma possono anche fallire, allora potrai usarle per stabilire la difficoltà della prova, cioè la probabilità di successo; nelle edizioni di D&D basate sul d20 system si tratterà di decidere la CD; in D&D 5e, a grandi linee, va bene un 10 se l’impresa è facile, un 15 se è impegnativa, un 20 se è molto difficile.

  2. Una volta stabilite queste cose, se un tiro di dado è necessario, richiedilo in base alle regole e usalo per rappresentare quanto bene il PG ha espresso le argomentazioni e l’approccio scelti dal giocatore. Se il risultato è un successo, si sarà espresso in maniera sufficientemente buona. Se è un fallimento, avrà fatto qualche passo falso o non sarà stato all’altezza.

Sebbene io la difficoltà la stabilisca a priori sulla base dell'atteggiamento di colui che ascolta i PG e poi concedo bonus/vnataggio/svantaggio sulla base delle argomentazioni usate, perchè non sono solo queste che incidono nella difficoltà ma anche come è disposto l'interlocutore (che incide anche sul successo/insuccesso automatico)

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