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Dragons´ Lair

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Lilac Hollow – Stagione 1: I Figli della Prima Notte

Risposte in primo piano

Orion Kykero

Fuori scuola

Devo davvero trattenermi per non alzare gli occhi al cielo quando sento Tyler lanciarsi nella sua manfrina di come non gli importi nulla di sembrare debole.

Certo. Perché chiaramente niente è nessuno potrà mai mettere in discussione la popolarità di Mr. Perfezione. Figuriamoci. Deve fare il cavaliere in armatura scintillante di stocazz@ anche in questa situazione.

Però almeno mi dà ascolto. E non solo perché è il fidanzato di mia sorella. E quando realizzo questa cosa sento uno strano calore al centro del petto.

Stupido Tyler.

A lezione di ginnastica

Dopo aver salutato le mie sorelle mi preparo alla tortura settimanale dell' ora di educazione fisica. Uff...spero solo di non finire come l' altra volta. Per fortuna il coach sembra più interessato a Nathan che a distruggerci, per una volta.

Stranamente Scarlett non è qui. Spero non si sia presa nulla. A breve mi deve dare quelle informazioni su Jeremy. Se è malata e non può farlo mi dovrà uno sconto gigantesco sulla prossima partita di droga.

Almeno una buona notizia in tutta questa giornata c'è. Quella cattobigotta decrepita di suor Margaret non appesterà la scuola con la sua presenza. Se c'è una cosa su cui posso essere d' accordo con mia madre è che persone come lei non dovrebbero essere neanche lontanamente vicino a una scuola.

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Immagini pubblicate

Ana Rivero

A casa di Gustav

Il "Perché sei qui, Ana?" di Gustav mi entra nelle orecchie come uno scalpello. Mi fa male. Mi fa male perché credo sia stupido. Credo.

Inarco un sopracciglio. "Perché sono qui?" ripeto, come se assaggiassi le parole e le trovassi rancide. "Davvero… davvero è questa la prima cosa che ti viene da chiedermi? Dopo due anni?". Faccio un passo oltre la sua soglia, osservando di sfuggita la miseria che ci vedo dentro. "Serve un motivo?" aggiungo, allargando le braccia. "Ti devo un appuntamento? Un preavviso? Una lettera firmata da mio padre?". La parola padre mi esce come veleno.

"Tu mi hai creato. Tu mi hai venduta. Io non ti devo un bel niente. Sei tu che dovresti avere qualcosa da dire. O da spiegare". Lascio che rimanga un po' di silenzio tra noi e lo squadro ancora. Il mio sguardo deve essere pesante come il casino in quella casa. Odora di solitudine, vernice stantia e… fallimento. La cosa mi disgusta. Più guardo il suo caos, più mi sale il sangue al cervello. Quella emozione mi funziona sempre.

"Che bella vita, Gustav." dico, senza alzare la voce. "Complimenti. Almeno la mia non è molto meglio, siamo pari."

E prima che possa reagire, allungo le mani al colletto della giacca. La slaccio. La lascio cadere a terra. Poi anche la camicia. In un attimo sono lì, in canotta, la pelle pallida in vista, le scapole tese. Ignoro ogni suo eventuale tentativo di fermarmi.

Ruoto la spalla. Il movimento scopre il segno ancora di più. Mi volto verso di lui e punto un dito contro quella frattura. "Che. cavolo. È. Questo?".

"Non sono più marmo. Non sono una scultura. E allora perché mi sto rompendo?

Se crede di comportarsi in modo paterno con me, si sta sbagliando di grosso.

  • Autore

@TheBaddus

Scarlett Bloomblight- sottoterra

Inizi a scendere lungo la scalinata con passo incerto, le dita serrate attorno al coltellino fino quasi a farti male. Ogni gradino è un tuffo più giù, nella terra e nell’oscurità… e a ogni passo il freddo diventa più intenso, pungente, quasi vivo. L’odore di umido e marciume ti avvolge come un manto pesante che ti si appiccica addosso, entrando nelle narici e graffiandoti la gola.

Il battito del tuo cuore è un tamburo impazzito: bum bum — bum bum — bum bum. L’unico suono in questo silenzio sepolcrale.

Perdi il conto dei gradini — potrebbero essere cinquanta, potrebbero essere cento — e la luce pallida del giorno alle tue spalle è ormai solo un ricordo sfumato, lontano, irraggiungibile.
Gli occhi cercano disperatamente di adattarsi al buio, ma l’oscurità qui sotto è troppo spessa, troppo assoluta. Tanto che quasi inciampi quando il terreno cambia all’improvviso: nient’altro gradini. Il corridoio prosegue in piano.

Deglutisci, voltandoti un istante. L’ingresso dell’arcata è ormai solo un varco sospeso nel nulla, lassù, sempre più lontano… È allora che la voce nella tua testa sussurra di nuovo: «AVANTI… Noi… Siamo fiere…»

Ma non è come prima. Non è decisa, non è infallibile. Trema. O sei semplicemente tu ad esitare?
E insieme a quel sussurro senti un’altra ondata… un fremito di euforia, caldo, estraneo, che ti percorre la spina dorsale senza permesso.

Avanzi a tentoni nel corridoio, le mani sui muri di pietra fredda. L’oscurità è così totale da strapparti via ogni punto di riferimento, costringendoti infine ad attivare la torcia del telefono. La luce è debole, pallida, illumina appena un paio di metri davanti a te… ma è sufficiente a non cadere.

Continui così, lenta, con il cuore bloccato in gola e il fiato corto, come se l’aria stessa lottasse per restare nei tuoi polmoni.

Poi — una vibrazione improvvisa nello stomaco — là davanti, più in fondo, compare una luce tremolante. Una fiamma.

Spegnere la torcia del telefono è un riflesso immediato, quasi animale.
La penombra ti riavvolge, ma i tuoi occhi adesso vedono quel barlume dorato, lontano, instabile.

Avanzi in punta di piedi, ogni passo il più furtivo possibile… se la Creatura dal teschio di cervo è nella sua “casa” almeno non ti sentirà arrivare.

Giunta sulla soglia, ti blocchi.

Davanti a te si apre una stanza circolare di circa dieci metri di diametro, scavata nella pietra viva. Le pareti e il pavimento sono composti da blocchi antichi, lisciati dal tempo e consumati dall’umidità. Su alcune colonne sono appese torce di ferro battuto, le cui fiamme tremolanti proiettano bagliori caldi e instabili, facendo danzare le ombre come presenze vive.

A terra, sparse ovunque, ci sono candele nere: alcune integre, altre ridotte a moncherini, con la cera scura rappresa sul pavimento come lacrime congelate. Sulla sinistra, uno scaffale colmo di volumi antichi, coperti da uno spesso strato di polvere. Sulla destra, una strana arcata murata: sembra una porta… una porta che qualcuno ha sigillato.

E sopra l’arcata, inciso nella pietra, un simbolo familiare: una mezzaluna, e sotto una croce lunga. Il simbolo che porti inciso sulla pelle del collo.

Di fronte a te, dall’altro lato della sala, una porta di legno rinforzata da sbarre di ferro.

E lì al centro, come un altare sacrificale, un tavolo di pietra. Sopra, a petto nudo, giace Tanaka. Legato mani e piedi. Immobilizzato. Svenuto. Indifeso.

Il tuo respiro si spezza. Il coltellino trema tra le tue dita.
E l’euforia — quella strana, inspiegabile euforia — diventa un urlo silenzioso nel petto. Un urlo che cresce e ti fa avvertire un’improvvisa, quanto inappropriata, ondata di lussuria che ti risale lungo l’interno coscia, sino all’inguine.

@Ghal Maraz

Nathan Clark - in palestra

Prima di entrare in palestra e mettere via il telefono, fai appena in tempo a leggere la risposta di Kathlyn. Una notifica rapida, essenziale… eppure carica di un peso che senti subito nello stomaco.

“Spero tu stia bene… più tardi ci vediamo in mensa?”


Quando raggiungi il coach Moss, vieni passato al setaccio da uno sguardo che pare misurarti più che giudicarti. I suoi occhi scendono prima al livido evidente sulla tua gamba — impossibile da nascondere ora che hai i pantaloncini — poi risalgono al segno sul tuo volto.

«Cos’è successo, Clark?»
La sua voce è ferma, tagliente. Non un rimprovero, non ancora, ma un chiaro avvertimento: non dirmi palle.

Non gli rispondi subito… forse non sai da dove cominciare. E lui non ha intenzione di aspettare.

«Forza… alza la maglietta. Voglio vedere.»

Questa volta il tono è secco, intransigente. Quando tentenni ancora, il coach allunga una mano, non aggressiva ma incredibilmente sicura di sé. Afferra un lembo della tua maglietta e lo solleva quel tanto che basta a scoprire il grande livido violaceo che ti attraversa il fianco e risale fin quasi alle costole.

Il contatto, per quanto leggero, ti fa sussultare. E subito la mente corre al giorno prima: al pestaggio da parte di Cory e dei suoi tirapiedi, al Bosco… alla strana e inquietante visione che hai avuto… e immediatamente provi quel senso di disagio che forse non hai mai davvero scacciato.

Il coach Moss ti osserva in silenzio, l’ombra di un pensiero pesante che gli passa dietro gli occhi.

«Chi ti ha fatto questo, Nathan?»
Questa volta ti concede qualche secondo per rispondere. Non sembra sorpreso… sembra analizzare.

Poi scuote lentamente la testa.

«Ti sei fatto vedere da qualcuno?» Quando risulta evidente che la risposta è un semplice “no”, il coach inspira piano, lo sguardo che scivola oltre te, verso la classe che corre. Per un istante sembra valutare qualcosa, come se stesse pesando una decisione già presa. Poi la sua voce risuona nella palestra:

«Whitesand! Qui, subito! Accompagna Clark in infermeria.»

Una pausa. Poi, più forte:

«Tutti gli altri, venite qui! Adesso!»

@Voignar

Darius Whitesand - in palestra

Quando, prima di scuola, riveli a Ben quello che è successo e le indicazioni che lo “spirito” ti ha impartito, avverti un leggero bruciore al simbolo che hai impresso sul collo. È solo un attimo, sostituito subito da un fugace brivido di eccitazione e divertimento a cui non sai dare una spiegazione. Ben rimane in silenzio, soppesando le tue parole. Valutando, forse, se sei sincero o meno con lui. Alla fine ti dice che ha bisogno di tempo… per metabolizzare la cosa.


Quando iniziate a correre in palestra, finalmente Ben si porta al tuo fianco. Non dice nulla… Senti che è lì e che sta cercando il coraggio, o le parole giuste, per dirti qualcosa.

Butti un’occhiata al coach. Sta osservando con attenzione Nathan, non prestando minimamente attenzione a voi altri che correte. Non sentendoti il suo fiato sul collo puoi permetterti di rallentare leggermente, procedendo a una velocità più gradita a Ben. Non appena rimanete un po’ arretrati rispetto agli altri Ben finalmente si decide.

“Ok Darius… Ti credo!” Dice con tono deciso “Dopo mi devi assolutamente raccontare meglio! Voglio sapere tutto!” Aggiunge poi, iniziando a parlare in modo più affannato.

Fai giusto in tempo a rispondergli qualcosa di veloce, chela voce del coach rimbomba nella palestra.

Whitesand! Qui, subito! Accompagna Clark in infermeria.»

Una pausa. Poi, più forte:

«Tutti gli altri, venite qui! Adesso!»

@Theraimbownerd

Orion Kykero - in palestra

Ti unisci al resto del gruppo nei primi giri di corsa, cercando di non dare troppo nell’occhio. Il coach, per una volta, sembra avere di meglio da fare che massacrarvi: tutta la sua attenzione è su Nathan, e questo, per te, è quasi un regalo divino.

Scarlett però non c’è.
Un fastidio ti punge sotto lo sterno: se quella ragazza ha deciso di saltare proprio oggi, quando deve consegnarti le informazioni su Jeremy… beh, si è appena guadagnata un debito enorme.

Almeno suor Margaret non infesterà l’ambiente col suo moralismo stantio. Il seguente pensiero su tua madre ti fa stringere lo stomaco. Ormai mancano poche ore all’incontro con la Somma Sacerdotessa di Chicago… Stai correndo senza troppo entusiasmo, immerso in questi pensieri, quando qualcuno si avvicina al tuo fianco.
È Tyler.

Non parla subito: tiene un ritmo costante, rilassato, da atleta vero. Tu fai finta che non sia faticoso seguirlo.

«Hey…» mormora alla fine, senza voltarsi, «grazie per prima. Per essere stato diretto primo…»

Il tono è sincero. Diretto. Poi fa un cenno col capo in direzione del coach Moss. Lo vedi intento a squadrare Nathan.

«Credi che si sia accorto di qualcosa?»

Il fatto che il coach, proprio in quel momento, afferri un lembo della maglietta di Nathan e lo sollevi scoprendo un grosso livido viola sul costato risponde alla domanda di Tyler molto meglio di come potresti fare tu.

Sta per aggiungere qualcos’altro quando il boato del coach taglia l’aria:

Whitesand! Qui, subito! Accompagna Clark in infermeria.»

Una pausa. Poi, più forte:

«Tutti gli altri, venite qui! Adesso!»

@Ghal Maraz @Voignar @Theraimbownerd

Nathan - Darius - Orion - in palestra

Vi stringete tutti attorno al coach, trattenendo il fiato. Il suo tono è così rigido da non lasciare spazio a repliche o scuse.

Moss sfiora con lo sguardo ogni volto, poi si ferma su Darius.

«Forza… voi due andate in infermeria.»
La sua mano si posa per un istante sulla spalla di Nathan, un gesto che vuole sembrare paterno.

Poi si rivolge al resto della classe, la voce che rimbomba nella palestra:

«E voi altri! Se qualcuno sa cosa è successo a Clark… parli adesso. SUBITO.»

Il silenzio che segue è pesante, quasi fisico.
Le scarpe scricchiolano sul parquet quando Nathan e Darius iniziano ad avviarsi verso l’uscita. Accanto a Orion, Tyler lascia uscire un lungo sospiro. Non uno di stanchezza: uno di chi si sta facendo forza, forse deciso a dire qualcosa.

Ma non ne ha il tempo. È Sasha ad anticiparlo e a prendere parola. E lo fa con la sua solita sicurezza e sfrontatezza, senza troppi giri di parole…

“Beh… Non posso dire di sapere cosa gli sia successo… Ma immagino che lo sappiamo tutti benissimo chi possa essere stato!”

Le sue parole cadono come un sasso nell’acqua, facendo vibrare l’aria.
E nessuno, per un istante, osa fiatare.

Off game

Darius e soprattutto Nathan, decidete pure voi se andare in infermeria o restare e interagire con la scena in palestra.

Orion… mi dispiace se questa scena forse è poco interessante per te… ci rifaremo nel pomeriggio 😁😁

@SNESferatu

Ana Rivero - a casa di Gustav

Le tue parole si abbattono su Gustav come colpi secchi, uno dopo l’altro.
All’inizio non reagisce. Rimane dov’è, immobile accanto al banco di lavoro, con le mani sporche di polvere grigia che tremano appena. Non ti interrompe, non si difende, non prova nemmeno a mascherare lo smarrimento che gli attraversa gli occhi quando pronunci la parola padre. È come se quella sola sillaba gli avesse tolto l’aria.

Il silenzio che segue è denso. Lo vedi ingoiare a vuoto—una, due volte—

“Tu… tu non capisci… Tu non sai…”

Farfuglia confuso, mentre osserva la tua giacca e la tua camicetta cadere al suolo, il tuo corpo esposto, la crepa che ti lacera la pelle come una ferita impossibile.

Ed è lì che qualcosa in lui cambia.

Non dice nulla, ma gli occhi lo tradiscono: un lampo di riconoscimento, di orrore… e di bramosia. Una fame antica, trattenuta a stento. La stessa fame che ha avuto quando ti ha scolpita la prima volta.
Per un istante avverti quasi la sua mano che vorrebbe avvicinarsi, toccare quella frattura, studiarla, capirla. Ripararla.

Non la muove. Ma tu sai che vorrebbe.

Si passa una mano sul volto, come se cercasse di svegliarsi da qualcosa.

Poi murmura, quasi senza voce:

«Dio… Ana… cosa hai… cosa ti hanno fatto?»

Non aspetta risposta. Forse non la vuole nemmeno sentire. Cambia nuovamente espressione. Fa un passo indietro, come se avesse improvvisamente paura. Si porta una mano al volto, si strofina gli occhi, le tempie. Come se volesse cancellare un pensiero che continua a tornare, ostinato.

Quando finalmente parla, la voce non ha nulla del tono del creatore che ricordi. È ruvida. Stanca. Quasi spezzata.

«Non… non avrei dovuto. Tutto questo… tu…»
Si interrompe, stringendo la mascella.
«…è stato il mio errore più grande…»

Lo dice non riuscendo a guardarti negli occhi… Fissa il pavimento, quasi come se stesse parlando più a sé stesso che a te.

Quando torna a guardarti, gli occhi sono rossi d’ansia e di qualcosa che ricorda la vergogna. La sua voce però si indurisce, come se improvvisamente avesse paura.

«Non dovevi tornare qui con… con queste cose..
Ti indica la crepa, ma è evidente che non parla solo di quella.
«Non voglio più avere niente a che fare con… con ciò che ti riguarda.»

Un altro passo indietro. Non da te: da ciò che rappresenti.

«Vai via, Ana.» Un ordine che suona quasi come una supplica.
«Per favore… Vattene. Non tornare più.»

Percepisci che sta mentendo a se stesso. Che una parte di lui vorrebbe trascinarti dentro, studiarti, toccare quella crepa, ripararla. Ricominciare tutto da capo. Lo leggi in un bagliore nei suoi occhi, ancora fissi su quella crepa.

Scarlett Bloomblight

Nelle profondità oscure

È buio, fottut@mente buio...

Ogni grammo di concentrazione è indirizzato a posizionare i piedi correttamente, a non inciampare o scivolare su un gradino diverso.

Sto proseguendo, ma inizio a sentire la pressione di quel qualcosa di superiore, che non sarebbe mio compito affrontare; il cuore mi batte così forte che potrebbe schizzare fuori dal petto da un momento all'altro.

Ma poi sento nuovamente quella voce nella testa e il fatto che anche lei sembri esitante in qualche modo mi aiuta a restare dove sono, assieme alla "botta" di euforia che ne segue.

Devo comunque accendere la torcia del cellulare, purtroppo la luce che viene dalla superficie non arriva fin quaggiù. E c'è freddo, oltre all'odore umido e marcio.

Una luce?!! Subito rimetto il telefono in tasca spegnendo la torcia, usando quella fiamma come punto di riferimento da seguire. Voglio fare il meno rumore possibile, se quella cosa è qui spero che non mi senta.

Continuando a camminare arrivo sulla soglia di quella che è una stanza, forse arredata a mo' di tempio per sacrifici, ma la mia attenzione si focalizza su una cosa sola.

Tanaka! Per poco non lo urlo, presa dall'euforia.

Qualcosa dentro di me si agita come impazzito: inizia a scalciare come un bambino nella pancia della mamma, a fare capriole, rotolare e saltare in giro; è come se il mio corpo volesse muoversi in tutte le direzioni possibili nello stesso momento a causa di un'estrema gioia.

TESORO! MIO! La voce nella testa è chiara, vivida: anche lei vuole Tanaka, e vuole portarlo in salvo.

La gioia mista a quella sensazione di strana euforia, si mischia in lussuria, che sento quasi strisciare sulla mia gamba dalla caviglia fino all'inguine. Non è forte ed intensa come quella di ieri nel bosco, ma è lì, come se bussasse con impazienza.

La mia mente, forse distorta dall'erba e dalla coca, fatica a capire cosa fare davvero adesso.

Ma ci pensa l'altra parte di me ad agire: quella che mi ha fatto spingere a terra Tanaka, quella che lo ha tenuto al suo posto mentre facevamo sesso. Come se qualcosa tirasse il mio corpo mi ritrovo a muovermi verso il tavolo in pietra, mettendo mano alle corde che lo immobilizzano e iniziando a tirare per spaccarle e liberarlo.

Aspetta... ma che c@zzo sto facendo?! Un attimo di lucidità mi fa riprendere: ho un coltello, perché dovrei usare della forza bruta che non ho? Subito faccio scattare la lama del coltellino e inizio ad usarlo per tagliare le corde che bloccano Tanaka. Quella cosa potrebbe tornare da un momento all'altro, dai porca putt@na... Queste corde sono spessissime, ruvide e dure; con una lama di questo tipo ci vorrà comunque un po'. Muoviti c@zzo, muoviti...

@Loki86 offgame

Io ho tirato dritto con la descrizione, però non so se ti aspettassi che andassi più con calma o se volessi inserirti in mezzo a queste cose. Nel caso se c'è bisogno modifico il messaggio.

Credi ci siano gli estremi per una mossa di qualche tipo oppure al momento è ok?

Ok, ho editato come ci siamo detti per rimanere più coerente.

Modificato da TheBaddus
Edit per allineamento narrativo discusso con il master

Orion Kykero

In Palestra

Per una volta il coach non sembra interessato a torturarci più di tanto, il che purtroppo mi lascia abbastanza ossigeno da pensare a oggi pomeriggio. Sapere, almeno a grandi linee, quello che succederà non rende l' attesa meno snervante, anzi. Provo a focalizzarmi sugli esercizi, ma è inutile. La mia mente va sempre a quelle visioni, il bivio che dovrò affrontare, la decisione di rinunciare a quello che credevo fosse il mio diritto di nascita per essere me stesso... e poi l' altra dea, i suoi occhi, le sue parole di accettazione.

La voce di Tyler mi riscuote dai miei pensieri. Stranamente la cosa non mi fa arrabbiare. Forse ne avevo bisogno.

Poi ovviamente fa il tipo di domanda stupida che mi ricorda che è Tyler. Prima che possa tirare fuori una risposta caustica però è il coach a interrompere la nostra conversazione, chiamandoci vicino a lui.

Ovviamente sappiamo tutti quello che è successo. Sasha ha perfettamente ragione. Do' un colpetto col gomito sul fianco di Tyler, il massimo del contatto che posso permettermi senza che i pensieri vadano in tutt' altra direzione. Certo, potrei mettermi in mostra, lanciarmi in una filippica contro quell' idiota di Cory. Ma non sarei credibile. Tyler è quello che lo conosce meglio, e dopo tutto il discorso che gli ho fatto posso vedere quanto frema per fare la cosa giusta.

Per una volta le luci della ribalta non spettano a me.

Master

Non ti preoccupare, ci sta che Orion sia un poco fuori focus adesso. Non credo serva che usi il filo per convincere Tyler a parlare, nel caso lo faccio ma mi sembra bello volenteroso di suo

Modificato da Theraimbownerd

Nathan Clark

Davanti al coach

È chiaro che non ho alcun desiderio di parlarne. Lo sa, lo capisce.

E adesso mi rendo conto che il coach è più sveglio di quanto pensassi.

Riesco a glissare sulle prime domande, ma quando vedo che insiste, mi viene un dubbio e mi sento costretto a dire qualcosa.

"Non c'entrano i miei! I miei genitori, intendo... Non potrebbero mai. Non lo hanno mai fatto. Io...", mi fermo.

Esito.

"Non credo di poterglielo dire... poterle dire chi è stato. E non perché io abbia paura: ci hanno provato a spaventarmi. Per questo ľho fatto sapere subito a tutti, a scuola. Ma... non voglio essere quello che racconta le cose ai prof. Non stavolta, a meno che non sia indispensabile... lo è? È indispensabile?

Posso reggerlo. Ho retto alle botte e mi sono difeso. Adesso sanno che non sono spaventato e hanno perso il loro potere su di me.

Ho bisogno di non essere io a dirle questa cosa, coach. Ne ho bisogno.

Forse... mi può capire?", la mia lingua, alla fine, si è sciolta.

Aspetto quindi la sua reazione, che, però, almeno per il momento, non è una vera e propria reazione.

E lascio che mi faccia condurre in infermeria. Devo esserci abbonato, ormai.

In palestra, generale

Non dico altro e mi faccio condurre da Darius. Sta diventando un'abitudine anche questa?

Glielo dico, cercando di spezzare la tensione: "È il nostro nuovo hobby comune, Darius?".

Non aspetto oltre: i miei compagni dovranno decidere da soli se e cosa dire.

Modificato da Ghal Maraz

Ana Rivero

A casa di Gustav

Per un momento non capisco. No. Non voglio capire. Ogni sua frase mi accoltella, si infila sotto la pelle, dentro la crepa. “Errore.” “Non voglio avere niente a che fare.” “Vai via.” Non mi aspettavo certamente un abbraccio gioioso, ma neanche questo.

Lo guardo mentre arretra. Arretra da me. E qualcosa dentro di me esplode. Non è rabbia, non ancora. È qualcosa di più sottile, più infimo. È la sensazione di essere di nuovo lì, in quell'officina gelida, appena scolpita, appena nata, senza voce, senza nome, senza nessuno. Senza neanche il diritto di chiedere “perché?”. Lui non mi guarda. Non riesce a guardarmi. E per un istante… vorrei solo che alzasse la mano, anche per colpirmi, anche per zittirmi, qualunque cosa tranne questo vuoto. Poi arriva la rabbia.

"Capisco." sussurro. Ma la mia voce trema. "Capisco benissimo." Lui ha paura. Paura di me, di quello che sono diventata, di quello che gli ricordo. E allora io gli devo mostrare tutto ciò che teme. Faccio un passo avanti. Poi un altro. E con il terzo, la mia mano colpisce un mucchio di libri sul tavolo, spargendoli al suolo in una cascata di carta e legno.

"Non." Spingo una cornice, che si schianta per terra. "Sono." Ribalto una cassa di tele arrotolate. "UN ERRORE." Ogni parola, distruggo. Un’altra tela. Un’altra pila di tavole, vecchie, pregiate, non lo so e non me ne può fregare niente. Gli occhi mi bruciano. Non piango, non come piangono gli umani. Perché oggi qualcuno ha voluto ricordarmi che non lo sono, non ancora. Ma sento il bruciore. Sento lo strappo con gli altri esseri umani.

"Mi hai già cacciata una volta. E ora vuoi farlo di nuovo. Come se fosse facile. Come se fossi ancora una cosa, vero?" Gli punto il dito contro, senza toccarlo. Non lo toccherei neanche se implorasse. "Ma io non sono la tua creazione da gettare via quando ti conviene. Io non sono tua."

Un altro colpo al banco. Ne cade una statua incompleta, un busto (il tentativo di un'altra me? Una me precedente?). Mi fermo. Respiro.
"Tu rifiuti me?" Inclino la testa. "Bene." Allargo i lati della bocca più in una smorfia che in un sorriso. "Allora anch’io rifiuto te." Mi volto. Non per fuggire, ma per andarmene, con tutta la dignità che lui ha cercato di strapparmi.

"E non credere di poterti liberare di me così facilmente." La porta è vicina. "Non questa volta."

  • Autore

@TheBaddus

Scarlett Bloomblight - nell'antro del mostro

Inizi a tagliare le spesse corde che tengono Tanaka intrappolato all’altare di pietra. Il coltellino è minuscolo, la lama smussata, quasi ridicola contro l’intreccio duro delle fibre. Strappi, incidi, premi… e non ottieni praticamente nulla.
Senti un gemito. Tanaka si lamenta. Non è sveglio… no. Ma almeno è vivo.

«LASCIA… FARE… a me…»
La voce familiare che ti martella in testa da qualche giorno ritorna nella tua mente. Ora più distante, come filtrata attraverso l’acqua, ma abbastanza presente da farti arrestare il movimento.

Istintivamente, obbedisci. Il coltellino ti scivola dalle dita. Ti sfiori la base del collo, grattando quella zona che pulsa e brucia — un prurito strano, invadente. Ma non è quello che importa ora.

Afferri di nuovo le corde a mani nude e tiri. Con tutta te stessa. Con una forza che non riconosci, una forza che sembra arrivare da un punto dentro di te che non hai mai toccato prima.

Il mondo attorno si assottiglia, diventa un bordo nero e indistinto. Ci siete solo tu, l’altare freddo… e lui, il tuo TESORO.
La corda del braccio destro inizia a sfilacciarsi, cigola, cede.
«Forza… forza… ancora…»
La voce è un sussurro ovattato, sempre più distante.

Agendo d’istinto ti porti a cavalcioni sopra di lui... Nella stessa posizione del bosco il giorno prima. Le tue mani serrate come artigli sulla corda. Con un ultimo strappo violento la fibra si lacera. Le tue mani sanguinano, le nocche arrossate e tagliate… ma è un dettaglio insignificante, un fastidio ignorabile. Subito ti butti sulla corda che tiene bloccato l’altro braccio.

E all’improvviso —

«Finalmente… sei venuta da… meee…»

Una voce nuova. Femminile. Antica. Opprimente come una mano gelida sul cuore.

Ti blocchi all’istante. Solo ora ti accorgi che non c’è più la stanza. Solo oscurità. Oscurità totale, soffocante, infinita…
E tu e Tanaka sopra questo altare sospeso nel nulla, illuminati da una luce che non ha fonte.

E poi la noti. L’altra cosa illuminata.

Su un piedistallo, dall’altro lato dell’altare: un pugnale. Una lama ondulata, seghettata. Il manico è una mezzaluna, l’impugnatura termina in una croce allungata. Antico. Bellissimo. Terrificante. Era lì sin dall’inizio? Non sapresti dirlo.

Lo prendi senza pensare. La sua superficie è fredda. Sollevi lo sguardo sulle corde che tengono ancora Tanaka. Poi, come attratta da un impulso euforico non tuo… lo sposti sul suo petto nudo. Sul punto esatto in cui batte il suo cuore.

«Fallo…» La voce è velluto e veleno... Attraente, potente, euforica. «Fallo, e lui sarà per sempre tuo.»
Una pausa che ti attorciglia lo stomaco. «Fallo… ed IO farò in modo che lui non voglia diventare mai il TESORO di nessun'altro.»

off game

A te la scelta 😁 seguire la voce e le sue promesse allettanti e pugnalare al cuore? oppure usare il pugnale per tagliare le corde? Oppure qualcos'altro ancora??

@SNESferatu

Ana Rivero - a casa di Gustav

La tua rabbia esplode, incontrollabile. Ad ogni passo… ad ogni parola… qualcosa del grande tavolo da lavoro di Gustav vola a terra e si frantuma. Lui ti osserva con gli occhi spalancati, terrorizzati. Indietreggia di qualche passo, le spalle che si chiudono, il corpo che si fa piccolo, quasi a voler sparire. Non tenta nemmeno di fermarti.
Almeno questo te lo concede... Il tuo sfogo... la tua rabbia... in questo momento sembrano essere per lui ben più importanti di qualsiasi sua opera o creazione che stai distruggendo in questo momento... Sai che è così... Sai che non è soltanto la paura a frenarlo.

«Tu… tu non capisci, Ana…» balbetta, appena un istante prima che un piatto di ceramica cada e si frantumi in una pioggia di cocci che zittisce ogni sua parola al posto tuo.

Quando ti volti, dopo aver pronunciato la tua condanna, il tuo rifiuto, la sua voce torna a sfiorarti la schiena. È fragile. Infranta. Timida come un soffio.

«Tu… non sei mia. Non… non lo sei mai stata…» mormora, come se stesse cercando di convincere più sé stesso che te.
«Tu non capisci…» ripete ancora, disperato. «C’è qualcosa… di molto più grande…» Si interrompe... Come se andare avanti lo spaventasse.

Queste parole, solo per un battito di secondo, ti fendono il petto come un ago sottile. Ti costringono a fermarti.

I tuoi occhi scivolano verso uno dei tanti libri che hai rovesciato nella furia. È aperto su una pagina qualsiasi… eppure qualcosa ti attrae con la forza di un magnete. Un piccolo disegno, non più grande di cinque centimetri.

Una mezzaluna. E sotto… una croce che ha la forma di una spada. Una versione più raffinata e artistica dello stesso segno che hai visto nell’ufficio del coach… Lo stesso segno che hai visto "tatuato" sul collo di Darius.

Modificato da Loki86

Scarlett Bloomblight

Di nuovo fottuta(?)

C@zzo, non funziona... Queste corde sono troppo spesse e questo coltello è troppo piccolo per poter fare qualcosa. Nello stesso istante in cui lo penso, la voce torna.

Di nuovo il mio corpo si muove da solo, senza che io ne abbia il reale controllo. Quando comincio a tirare le corde sento tutti i muscoli contrarsi, le dita serrarsi con una tale forza che le nocche si spaccano e iniziano a sanguinare; sento le ossa scricchiolare sotto la pressione applicata. Qualsiasi cosa stia muovendo il mio corpo non vuole tagliare queste corde, ma spezzarle e distruggerle con violenza.

La voce continua a parlare, a esprimere le stesse cose che penso io, ma mi sembra sempre più lontana, e attorno a me sembra diventare più buio, più freddo.

E poi un'altra voce, anche questa familiare forse. La caverna è sparita, sono nel nulla più totale: solo il tavolo, io e Tanaka; e questa voce e... Un pugnale?! È così in bella vista che mi attrae e lo prendo senza pensarci, il mio corpo ormai non più trascinato come fino a poco fa: la voce nella mia testa è sparita, sono sola.

Senza neanche accorgermene sto puntando il pugnale al cuore di Tanaka, pronta ad affondarlo. Quella voce mi incita, mi incita a farlo, dice che se lo faccio Tanaka sarà mio per sempre, per sempre il mio tesoro.

Sposto lo sguardo dal petto di Tanaka al pugnale, e poi al punto attorno a noi da cui l'istinto mi dice che stia arrivando questa voce. Una piccolissima parte di me è impaurita, terrorizzata: la Scarlett bambina che ha trovato suo padre impiccato in casa. Sono sola, non c'è nessuna voce in testa a dire cose o a comandare il mio corpo, nessuna presenza che sento a coprirmi le spalle.

Ma in quell'istante, ironicamente, mi viene in mente l'immagine di Zarneth: proprio lei che parla con i poliziotti fingendosi triste e delusa per la morte di mio padre, che li convince che le mie accuse verso di lei sono deliri dovuti al trauma.

Lei era da sola.

Ora che ci penso lei è sempre stata da sola: da quello che ho capito è cresciuta in una famiglia povera e se n'è andata appena ha potuto, studiando economia grazie a varie borse di studio, fino ad arrivare dov'è ora; anche se era sposata ha sempre fatto e gestito tutto in modo autonomo, agendo lei da capofamiglia.

E IO DOVREI ESSERE DA MENO?! La rabbia monta rapidamente: anche io mi sono arrangiata tutta la vita, sempre da sola, sempre in lotta con lei per sopravvivere. Lo sguardo torna su Tanaka e vedo un filo dorato attorno al suo collo che si estende fino alla mia mano e si attorciglia, scendendo fino al polso.

Quasi scoppio a ridere ora che ho capito. "E Perché?" La mia voce è beffarda, sicura. "Lui è GIÀ mio." Abbasso il pugnale verso le corde rimaste intatte, la lama le taglia come burro. Torno a voltarmi verso il punto da cui credo provenga la voce, puntandogli addirittura contro il pugnale. "È il MIO tesoro e questo non cambierà, ma se qualcun altro o qualcos'altro lo legasse a me al posto mio, dove starebbe il gusto nel manipolarlo?" Un ghigno si forma sul mio viso. "Dove finirebbe tutto il gioco in cui lui crede di avere libertà di scelta, quando invece si sta solo mettendo in trappola sempre di più?" Mi scappa una risata. "Lei non permetterebbe MAI che le venga strappato questo piacere, perché dovrei farlo io?"

@Loki86 offgame

Scarlett si è appena inimicata una divinità pagana? Probabilmente sì.

Se ne andrà con stile? Ci puoi giurare 🤣

Visto quello che hai scritto offgame ho dato per scontato che le corde questo pugnale le avrebbe tagliate; nel caso sono andato troppo oltre correggimi.

Ana Rivero

A casa di Gustav

La rabbia mi ha completamente avvolta, ed è una coperta calda, accogliente. È così che posso espriemre davvero chi sono. Non mi interessa quello che pensa. Non mi interessa quello che non capisco, o che lui pensa non possa capire. Vorrei dirgli che tutto quello che usa per giustificarsi con me non attacca. Scuse. Inutili scuse.

Gli sono praticamente a un palmo dal naso, quando mi accorgo dei suoi libri. Pensavo fossero solo ciarpame di scultura, cose del genere. Ma mi cade l'occhio sulla cosa sbagliata. Il sigillo. Il sigillo di Darius, il sigillo del coach. Anche Gustav fa parte del culto! Tutto torna!

Mi allontano nuovamente da quella melma insignificante. La mia rabbia non si è contenuta, ho solo deciso di cambiare argomento. Indico con tutta la violenza che ho in corpo la pagina del libro su cui c'è il disegno. "E questo cosa è? Sei anche tu coinvolto con questa gente?"

Il trucchetto di quando non si capisce niente, è di far finta che si capisca di aver capito tutto.

Darius

Palestra

Mi muovo velocemente per affiancarmi a Sasha, non credo che qualcuno potrebbe essere così pazzo da scagliarsi fisicamente contro di lei, ma ormai non mi sorprenderei più di nulla

Con gli occhi, però, cerco il contatto visivo con la ragazza, chiedendole silenziosamente di non andare oltre

Subito prof, lo accompagni subito in infermeria

Aiuto come posso Clark ad alzarsi, e mettendogli un braccio sotto le spalle lo sostengo fino all'infermeria

  • Autore

@TheBaddus

Scarlett Bloomblight - sottoterra, sfidando divinità pagane sconosciute

Sposti il pugnale dal cuore di Tanaka alle corde che lo tengono legato. Le inizi a tagliare, e lo fai con una facilità quasi disarmante. La lama scivola, morde, recide. Con un tono beffardo, sicuro di te, rispondi alla voce che hai udito nella tua testa.
A quella voce che ha commesso l’errore di non credere che tu fossi capace di tenerti stretti i TUOI TESORI con le sole tue forze.

Disobbedisci. Liberi Tanaka. E lo fai aspettandoti di pagarne il prezzo.

Proprio come era successo poco prima con quella strana euforia, vieni travolta da un turbinio di emozioni. Potenti. Invadenti. Estranee. Una fitta pungente di insoddisfazione e delusione… No. Forse è sorpresa... Curiosità.

Poi qualcosa esplode. Un’ondata di approvazione, di esaltazione pura. Una risata ti invade la mente mentre ti carichi Tanaka sulle spalle e inizi a trascinarlo fuori da quella stanza rituale. Non è una risata beffarda, né di scherno. È una risata di soddisfazione assoluta. Profonda. Antica. Potente.

La scacci dalla mente. O almeno… ci provi. Ripercorri quasi alla cieca lo stretto corridoio, puntando verso l’unica via di fuga che conosci. Raggiungi la scalinata. La luce del giorno si staglia in alto, sopra di te. Inizi a risalire, a fatica, trascinandoti dietro il peso di Tanaka. Il cuore ti sussulta a ogni gradino. La paura che, da un momento all’altro, la sagoma della creatura dal teschio di cervo si stagli davanti alla tua unica via di fuga cresce, passo dopo passo.

Ma non accade. Sei fuori. Di nuovo all’aria aperta. L’aria gelida e profumata ti riempie i polmoni. Continui ad allontanarti senza voltarti, senza concedere neanche un ultimo sguardo alle tue spalle. Attraversi la radura. Rientri nel bosco. Alla fine non ce la fai più. Sei sfinita. Crolli a terra, i muscoli in fiamme, il fiato corto. Al tuo fianco c’è Tanaka. Il TUO TESORO. Ancora svenuto. Ma vivo.

@SNESferatu

Ana Rivero - a casa di Gustav

Quando indichi il simbolo, Gustav si avvicina di qualche passo, quasi senza rendersene conto, per capire di cosa stai parlando. Nel momento esatto in cui i suoi occhi si posano sulla pagina aperta del libro a terra, qualcosa gli attraversa il volto. Non è solo paura. È brama. È riconoscimento. È terrore puro. Un’espressione che dura un battito di ciglia… ma che dice troppo.

Ti scosta con una mano, con una forza e una determinazione che non gli avevi visto fino a pochi istanti prima. È un gesto brusco, istintivo. Raccoglie il libro e lo richiude di scatto, quasi fosse qualcosa di vivo, di pericoloso. Nel momento in cui il simbolo scompare alla vista, noti che tira un piccolo sospiro, spezzato, come se un peso invisibile gli fosse stato appena tolto dal petto. Stringe il volume contro di sé, le braccia serrate, come a proteggerlo… o a proteggersi da esso.

«Questo? Questo non è niente…» dice in fretta, passandoti accanto e dirigendosi verso una grossa libreria impolverata. La voce è tesa, forzatamente neutra. «Sono cose in cui non dovresti—»

La tua rabbia lo ferma a metà frase. Lo afferri d’istinto, senza pensarci. Le dita si chiudono su di lui con una forza che non tenti nemmeno di controllare. Lo sbatti contro il muro. Il colpo è secco. Il libro gli sfugge dalle mani e ricade a terra con un tonfo sordo.

Gustav si affloscia contro la parete. Di nuovo piccolo. Di nuovo fragile. Le spalle chiuse, lo sguardo basso. Impaurito. Debole. Stavolta non tenta di allontanarsi, né di fingere. Pretendi risposte. Le esigi. Subito. E lui lo capisce.

«Ok… ok, Ana…» balbetta con voce tremante. Il suo sguardo scivola di nuovo verso il libro ai vostri piedi. Deglutisce.

«Quel simbolo… quel simbolo…» La voce gli si spezza. La mandibola trema. Si interrompe. Deglutisce ancora, come se ogni parola fosse un macigno. Poi ti guarda. Negli occhi non c’è più esitazione. Solo terrore nudo.

«È il simbolo di… Lilith…» mormora le ultime parole appena udibili.

Le ginocchia gli cedono. Crolla davanti a te, a terra, e si porta le mani al volto. Il suo corpo è scosso dai singhiozzi. Non di un uomo colto in fallo. Ma di qualcuno che sa di aver già pagato… e che teme di dover pagare ancora.

off game

Mi sono permesso di fare agire Ana nel trattenerlo e pretendere da lui delle risposte subito perché mi sembrava coerente a come la stavi ruolando in questo momento.. Almeno ho velocizzato leggermente la scena!

@Voignar @Ghal Maraz

Darius e Nathan - di nuovo insieme verso l'infermeria

Vi lasciate la palestra alle spalle, sentendo ormai la voce del coach e quella dei vostri compagni sempre più distanti. Non sapete come la conversazione stia procedendo.. Se qualcuno stia facendo il nome di Cory Edwards... Se stia continuando ad esporsi Sasha o se abbia preso parola qualcun'altro.. Non capite nemmeno se il coach se la stia prendendo con loro pensando che il responsabile sia qualcuno della classe.

I corridoi a quest'ora sono vuoti, deserti.. Così avanzate in un silenzio quasi imbarazzato.

@Voignar

Darius

Mentre cammini accanto a Nathan, avverti un leggero prurito al naso e agli occhi. Niente di violento. Più simile a una leggera reazione allergica improvvisa, come se l’aria fosse cambiata senza preavviso.

Poi arriva l’odore. Debole, sfuggente. Erba schiacciata. Linfa. Polline. Qualcosa di vivo, di verde… decisamente fuori posto, in mezzo a corridoi di linoleum di una scuola.

Non ne sei sicuro, ma a tratti, quando passate sotto una luce al neon, ti sembra di vederla tremolare per un istante. Non uno sfarfallio netto. Piuttosto una vibrazione, come se la luce esitasse. La sensazione ti resta addosso più del ricordo visivo.

E senza un vero motivo, la mente torna a lunedì, in mensa. Lo sfogo di Nathan. I suoi occhi che, per un attimo, avevano avuto qualcosa di… diverso. Un dettaglio minimo, facile da ignorare. Ma tu eri lì, vicino. E l’avevi notato.

Nathan. Siete in classe insieme da anni, eppure, a pensarci bene, sai sorprendentemente poco di lui. Solo che è… strano.

@Ghal Maraz

Nathan

Mentre cammini accanto a Darius, quel senso di inquietudine torna a farsi sentire. Lo stesso che ti aveva travolto ieri pomeriggio nel bosco. Solo che ora non è forte. È distante, attenuato. Ma è inconfondibile.

Per un istante ripensi a quella presenza. All’enorme figura confusa che avevi visto stagliarsi nel cielo durante la visione nella Selva Fatata. Immensa. Incombente.
Non sai perché il ricordo riaffiori proprio ora. Forse perché tutto, in qualche modo, almeno temporalmente, sembra collegato: il bosco, il pestaggio di Cory e dei suoi tirapiedi, il dolore che ti accompagna fino all’infermeria.

Perso in questi pensieri, il tuo sguardo scivola su Darius. Sul suo collo, appena sopra una delle sue clavicole.

Quel tatuaggio. Non ti sembra di averlo mai visto prima. Eppure siete in classe insieme da tempo.
Possibile che lo abbia fatto di recente? La pelle, però, non è arrossata. Non c’è alcun segno di guarigione, nessuna imperfezione. Sembra… stabile. Come se fosse lì da sempre.

Ti accorgi di fissarlo un secondo di troppo. E una sensazione strana ti attraversa il petto, difficile da definire: non paura, non curiosità. Qualcosa di più sottile.

RUOLATE PURE TRA DI VOI QUESTA SCENA MENTRE ANDATE IN INFERMERIA!! (credo che sia più interessante giocare questa interazione tra i vostri due pg piuttosto che l'ennesima visita di Nathan dall'infermiera :D

@Theraimbownerd

Orion Kykero - in palestra

Alle parole di Sasha, il coach posa lo sguardo su di lei e inarca le sopracciglia.

«Potresti essere più chiara, O’Connor?» chiede con tono fermo. «O immagini che io sappia leggerti nella mente?»

Il silenzio dura un battito di troppo. Poi la voce di Tyler lo spezza.

«Coach Moss… credo che molto probabilmente il responsabile di quello che è successo a Nathan sia Cory Edwards.»

Ti piace pensare che sia stato proprio il tuo leggero colpo di gomito a dargli il coraggio di parlare.

Il coach sposta lo sguardo su Tyler, al tuo fianco. Sul suo volto passa un’ombra di sorpresa.
«Edwards, dici?» replica. «E avresti delle prove a sostegno di questa accusa, McConnell?» Il tono si fa più duro.

Tyler esita appena un istante. Sasha accenna uno sbuffo di risata, come a dire che la domanda è quasi assurda e inutile.

Poi Tyler riprende a parlare, non lasciando il tempo al coach di soffermarsi sul gesto della compagna.
«No, coach. Non ho prove dirette. Ma è risaputo che Cory abbia minacciato più volte Nathan in questi ultimi giorni. Non gli è mai andato giù che Nathan abbia parlato con la preside dopo averlo visto fumare erba nei bagni. Ha saltato l’ultima partita per quello…»

Si interrompe un attimo, consapevole che quella parte è ben nota al coach e non è il punto centrale.
«Ieri ho provato a parlargli. Gli ho detto di lasciar perdere Nathan. Pensavo di essere stato chiaro…» stringe le labbra. «Ma a quanto pare mi sono solo illuso.»

Un breve silenzio. Poi aggiunge, con voce più ferma:
«Me ne assumo la responsabilità.»

Il coach ascolta senza interrompere. Incrocia le braccia al petto, l’espressione tesa, pensierosa.
«Sono accuse importanti, Tyler...» dice infine. «Ma voglio fidarmi del tuo giudizio. Più tardi convocherò Edwards e sentirò la sua versione dei fatti. Se sarà davvero responsabile, verranno presi provvedimenti.»

La questione si chiude così, almeno in apparenza. Subito dopo il coach vi ordina di riprendere gli allenamenti. Il ritmo, però, cambia. Diventa più duro, più pesante, come se stesse scaricando su di voi tutta la frustrazione accumulata.

Appena riprendete a correre, Tyler si affianca a te. «Grazie..» dice soltanto. «Avevo bisogno di un po’ di motivazione.» Ti fa l’occhiolino, poi accelera, tornando al suo solito passo.

Ti lascia indietro, con il fiatone… e quella sensazione sottile di vittoria morale che ti resta appiccicata addosso. Motivazione ha detto? Esatto.. Proprio quella che avresti bisogno anche tu per affrontare a testa alta la prova che ti aspetta nel pomeriggio!

Scarlett Bloomblight

Di nuovo nel bosco (e salva per giunta?!)

Una risata?!

Certo, ho agito d'impulso ribellandomi a qualsiasi cosa sia questa presenza misteriosa, ma mi aspettavo ben altro tipo di reazione.

Ma era quella voce più familiare o quella inc@zzata di poco fa? In effetti non era molto chiaro, se venisse "da quella cosa dentro di me", qualsiasi cosa sia ma che oggi è stata molto presente, oppure fosse quella entità o presenza che c'è qui giù.

Mi guardo le mani: tutte le nocche sono completamente spaccate come se avessi preso a pugni un muro, grondano sangue e anche i palmi hanno i segni delle unghie conficcate e stanno sanguinando; stranamente non sento male, neanche fastidio. Quella roba che ho fumato deve essere bella pesa per sentire voci e presenze così chiare, per non parlare di quella che ho pippato. Fino a quella cosa dal teschio di cervo di ieri sera posso anche starci, ma tutte queste voci nella testa e visioni al limite dell'allucinogeno no; queste droghe devono essere piuttosto pesanti, sarà meglio farmi una bella dormita una volta finito tutto.

Nemmeno ci penso, mi carico Tanaka sulle spalle come se io non fossi una ragazzina esile e lui un ragazzo alto ed atletico e mi avvio facendo la strada al contrario, quasi in trance. Il mio corpo fa fatica ma io non la sento per adesso, non mentre faccio le scale per tornare in superficie.

Però quando sono finalmente all'aria aperta e il freddo mi colpisce inizio a sentire tutto quanto: i passi sono più pesanti, respirare è più difficile, finché non riesco ad uscire dalla radura e raggiungo il bosco: lì le gambe cedono e mi fermo, appoggiando Tanaka contro il tronco di un albero per poi stendermi a terra per riprendere fiato.

E poi arriva.

Il dolore ai muscoli, alle spalle alle braccia e alle mani. La sensazione del sangue che esce dalle ferite sulle mani. Il freddo mordente del bosco visti i miei abiti leggeri.

"Mi sa che la botta della coca sta svanendo..." Ansimo guardando il cielo. "Ma che ore sono?" Non ho la minima idea di quanto tempo abbia passato dentro quella sorta di caverna.

Allungo lo sguardo verso Tanaka: è vivo. Il MIO TESORO è vivo! L'ho salvato c@zzo, sapevo che era vivo e che me lo sarei ripreso. NESSUNO si può azzardare a togliermi ciò che è mio.

Faccio un lungo respiro, come se stessi dando un abbondante tiro ad una sigaretta: anche se l'aria è gelida e sono sfinita mi sento bene, potente, maestosa. Le mie emozioni si riallineano: sarò ancora sfinita per poter uscire dal bosco, ma quantomeno devo svegliarlo e decidere il da farsi.

"Hey dormiglione!" Esclamo dandogli qualche colpetto sul fianco con il piede. "Guarda che così mezzo nudo ti ammali, tirati su."

@Loki86 offgame

A sto giro un po' di introspezione ce l'ho messa, perché non possono accadere tutte ste cose strane di fila e lei non farsi neanche la minima domanda. Al momento l'ha liquidata con "effetti collaterali della droga", ma più tardi quando avrà tempo farà un'analisi interiore, cercherà di capire meglio entrambe le "voci".

Ti ho lasciato la palla nello stesso punto perché se Tanaka non si sveglia e Scarlett non ha le forze sarà difficile potersi muovere 🤣

Darius

Diretti in infermeria

Cammino per i corridoi accanto a Nathan, sperando di arrivare il prima possibile in infermeria per poter tornare indietro da Sasha; educazione fisica non è mai stata esattamente una delle mie materie preferite, ma dopo quanto è accaduto ieri sera preferirei tenere un profilo il più basso possibile, così da far dimenticare in fretta tutto il trambusto

Inoltre, per quanto non mi pesi aiutare Nathan, al momento ho cose ben più pressanti nella mia testa, non fosse altro che l'attendere la pausa pranzo per andare ad indagare nel bosco

Quando però il pensiero mi vola per un momento a lunedì, mi rendo conto che c'era stato quel dettaglio, quel piccolo dettaglio strano che al momento non mi ero spiegato per nulla; provo a far mente locale, provando a capire cosa so di Nathan e come questo potrebbe incastrarsi con il resto delle mie conoscenze, ma lo conosco troppo poco anche solo per tentare di fare ipotesi

Allora... non ho visto bene, ma come sei caduto? Intendo, ti gira la testa, ti fa male da qualche parte... hai fatto a pugni con Edwards prima della lezione...

Hai litigato con strane creature fatate dalla testa a teschio... ma quest'ultima possibilità mi limito a pensarla, senza dirla ad alta voce

Orion Kykero

In palestra

Per un attimo alle parole di Tyler mi sento...diverso. Più leggero. Una strana sensazione nella pancia.

Credo che sia questo che la gente intende quando parla di farfalle allo stomaco.

Poi il coach fischia di nuovo e quelle farfalle muoiono di una morte brutale, annegate nel sudore che mi scende a fiumi dalla faccia e dalla schiena mentre il bastardo autoritario e frustrato sfoga tutto su di noi. Ma non mi potevo stare zitto, mannaggia a me?

Eppure oggi, e solo oggi, non mi dispiace faticare così tanto, perdere il respiro fino a non poter pensare. Almeno la mia mente non ha il tempo di viaggiare nel futuro, a oggi pomeriggio. Non dura molto, e il mio corpo protesta fermamente, ma ancora una volta scelgo di ignorarlo. Un coach arrabbiato è facile, rispetto a quello che mi aspetta dopo.

Nathan Clark

In corridoio

"Cosa? No. Non sono caduto. Sono stati quegli str*nzi di Edwards e dei suoi. Hanno seguito me e Scarlett nel bosco, ieri pomeriggio. Voleva vendicarsi, nella sua testa bacata, quel gorilla", spiego a Darius, questa volta senza problemi.

"Non ho voluto dirlo al coach - anche perché Cory è uno dei suoi cocchi della squadra -, ma non è un gran mistero. Sasha e Tyler lo hanno intuito. Spero non facciano scene: voglio farla pagare, a quelľidiot@, ma come dico io", aggiungo, e mi rendo conto di avere una certa freddezza, nella voce. Credo di avere ormai processato a dovere la cosa.

Poi aggiungo: "Ma... a proposito: hai sentito Scarlett, stamattina? Ieri ľho riaccompagnata a casa e mi aveva promesso che sarebbe andata a farsi vedere da qualcuno, perché non era messa per niente bene; era sparita, scappata via, mentre gli altri quattro mi aggredivano, e Tanaka l'aveva inseguita. Lui... lui aveva brutte intenzioni, ne sono certo, però lei sostiene comunque che non sia stato Tanaka a... a... ridurla così. Che lui non le ha fatto niente e che è comparso un... mostro. Che avrebbe poi rapito Tanaka.

Immagino sia stato lo shock a farglielo dire, però, ecco... oggi non era a scuola. Comincio a essere preoccupato. Non vorrei le sia accaduto qualcosa o che, non so, abbia una specie di assurda sindrome di Stoccolma nei confronti del suo... suo... di Tanaka, ecco".

Ana Rivero

A casa di Gustav

Mi irrigidisco quando vedo crollare il mio creatore. Non era questo che volevo. O forse sì. Forse volevo esattamente questo: vederlo smettere di fingere. Per un attimo la stanza gira. Il rumore del libro che cade, il suo corpo che scivola a terra, i singhiozzi… tutto mi arriva ovattato, come se non fossi del tutto io a essere qui. Come se stessi guardando una scena che qualcun altro ha deciso di far partire.

Faccio un passo indietro. È stata davvero una mia scelta? O c’è qualcosa che sa esattamente quali corde tirare? Respiro. Male. A scatti.

Lilith. Il nome mi si pianta addosso come un chiodo. So qualcosina. So di demoni. Ribellione. Madri mostruose. Tentazioni. Non sono un’esperta, ma due più due so ancora farlo. La suora. Darius. Il modo in cui parlava. La possessione. Il simbolo.

E poi, come un lampo, l’immagine di ieri. Il disegno. La mano che si muoveva quasi da sola, le linee che uscivano senza che io le stessi davvero pensando. Guardo Gustav dall’alto, rannicchiato sul pavimento. Così piccolo. Così patetico.

"Quindi non è niente" dico infine. La voce mi esce bassa, controllata a fatica. "Interessante definizione del termine." Mi accovaccio davanti a lui, alla sua altezza. Voglio che mi guardi. Non lo tocco, questa volta. Non ne ho bisogno. "Chi è nella setta, Gustav?" Una pausa. Secca. "Chi altro? Nomi, nomi, nomi! Ci sono professori? Gente di scuola?" Non mi sento di chiedergli direttamente del coach. Mi avvicino un po’ di più, abbastanza da fargli sentire che non ho finito. "Sei tu direttamente nella setta? Tu ora mi dici tutto quello che sai. Tutto. Perché se scopro che mi stai mentendo…" Mi rialzo lentamente. "…non tornerai a lavorare tanto presto."

Off game

Sì, sì, è la cosa che avrei fatto comunque. Visto che mi hai mosso dei metaforici fili (e non quelli di gioco, che tra parentesi non ho ancora mai usato ohoho), li ho resi quasi canonici. Hai preso controllo di Ana? Ana si sente di aver perso il controllo. Voilà.

Immagino che Ana non sappia effettivamente la vera mitologia di Lilith, solo dicerie da telefilm.

  • Autore

@TheBaddus

Scarlett Bloomblight - nel bosco con tanaka

Inizialmente Tanaka non sembra volersi riprendere, ma, dopo un po’ che lo scuoti, emette qualche colpo di tosse e apre gli occhi. Si mette a sedere, tenendosi la testa con una mano. Le sue dita passano nei suoi capelli umidi e sporchi. “Scarlett??” Ti domanda con aria confusa “cosa… cosa diavolo è successo?”

Poi, sembra accorgersi solo in quel momento di essere mezzo nudo. Si stringe le braccia al petto, afferrandosi con le mani le braccia. Lo vedi rabbrividire e iniziare a tremare.

Ti guarda… smarrito… fragile… esposto.

“Io… non ricordo… eravamo nel bosco…” si ferma un attimo come a riordinare i pensieri. “Cory e gli altri dovevano pestare Clark… io e te abbiamo scopato… poi nulla…” torna a guardarti sempre più confuso. “Che è successo poi? Dove sono i miei vestiti? Ho freddo..” dice, provando a rialzarsi a fatica.

@SNESferatu

Ana Rivero - rivelazioni a casa di Gustav

Mentre gli parli, Gustav smette lentamente di singhiozzare.
Quando ti abbassi alla sua altezza e ti accovacci davanti a lui, le mani gli scivolano dal volto. I suoi occhi, umidi e smarriti, si sollevano fino a incontrare i tuoi. Ti ascolta. Sul suo viso affiora una breve, disorientata confusione.

«Setta?» mormora. «Di… di quale setta parli?»
La voce è bassa, incerta, spezzata.

Scuote appena la testa.
«Non… non c’è nessun altro…» esita, come se stesse cercando dentro di sé il coraggio di dire qualcosa che non ha mai detto ad alta voce. «Io… ero soltanto un povero artista senza talento. Non sono stato io a cercarla…» deglutisce. «È stata lei a trovare me… Mi ha ammaliato con le sue promesse… Con i suoi doni…»

Ogni parola sembra gravargli addosso, come un peso che lo incurva un po’ di più.
«Mi ha dato le capacità di creare ciò che ho fatto per anni. Di diventare qualcuno…» un respiro tremante. «E in cambio ha voluto una sola cosa.»

Si ferma di nuovo. Il silenzio si allunga, teso. Alla tua ennesima esortazione, che suona più come una minaccia che come una domanda, Gustav deglutisce.

«… Che accettassi il lavoro commissionato da tuo padre.»

Alza lo sguardo. I suoi occhi si fissano nei tuoi, profondi, colmi di qualcosa che somiglia al rimorso. La frase successiva esce a fatica, come se gli strappasse l’aria dai polmoni. «Che io creassi… te.»

@Theraimbownerd

Orion Kykero - dopo l’ora di ginnastica

La lezione di educazione fisica ti sembra interminabile, ma alla fine si conclude. Ne esci stremato nel corpo, con i muscoli che tirano, eppure con la mente un po’ più leggera.

Ti cambi negli spogliatoi e, quando esci, la vedi.
Alice è appoggiata al muro del corridoio, le braccia conserte. Ti osserva con un’espressione vagamente imbarazzata. Basta quello sguardo per ricordarti che, anche se ieri pomeriggio vi siete riavvicinati, il litigio è ancora troppo vicino per far finta che non sia mai successo.

Accenna un sorriso e solleva una mano in un saluto incerto. È chiaro che stava aspettando te.
In effetti, da quando sei arrivato a scuola questa mattina, non vi siete ancora detti una parola.

«Ehi, Orion…» dice quando le sei vicino. «Com’è andata ieri con Marcus?»
C’è sincero interesse nella sua voce. «Il fatto che tu sia qui, tutto intero, lo prendo come un buon segno…» aggiunge, con un mezzo sorriso che però non riesce a nascondere del tutto una nota di preoccupazione.

Non ti ci vuole molto per capire che quell’ultima frase le ha fatto tornare in mente chi, invece, oggi a scuola non si è presentato affatto nelle migliori condizioni.

Darius

Corridoio

Tutto chiaro… come dire, magari ha solo confuso uno dei suoi aggressori con chissà che roba provo a sminuire, anche se ormai mi sta sembrando sempre più chiaro che tutti, o quasi, in questa scuola potrebbero non essere umani, e soprattutto potrebbero essere bersagli dello strano coso

Anche io sono preoccupato, ieri sera ho parlato a lungo con Ana, pareva sconvolta anche lei, è diventata pallida di colpo, e poi è tornata a casa di corsa; e anche lei manca oggi a scuola…

Senti, non vorrei che Scarlet sia andata nel bosco a cercare qualcosa, e anche se non ho idea di come e perché anche Ana potrebbe esserci finita in mezzo; sindrome di Stoccolma o altra roba, direi che se non vogliamo sollevare un fumone, ci conviene provare a capire che cosa stanno combinando, e per farlo dobbiamo andare nel bosco; ci stai?

Ci manca solo che Sasha si metta in testa di fare la giustiziera, e soprattutto che quello strano mostro si metta ad aggredire altra gente

Inoltre, mi sta sempre più venendo il dubbio che Nathan non sia umano, quindi potrei cogliere l’occasione per capire cosa è

Nathan

Con Darius

"Scusami, eh...", controbatto, dopo qualche istante di riflessione, scandito solo dal rumore ritmico dei nostri passi, che scavano una strana eco lungo il corridoio: "Ma cosa centra Ana? E il tuo discorso con lei di ieri sera? Non riesco a capire perché le due cose dovrebbero essere collegate".

Scuoto la testa, cercando di dare un senso a questo discorso: "Io non ho avuto niente a che fare con Ana... mi stai dicendo che avete parlato di me e di Scarlett? Uno di voi ha forse sentito Scarlett al telefono dopo che siamo rientrati? E perché Scarlett dovrebbe essere tornata nel bosco, visto che mi ha detto giusto ieri che non lo conosceva e che aveva bisogno di una guida?".

Più faccio delle domande, meno la cosa ha senso.

"Se anche tu avessi ragione e Scarlett (e Ana?) fosse andata nel bosco, non si può andare lì dentro alla cieca. È molto più grande di quello che uno crederebbe; inoltre, i telefoni non prendono per nulla. Andare a cercare qualcuno senza una idea del dove, solo in due... te lo dico di cuore, non ha senso. Tra l'altro, non è certo tutto rose e fiori, lì dentro. Anch'io ho smesso di andarci come facevo una volta, dopo... dopo quella volta".

C'è qualcosa che non mi torna. Cioè, magari è solo una mia paranoia, però questa sua preoccupazione mi sembra assurda... immotivata.

E, d'altronde... quel suo tatuaggio, il sogno dell'altra notte... E poi, Scarlett che si comportava davvero in modo strano, ingiustificabile pur nella situazione già terribile.

Darius conosce qualcosa che non mi sta dicendo?

Modificato da Ghal Maraz

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