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Versi esametrici


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Raccolta di distici a ritmo dattilico dal mio blog

Quello che vi propongo è l'ultimo risultato di un lavoro al quale mi dedico ormai da quasi un anno, ovvero l'elaborazione di un modo personalizzato per impiegare in italiano un metro analogo all'esametro dattilico della poesia classica senza mandare a quel paese la metrica italiana.

Le tematiche non sono molto ben elaborate, ma quel che mi interessava sperimentare -e quello con cui devo ancora prendere bene la mano- è la forma metrica.

Corrono leste le nubi nel cielo

Ma passano lente,

Quasi irridendo, beffarde, le ore,

Antico splendore,

Mentre s'evolve quel cupo ricordo

Mal nato, e crudele

Figlio di molte cocenti illusioni,

Speranze irreali.

Stelle nel cielo, nascoste e celate,

Che fan capolino

Timide, incerte, fra nubi e tempeste

Rievocan sogni

Lievi, ricolmi di dolce abbandono;

Talvolta sicuri,

Quando richiamano i giorni felici

Da tempo passati,

Quelli trascorsi con gioia ed ingenuo

Sognare, perduto

Dietro a progetti mai resi reali

Ma dolci, ben dolci.

Se la poesia vi è piaciuta, potete leggere maggiori chiarimenti riguardo alla sua struttura e al tema sul mio blog. ;)

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Quasi irridendo, beffarde, le ore,

Antico splendore

Mi è piaciuto soprattutto questo distico :) mi ricorda un po' la poesia decadente o simbolista italiana...almeno credo.

Sarebbe pesante / complicato imporre come schema di rime la rima baciata? credo che la struttura ne guadagnerebbe.

Ad ogni modo, complimenti ;)

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Grazie per i complimenti.

Riguardo alle influenze decadenti, spero proprio di no. ^^

Il resto sì, ma decadentismo italiano proprio no, al suo principale protagonista potendolo fare avrei volentieri regalato a suon di sganassoni dieci visite dal dentista. ^__^m

Per lo schema metrico, la rima qui non la voglio proprio inserire. Fermorestando che quella baciata la trovo troppo semplicistica ed elementare, si tratta comunque di uno schema metrico che vuole imitare l'esametro dattilico, e la rima non fa parte della struttura esametrica. Non dico come Milton che sia un segno di barbarie, però se punto su un sistema di accenti stringente (/xx/xx/xx/x x/xx/x) non ho bisogno di altre cose che banalizzerebbero questa scelta metrica.

Inoltre, si tratta solo di una prova, spero fra poco di poter scrivere qualcosa di più meritevole usando lo stesso metro.

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La vastità della mia ignoranza mi è ignota, quindi non prendere per oro colato tutto quello che dico. A parte questo, pensavo che la rima baciata avrebbe dato appunto una semplicità 'arcadica' allo schema, ma questa concezione arcadica del classico è più da Classicismo che da epoca Classica vera e propria...

Beh, buon lavoro!

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Oddio, da classicismo mica tanto. Più che altro da medioevo.

L'opinione di Milton era appunto che la rima fosse "l'invenzione di un epoca barbarica" (o qualcosa di simile). Alcune rime compaiono nella poesia classica, ma piuttosto per sottolineare dei passaggi particolari. La figura di suono sulla quale la poesia antica indoeuropea e non puntava maggiormente era piuttosto l'allitterazione, ripresa poi dall'epica latina classica.

Autori classicisti doc come Foscolo, ad esempio, usavano spesso metri sciolti e senza rima. Prendi come emblema il carme I Sepolcri, dove non sono assenti le allitterazioni "pacate".

Pacate perché, se non studiate bene, queste figure danno un tono più popolare che altro alla poesia.

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Questa poesia, a differenza di quella dell'altro giorno, l'ho praticamente improvvisata qualche minuto fa su un tema che mi frullava in testa da quel dì (sì, prima di leggere quello a cui state pensando).

L'ho pubblicata sul mio blog, ma intanto ve la replico qui.

Corrono in rotta i nemici sconfitti,

Perduto lo scontro.

Pure, non pago di morte il campione

Incalza chi fugge;

Stringe la lama ben salda nel pugno,

S'avanza feroce.

Quale leone che scorta la preda

Dall'erba più fitta

Subito balza con fare ferino

E s'avventa alla gola

Quando la preda, più debole, e ignara,

Rimane lontana,

Sola, lasciata più indietro dal branco

Che l'offre in tributo,

Pavido, al forte inuman cacciatore

Sperando salvezza,

Data al crudele la vita d'un membro,

Poter ottenere.

Pari al regale felino è il guerriero

Ch'accorre bramando

Sangue e massacri da tinger la lama,

Arnese infernale,

Ora e per sempre con tinte di morte,

Bestial desiderio.

Forte, egli abbatte nemici già vinti

Con colpi feroci

Niente egli celebra a parte la bestia,

Ben squallido eroe,

Gode nel dare una morte insensata

Che plachi con sangue,

Pianti, e con morte, quel nulla che sente

Nell'animo rude.

Empia, alimenta il massacro la spada

Lei beve la vita

Quando da corpi ormai prossimi a morte

Si perde, e ne sgorga,

Simile al fiato di estinta sorgente,

Arrossa la lama.

Nulla più resta davanti al guerriero,

I corpi soltanto

Privi di vita, di sangue, d'affetti

Un tumulo tristo.

Pure la brama non certo placata

Reclama altre vite

Nulla si para davanti al guerriero

Son vinti i nemici

Lungi scappati, cercando rifugio

Da opporre al crudele.

Perfida, brama la spada, il campione,

Mortale altro sangue;

Soli, nel campo lasciati dai vinti.

E s'affonda la lama

L'unica preda scorgendo al suo fianco

E muore, il campione,

Simile morte ai nemici ch'ha ucciso.

La spada ama il sangue.

Non è il massimo, ma mi serve a prendere la mano con questo distico.

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  • 1 mese dopo...

Continuano i miei esperimenti col "distico esametrico".

Stavolta, un breve componimento scritto in pullman sul cellulare, o "perché diavolo non mi sono portato dietro un quaderno?"

Frenati, mente che sogni di vane

Speranze inattese,

Quasi sperando sia lecito avere

Dei doni dal mondo,

Falso latore di facili imprese

Di fumo e menzogna:

Tutto ci costa fatica, e sudore

Di lunghe giornate

Spese a cercare qualcosa di lieto,

Di vivere lieti

Come sogniamo da quando giungemmo

Alla vita nel mondo.

Nulla, capisco, verrà a me da solo;

Eppure ci spero.

Tale è dell'uomo matrigna natura:

Viviamo di sogni.

(link alla poesia sul mio blog)

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Tale è dell'uomo matrigna natura:

Viviamo di sogni.

Te l'ho già detto che sento di poter conoscere Leopardi di persona attraverso di te? :lol:

Comunque, a me sembra che il Distico sia stabile. Buona cosa! Vedo che le 'sudate carte' e lo studio 'matto e disperatissimo' ti prendono il cuore ;-)

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  • 2 settimane dopo...

Componimento lungo, forse non troppo curato, e scritto di getto a partire da ieri mattina.

Maggiori dettagli sul mio blog.

Quanto è trascorso di mesi e stagioni

Da allora? Ricordi

Come d'estate rividi il tuo volto

Con occhi diversi,

Persi in un sogno nel quale regnavi

Tu sola, l'amata?

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Forse hai memoria, serbata nel cuore,

Dei primi, dei goffi

Modi che avevo nell'esserti caro

Sperando che, forse,

Fossi tu stessa a capire, a provare

Per me qualche amore.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Certo pensavi che fossi un amico

Ben caro, disposto

Sempre a donarti il suo tempo, ogni istante

Ed ogni sospiro.

Forse capivi già allora il mio amore

Da pazzo invasato.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Venne poi il giorno nel quale, imbecille,

Aperto t'ho il cuore.

Ora, pensavo, che sa quel che provo

L'amore di certo

Lei lo vorrà ricambiare, saremo

Felici. Che illuso.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Solo, chiedevo una cosa, che fossi

Sincera, scegliessi

Me come amore o lasciassi per sempre

L'amico di un tempo.

Niente illusioni o speranze fasulle:

Amanti o lontani.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Questo chiedevo, null'altro, mi amassi

o lasciassi da solo.

Tu preferisti serbare i vantaggi

che dava l'amico

Tuo spasimante, rifiuto all'amore

Ma illuso l'amico.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

So che se avessimo chiuso i rapporti

reciproci allora

Molto, di certo ne avrei io sofferto.

Ma meno di quanto

Ho sopportato nei mesi in cui, amico,

Speravo in amore.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Era piacevole, vero, qualcuno che fosse

Disposto a prestare

Caro un orecchio ai tuoi drammi di carta,

Cui fossi tu musa

Ben celebrata da rime e da versi d'amore.

Un servo, nient'altro.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Quando il mio amore poi prese a sfreddarsi

Frustrato, deriso,

Nulla rimase: ben poco d'amico poteva

Restarmi in quei giorni

Dopo esser stato un amante irrisposto,

Lo schiavo d'amore.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Molto ho tentato d'allora di amarti,

Ma a nulla è servito.

Spento quel fuoco dal gelo che avevi

Profuso, crudele,

Nulla restava per darmi calore.

Nell'anima un vuoto.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Sì, t'ho lasciata, da amico, da sola

E no, non rimpiango.

Non tu l'amico volevi, ma il servo

Da amore sospinto

Tutto a donarti. Sgradito divenni

Lo so, quale amico.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Ora son solo. Tu ti consoli con mille

Parole bramose,

Falsi di amori che pensi sinceri.

E forse rimpiangi

Me, che ora sono lontano e che molto

Ti amavo. È finita.

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

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Ancora con il distico esametrico? :-)

Buon lavoro, ma a mio parere abbastanza lungo e ripetitivo in certi punti. Il coro può essere una scelta stilistica interessante, ma non così spesso. Magari, lascia una strofa di coro ogni due strofe 'principali', e sostituisci all'altra strofa di coro un coro 'variabile', del tipo:

Ancora ricordo i tuoi lucidi occhi

la tua commozione

Donna, lo sai, lo so io, tu non meriti

la mia devozione.

[più avanti]

Ancora ricordo il tuo volto freddo

che disperazione

Donna, lo sai, lo so io, tu non meriti

la mia devozione.

Se mi passi lo schema di accenti non esattissimo e le parole banali :-)

Spero di essere riuscito a farmi capire.

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Sì, questa critica mi è stata già mossa e anche io ci stavo pensando un po' sopra.

Da un lato, appesantisco volontariamente il concetto per creare un clima quasi "pressante". Il modello è un componimento di -se non erro- Teocrito, ma qui sto calcando troppo la mano.

Comunque, se variazione ci deve essere vorrei renderla minore.

Uhm...

Non conoscevo la vera natura

Che celi nel cuore

Quando ti amavo con tutto me stesso.

Adesso ho capito.

Se inserissi questa strofa alternandola all'altra potrei migliorare qualcosa?

Voglio comunque mantenere il concetto pressante.

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Puoi provare (la frase preferita dai master :lol:)!

Il fatto è che più che pressante crei un'atmosfera patetica (nel senso negativo del termine). Qual'è la conclusione? Hai capito come vanno le cose ed hai deciso di andartene per la tua strada? Sii dinamico nell'immagine, se non nella forma! Cambia continuamente il soggetto, dimostra di saper trovare altri orizzonti su cui posare il tuo sguardo!

Sei prostrato dall'aver realizzato la falsità dell'amore? Resta paralizzato, ma con un animo più contemplativo (il suo cuore non dovrebbe più interessarti: contemporaneamente, dovrebbe essersi aperto il mondo delle grandi menzogne). Non lo dico perchè ho avuto quest'impressione, ma perchè qualcuno potrebbe ricavarla (credo) erroneamente.

Hmm...

Ora conosco la vera natura

Che celi nel cuore:

Nulla mi susciti a parte il rimorso.

Ricorda: mi hai perso.

Non conoscevo la vera natura

Che celi nel cuore

Quando ti amavo con tutto me stesso.

Adesso ho capito.

Magari sai cosa? potresti creare un percorso 'anatomico' che vada dal volto al cuore: le prime due saranno centrate sul viso:

Ora conosco / non conoscevo la vera natura che celi nel viso

e proseguendo

Ora conosco / non conoscevo la vera natura che celi negli occhi

Ora conosco / non conoscevo la vera natura che celi nel cuore

Potrebbe essere uno spunto, da cui lavorare per rifinirla. Ovviamente è tutto IMHO, il poeta sei tu ;-)

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In realtà conoscere il cuore (inteso come animo, mica sono un cardiologo eh ^^) delle persone è sempre importante: che siano amici, conoscenti o nemici, se conosci i loro sentimenti e schemi di pensiero puoi prevederne l'agire.

Il richiamo voglio che sia costante: mi ricordo del passato, ma al presente so come sei, non provo nulla per te se non il dispiacere per aver provato qualcosa, ora addio.

La natura celata nel volto poi suona francamente antipoetico. Sembra il verso che si rivolgerebbe a una persona piena di botulino e cerone. -.-'

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Interessante (nell'ipotesi assurda e certamente sbagliata in cui parli l'autore e non l'io lirico, ovviamente :rolleyes:) la ripetizione, denota a mio avviso una certa paura di ricascarci. O almeno, così mi parrebbe.

Io con gli endecasillabi di solito uso schemi differenti, 11-7-11-5 e cose così, anche se devo dire che la tua soluzione è interessante. Noto una certa carenza di figure retoriche (a parte la rima e l'assonanza) che me la rende simpatica, nel senso che è molto diretta e da peso al significato più che al significante.

Piccolo OT: anche voi venite tacciati di autobiografia in qualsiasi cosa scriviate? Io a momenti devo stare attento anche alla lista della spesa! :lol:

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Io invece sono spesso autobiografico nei componimenti del genere. Tendo a rielaborare molte esperienze in maniera poetica, e in pochi pezzi posso dire di non aver messo qualcosa di mio personale.

La paura di ricascarci, però, è ormai poca. Semmai, è tanto il rimorso per esserci cascato, e parecchia la voglia di ribadirlo a chi so che leggerà sperando che veda da sola il cartellino "uscita dalla mia vita". Quindi, ben vengano le ripetizioni.

Riguardo allo schema metrico, è una mia gabola: leggi i distici, suonano in maniera molto simile agli esametri olodattilici (quàdrupedànte putrèm sonitù quatit ùngula càmpum) se messi insieme.

Devo solo trovare un modo di rendere il trimetro giambico, e sarò a cavallo.

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Cioè vuoi "rielaborare" i versi classici per usarli in metrica pseudo-moderna? Mi piace.

Io anni addietro (oddio, DIECI ANNI FA :eek:) feci una spiacevole scoperta quando mi dissero esplicitamente che il mio modo di comporre era "vecchio", come se fosse obbligatorio fare robaccia post-post-moderna per accontentare gli intellettualucoli di provincia. Per me è sbagliato dettare una simile imposizione, intanto perché se uno è "new-neoclassico" deve poterlo esprimere, così come se ha un amore per l'aulicità e il mito del "Vate" (a me piaceva più D'Annunzio che Montale, che ci volete fare?). Secondariamente, perché l'idea a mio avviso non dovrebbe essere quella di comporre "alla moda" o per aderire a un qualche movimento, bensì tentare di veicolare un messaggio (che può essere semplicemente un'emozione) giocando con le parole: che questo assuma la forma di una cantilena o di un poema cavalleresco poco importa, secondo me. Dovremmo liberarci un po' dai vincoli del superamento del passato a tutti i costi, così come da quelli dell'anatema sul futuro. Io dico "be yourself".

Che poi dieci anni fa quello che scrivevo lo scrivevo con uno scopo banale e nobile, quello di scopare. Altro che mode letterarie.

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Sono un classicista. D'Annunzio mi sta parecchio sulle scatole, ma il primo Carducci è fra i miei modelli assieme a Leopardi e Foscolo. Autori che sapevano essere moderni e classici assieme.

La mania modernista mi infastidisce, il metro libero è solo figlio del non volersi applicare.

Uno dei motivi per cui ammiro sommamente Guccini e De André è la profonda poesia intrisa nelle loro canzoni, a tratti tremendamente classica eppure attuale.

E ci sono poemi antichi, paradossalmente, molto più attuali di quanto non lo siano certi scritti di inizio novecento. O anche di trenta anni fa. Il fatto è che parlando esclusivamente col presente rinunci al futuro.

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Sono un classicista. D'Annunzio mi sta parecchio sulle scatole, ma il primo Carducci è fra i miei modelli assieme a Leopardi e Foscolo. Autori che sapevano essere moderni e classici assieme.

La mania modernista mi infastidisce, il metro libero è solo figlio del non volersi applicare.

Uno dei motivi per cui ammiro sommamente Guccini e De André è la profonda poesia intrisa nelle loro canzoni, a tratti tremendamente classica eppure attuale.

E ci sono poemi antichi, paradossalmente, molto più attuali di quanto non lo siano certi scritti di inizio novecento. O anche di trenta anni fa. Il fatto è che parlando esclusivamente col presente rinunci al futuro.

Sono perfettamente d'accordo (D'Annunzio in effetti era difficilotto come personaggio :mrgreen:).

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Ti dico solo che, complice una corporatura sarda anche nell'altezza, nel punto della sua villa in cui c'era la porticina col soffitto basso per imporre a tutti di inchinarsi davanti allo studio del poeta io sono entrato a testa alta. Ho un po' sbattuto la capoccia, ma sai la soddisfazione di non inchinarmi?

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