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Joram Rosebringer

Circolo degli Antichi
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Tutti i contenuti di Joram Rosebringer

  1. La sua attenzione viene attirata da uno strano gruppetto. Vede un uomo alto che stava operando una magia, interrotta dall'arrivo di quello che sembra essere un nano e da una bimba dalle orecchie a punta. Accanto a loro vi è un altro esserino intento a... parlare? Sente Trebor dietro di lei che sospira portandosi una mano alla faccia: «Kender!» Dice. Lo guarda in viso e sorride. Dimentica di tutti quegli incantatori, quasi come se si volesse convincere che erano solo illusioni, avanza verso il gruppetto, seguita dal suo compagno. Anche se non ha la minima idea del perché lo faccia, sfodera la sua magnifica spada. Spera solo che non riconoscano in essa la Lama Perfetta dei Cavalieri di Jamalièl. Per due motivi. Il primo è che nessuno che non faccia parte dell'ordine può portare una spada con quell'effige. E poi... esiste solo una Lama Perfetta... e chi la impugna è ricercato in quasi tutti gli Stati.
  2. «Ehi, ma questo è un INCANTESIMO! Uno di quelli che dipingi per aria le cose e... ma, ora che ci penso, tu non sei un nano? No, perchè di solito i nani sono molto burberi e preferiscono prendere a martellate più che salomoniare contro il nemico. MA LO SAI che io avevo un amico nano? Stava tutto il giorno a dirmi che non si dice “salomoniare” ma “salmonare”, come se i salmoni potess...» A quel punto si bloccò, notando che il nano lo stava guardando in draghesco. Quando questo accadeva, di solito subito dopo la gente cominciava a urlare e a chiamare un chierico ad alta voce. Notò inoltre che il nano aveva aggrappata alla gamba una bambina di circa 10 anni, abbastanza mingherlina. Questa cominciò a tirargli la casacca, dicendo di non distrarre il nano. «Ehi, ciao piccolina! Come va? Immagino tu sia abbastanza spaventata con tutto questo buio... ma non ti preoccupare, Zio Garfuss è arrivato giusto in tempo!» La piccoletta disse, con angelica sincerità, che il suo nome faceva schifo. «E tu come ti chiami piccola... elfa? Sei un ELFO! Io ho un sacco di amici tra gli elfi! Davvero! Conosco il re della nazione elfica a nord di Shortsea. C'era quel drago che gli rovinava sempre i suoi giardini, quindi disse a me di andare a sconfiggerlo. Io ovviamente accettai, perchè so che tutti i draghi del continente sanno chi sono io e nessuno oserebbe mettersi contro di me, da quando quella volta abbattei a mani nude Gorgoloth l'Antico Rosso nel deserto del Kalah Gourin. Ovviamente fu un duello alla pari e alla fine mi complimentai con lui per la sua tattica: niente male, anche se in confronto a me era ancora un ragazzino. Ma stavo dicendo? Ah sì be’ insomma... accettai modestamente l'incarico e partimmo... ATTENTA!» Afferrò la bambina e si gettò a pochi metri di distanza, vedendo la terra franare proprio dove si trovavano loro un attimo prima. «Tutto a posto? Ma che maleducazione! Sicuramente si tratta dello psicotico di prima. Adesso vado a dirgliene quattro... ehm... magari dopo. Intanto leviamoci di qui: andiamo a prendere un latte con frutta congelato, che ne dici? Conosco un mago simpaticone qui vicino che ogni volta che mi vede me lo tira addirittura appresso!» Erano sporchi come se si fossero rotolati nel fango. Cosa che in effetti avevano fatto. «Ehi, ma guarda qua: sembri una statua di creta non ancora finita. Aspetta che ti pulisco la faccia... ma dove l'ho messo...?» Cercò qualche momento, per poi far comparire un fazzoletto perfettamente pulito da una delle sue tasche. Cominciò a rimuovere il fango sulla faccia della bambina, quando si accorse degli strani tatuaggi che aveva sulle tempie. «Ehi ma questi... io già li ho visti! Però non mi ricordo dove... mah... ehi dov'è finito Sturmolo?» Cominciò a chiamarlo, non sapendo cosa gli fosse successo. Una vocina nella sua mente gli ripeteva che quei tatuaggi erano qualcosa di molto importante, ma lui non le diede ascolto. Anche se ci avesse provato comunque, non sarebbe riuscito a ricordare. Durante la sua lunga vita aveva visto molte più cose di quelle che una mente della sua razza potesse accumulare e sicuramente non avrebbe ricordato una cosa vista più di 1200 anni prima, quando l'Era del Caos era al suo apice e le divinità camminavano tra i mortali.
  3. «Andiamocene!» Aixela lasciò cadere lo zaino a terra, stupita da una simile esclamazione. Lo raccolse immediatamente, poggiandolo sul letto della sua camera. Poi restò ferma lì, a guardarlo come se da esso potesse estrarvi qualche soluzione magica che avrebbe risolto tutti i problemi. Si girò verso Ashling e la vide in piedi davanti alla finestra, intenta a fissare affascinata io draghi metallici che volteggiavano intorno alla fortezza. Voleva risponderla, ma non sapeva cosa dirle. Così restò in silenzio, continuando ad riordinare la sua camera. «Mi hai sentita? Ho detto "andiamocene"!» Ripetè la ragazza mora. «Ti ho sentita.» Sospirò, chiudendo lo zaino con una sorta di tristezza. «Ma non possiamo. Tu ormai sei sotto la mia custodia. Se non ti hanno arrestato è solo perché ho detto loro che la tua e la mia mente erano state possedute da tua sorella.» Ashling trasalì nel sentir nominare Alissa. «Mi spiace.» Si scusò Aixela. «Non volevo.» «Tranquilla... è il mio fardello.» Si girò verso la camera, appoggiandosi con la schiena alla finestra. Guardò le pareti con attenzione, studiandone ogni piccolo particolare, ogni rifinitura. Non che ci fosse molto da vedere, visto che erano in fredda pietra scarna e priva di decorazioni. Ma almeno non la faceva pensare ad altro. «Cosa pensi di fare?» Chiese all'improvviso, alzando il suo sguardo penetrante verso la sua compagna. «Vorrei poterti dire che voglio fermare Alissa, che voglio fermare l'invasione del male... e tante cose del genere. Vorrei poterti dire che alla fine usciremo vittoriosi, che festeggeremo nelle taverne più costose, ridendo su quello che è successo e lodandoci a vicenda. Ma sai anche tu che non è così.» Prese lo zaino e lo mise in un armadio, chiudendo poi le ante. Rimase così, carezzando il legno. «La verità è che voglio che tutto finisca... nel bene o nel male. Sono stanca di questo mio potere incomprensibile, di questa tensione. Ho perso il mio più grande amico... e poi io stessa ho dato morte.» Si voltò verso Ashling. «E la cosa che più mi spaventa è che non sento rimorso. Provo orrore verso di me, ma non provo pietà verso quelli che ho ucciso. Be', so bene che alcuni di essi se la sono meritata... ma ho sterminato un intero villaggio, capisci? Quanti di essi erano colpevoli? Quanti?» Diede un pugno al legno, poi si inginocchiò iniziando un pianto liberatorio. Ashling avrebbe voluto andarsene e sbattere la porta. Invece si inginocchiò accanto a lei, carezzandole i capelli. Abbassò lo sguardo e vide una vaga luminescenza provenire dalla spada. E improvvisamente un piano le balenò nella mente. Un piano ed una consapevolezza.
  4. Tiro un’ultima boccata di fumo dalla sigaretta e la lancio lontano, guardandola cadere volteggiando fino a terra. Oggi non sono venuto al lavoro in metropolitana. Ci sono venuto volteggiando con le mie ragnatele. E’ stata una bella scoperta sapere di poterle lanciare dai polsi. Ogni volta che passo accanto a monumenti, mura e palazzi mi sembra di essere libero, totalmente libero. Ed il costume aiuta molto in questo. E’ bellissimo, il mio orgoglio. L’ho acquistato ad un negozio di costumi di carnevale, pagandolo una bella cifra. Ma ne è valsa la pena. Perché ora l’Uomo Ragno esiste. E sono io!
  5. Come accadeva di solito, la sera c’era in programma il solito caffè con mio cugino, la solita scusa per fare due chiacchiere e stare un po’ insieme. L’appuntamento era sempre al famoso “parcheggione”, luogo di ritrovo per tutte le uscite del gruppo. Mio cugino ritardava, quindi scesi dalla macchina per stare un po’ all’aria aperta e, paradossalmente, accendermi una sigaretta. Proprio nel momento in cui ho chiuso lo sportello, ho visto due ragazzi passare lì davanti. Una cosa normale. Eppure quei due stavano facendo qualcosa di strano. Mi guardavano con gli occhi che tradivano interesse. Ero solo. Ero al buio. Una preda facile. Eppure, nonostante avessi la sensazione che quei due ce l’avessero con me, mi sembrava che non c’entrassero nulla con quella sorta di inquietudine che mi stava prendendo. La mia parte razionale mi diceva di entrare in macchina e chiudermi dentro, ma il mio istinto invece mi urlava di non farlo. Mi girai senza neanche sapere perché l’avessi fatto e vidi un coltello balenare nella mano di un ragazzo davanti a me. Nei suoi occhi lessi la sorpresa, come se non si fosse aspettato che mi girassi in quel modo, ma si riprese subito intimandomi di dargli i soldi. Mi aspettavo una reazione come quella volta che mi avevano rapinato, ovvero tremando e consegnando tutto, senza avere la forza di reagire. Invece ho preso la mano che teneva il coltello e gli ho stretto il polso con forza, sentendo con tuo immenso stupore il rumore delle ossa che si rompevano. Si accasciò a terra, urlando dal dolore, tenendosi il braccio. Non sapendo cosa fare, salii in macchina e me ne andai di corsa. Non sapevo dove andare e cosa fare. La prima cosa che mi venne in mente fu quella di mandare un messaggio a mio cugino e dire che l’appuntamento era saltato, in modo che non avrebbe neanche messo piede al parcheggione, rimanendo ignaro di quello che era accaduto. Mentre mandavo il messaggio vedevo ancora gli occhi di quel ragazzo spalancati per il dolore e la sorpresa, sentendo le ossa che si rompevano come fragili bastoncini nella mia mano. Per più di una volta cancellai una parola scritta male a causa del tremolio del mio corpo. Non capivo cosa mi stava succedendo, pur se la mia mente mi portava sempre alla notte precedente ed a quel ragno. Il mio vagabondare mi portò infine al mio solito posto: il faro di Fiumicino, il luogo dove mi ritiravo quando avevo voglia di pensare. Parcheggiai la macchina e cominciai a salire gli scogli che mi avrebbero portato a scavalcare il muro che delimitava la costruzione. Solo la luce della luna mi permetteva di vedere dove mettevo i piedi. Ma la memoria faceva in modo che ogni mio passo fosse sicuro e che anche i punti più pericolosi potessero essere superati con facilità. Erano anni che avevo eletto quel posto come culla dei miei pensieri, quindi non mi aspettavo che mi potesse tradire proprio in cima, quando un sasso che non doveva esserci mi fece inciampare oltre il bordo. Vedevo l’asfalto avvicinarsi in maniera vertiginosa e allargai le braccia d’istinto, chiudendo gli occhi. Non ebbi neanche il tempo di pensare che stavo per morire, che un dolore lancinante mi esplose nella testa, facendomi credere che il braccio si fosse staccato dalla spalla. Aprendo gli occhi mi si presentò una scena a cui non credevo. Ero appeso sulla superficie liscia del muro esterno del faro. Non vi erano appigli. Ma ero saldamente attaccato al muro con la mia mano. Alzai l’altro braccio e lo poggiai alla costruzione, facendo aderire le dita alla parete. E con mia sorpresa sentivo che tenevano. Preso dall’eccitazione risalii fino in cima, scalando quei pochi metri. E da quel giorno nulla è stato come prima.
  6. Ricordo ancora quella notte. Ero a Palermo dalla mia ragazza, ora mia moglie. Era appena passata una settimana d'inferno sia per me che per lei, con tanti progetti che erano saltati e tanti altri in mente. Lei era stanca e aveva un mal di schiena terribile, così mi offrii volontario per dormire sul divano-letto in modo da farla riposare nel suo lettino con comodità, anche se lei non avrebbe voluto. Dopotutto non era neanche lontanamente pensabile dormire insieme se non volevo rischiare la scomunica da parte dei genitori. Si impedisce a due innamorati di stare insieme, fino a quando decideranno di unirsi legalmente, come se un contratto potesse decidere dell’anima e del corpo di una coppia. Comunque, dopo una serata passata tra abbracci e dolcezze segrete, le ho dato il solito bacio della buonanotte e mi sono avviato a malincuore verso la camera da pranzo in cui c'era il divano. Mi aspettava la solita coperta e la solita notte scomoda, ma soprattutto solitaria pur avendo l’oggetto del mio cuore a pochissimi metri di distanza, separato da una porta e dall’intolleranza. Non ricordo per quanto tempo ho dormito. Ricordo solo di aver avuto un ciclo di dormiveglia che avrebbe afitto invidia a Dracula. Mi torna in mente anche un sogno che non riesco ancora ad inquadrare ma che mi dava un senso di lotta e sofferenza. Ho aperto gli occhi per sperare nella luce del mattino che ponesse fine a quella notte che non accennava a passare, invece mi ritrovai a fissare la luce dei lampioni che ancora filtrava attraverso le persiane. Gettai di nuovo la testa sul cuscino, pensando ad un modo per passare la notte senza stare a contare ogni singolo minuto. Fu in quel momento. Mi alzai di scatto a sedere per prendere il cellulare ed utilizzare la sua luminosità per leggere il libro che mi ero portato per passare il viaggio. Era l’unico modo per avere un po’ di luce, dal momento che l’unica fonte luminosa disponibile era il lampadario che avrebbe illuminato tutte le stanze, disturbando il sonno dei miei futuri suoceri. Per un attimo mi sentii in una prigione: privo di luce e di affetto. Scossi la testa e mi concentrai sul cellulare. Appena poggiai il piede a terra sentii qualcosa sfiorarmelo. Lo ritrassi immediatamente, non capendo cosa fosse. Sapevo che in casa sua non c'erano mai stati topi o cose del genere, ma il buio amplificava la portata e la minaccia di ogni essere che poteva trovarsi nei paraggi. Così allungai una mano verso il tavolino per prendere il telefonino e fare luce in terra. Le mie dita sfiorarono qualcosa di duro e lo afferrai. Solo quando la mia mano si chiuse capii che non poteva essere il cellulare. Era qualcosa che aveva delle zampe dure e fine e un corpo grande. Trattenendo un urlo per puro orgoglio maschile, lasciai andare la presa, saltando in ginocchio sul divano, gli occhi alla ricerca di quella cosa che doveva essere un ragno enorme. Non vedendo nulla, cominciai a pensare che magari dovevo aver preso qualcosa sul tavolo che somigliava ad un insetto. Forse era quella canapa che stava utilizzando il padre di lei per riparare il rubinetto. Pur con il cuore che batteva a mille, mi stesi di nuovo per calmarmi. Ma c'era qualcosa sotto di me che faceva una leggera protuberanza. Sicuro che fossero le lenzuola aggrovigliate nel casino che avevo creato rigirandomi per tutta la notte, mi inarcai leggermente per mettere a posto il tutto con la mano. Ed è stato in quel momento che ho sentito un dolore lancinante lungo il braccio. Istintivamente ho messo una mano davanti alla bocca, mentre toglievo l'altra da sotto la schiena, portandola davanti agli occhi. La fievole luce dei lampioni mi fece vedere un ragno stretto nel palmo della mano, ormai schiacciato e morto. Ma il dolore c'era e non capivo da dove provenisse. Sembrava espandersi per tutto il corpo. Mi sentivo bruciare il braccio, come se fosse stato messo sul fuoco. Non urlavo solo per non svegliare nessuno e non far preoccupare lei. La mia parte razionale mi diceva che non stavo soffocando e che quindi non era uno shock anafilattico dato dalla mia allergia. Ma non capivo cosa potesse essere. Anche la mia spalla iniziò a bruciare. Poi il petto, l'addome, le gambe. Come un fiume in piena il bruciore si espandeva per tutto il mio corpo. Eppure il mio solo pensiero era di non gridare per non dare fastidio. Maledivo me stesso ad ogni gemito che mi usciva. La mia mente ormai delirante si immaginava che i suoi genitori potevano ritenere quei suoni equivoci e andare a controllare se io e la figlia stavamo facendo qualcosa. Ero preda di quella mentalità retrograda anche in quella situazione. Se non fossi stato così male avrei anche riso. Invece ricordo solo che mi svegliai la mattina dopo con i raggi del sole che si facevano d'argento e poi d'oro alla finestra. Istintivamente mi misi a sedere per guardare la mia mano. Il ragno schiacciato era ancora lì, chiuso in essa. La notte mi era sembrato molto più grosso, invece entrava tutto nel palmo. Mi sentivo quasi sollevato nel vederlo, come se in questo modo avessi avuto la prova che non avevo sognato tutto. Sentendo dei rumori provenire dalle altre camere, gettai il corpo dell'insetto sotto il divano. Quando lo avrebbero trovato avrebbero pensato che era rimasto schiacciato dal divano o magari dalla scopa durante le pulizie. In quel momento si aprì la porta ed entrò lei, sedendosi accanto a me e dandomi il suo solito bacio del buongiorno, mentre alle sue spalle la madre passava come una guardia armata per andare in cucina e preparare la colazione. Le ho sorriso, cercando di non farle vedere quanto in realtà la mia mente era in confusione. La testa mi girava al punto che non riuscivo quasi a comprendere l'alto e il basso. La bocca era secca e mi sembrava di aver corso una maratona in salita, venendo fustigato ad ogni rallentamento. Eppure ero vivo. Non era stato uno shock anafilattico. Ma… cos'era stato? Lei si avviò verso il bagno per andarsi a preparare ed io provai ad alzarmi. Il mondo sembrò prendere vita, ondeggiando vistosamente, ma ero deciso a resistere per non dare l'impressione che stessi male. La mattina dopo sarei dovuto ripartire per Roma e dovevo tornare a lavorare. Forse una buona colazione mi avrebbe ridato la forza di cui avevo bisogno. Ma una parte di me aveva paura che non sarei riuscito ad ingerire nulla. In effetti solo al pensiero di mangiare mi sentivo lo stomaco pesante. Mi appoggiai al tavolino e fu in quel momento che sentii un leggero pizzicore sul palmo della mano, la stessa che aveva afferrato ed ucciso il ragno. La portai davanti agli occhi, osservandola. Proprio sotto il pollice c'erano due buchini rossi. Non ci voleva molto per capire che quell'insetto si era vendicato della sua morte. Ma quella rivelazione, invece di farmi arrabbiare o darmi preoccupazioni, mi tranquillizzò. Pensai che forse avevo avuto un leggero shock anafilattico, magari amplificato da un principio di influenza, visto che lei aveva un po' di febbre. E proprio lei stava tornando in quel momento con la colazione. Mi misi davanti il latte e subito capii di stare per vomitare. Credo che solo l’orgoglio mi trattenne dal farlo, imponendomi di mangiare qualcosina. Stranamente mi sentii un po’ meglio, quindi mi affrettai a finire tutto, tornado poi a sedermi sul divano. Purtroppo il mondo non accennava a fermarsi, quindi chiusi gli occhi, poggiando la testa sullo schienale. Il resto della giornata andò bene. Ogni tanto sentivo delle fitte di dolore in qualche parte del corpo, ma le imputavo sempre a qualche sintomo influenzale. La fortuna fu che tutta la giornata era libera da impegni, avendo fatto tutto il fine settimana precedente. Così guardai insieme a lei dei film, giocai un po' alla console e ogni tanto amoreggiavamo di nascosto. Mi sentivo sempre meglio. A volte pensavo di sentirmi "troppo meglio" in un certo senso. Ero troppo reattivo. Tutto mi sembrava più lento delle altre volte. La mattina che sono dovuto ripartire per Roma, il viaggio in macchina fino all'aeroporto mi sembrò di una lentezza unica, eppure guardando il tachimetro vedevo che la velocità era quella di sempre. Ma non ci facevo poi tanto caso, adducendo sempre una scusa di tipo influenzale a tutto questo. E così atterrai a Roma di prima mattina, andando diretto al lavoro e telefonando a lei per dire che ero arrivato. Poi ho iniziato a gestire le richieste degli utenti. Tutto come sempre. Avevo soltanto dei piccoli fremiti, come se avessi freddo. Eppure sentivo un caldo asfissiante. Ma la cosa andò diminuendo e la sera sembrava che tutto fosse finito. Archiviai l'intera faccenda come la solita influenza che mi veniva per una giornata a tratti e poi spariva senza lasciare traccia. Erano tre anni che non avevo la febbre per più di mezza giornata, quindi era anche giunto il momento che tornasse, no?
  7. Lo schermo del PC mi fissa, mandandomi un’immagine che dovrebbe ricordarmi il mio ruolo qui dentro, la mia occupazione. Io cerco di distogliere lo sguardo, afflitto da sensi di colpa per non riuscire a fare nulla. Guardo il programma che mi dà una serie di numero e lettere, indicazioni indispensabili per rintracciare altri PC e periferiche. Indicazioni al momento inutili. Chiudo tutto e mi alzo per andare a prendere un caffé. La macchinetta automatica sputa la sua solita brodaglia a cui mi sono abituato. Prendo il bicchiere di plastica ed inizio a sorseggiare il suo contenuto lentamente. Guardo fuori dal balcone e vedo il sole che sembra voler squagliare la stessa porta di accesso. Fa troppo caldo fuori, veramente troppo! Eppure esco, accendendomi una sigaretta mentre cerco un posto d’ombra per ripararmi un po’ dal sole cocente. Mi siedo sugli scalini e faccio il primo tiro. Dopo pochi secondi mi alzo in piedi, ignaro del sole, appoggiandomi al muretto che delimita il balcone. E vedo la città sotto di me. Ma stavolta la vedo con occhi diversi, come se fosse una donna che mi chiama e mi dice di andarla a prendere. La vedo agitare le sue gambe automobilistiche, mentre quei seni montuosi sullo sfondo vengono carezzati da mani nuvolose. E sento che è mia. Guardo il palmo delle mie mani, scendendo con lo sguardo sui polsi. Quando è successo? Quasi un anno fa.
  8. Salve, gente. Dal momento che "La Nostra Storia - Supereroi" langue e dal momento che mi piace molto l'idea di immaginarmi come l'Uomo Ragno, mi è venuto in mente di raccontare la mia vita in maniera immaginaria, come se fossi lui, simboleggiando gli eventi che mi accadono in chiave supereroistica. Per chi ha scritto e letto il vecchio Topic "La mia dimora...", praticamente è la stessa cosa, solo che sarà in linguaggio supereroistico invece che fantasy. Ricomincio postando le mie origini, pur se leggermente modificate e recenti.
  9. IL NUOVO ALBUM DEI BON JOVI! Finalmente i dettagli che aspettavamo sul nuovo album, Have A Nice Day alla radio il 18 Luglio! Ecco le informazioni aggiornate al 10 Giugno sul nuovo album. Tutte le informazioni sono soggette a eventuali modifiche... I BON JOVI pubblicheranno il loro NONO album di studio a SETTEMBRE. Ancora non c'è nessun titolo annunciato per l'album. L'album sarà pubblicato in GIAPPONE Mercoledì 14 Settembre 2005. L'album sarà pubblicato nel RESTO DEL MONDO (ITALIA compresa) Lunedì 19 Settembre 2005. L'album sarà pubblicato negli USA e CANADA Martedì 20 Settembre 2005. Il primo singolo è HAVE A NICE DAY. La canzone è stata scritta da JON BON JOVI, RICHIE SAMBORA e JOHN SHANKS. La canzone e l'album sono stati prodotti da JOHN SHANKS, JON BON JOVI e RICHIE SAMBORA. JOHN SHANKS è stato premiato ai Grammy come miglior produttore del 2005. Il singolo è stato mixato da JEREMY WHEATLEY. La PREMIÉRE RADIO MONDIALE di Have A Nice Day sarà il 18 LUGLIO 2005. Il video non è ancora stato girato ma è nello stadio di progettazione, vi terremo informati. Di seguito la tracklist ufficiale dell'album: 1) HAVE A NICE DAY 2) I WANNA BE LOVED 2) WELCOME TO WHEREVER YOU ARE 4) WHO SAYS YOU CAN'T GO HOME? 5) LAST MAN STANDING 6) BELLS OF FREEDOM 7) WILDFLOWERS 8) ONE LAST CIGARETTE 9) I AM 10) COMPLICATED 11) NOVOCAINE 12) STORY OF MY LIFE Le foto per questo album non sono ancora state fatte. OLAF HEINER sarà il fotografo. Olaf ha fotografato la band per l'album del 2000, Crush. C'è un incredibile ammontare di lavoro dietro le quinte mentre ci avviciniamo al lancio mondiale del nuovo album dei BON JOVI - roba così "cool" che non vediamo l'ora di poter condividere con voi! Quindi preparatevi per avere un'estate fantastica e tornate a visitarci spesso per avere sempre più informazioni mentre ci avviamo a Settembre. Il divertimento sta solo per iniziare!
  10. Joram Rosebringer

    RatMan

    Prova a ripetere la richiesta aprendo un Topic nella sezione "Il Mercatino".
  11. Quella di oggi è bellissima! ... e mi ha anche fatto pensare un pochino...
  12. Continuo con un'altra mia canzone. Questa è un po' particolare, in quanto in origine doveva essere una semplice canzone d'amore (io e mio cugino che la scrivemmo la chiamavamo "la canzone da Sanremo), solo per poi evolversi sia musicalmente che nei testi, fino a diventare ballad un po' più ricercata. Ma purtroppo la notte tra l'8 e il 9 Febbraio 2003, un mio amico si suicidò sparandosi un colpo di pistola proprio nel parcheggio sotto casa. Da quel momento questa canzone assunse tutt'altra forma e scrissi di getto un nuovo testo, completamente diverso dall'originale, tranne per alcuni versi del ritornello. Poi la modificai un po', rifinendola. Ed eccola qui... dedicata a Mao. Sensazioni Cosa pensavi quella sera Quando al mondo hai detto addio Quando sei fuggito da questa chimera Con cui ancora vivo io Su di te solo sguardi e astri bugiardi E poi la fretta di partire A una pistola hai chiesto di baciarti E chi è stato poi a morire? Ora sei solo nella mia mente Sei un grande dolce abbaglio L'opera pura di un cuore demente Che crede ancora sia uno sbaglio Sono queste le sensazioni che ti dà il dolore Sensazioni che ti fanno piangere Sono sensazioni che non vorresti mai provare Ma poi ti accorgi che è solo amore Ridere di lui e di lei Toto, il lupo ed un caffè Bevi, fuma, guida... dai! Che fa tutto bene Sono queste le sensazioni che ti dà il dolore Sensazioni che ti fanno piangere Sono sensazioni che non vorresti mai provare Ma poi ti accorgi che è solo amore Lo so che ti ho lasciato andare Ma quando correremo Come un fiume corre verso il mare Noi ci reincontreremo Sono queste le sensazioni che ti dà il dolore Sensazioni che ti fanno piangere Sono sensazioni che non vorresti mai provare Ma poi ti accorgi che è solo amore
  13. Me li sto scaricando tutti! Sono uno più bello dell'altro... ... ma pe motivi personali per ora il mio preferito è "njasheen" (credo che sia il primo), nel quale rivedo quel personaggio nel quale ti identificavi quando scrivevamo in "La mia dimora"...
  14. Questa me la dedico... Soleluna Jovanotti C'è soleluna dentro di me C'è l'acqua e c'è il fuoco, C'è notte, giorno, terra e mare C'è troppo e c'è poco C'è soleluna dentro di me C'è l'acqua e c'è il fuoco C'è notte, giorno, terra e mare C'è troppo e c'è poco Certe sere amico mio Mi viene in mente come certe sere Prima di dormire io Ripenso a quanto è complicato il cuore E dico lo sa solo Dio Come è difficile andare fino in fondo Nelle scelte che si fanno Come è difficile restare al mondo Vivere coerentemente Vivere in mezzo alla gente Scegliere quello che è buono Distribuire ai nemici il perdono C'è soleluna dentro di me C'è l'acqua e c'è il fuoco, C'è notte, giorno, terra e mare C'è troppo e c'è poco C'è soleluna dentro di me C'è l'acqua e c'è il fuoco, C'è notte, giorno, terra e mare C'è troppo e c'è poco Certe sere amico mio Mi viene in mente come certe sere Prima di dormire io Io fino all'alba non riesco a dormire E sono albero e poi sasso Sono un gabbiano che diventa cielo E sono pioggia e lampadina E sono un asino che prende il volo Che prende il volo C'è soleluna dentro di me C'è l'acqua e c'è il fuoco, C'è notte, giorno, terra e mare C'è troppo e c'è poco C'è soleluna dentro di me C'è l'acqua e c'è il fuoco, C'è notte, giorno, terra e mare C'è troppo e c'è poco Atomo con atomo Molecola con molecola Cellula con cellula Tessuto con tessuto Ossa pelle e muscoli Anima e cervello Madre padre e figlio Sorella e fratello Amico compagno Paesano e compaesano Uomo ambiente e terra Vicinissimo e lontano Pianeta col satellite La stella col pianeta Lo zero e l'infinito La A la Zeta C'è l'acqua e c'è il fuoco, C'è notte, giorno, terra e mare C'è troppo e c'è poco C'è soleluna dentro di me C'è l'acqua e c'è il fuoco, C'è notte, giorno, terra e mare C'è troppo e c'è poco E sono albero e poi sasso Sono un gabbiano che diventa cielo E sono pioggia e lampadina E sono un asino che prende il volo E sono un pesce che diventa cane Sono un cavallo che diventa sedia Una matita che disegna case E queste case che diventan pane E questo pane che diventa vino E sono un vecchio che torna bambino C'è soleluna dentro di me C'è l'acqua e c'è il fuoco, C'è notte, giorno, terra e mare C'è troppo e c'è poco C'è soleluna dentro di me C'è soleluna dentro di me C'è soleluna dentro di me C'è l'acqua e c'è il fuoco C'è troppo e c'è poco Dentro di me...
  15. Joram Rosebringer

    RatMan

    E che dire de "L'Ultima Burba"?
  16. Posso andare avanti io. Visto che conosco Dragonlance ed i kender, magari posso supervisionare meglio i suoi scritti. Fatemi sapere.
  17. Se vanno bene anche le canzoni che ho scritto, allora posto questa, inserendo anche la spiegazione che ho postato nel Topic "La Lavagna". L'ho anche cantata a mio cugino e è rimasto favorevolmente impressionato. Devo dire che mi piace veramente... ed è raro che io sia soddisfatto di qualcosa scritta da me.
  18. «Sarei una bugiarda se ti dicessi che ti stavamo aspettando.» Comincià Aixela, carezzando il collo della cavalcatura della donna in nero. «Come sarei una bugiarda se ti dicessi che non sono contenta di vederti... e di aver scoperto che non hai portato a termine il tuo piano.» Ashling inghiottì l'amaro della nostalgia e assunse un'espressione fiera e sprezzante. «Non è dipeso da me.» Strinse le redini e guardò oltre, verso il cancello. Le sembrò per un attimo di vedere il riflesso di scaglie metalliche. Scosse la testa. «Sai quali erano i miei piani... e ormai penso che li sappiano anche questi signori, vero?» Aixela annuì. «Quindi sapranno anche tutto di me. Avrai detto loro tutto quello che...» «No, non l'ha fatto, signora.» Proclamò una voce con calma. Ashling guardò oltre le spalle di Aixela e vide il Capo Supremo che avanzava verso di loro, fermandosi a pochi metri per fare un inchino rispettoso. «Sapiamo solo dei suoi piani, che ora non sono più suoi.» «E come fate a sapere che non sono più i miei?» La voce rivelava una sincera curiosità, mista a qualcosa che nessuno di quelli che l'avevano vista si serebbe mai sognato di vedere: paura. Seguì gli sguardi di tutti e vide un vecchio appoggiato con noncuranza al cancello. Era vestito come un mago ed indossava un bizzarro cappello a punta. Ma la cosa che la colpì era il fatto che stesse giocando con una piuma. Dalla sua espressione si accorse che non era molto sveglio, eppure quando puntò gli occhi su di lei vi lesse un'infinita saggezza. «E lui... chi è?» «Si chiama Fizban. Ci ha aiutati a uscire da sotto il mare e a svegliare i draghi.» Rispose Aixela. «Anche se ho la sensazione che ci stia aiutando da molto più tempo.»
  19. Sto leggendo Elianto... e devo dire che me lo sto divorando: è geniale!
  20. Sì sono stayi fatti anche dei film a cartone animato, ma ce n'è anche uno con attori in carne ed ossa (sempre che si possano chiamare attori).
  21. Credo che sia l'ideale, anche se c'è il problema che, avendo 2d10, il risultato del dado ha preticamente il 50% dell'importanza in un tiro, avendo valori da 1 a 20 per la somma Caratteristica-Abilità e valori dal 2 al 20 per il dado. Il fatto è che un range di numeri troppo grande potrebbe spaventare i novizi (pensa se per esempio, si trovassero a dover distribuire punti che vano all'1 al 30!), quindi una scala da 1 a 10 penso che sia più che accettabile e fruibile. Però, possiamo vederla in questo modo. Dal momento che abbiamo deciso di fare un gioco che sia una via di mezzo tra l'iper realismo di Cyberpunk e l'irrealismo di D&D (mi sembra che tu stesso l'abbia chiamato "cinematografico"), credo che tale soluzione sia comunque accettabile. Mi spiego. Cyberpunk che è realistico, ha i valori delle Abilità e delle Caratteristiche che vanno da 1 a 10 ed usa il d10. Quindi si ha Caratteristica + Abilità = da 1 a 20; Dado = da 1 a 10. Quindi il dado prende un 33% di "responsabilità", lasciando la maggior parte del "merito" ai dati effettivi del personaggio. Invece, avendo noi un sistema più cinematografico, come è stato detto, possiamo fare delle "sboronate limitate" dando un 50% di "responsabilità" al dado, in modo da permettere azioni leggermente più spettacolari del normale. Questo è possibile e auspicabile in quanto, al contrario di Cyberpunk che ha una determinata ambientazione, esso sarà un sistema di gioco universale, quindi che dovrà andar bene per diversi contesti. Quindi... Caratteristiche: da 1 a 10 Abilità: da 1 a 10 Dado: 2d10
  22. Direi che dipende dal sistema di dadi che intendiamo utilizzare. Al momento sono motlo attirato dal 2d10 proposto da te. Mi piacerebbe che le Caratteristiche siano da 1 a 10, come ad esprimere un voto in esse, una valutazione. Quanto sei Forte? 7, ovvero discreto. Non so se mi sono spiegato.
  23. Be', allora metto qui un sonetto che scrissi e postai tempo addietro... L'Attesa Gli occhi cercano la luce mesta, il sole, ma fuori danza la notte, le stelle racchiuse in una cesta, fuori violenza e dentro le lotte. Battito toracico: un’inchiesta, messaggero il sangue, le sue rotte, stilettate di tempo nella testa, pugni chiusi a scaricar giù botte. Combatti e perdi, grande esitazione: ma è vero che il tempo uccide? O di tutti i sogni è la prigione: tutto chiude e il sole irride. O forse è soltanto un’illusione quando l’alba infine arride.
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