Azriim quella notte non riusciva a dormire. Il vento muoveva le foglie dell’albero centenario all’esterno della casa, le stelle ricoprivano interamente la volta del cielo e la luna si stava alzando da dietro le colline.
Sembrava una notte tranquilla, una notte calma, una notte dolce, la notte.
Il mezzo Drow fissava il soffitto sopra di se, nel vano tentativo di prendere sonno, ma i pensieri e i ricordi lo tormentavano.
Ad un certo punto, il silenzio venne disturbato: un movimento leggero, impercettibile ad un orecchio non allenato, ridestò l’Irinal dal suo dormiveglia, e lo mise all’erta. Il rumore proveniva dalla stanza accanto, era il suono tipico di uno stivale che non voleva essere notato. Nella mente del mezz’elfo si stagliò improvvisamente una figura, un’immagine che conosceva fin troppo bene. Il tempo si fermò e gli diede la possibilità di ricordare l’attacco ai Bastardi della settimana prima; la possibilità di analizzare l’intero assalto, ed arrivare ad una sola conclusione: il contrattacco era arrivato, e molto prima del previsto! Azriim e la sua Squadra, avevano il compito di aprire teste di ponte in territorio nemico, e frequenti erano contrattacchi e ritorsioni. Era perfettamente preparato a qualsiasi evenienza, a qualsiasi minaccia, ma quella volta, qualcosa era andato storto. Ma non era il tempo di ammettere gli eventuali errori, era il tempo di reagire.
Ma no, è impossibile che abbiano passato la guardia. Pensò Azriim, I miei sono uomini preparati, difficilmente si farebbero sorprendere, e non è possibile che tutte le sentinelle siano state messe fuori gioco.
Stava quasi per riaddormentarsi, credendo di aver solo immaginato, quando lo risentì: uno stivale strisciato sul legno del pavimento. Con un movimento veloce, ma allo stesso tempo silenzioso, prese la spada dalla sponda del letto, e si alzò di scatto. Cercando di far meno rumore possibile, si avvicinò alla porta, e attese. I minuti passavano, ma non successe più nulla, fino a quando la maniglia si mosse.
La porta si spalancò, silenziosa come la notte, e ciò che Azriim vide, lo lasciò per un attimo sconcertato: il vuoto.
Una forza invisibile aveva aperto la porta, sembrava il vento, eppure quello stesso vento aveva camminato sul pavimento.
Gli bastò pensare alla parola magica per attivare la capacità straordinaria della sua spada. Subito un alone azzurrino si formò vicino alla porta, e in un batter d’occhio una figura ammantata di nero si materializzò sullo stipite.
Implacabile come il giudizio di un Dio, la lama del Drow cadde sullo sventurato, che finì a terra privo di sensi.
L’allarme venne subito dato, e la casa si risvegliò in pochi minuti. Soldati in armatura percorrevano l’edifico in tutti i suoi piani, nel giardino e in un raggio di trecento piedi dal confine, ma non trovarono nulla.
Azriim si assicurò che venne setacciato l’intero perimetro; chiamò i chierici della sua compagnia, e gli ordinò di utilizzare la magia per scandagliare il terreno e i soldati, ma niente fu scovato.
Non rimaneva che interrogare l’intruso e scoprire chi fosse, ma soprattutto chi lo avesse mandato.
Un dubbio si insinuò tra i suoi pensieri: erano stati i suoi lontani e infami cugini dalla pelle color ebano, oppure gli Illithid si erano fatti così sfrontati da spingersi in superficie? La risposta era la, dietro la spessa porta di legno.
Il cavaliere era calmo, in fin dei conti lui era un Paladino, un figlio della luce, niente lo poteva turbare; con passo e movimento deciso prese la maniglia e spalancò la porta.
Davanti lui, legato con delle pesanti catene alla parete in pietra, c’era un Elfo; non un vile Drow, non un infido Illithid, ma un Elfo della Luna. Il volto pesto, nascondeva una lunga cicatrice sulla guancia, e i capelli dell’assassino erano bianchi come la neve. Lentamente alzò il capo, e guardò il mezzo Drow negli occhi.
La sala era piccola, forse poco più grande di uno sgabuzzino. Il prigioniero era guardato a vista da quattro soldati armati di alabarda, e da un giovane uomo senza armatura, ma con una lunga veste rossa e con il simbolo di Auron sul petto.
Azriim era scuro in volto, ma la sua armatura nera mascherava bene quella specie di stato di preoccupazione.
«Ha detto qualcosa?» Il pesante silenzio venne interrotto dalla frase del mezz’elfo. L’uomo con la veste rossa, molto probabilmente un suo sottoufficiale, risposte prontamente, con una sicurezza che non era tradita dalla sua giovane età: «Non ancora signore. Il generale Grieg sarà compiaciuto della cattura!»
«Certo Sirawyr, certo. La cosa che non mi torna è che sia entrato così facilmente e, cosa ancora più strana, non è ne un Drow ne un Mind Flayer, ne una qualsiasi altra creatura del sottosuolo. Avvisate il comandante Rirk di raddoppiare i turni di guardia, e di fermare qualsiasi creatura che non abbia il simbolo della Mano della Luce sul petto.»
Uno dei quattro alabardieri uscì, ed eseguì l’ordine che gli aveva dato il suo generale.
Azriim riprese a parlare verso il ladro: «Chi sei?, Chi ti ha mandato?» Gli lasciò del tempo per rispondere. «Allora, ti hanno tagliato la lingua, traditore?»
Il prigioniero allargò la bocca in una smorfia, quasi un sorriso: «Traditore io? Proprio tu parli, che hai voltato le spalle ai tuoi fratelli e sorelle. Tu sei il traditore.»
Azriim trattenne a stento la reazione di schiaffeggiarlo, e disse: «Rispondi solo alle domande che ti faccio, chiaro? Il mio passato non ti riguarda. Allora, chi sei, e chi ti manda?»
La preghiera che Sirawyr, il chierico suo secondo, aveva posto sulla stanza, sembrò cominciare a fare effetto, e la spia iniziò a parlare, o forse…
Azriim non ebbe il tempo di pensare, perché ciò che sentì lo lasciò senza fiato: «Salve Azriim Shrevrar, figlio della notte.»
Ma come fa a conoscere il mio nome? Solo i miei soldati lo conoscono. Tutti gli altri uomini sanno solo il mio cognome. E poi, questa non è la stessa voce di prima, sembra venire da lui, ma qualcosa di minaccioso e oscuro ha preso forma in questa stanza.
Nella mente del generale prese sempre più convinzione il fatto che lo Sfregiato non stesse parlando con la sua voce, anzi…non sembrava più essere lui.
«Non assumere quello sguardo stupito, io so chi sei. Tu, come tutti gli altri oscuri, non avete segreti per me. Siete tutti nella mia ragnatela fin dalla nascita.»
Azriim cercò di controbattere con una domanda, ma dalla sua bocca non scaturì nessun suono. Non riuscì più a parlare, e l’unica cosa che riuscì a fare prima che l’elfo, o qualunque cosa fosse, continuasse a parlare, fu allungare la mano verso la catenina che portava al collo, e prendere il simbolo sacro.
«SI, finalmente vedo il terrore nei tuoi occhi, e questo non fa altro che compiacermi. L’hai capito, vero? Hai capito che non puoi nulla contro la tua Oscura Signora?» La creatura si mise a ridere, una risata oscura, tenebrosa. Con vivo stupore, il paladino si accorse che i suoi compagni erano bloccati, come in una specie di trance; occhi vacui e persi nel vuoto.
«Tu, e la tua stupida fede. E’ grazie alla tua parte sporca che non sei sotto il mio potere. Quella cagna di tua madre ti ha salvato la vita con uno delle sue insignificanti preghiere che parlano di bene e di amore. Ah, tutte stupidaggini!»
Che davvero…ora ricordo, immagini veloci. Una donna bellissima, ancora giovane, ma triste. Poi ricordo un lampo, e la donna stramazzare al suolo. Poi, i soliti incubi di ogni notte. Questo però è nuovo; che sia stata veramente la mamma? Non so se odiare questo essere, o ringraziarlo per avermi mostrato un pezzettino in più della mia oscura storia…
«Già Azriim, io so tutto di te, sono io che ti ho creato, è grazie a me se sei vivo!»
Non è possibile, come fa a sapere di me? Perché mi dice tutto questo?
«Perché tu non sei altro che una mosca nella mia ragnatela, e io mi diverto a giocare con le mie prede.» Che mi abbia letto nel pensiero? «Diciamo che voglio fare un esperimento, voglio vedere se sei all’altezza di perire per mano mia, e poi assaporerò le tue membra. Questo Elfo, con cui mi sono divertita, ha con se una pergamena. Ha commesso l’errore di venire a ficcanasare in una delle mie dimore del sottosuolo, e ha trovato ciò che ora custodisce con invidia. Sai, è una pergamena rara, che solo gli oscuri possono usare. Serve, beh come dire, a far nascere una parte di me che poi…oh, ma perché rovinarti la sorpresa, d’altronde se è un gioco, io voglio divertirmi a vederti soffrire e smarrirti.» Azriim guardò tra gli averi della spia, e la voce proseguì. «Oh no, non è li…Te l’ho detto, la custodisce gelosamente nell’intimo. Non affannarti a capire il significato di quel pezzo di carta, tanto occorrerebbe un sacerdote veramente potente per poterla comprendere, ed evitare di essere ucciso. Questo insignificante manufatto, dona potere, ma anche distruzione e dolore. Sappi che c’e n’è un’altra soltanto al mondo.»
Ma perché la da a me?
«Te l’ho detto misero mortale, perché voglio divertirmi, e perché nella mia infinita magnanimità voglio rispettare il volere di questo grazioso pezzo di carne che ora è incatenato davanti a te. Pensa, lui voleva donartela…Non hai scampo Azriim. Stavolta neanche la tua fede ti può salvare. A mezza notte sarai solamente cibo per ragni!»
Detto questo, venne ridestato dalla voce di Sirawyr. «Generale, generale! Cosa vi prende?»
Non fece in tempo a rispondere, che lo Sfregiato cominciò a tremare. Chinò indietro la testa, rovesciò le pupille, ed emise un grido. Il tremore divenne spasmo, e varie bolle si mossero sotto la pelle dell’Elfo della Luna. Successe tutto in un lampo, le bolle si concentrarono sul torace e si ingrandirono sempre di più. Quello che accadde dopo, fu paralizzante. Un misto di paura e curiosità segnava i volti di tutti i presenti. Il torace del ladro esplose; la pelle venne dilaniata e squarciata, e uno stridio, misto a un veloce zampettio, si fece largo tra i commenti delle guardie. Centinaia, forse migliaia di piccoli ragni bianchi fluivano dal buco nel torace, mangiando e divorando tutto ciò che incontravano.
Sirawyr pronunciò una preghiera al suo Dio, e dalle sue mani scaturirono delle fiamme, che avvolsero l’intero corpo della spia, incenerendo i minuscoli carnivori.
Il silenzio tornò a regnare sovrano. Tutto era finito, e nell’aria rimaneva uno sgradevole odore di carne bruciata. Il cadavere dello Sfregiato era semi carbonizzato, e una vistosa ferita, dalla quale si vedevano le ossa del torace e parte dei polmoni, si apriva sul suo petto. Alcuni ragni erano sopravvissuti alla vampata, ma oramai si stavano dileguando sotto lo stipite della porta.
Buttando un occhio sullo squarcio del poveretto, Azriim notò che tra la carne abbrustolita e le ossa spezzate, c’era qualcosa d’altro. Un leggero luccichio attirò la sua attenzione e, infilando la mano nel ventre del suo nemico, estrasse un cilindro metallico.
La voce ha detto il vero…la custodiva nell’intimo.
Il cilindro era lungo più o meno una spanna, e largo all’incirca come l’elsa di una spada. Era finemente lavorato, con striature bronzee che risaltavano sopra un nero scurissimo. Non era pesante, segno che doveva essere cavo all’interno. Ci sarebbe stata comodamente una pergamena.
«Che cos’è?» chiese Sirawyr.
«E’ un contenitore per pergamene, fatto di uno strano materiale, forse legno scuro. Di sicuro di fattura Elfica o Drow.» Il generale lo esaminò ancora, quando esordì: «Sicuramente Drow, e mandato dalla regina dei ragni.» Infatti, era apparso un grande ragno rosso, che avviluppava con le sue zampe tutto il cilindro. L’animale appariva e scompariva, a seconda di come si guardava l’artefatto, ma era un chiaro simbolo. L’oscura signora dei Drow aveva posto gli occhi sopra di lui. Il reietto per la sua specie, colui che le aveva voltato le spalle...ma non era solo.
Sirawyr ebbe un fremito, le guardie si guardarono terrorizzate, ma il generale era impassibile.
«Questo è un oggetto molto particolare, e ci sono poche persone capaci di realizzarlo con una maestria del genere e lavorando questo materiale.»
Il mezzo Drow alzò gli occhi è guardò il suo sottoufficiale. «Ripulisci tutto Sirawyr. Io parto per la capitale. Tu e Kurt assumerete il comando in mia assenza. Mantenete la posizione, e attendete miei ordini dal comando.»
Sirawyr annuì con un leggero movimento della testa, poi fece schioccare le dita, e subito due guardie portarono via il cadavere.
Se fino ad adesso Azriim aveva faticato a prendere sonno, le cose si fecero ancora più difficili. I ricordi e le immagini del passato lo tormentarono ancora di più, e per tutta la notte non chiuse occhio.