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Dragons´ Lair

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Cap. 2.1 - Il ritorno di Kai

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DM

Venerdì 22 novembre 764 - Tardo pomeriggio
[Lago Diamante - da qualche parte in mezzo alle strade fangose]

Il viaggio di ritorno da Greyhawk è stato un tormento di polvere e ricordi amari: 3 giorni a cavallo di un carro merci scricchiolante, tra mercanti ubriachi e guardie corrotte che ti hanno scrutato con sospetto, come se un chierico di Pelor fosse un'anomalia in queste terre dimenticate dagli dei!
Hai viaggiato leggero: la tua armatura a scaglie con il simbolo solare inciso sul petto, lo scudo appeso alla schiena, la mazza benedetta al fianco, e un sacco con poche monete e erbe curative. La Città Libera, con i suoi templi luminosi e le zuppe calde per i poveri, sembra ora un sogno lontano, svanito nel grigio opprimente che avvolge Lago Diamante.

La città ti accoglie come un pugno nello stomaco.
Non è cambiata, se non in peggio: un ammasso di baracche fatiscenti ammassate intorno alle miniere esauste, dove l'aria puzza di zolfo, sudore rancido e acque stagnanti del lago inquinato.
Le strade sono fango misto a rifiuti, escrementi umani, carcasse di ratti gonfi, bottiglie vuote di whisky da quattro soldi. Minatori curvi, con facce annerite dalla polvere di carbone e occhi vuoti, barcollano dalle taverne ai bordelli, trascinando catene invisibili di debiti e disperazione. Bande di teppisti, marchiati dalle cicatrici delle risse per un tozzo di pane, ti squadrano dagli angoli bui, mentre donne emaciate con bambini scheletrici mendicano ai bordi della via principale.
Qui, la legge è un'illusione: il governatore-sindaco Lanod Neff e i suoi lacchè estorcono "tasse di protezione" dai pochi che lavorano ancora, mentre i proprietari delle miniere schiavizzano intere famiglie con prestiti usurai. Pelor sembra lontano da questo inferno; la luce del sole filtra a malapena attraverso la nebbia tossica che sale dal lago, tingendo tutto di un giallo malato.

Ti dirigi verso la vecchia casa, o meglio, la baracca che ricordi: un tugurio di legno marcio e lamiera arrugginita, ai margini del quartiere povero, vicino al molo sudicio. Man mano che ti avvicini, il cuore ti si stringe: la porta pende dai cardini, sfondata da tempo; le finestre sono buchi neri coperti da stracci logori, e erbacce invadono il piccolo cortile dove tua madre provava a coltivare patate. All'interno, l'aria è viziata, impregnata di muffa e abbandono. Polvere ovunque, mobili rovesciati, un tavolo spezzato e un camino freddo da anni.
Nessun segno di vita: i tuoi genitori non ci sono più, come sapevi dalle voci che ti hanno raggiunto alla Città Libera.
Tua madre, consumata dalla tosse nera dei polmoni avvelenati dalle miniere; tuo padre, schiacciato sotto un crollo nel tunnel numero 7 della miniera di Smenk, due anni fa-, un "incidente" che nessuno ha indagato, perché, dopo tutto.. chi osa sfidare i padroni?

Ma le sorelle Lira e Mira, le gemelle che avevi lasciato bambine, con i capelli castani e gli occhi grandi come i tuoi dove sono?
Chiedi in giro, con la voce ferma ma il cuore in gola. Un vicino storpio, un ex minatore con la gamba amputata, ti guarda con pietà mista a scherno mentre biascica tra i denti neri:
"Le piccole? Ah, povero illuso. Dopo che il vecchio è crepato, il debito è passato a loro. Smenk non perdona, sai? Le ha mandate al 'Velo di Mezzanotte', quel bordello lercio vicino alla taverna del Cane Rabbioso. Lavorano lì da, boh, tre anni? Quattro? Non tornano più qui, quella topaia è vuota da quando le hanno prese. Meglio non ficcare il naso, prete del sole, qui la luce non arriva, e chi ci prova finisce nel lago con le mani legate."

Il bordello.
Santo Pelor!
Il Velo di Mezzanotte: un covo di vizi dove minatori ubriachi spendono i pochi soldi rimasti in corpi spezzati.
Ci arrivi al crepuscolo, con il sole che affoga nel lago inquinato tingendo l'acqua di rosso sangue.
L'edificio è un mostro di legno e mattoni crepati, con lanterne rosse che oscillano come occhi malvagi. All'ingresso, un buttafuori orco con cicatrici e un ghigno sdentato ti ferma: "Cinque monete d'argento per entrare, prete. O vai a pregare altrove."
Non hai scelta, meglio non crearsi guai ora. Paghi, entri. L'interno è un incubo: fumo denso di tabacco e oppio, risate sguaiate, gemiti da stanze buie. Donne, ragazze, alcune poco più che adolescenti, si aggirano tra i tavoli, con vestiti logori e trucco pesante che nasconde lividi e occhiaie. E lì, tra loro, le riconosci: Lira e Mira, invecchiate precocemente, con gli occhi spenti e i sorrisi forzati. Servono da bere a un tavolo di minatori rozzi, che le palpeggiano ridendo. Il debito le ha intrappolate qui, vendute come carne per ripagare ciò che i vostri genitori non potevano.

Il tuo cuore si spezza, ma la rabbia verso Smenk, verso questa città marcia, verso gli dei che hanno permesso questo, ti infiamma.
Hai giurato a Pelor di combattere il male, ma qui il male è ovunque: nei debiti, nella povertà, nelle miniere che divorano vite.
Riscattare le sorelle? Ci vorranno soldi, influenza e forse violenza.

DM

@Melqart inizi da qui

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  • DM Le tre monete d’oro che fai scivolare nella mano grassoccia della matrona fanno sparire all’istante il suo ghigno sarcastico. Gli occhi le si illuminano di un bagliore avido. Chiude il pugno sulle

Kai del tempio di Pelor

Guardo quel poco che rimane del rudere della casa in cui sono cresciuto. Non è cambiata poi così tanto. Scherzo tra me e me con un mezzo sorriso. Il ritrovamento è triste ma non voglio rabbuiare il mio animo. Al tempio ho imparato che i pensieri negativi portano solo azioni altrettanto negative.

Devo proprio comprare martello e chiodi, parecchi. Trasformerò questa catapecchia nella casa di Pelor.

Esco cercando di non far cedere la porta una volta per tutte, quella sarà la prima cosa da sistemare, ed ecco che incontro un vicino che sa delle mie sorelline. Non ricordo molto di loro. Sono stato spedito al tempio a soli 7 anni. Loro ne avevano 5 ed erano uragani petulanti.

E così sono diventate pu**ane. Sospiro ascoltando le parole del vecchio. Finito il suo commento su Pelor gli sorrido benevolo. Hai troppa polvere negli occhi amico mio. Non importa quanto è scuro il cielo, più in alto c'è sempre il Sole.

Lo saluto con la mano allontanandomi in direzione del Velo di Mezzanotte.


1 ora fa, Fezza ha scritto:

L'edificio è un mostro di legno e mattoni crepati, con lanterne rosse che oscillano come occhi malvagi. All'ingresso, un buttafuori orco con cicatrici e un ghigno sdentato ti ferma: "Cinque monete d'argento per entrare, prete. O vai a pregare altrove."

Un furto caro mio! Commento mentre pago.

(Ho già tolto le 5 monete d'argento dalla scheda)

1 ora fa, Fezza ha scritto:

E lì, tra loro, le riconosci: Lira e Mira, invecchiate precocemente, con gli occhi spenti e i sorrisi forzati.

Dopo tutto questo tempo faccio fatica a riconoscerle ma sono indubbiamente loro. Vederle così è un colpo al cuore. Le ricordavo vivaci e gioiose. Ora, dopo 19 anni, sono l'opposto. Per guarire le loro ferite non basterà una preghiera a Pelor.

Mentre fisso le mie sorelle servire a quel tavolo il mio volto diventa rosso dalla rabbia, rabbia verso un sistema ingiusto che crea sofferenza per tutti quelli che ne fanno parte. Non solo per loro due che nella mia testa sono ancora bambine indifese.

Stringo i pugni. Il male prevale quando gli uomini buoni non agiscono. Mi ripeto. Uno dei primi insegnamenti del tempio, mi ha sempre dato conforto. Ogni volta che lo ripetevo in seminario ripensavo al mio villaggio. A questo posto di degrado e sofferenza. Mi calmo piano a piano. Sono pronto per fare la differenza e lo devo fare con lucidità. Hanno passato qui anni, possono starci qualche ora in più. Devo parlare con loro in privato e capire meglio la situazione.

Vado dalla matrona del bordello. Le gemelle. Dico indicandole con un pollice. E una stanza tranquilla. Quanto mi costano?

  • Autore

DM

Venerdì 22 novembre 764 - Tardo pomeriggio
[Lago Diamante - da qualche parte in mezzo alle strade fangose]

La matrona, una donna di mezza età, grassoccia, con il volto incipriato in modo eccessivo per nascondere le cicatrici del vaiolo e un sorriso che non arriva mai agli occhi freddi, ti squadra dalla testa ai piedi mentre ti avvicini al bancone improvvisato. Indossa un abito di seta rossa sbiadita, troppo stretto, e un mucchio di collane false che tintinnano quando si muove. Senti il suo sguardo valutarti: l’armatura pulita, il simbolo di Pelor lucido sul petto, la mazza al fianco. Un prete. Qui dentro è una rarità, e di solito significa guai o ipocrisia. Quando indichi le gemelle inarca un sopracciglio, poi scoppia in una risata grassa che fa tremare il doppio mento.

"Oh, un prete con desideri carnali! Pelor chiude un occhio stasera, eh?" Si pulisce la bocca con il dorso della mano, poi ti guarda più attentamente, come se stesse calcolando quanto può spremerte.

"Lira e Mira, dici? Le mie migliori ragazze, per i clienti gentili come te" Il modo in cui pronuncia “gentili” è carico di sarcasmo.

"Di solito una a testa sono 15 argenti l’ora, in una stanza comune. Tutte e due insieme, 25 argenti. Se vuoi una stanza privata sul retro, senza interruzioni, lenzuola quasi pulite fanno 30 argenti totali. Anticipati, ovviamente. E niente prediche religiose, prete: se converti le mie ragazze, ti faccio buttare fuori a calci dal mio orco." Indica con un cenno del capo il buttafuori orco-mezzosangue vicino alla porta, che ti sta già fissando con ostilità.

Mentre parla, noti che Lira, o Mira, non riesci ancora a distinguerle perfettamente dopo tanti anni, alza lo sguardo dal tavolo dove sta servendo. Ti vede. I suoi occhi si spalancano per un istante. Riconoscimento, incredulità, forse paura? Poi abbassa rapidamente la testa, versando un po’ di birra. L’altra gemella non si è ancora accorta di te.

La matrona tende la mano grassoccia, palmo in su, in attesa delle monete

Modificato da Fezza

Kai del tempio di Pelor

Scrollo le spalle. Non ho fatto voto di castità Signora. Le metto in mano 3 monete d'oro. Dalla cintura in giù sono un uomo come tutti. Cerco con lo sguardo la stanza come a voler chiedere implicitamente dove devo andare per il servizio.

(monete scalate)

  • Autore

DM

Le tre monete d’oro che fai scivolare nella mano grassoccia della matrona fanno sparire all’istante il suo ghigno sarcastico. Gli occhi le si illuminano di un bagliore avido. Chiude il pugno sulle monete con un gesto rapido, quasi animalesco, poi ti rivolge un sorriso untuoso, mostrando denti ingialliti. "Ah, un prete con il cuore generoso… e il portafoglio pesante. Mi piace." Fa un cenno secco con la testa verso il corridoio laterale, oltre una tenda di velluto rosso logoro.

"Stanza 7, in fondo a destra. È la più tranquilla che abbiamo: porta solida, finestra sbarrata, letto abbastanza grande per tre. Niente interruzioni, niente domande. Un’ora intera, come pagato." Abbassa la voce, sporgendosi leggermente verso di te. "Ma se provi a portarle via o a fare il missionario con la Bibbia in mano, il mio orco ti spacca le ginocchia e ti butta nel lago. Chiaro, uomo di Pelor?" Non aspetta risposta: schiocca le dita in direzione delle gemelle.

Lira e Mira, che fino a quel momento hanno cercato di fingere di non averti riconosciuto, si irrigidiscono visibilmente. Una delle due quella con una piccola cicatrice sopra il sopracciglio sinistro, Lira, ora lo ricordi spalanca gli occhi per un istante, poi abbassa lo sguardo. L’altra, Mira, si morde il labbro inferiore, pallida sotto il trucco pesante. La matrona alza la voce, autoritaria: "Lira, Mira! Cliente speciale nella 7. Muovetevi, e sorridete, perdiana." Le due si avvicinano lentamente, evitando di guardarti direttamente negli occhi. Indossano abiti succinti di seta logora, rossi e neri, che lasciano poco all’immaginazione: segni di una vita che non hanno scelto. Quando vi passano accanto per precederti verso il corridoio, senti Lira sussurrare, quasi impercettibilmente: "Kai?" La voce è rotta, incredula, come se temesse di sbagliarsi.La matrona ti fa cenno di seguirle.

Il corridoio è stretto, illuminato da una singola lanterna a olio che puzza di rancido. Passate davanti a porte chiuse da cui provengono gemiti, risate ubriache e colpi ritmici contro il legno. In fondo a destra, la porta numero 7: legno grezzo, rinforzata con bande di ferro, una piccola feritoia chiusa da un chiavistello interno. Mira apre la porta con una chiave che porta appesa al collo. Dentro: una stanza angusta (3 metri per 4), un letto grande con materasso macchiato e lenzuola che hanno visto giorni migliori, un tavolino con una candela mezza consumata, una brocca d’acqua torbida e due bicchieri scheggiati. Una finestra sbarrata da assi inchiodate lascia filtrare solo un filo di luce lunare.

Le gemelle entrano per prime, chiudono la porta dietro di te. Il chiavistello scatta con un rumore secco.

Per la prima volta dopo 19 anni, siete soli.

Lira si appoggia alla parete, le braccia conserte come a proteggersi. Mira si siede sul bordo del letto, le mani che tremano leggermente. Entrambe ti guardano finalmente in faccia: occhi stanchi, segnati da anni di cose che nessun bambino dovrebbe vivere. Mira parla per prima, la voce bassa, spezzata: "Sei davvero tu? Kai? Il nostro… fratello maggiore?" Lira aggiunge, quasi sussurrando: "Pensavamo fossi morto… o che ti avessero tenuto a Greyhawk per sempre. Perch, perché sei qui?"

Il peso di quelle parole ti colpisce come un maglio. Hanno paura di sperare.

Kai del tempio di Pelor

Quando Lira sussurra il mio nome nel corridoio faccio finta di niente o almeno ci provo.

Una volta nella stanza mi rilasso. Ora, finalmente, possiamo parlare. Ma vengo anticipato. Mi aspettavo le loro domande, anche io sarei incredulo. Nessuna persona sana di mente sarebbe tornata a Lago Diamante di sua spontanea volontà. Io però sfido il buon senso armato di fede, fede in un futuro migliore. Vorrei dir loro tutto questo e molto altro ma non ci riesco. Una lacrima mi riga il volto. Mi avvicino ad entrambe e le abbraccio forte prendendole sotto le mie braccia robuste. Mi siete mancate piccole pesti.

Quando le emozioni lasciano posto alla ragione lascio andare la presa e spiego. Sentivo che il mio posto era questo. Sono tornato per rendere questo angolo di mondo un posto migliore. Non sarà facile ma non posso ignorare il mio passato.

Vorrei spiegare ancora, parlare loro dei miei progetti, raccontagli gli anni a Grayhawk. Ma non servirebbe a nulla se non ad appesantire il loro animo. E poi un ora passa in fretta. La priorità ora è capire la situazione in cui si trovano.

Pronuncio una breve preghiera per purificare l'acqua nella brocca e la verso nei bicchieri. Li offro alle mie sorelle con un sorriso forzato. So bene quanto può essere dura e inclemente la vita per cui non temete il mio giudizio. Vi amo ancora come il giorno in cui ci siamo detti addio. Ora raccontatemi la vostra situazione con sincerità così che io possa capire qual'è la strada migliore per aiutarvi. Sempre se volete il mio aiuto... Faccio cadere la frase nel vuoto guardandole. Mi sembra evidente che voglio uscire di qui il prima possibile ma non voglio forzarle a seguire la mia strada. Devono essere loro a fare il primo passo.

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