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Libertà


esahettr

Messaggio consigliato

avremo stelle negli occhi

buchi di spazio scintillante

prati nel petto

e fiori

baci di foglie

ghiande e radici

gemme che piangono

tutte quelle facce grigie

la fotografia della morte

una via di muschio

laghi di luce in bocca

e tombe di buio

come fiaccole

deserti nel cuore

avremo il cielo negli occhi

una voragine

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i sogni mi bruceranno gli occhi

mi bruceranno gli occhi

non mi lasceranno dormire

non mi lasceranno

adolescenza sommessa troppo a lunga cercata

rinnegata all'alba

ritualizzata nelle notti imperiture al ritmo del cielo violaceo

santificata al tramonto

mai desta del tutto

inutile e fulgida

i sogni mi bruceranno gli occhi

mi divoreranno il cuore

mi bruceranno gli occhi

tutti quei sogni quelle facce quei sorrisi mi bruceranno gli occhi

cecità

in silenzio

la tua carne

la tua canzone fragrante

la tua pelle la luna la luna

esplosioni della retina

i tuoi occhi midriasi acide

iride pupilla miracolo

latte di luce

formiche formiche formiche

cane casa gabbia morte terrore

farneticare le tue gambe i tuoi seni delirio

le tue mani vfresche foglie di cedro

la sete il tuo corpo il respiro del deserto

troppo forte troppo veloce

visione visione visione

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una manciata di canzoni

luminose nella brezza

sbattute un poco

dalle ondate verdi

che sommergono i pini

durante l'estate

non è mai quello che voglio dire

è venuto il tempo

di andarmene con la primavera

sui prati verdi

con gli zingari e i canti

è giunto il momento

ma non ne ho il coraggio

nei boschi brillanti

andrò fra le fate

raccontando storie inventate

fino al giorno

in cui scopriranno la mia bugia

e allora sarà l'esilio

rimarrà solo il fondo del mare

le rocce e i tramonti sottomarini

il rintocco fragrante delle foglie

mi assale alle spalle

ma non ho il coraggio

di prenderlo fra le braccia

e stringerlo forte come sognò mia madre

quella notte

quando la via era in fiamme

capelli fra le dita

rossi

morbidi

carne

amore crudele

graffia il vento

ancora e ancora

vaga solo

in lungo e in largo

nell'inverno senza neve

lontano da me

che non so parlare con i gatti

buio immenso

luna decrepita

polverosa

crivellata di colpi

bisogno di casa

cuscino e menzogna

scriverò un giorno

una poesia?

toccherò le ombre?

grande è la curva dell'arbitrio

le desolazioni col tempo

diventano malattie

infiacchiscono e si arrendono

all'ovvietà dell'infinito

e il cielo ruota su se stesso

e le rane singhiozzano negli stagni

il nome delle scritte è

il nome delle scritte è

colori confusi

il tuo spirito allampanato

dalle lunghe braccia oscillanti

ghignante e altissimo

storto

con gli occhi accesi di buio

follia soffiata dalle messi d'oro

qualche frutto secco

tre canzoni

nessun amore

amore chimico

carezze inventate sotto terra

e consumate in stanze buie

un incubo

fari e macchine impazzite

sempre la stessa panchina

lo stesso prato

gli stessi alberi infuocati

sempre notte

lascia che ti racconti

del circo delle luci

guardando la fienagione

le stelle colavano

come vetri rotti

sul ricordo della mia carne

rompemmo tutti i lampioni a sassate

non dovevano vederci

cose terribili

si agitavano nel buio

non sapevamo cosa fare

forse ho imparato

che non c'è nulla di epico

non c'è ricordo

nessun sogno

che valga il risveglio

è slegato e assente

assenza di fondo

presenza vuota

e trasparenza spirante

i giorni ingrigiscono

la paura è distratta

ha altri campi da bruciare

il nono giorno

caddero le nubi

un idillio

l'orizzonte sfiorò il cielo con un bacio

l'occhio del sole cadde nel deserto

il crepiscolo mutò in notte

e le stelle apparvero nel cielo immenso

nostalgia tenerezza e follia nuotavano nei riflessi del tempo

ma dov'era l'amore?

libero nella prateria

rincorreva i cavalli

solo nella steppa innevata

piangeva in silenzio

acceccato dalle luci

moriva di paura

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  • 2 mesi dopo...

Ditemi un po' cosa ne pensate. Il mio ego ha bisogno di risposte.

Ballata Del Ragazzo Perduto

E’ un inganno

Il vuoto

E’ un inganno

Il cielo e la terra

Un cero nero

Accendi

Un punto luminoso

Illumina

Non può essere il nulla

Dolore allora

E il sentiero

Che non può finire

Cosa cambierà?

Un cero nero per illuminarle il tragitto

Un cero nero

Per il lungo

Lungo viaggio

Di mia madre

Un cero nero

Per tutto quello che è sprecato

Era calda e ora è fredda

Ci siamo

Ci sono la campagna e il fiume

Per lei

Ora

E’ bambina

Madre di tutte

È rosa

Saggia nel silenzio

Sono caldo e ho freddo

Lei è fredda e sta al caldo

E io cammino nell’inverno

Noi camminiamo al buio

Scalzi

Calpestiamo i fiori di qualcun altro

Noi camminiamo nell’assenza

Ricordiamo

Che siamo nati sulla terra

Sotto il cielo

Accese una candela

E provò a piangere

Così

Inutile

Dimmi

Vento

Perché

Sempre

Quel sacrificio

Le mattine erano color della nebbia

Lui beveva la nebbia

E se ne circondava

Gli ricordava qualcosa

Che non riusciva a ricordare

Perché il sacrificio?

Perché sangue

Sempre

Sempre?

Cosa?

La sera sedeva

Con la schiena appoggiata al tronco del melo

Gli occhi rivolti al cielo

E ululava il suo dolore

In silenzio

Sognava angeli irreali

E non dormiva mai

C’era sempre qualcosa che non andava

Non riusciva a trovare

quello che aveva avuto senza cercare

Ma la vita continua

Non possiamo fermarci a lungo

E’ il nostro modo di essere prigionieri

Continuare a camminare

Una ragazza con lo smalto verde

E gli occhi del colore del mare

Gli sorrise

Quella notte sotto il melo

Contarono le stelle fra le foglie

E lui non seppe e non volle e non potè sottrarsi

Il suo amore era una cattedrale tremante

Una cupola destinata a cadere

E un giorno la seguì

Vide la sua spalla nuda

Nello spiraglio fra le assi del granaio

La sentì gemere

Si sdraiò sotto i rami spogli del melo

E il cielo non lo ascoltava

E il suo dolore

Mandò le stelle in frantumi

Angelo a brandelli

Disimparò a volare

Disimparò a volere

Smise di provare

Rinunciò a cercare

Smise di sbagliare

Cosa se non lei?

Via

Esilio dal tempo

Brucia l'incanto del suo volto

Fuga dai campi

Fra rocce e detriti

Sotto il mare e il deserto

E ancora più lontano

Non più casa

Addio alla luce del grano

Oltre l’inverno

Foglie secche e frutti marci

Oltre ancora

Nel fuoco che purifica

A capofitto nel destino

Non più cuore spezzato

Una pietra nera

Un cero nero

Stammi lontano

Colpa

Madre e amante fuse insieme

Colpa

Stammi lontano

Colpa

Amore

Colpa

Imparò a disprezzare i giardini di rose

A odiare gli alberi e le case

Un serpente gli insegnò a sorridere

Spiava gli angeli e le loro caste regine

Conosceva i loro luoghi perduti

E non avrebbe mai voluto

Vide le ragazze distrutte dalla loro bellezza

E le rifiutò tutte

Quali fiamme

Quali abissi

Là dentro

Provava a smettere di respirare

Tutte le sere

Mangiò i sassi

Brucò l’erba

Bevve la neve

Quel mattino sulla riva del fiume

Troppe troppe caramelle

troppe cosa dirà la mamma?

Il vento gli cavò la pelle

E non se ne accorse

Costruì una capanna al limitare alla veglia

E la riempì di scritte nere

Tutte le sere

Provava ad annegare

Incontrò un ragno

Un soldo per l’altra parte

Due per non tornare più

Tre per nessun luogo

Non aveva denaro e se ne andò

Piovve e i giorni passarono

Senza far rumore

Apparve un’ombra e lui la seguì

La morte canta una vecchia canzone

Disse l’ombra

Io potrei darti occhi che inaridiscono

Mostrarti i segni

Insegnarti a sentire

Potresti essere libero

Ombra

Chi sei tu?

Sfuggi come la foschia

Mille volte mi è sembrato di scorgerti

nel riverbero del sole in uno stagno

O in un granello di sabbia

O in miraggio

Chi sei?

Nemmeno ora riesco a vederti

Chiamami

Cavaliere Sorridente

E se andò

Sette notti passarono e tornò

Io ho le mani insanguinate

disse

Sono figlio del nulla

Ombra

Cosa vuoi tu?

Io voglio il nulla

E se ne andò

Tre notti passarono e tornò

Gli fece vedere

Nessun tutto

Labirinti nei labirinti

E dimensioni nelle dimensioni

Fiori che sono terra e fiori

Mille steli d’erba

Il mare riflesso nel cielo

Manciate d’acqua cariche di possibilità

Cose che danzano e che cadono

Non il nulla

Gli atomi sogneranno di nuovo

Disse l’ombra

Un’altra volta la verità

Disse

Ombra

Perchè?

Non lo so

E scomparve

Il ragazzo perduto

Siede sotto il cielo immobile

Con una cannuccia aspira

L’ultima essenza del suo cuore

Nella capanna di fango al limitare della veglia

Lontano e vicino

Le cose bruciano e appassiscono

Perchè?

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Venne il ghiaccio

e il sole prese le figlie della luna

mangiò i figli delle stelle

e nessuno sa dove andarono i grandi draghi

le radici si tuffarono nei laghi ad affamare

nuovi pianeti non nacquero

Nacque Dio di nuovo

opposto al vecchio

sorriso triste di gioventù tolta alle stelle

consacrono gli altari

rinnegando i cerchi di pietre

cantarono le messi

e bruciarono i vecchi campi

E poi il primo di loro andò all'amore

la prima di loro andò all'amore

fu dolce dolce dolce errore

si amarono nei campi con gli occhi sfavillanti

lui la baciava e vomitava e continuava a baciarla

lei lo baciava e con un sasso si incideva sul viso la storia del suo popolo

Tre albe tre schegge e un tramonto

l'amore fu un tormento

Dimenticarono il nome die frutti

e nel sonno concepirono una maledizione

strisciarono fino al primo fiotto di mare

e lei lo morse

Dormirono e si svegliarono senza palpebre e ricordi

ciechi al rumore del sole

si nutrirono di bacche e malerba e nuovi alberi

vagarono nei boschi piangendo

Annegarono nel lago

perchè sapevano nuotare

I pesci divennero d'argento

e non sentirono le urla là sotto fino a quando fu troppo tardi

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Marghe è come le stelle

ha i denti marci e dorme su una panchina

ha i denti marci per l'eroina

si fa un acido quando è sola

puoi avere la sua bocca

non puoi avere i suoi occhi

Devi andare giù prima

sanguinare e sanguinare ragnatele

linfa e miele dalle fessure

ridere e implorare

Me ne vado

campi di soli desolati si fondono al mio passaggio

un'ultima volta

prima di sbiadire

Nessun domani per chi ha occhi stralunati

e respira labbra sanguinanti

è meglio ridere tutte le nostre risa

perchè i giorni smetteranno di bussare

Luce ovunque

alla fine

facce d'albero

Le luci oltre gli alberi

Liberazione dalle cicatrici della luna

zero sogni in cui dormire

le statue mutilate cadono

quando tutti le guardano

Il mio cuore si è spento

sotto un metro di terra umida

le formiche hanno polverizzato il mio stomaco

Ragazza-Cicatrice lascia perdere

sei troppo vicina adesso

i tuoi tagli sanguinanti

andrai su una montagna

Sogna nel tuo letto accanto alla finestra

sogna perchè gli occhi sono fatti per bruciare

sogna finchè il giorno è lontano

Ti ricordi quando sapevo scrivere

sassi di stelle

frusciavo e frusciavo

come la gonna della ragazza con le scarpe rosse

la carta frusciava fino al mattino

Ma mi ha mangiato le lacrime

la cosa che non posso scrivere

Rompere la crisalide del sogno ora

no grazie

io vendo solo foschia

è troppo tardi

per marcire

Brodo marcio al tramonto

gelido come il pianto

Il mio cuore?

desolato

dorme

freddo

Me ne torno a casa

Ho trovato la mia religione

ho trovato il mio ultimo stupore

oh soltanto uno spreco di gioventù

non uccidere il tuo cuore

non scambiare il battito per amore

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L'amore si riconosce dalle pustole sul viso

l'infezione ha colpito di nuovo

tornerò e tornerò ancora per non lasciarvi morire

proliferano e si diffondono

i germi del futuro

violentiamo il buio con il nostro marcire

copriamo il nostro seme

con essenza di foglie morte suicide

Ci ritroveremo qui

nella prossima gabbia

olio negli occhi e sui capelli

un brivido

Camminiamo sull'asfalto

orrendi nel trionfo della vita

con un sorriso osceno soffocato fra i denti

desoliamo il cielo con lo sguardo

o lo popoliamo d'ombre

Ho visto cadere troppi sipari

sulle aberrazioni della nostra mente collettiva

troppe ragazze bionde affogate nel fiume

Il marcio è dolce

Ho baciato il sorriso di una nuvola gialla

e gli alberi osservavano la nostra rovina

ondeggiano nel vuoto e noi ci facciamo ammazzare

Non ci consola nessuno

se siamo tristi

in bilico su un filo di carta

il collo bendato

barcolliamo per la strada

cadendo una risata

ognuno solo della sua solitudine

e non ci incontriamo mai

non alziamo mai lo sguardo

siamo mucche di creta

fra i volti alieni

Balliamo alla luce di un lampione

cantiamo una canzone

quando muore qualcuno

accendiamo qualcun altro

C'è una festa sui prati stasera

musica gratis e un po' di calore

balleremo attorno a un fuoco

chiederemo l'amore e il perdono

balleremo fino all'alba

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E' amaro

e se sai chi è non hai più bocca

solo in una salagiochi gremita di gente

ha paura

e aspetta qualcuno che è sempre uguale

Lui smetterà di seguire

ha un'ossesione per il silenzio

e un'innata paura di cadere

la sua prima ragazza

era uno specchio che si rompe

Stando rinchiuso con lui

nell'alcova di una chiesa sconsacrata

bevevamo e giocavamo a carte

e io fui il Re di Picche

e lui mi disse tutto

Gettò il suo cuore e lo sostituì con il fegato

nelle vene gli scorrono succhi gasstrici rosso rubino

migliaia di migliaia

di semi nel suo seme

L'ultima sera al campeggio

si scolò mezza bottiglia di sangria

baciò una ragazza dallo sguardo tenero

e si rifiutò di amarla

Il primo giorno di scuola

un tipo gli disse

credo che tu sia un angelo

cadi

suonerò il silenzio del tuo corpo per tua madre

Saltò dalla finestra

e non cadde

urlò quando gli spuntarono le ali

crebbe odiando la luce

Le nuvole fluttuarono fra i grattacieli

le nuvole illividirono e caddero

le ragazze della classe a fianco

si innervosivano quando le guardava

Amava la cenere e impallidì in fretta

amava i sentieri serpeggianti

con la testa in fiamme

rideva di risentimento

Tirando i sassi su una croce

imparò a capire le persone

li accettava tutti finchè aveva i crampi allo stomaco

Conobbe un tizio che viveva da solo

e se ne stette da lui per un po'

scappò via e vagò nel parco

Finì a bere birra in un posto buio

e dietro di lui sedeva la Regina di Cuori

luce radiosa dell'alba

un sogno che brucia

gambe stupende e un sorriso radioattivo

Quella fu la notte che dormì sulle rotaie del treno

sotto le stelle che respirano

la sognò che non lo guardava

dal lato opposto della stanza

Comparvero grandi fantasmi giogiofumo

elo ipnotizzarono con gentiliezza

gli disserto il tuo nome è

Non Mi Ricordo

La vide a casa di qualcuno

e fu tutt'uno con il suo enigma

per tutta la notte si fissarono senza guardarsi

troppa luce per non essere inquietante

vertiginosa

ecco cosa pensava

lei era vertigine

Ruppe qualcosa e fuggì

Mutò e mutò ancora

dimenticò cos'era stato

divenne il fruscio del vento fra le canne

si sorprese a chiamarla a faccia in giù sul prato

la bocca piena di cenere

Gli tremavano le mani

e per la prima volta fece a pugni sul serio

ed ebbe la peggiò

e diventò vecchio

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Vesti bianche nella torre

Io nero.

Bianchi sottoterra

i bambini che sono cattivi

Scrutatrice di stelle

non ho mai pensato a una collana

per adornare i tuoi capelli bianchi.

Alleverò un coniglio forse,

sarebbe triste.

Dimmi quando sono nato

cosa sono nato

Ho gli occhi distanti

e nulla da dire sul silenzio.

Aiuto chi mi aiutò

in un’altra vita.

Cuori che battono per noia

So di far parte della tappezzeria

per te sei solo tu

mi guardate senza sapermi guardare

abbagliati da sguardi impauriti.

Consumano le fiamme in un bicchiere di carta

Chissà se ti accorgerai di me

L’uomo dal cappello floscio guarda l’orologio.

Vorrei avere il suo aspetto inerme

e mitigare sorridendo la mia timidezza

Alludere ai cuori e alle gambe

stare zitto senza dire nulla

Amerò chi sta due passi avanti a me

Amerò chi sta dietro e mi insegue

Carezzerò la lingua delle cripte

L’albino vorrebbe essere bello.

Mi dovranno guardare con ammirazione.

Gioca a nascondino con le parole di chi non gli dà retta

Guarda la ragazza più triste

e vorrebbe soffrire.

Si alza

e non visto

va a Ovest.

Guarda e descrivi.

Di chi ho la bocca.

Attraversa.

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  • 3 settimane dopo...

E forse è ora

che capisca di non essere nato

per l’empirico tormento degli eletti

perché i miei occhi

una e una sola volta si accesero

sono nulla nel grande disegno delle cose

e valgo poco anche nel trastullo dell’orgoglio

ora che giungo alla fine

non mi resta che gioire del torchio

la mia ultima primavera

in questo luogo d'autunno

fatico a riconoscere

gli amici nelle luci cangianti

tu che gemendo saccheggi queste strade

e avveleni chi sorge alle tue spalle

su questo suolo senza amore

benedici la tua claustrofobia

e rinnegherò il tuo sguardo

imparata la debolezza nella bianca battaglia

sono meno della metà di ciò che credevo

e tutto sta nel centro

nell’inferiorità comune

a cui non possiamo sfuggire

mi chiedo soltanto

se si possa colorare quest'assenza

con qualcosa che non mi sia precluso

da un destino nè piccolo nè grande

se non sia tutto un sospirato sbiadire

un andare alla deriva né morti né vivi

senza faccia e senza dimenticare

verso l'eterna noia che non toglie nulla

difficile salire in alto

e impossibile cadere

ecco cosa vedo nello specchio

né indietro né avanti posso procedere

oggi né mai

e nemmeno posso stare fermo in un punto

sono nel non essere senza apparire

sconfiggerlo anche soltanto per una volta

questo vecchio buco stordito

è una troppo ardua impresa

per un vecchio buco stordito

che da tempo si trascina senza più fingere

sazio del peso di nessuna sconfitta

consapevolezza inutile

invocata piangendo nel buio fiorito dell’infanzia

guardata con rabbia nei giorni di sole

e con sospetto all'eclissi fluida

infine sei giunta a me

inattesa alle quattro di mattina

a me che avevo smesso di cercarti

consapevolezza inutile

portatrice di polvere

stanca massacratrice di gioventù

nel giorno estremo io schernisco e rinnego

vieni a prendermi

nel momento ultimo rido di te e di me e di loro

prego invano che si compia in un lampo

uno squarcio e poi il tutto o il nulla

il morso che assolve e poi un bacio

a cuore spiegato nei fulmini

temerò la realtà fin quando il velo sarà tolto

e mi asterrò dalla nostalgia del sorridere

mettendomi scomodo ad attendere

a braccia spalancate come albatri

le mani chiuse a pungo

ruggine è della mia barbara spada fedele

del ferro temprato con cui lanciai la sfida

su cui traversai il lacrimoso mare in tempesta

ruggine è del mio cuore deforme

che troppo sangue rabbioso

pompò nelle eteree stagioni di mezzo

quando ero giovane e reclinato e non credevo in nulla

ruggine e non altro dei miei sogni marciti troppo presto

delle ambizioni affogate prima del tuffo in mare

ruggine del mio spirito senza amore

mai assolto da quando lusingai l’odio

ruggine di chi si perse e fu cercato invano

ruggine del mio seme infelice

e polvere della mia stirpe di suicidi

noi non siamo della sfera

o degli spiriti infiniti delle foglie

me lo disse qualcuno che sapeva

e io ero troppo giovane e perduto per dare ascolto

e impiegai un anno intero

un anno lungo come una notte d’inverno

a rinunciare a cantare l’imperfezione

noi siamo del disordine che avrebbe quasi

potuto essere eterno

e non è del tutto transitorio

siamo quasi quasi quasi

mai mai mai

quasi troviamo le parole giuste

ma infine non le troviamo

però abbiamo una madre

che nella neve ci tenne al caldo

e pianse quando ci vide crescere

e impazzì quando vide cos’eravamo diventati

l’odore del fieno

plausibile redentore arboreo

che poeticamente in gioventù ho bramato

masticando a forza dolori inventati fra le ortiche

e mai respirato nemmeno una volta

non potrà salvarmi

dall’avvento del cielo piatto del dolore

mi fu profetizzato dal vecchio padre di spirito di mio padre

disse che sarei stato sempre

un passo avanti e due dietro

qualcuno ha attraversato il quadro

ed è tornato a raccontare che il silenzio piangeva

e piangevano le nuvole nel cielo

e le ombre e i pesci e gli uccelli

senza apparente scopo alcuno

e quando l’oscurità fecondò d’incubi la terra

i suoi compagni liberarono i cavalli

e corsero come invasati verso dove il sole era tramontato

perché il pianto era diventato insostenibile

cupe rose sono spuntate nel verde

fra le molecole assenti del ricordo

fra i tronchi abbattuti dal vento

erica e bucaneve nei campi al disgelo

a nutrire generazioni di conigli

dove nevicarono i volti alla fine

dove il riverbero cadde

le radici affondano nel cuore della terra

e con tenerezza instancabile

e con mani d’anima e d’acqua

mi disintegrano in migliaia di minuscoli frammenti

rompendo per sempre i perduti legami

il mio sangue contiene troppe lacrime

per nutrire una grande quercia

regina della terra in esilio

scheggia di paradiso

ma il mio ultimo pasto sarà l’ultima luce

delle foglie di una betulla

giallo rossastre in ottobre

sulla riva d’ombra del lago

un grande dolore

e una più grande pena da scontare

per tutti noi naufraghi

che facemmo la guerra e rubammo il bestiame

ridotti ad allucinazioni e ricordi

fra le pietre accecanti

lavate dal pianto giornaliero

nel luogo inutile del tramonto eterno

un buio pozzo

ti ci gettarono dentro come un pupazzo usato

come una cosa di nessun conto

tu che sei di nessun conto

patetico infante dalle trascurabili ali spezzate dal terrore di vedere

tutto l’amore a vuoto avvinghiato a sé stesso

ti attendeva là sotto e piangeva

per te e non soltanto per te

e ora per la prima volta non intuisco ma so

che non si struggono per te né per me

o per nessun altro su questa terra

le lacerate anime silenti nell’ingannevole distanza

fra te, il crepuscolo e me

fratelli di sogno

storti spiriti delle storte torri

nomi e voci e volti nei lampi

quale terribile menzogna ci schiantò quaggiù?

Noi stessi, forse

troppo infiniti per volare

o il trascurabile peso terreno dei nostri cuori di nessun conto?

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  • 4 settimane dopo...

Ci ho messo un po' a recuperare il tutto che non avevo letto..ma ne è veramente valsa la pena..

tra le varie 'sperimentazioni' che ho visto ogni tanto ho apprezzato in particolare quella che tu stesso hai definito la tua prima vera fatica..davvero mi ha ricordato ginsberg, e neanche a dirlo subito dopo ne veniva uno dove tu stesso hai messo un 'urlo' come quello del famoso poeta appunto.

Continua a scrivere mi raccomando, e so che anche senza il mio incoraggiamento l'avresti fatto, però so anche che fa sempre piacere un sostegno...quindi l'ho messo per iscritto in momenti di tempo libero.

Un saluto.

Ci si rileggie presto.

:bye:

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  • 1 mese dopo...

Questa roba l'ho scritta un paio di mesi fa, una domenica mattina insonne tra le 4 e le 6. Avevo sempre sperato di riuscire a inserirla da qualche parte, ma così non è stato... Fate voi, a me fa piuttosto schifo.

albe a notte a sfregiata

gerani rossi a profusione

come fontane di insetti nel mare

sei la tua ombra

o la tua ombra è diventata te?

lacrime rigettate dai fantasmi

risucchio nel bianco

un gemito e il rumore infine

tramortiti a metà

ti ricopro di stelle morte

io che sono spento

e non ho poesia da darti

dimmi che sei pura

il generasogni ha partorito un mostro

sempre la vecchia questione fra te, mio fratello e me

e il vecchio ontano ubriaco

il delirasogni ha sognato gli alberi

le sognanti cavalcate dei primordi

il puro sogno quando era d'oro

è compromesso dalla sua genesi

sbiadisce urlando

e ancora indugio a non voler tornare

come la finestra impazzita vergine

implorare i tuoni

mia piccola essenza tremante

lingua in bocca

le stesse smisurate pupille

mi scrissi sulla mano

ho sragionato molto meglio di voi

tu sei mio padre

ma mio padre è anche il ragno

io ricordo solo i vetri rotti

Vostro Onore

è così che la gente

muore

brucia!

I bambini morti!

Per il freddo e la neve!

Tutti pazzi come pecore!

Pecore e fantasmi

il pastore è morto

ed è meglio così

il definitivo congedo del guerriero

sii giovane altrove

e ama che di dovere

l’ultimo viaggio dell’embrione nell’incubo fosforescente

gli Uomini delle Stelle

dalle lunghe braccia verdi

siedono sulle montagne

affranti dall’ottuso dolore del cosmo

nessun bambino degno del loro incerto dono

nessuno che possa incarnare l’Errore

annientate le vostre dolenti dissonanze

date fuoco alle sinfonie del pianto

possa il silenzio ammantarlo

Sua Maestà

il Quasi Re delle mezze incompiutezze

che generò in sogno

suo malgrado sopravvissuto alla notte

e ricoperto di escrementi

hanno giocato a sfregiarmi con inesistenti pezzi di vetro

dicevano che mia madre era morta

il buio della sua unica stella

come milioni di soli marci

perpetrerò il tuo ricordo fino a dimenticare

chi canticchiava piangendo quando deliravo?

Nessuno

nessuno

nessuno

baciami

ti ho generata nel non detto

ho vomitato me stesso nell’incomprensibile

fine del viaggio nei luoghi del sogno

rinuncio alla purezza

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  • 2 settimane dopo...

Un anno di ipotetiche ipnosi

gente colorata che non ha ricordi

fingere di non mentire.

Lo so, ora: siamo meno delle ombre

che ci insegnarono ad accoltellare,

dei sorrisi con le teste di gallo.

Sputato nella polvere

finchè le forme prendevano sembianze.

E quando mi infilavo nel letto

ad abbondanti mezzanotti

alcoliche per mia madre,

in realtà quattro di mattina

dilaniate e isteriche,

le cicatrici del dopovita

nel cervello di fuoco spezzato.

E così in testa avevo

questo covo d'insetti inventati

e ogni tanto gli alberi al parco

ci ficcavano dentro un dito,

uno sputo, un lamento.

Ma perchè perchè perchè

ho creduto nelle forme?

E io io che trangugiavo sospiri

e credevo di averle raggiunte,

le ragazze del cielo nero d'ottobre,

tremanti punti di domanda.

Credevo che quella fosse la notte

e vi costringevo,

calpestare ferro senza tempo.

Gioventù

gioventù

gioventù,

l'anima accecata dallo spirito.

Sceglievamo i giorni di pioggia

per rubare le convulsioni del bianco.

Nel ghiaccio d'inchiostro,

la fine nelle orecchie -

cresceranno le stelle alpine le stelle alpine le stelle alpine

e inaccessibili fiori del mare nel sangue degli alberi reclusi.

Non è questo il cranio?

Assordante, l'energia del silenzio, no?

Pistola di nulla, sparami il vuoto.

Fermo, ora. Larva, dolcemente, larva.

Era inconcepibile che il buio non avesse sorgenti.

Tanto per cambiare, il mio miglior amico

è mio padre, mio seme, mio amante.

Pregava per la catarsi,

una via d'uscita nei ceffoni dei tuoni.

L'ho crocifisso all'albero della giovinezza,

materna convulsione di capelli lattei.

Ho detto: angeli, che ne sapete dei vermi?

Pensate che uno scelga i volti lunghi,

l'altro sia un commerciante di prigioni?

Svegliatevi, cittadini del tempo.

Spaccatevi gli incisivi contro le sbarre.

Inventatevi un corpo!

Scopate col cuore il nulla dentro le stelle

e con una carezza abortite gli dei.

Quando la spirale di cera

vedrà il re dei morti,

starò zitto, fantasmi.

E a questo non potrete reagire,

e questo vi darà da scricchiolare.

Tenterò il nulla per annichilirvi.

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  • 3 settimane dopo...

un giorno si muore

dicono

te ne vai più lontano della cima dei monti

fra le sirene, forse

ma io mi sono sempre chiesto

se non si tratti di un'altra bugia

come quelle che ti dicono a scuola

mi sono sempre chiesto

se forse, in realtà

non ti ritrovi

laggiù sotto due metri di terra

prigioniero del legno massiccio

nel buio più assoluto

a rimuginare su tutto il male che hai fatto

ossessionato dalle labbra che non bacerai mai

della ragazza che amavi

quando avevi quindici anni

forse non si muore affatto

- questo penso, a volte

quando non riesco a dormire -

forse la morte è un atteggiamento

eternamente mal interpretato

e non c'è nulla di divertente

nella disperazione del tuo pianto silenzioso

per tutti i prati del mondo su cui non ti sei mai rotolato

e allora, forse

quando capiscono la maledizione

i miscredenti pregano

e i santi bestemmiano

perchè nessuno

nessuno mai si accorgerà dell'errore

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assordati dall'oscurità degli schermi accesi

voci senza parole e rovine di significati

con dentro un'invincibile forza

che, come i cani, non conosceremo mai

il numero 23 ha sognato se stesso

(un verde sogno)

impiccato a carnose labbra rosse

in un cielo di terra riflessa

imprigionato nelle radici

sopra città color zafferano

pini pini pini

ombre impietrite dalla radiazione lunare

universi gelati di ragni morti e petardi

o mia dolce terra disperata

in che modo le tue guglie hanno offeso il cielo?

non c'è neve sui tetti spioventi delle case sulla strada

solo il bruno grigiore silenzioso dell'innaturale

i puntini bianchi delle luci a valle,

trappole per le falene

sempre giù a valle a corrodere:

in quelle case muiono nel sonno

creature tremanti come me

schiave dei loro sogni

e allora costruiamo noi stessi con la carne dei morti

ergiamoci sulle pile dei milioni

oltre le mura infinite del cimitero infinito

chissà se questo prato giallastro

marrone d'inverno postnucleare

se una volta in questo campo isterilito

dal freddo senza neve

se le sere di giugno sul tardi i tossici o gli innamorati

se alle feste di paese grida di bambini

mai visto innamorati qui sopra

un corvo, una volta

ho visto splenderci le stelle

su questo campo a dicembre

ho pensato che erano morte anche loro

le donne chiudono gli occhi

e sentono la dolcezza nei colpi di tosse

la miseria delle nostre menti affogate nell'elettrcità

le donne son tutte sirene e regine

oh, ma il giorno che non dimenticheremo i morti lontani!

che piangeremo per le mosche e pregheremo per i batteri!

dare la vita per la più insignificante delle malattie! Libertà!

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e allora dimmi ti prego

cosa sono questi piccoli insignificanti esseri umani

con tutto il loro dolore

con la loro solitudine che è come un urlo

con le promesse che non manterrò mai

a me gli uomini fanno schifo

ma certe volte ne ho pietà

e proprio per quanto sono piccoli

mi sembrano grandi, sacri

e perfetti per i loro errori

perchè siamo miseri e ciechi e cattivi

solo ***** e stracci e niente dentro

e facciamo del male e diciamo bugie

ma a volte siamo coraggiosi, grandi, infiniti

ma a volte abbiamo pietà

e allora io sono così fiero

e non mi importerebbe di morire

pur di fondermi con tutto

ti prego, ti scongiuro

con tutto il mio cuore umano di carta e di fango

dimmi chi sono gli uomini

e perchè sono così tremendamente

irreparabilmente soli

e se vale la pena

se tu hai pietà di noi

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  • 4 settimane dopo...

non è che le sparangole abbiano mai smesso di chiamarmi

sai, il rumore del fiume che si mischia con l'orgasmo

più che altro l'idea della poltiglia cerebrale che rimbalza contro il muro

e irridendo le leggi della fisica mi schizza negli occhi

la mia colpa che si accascia e muore

e se a tutti alla fine toccasse un puffo verdastro con il dovere di sfotterci in eterno?

- ti sei pisciato addosso! piscialletto! piscialletto!

vorrei spararmi in testa e non morire

tenere il mio cervello spappolato in un foglio di giornale

e il mio cuore pieno di *****, fastidioso

in un sacchetto di plastica a marcire

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nasci marcia,

larva del karma,

sporco aborto

(curami!),

spunti nel verde, fungo,

lo copri di terra,

cavalletta cresciuta a sogni usati,

ti inchioderanno come una farfalla

(di te faremo una spilla!),

concepita per essere soffocata

e conservata nel cotone e nella plastica

(respira il nulla con la maschera!)

battevate sul vetro

e io credevo che foste gli dei

finchè ho visto i vostri occhi ustionati,

vi ho chiesto cos'è il sole

e avete indicato il cimitero

sono già morto di noia molte volte

mano nella mano con una ragazza di dentifricio,

piangendo veleno nel libro dei ricordi

(togliete gli specchi!)

brutta copia,

compromesso,

cicatrice,

impurità

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ma improbabili svisceratori

dell'ingranaggio della notte

inguaribilmente giovani,

ignoranti, pieni di speranza

contro tutti i pronostici

varcheranno la soglia dell’utero

e imprigioneranno in una formula

il miracolo delle rose,

in milioni di boccette

sugli scaffali delle farmacie del mondo:

una pillola per vivere per sempre

e su consiglio di dottori con gli occhiali spessi

prenderemo sul serio

ciò che è sempre stato uno scherzo

ci sveglieremo senza sapere perchè

e aridi di tempo,

di lacrime

e di sogni

sbiadiremo,

spariremo

senza lasciare traccia

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  • 2 settimane dopo...

e se ci sarà vento

e nel vento una vecchia melodia

strofineremo la faccia sulla luce di un lampione

ai due capi delle viscere del mondo

sotto strane e identiche foglie

nei polverosi tempi di freddi contrari

che come sempre rinunceranno a risolverci

che come sempre paragoneremo al mare

potrei accarezzare all’infinito fra le dita

la girandola dei nostri tramonti più idioti

fatti di nulla di speciale

alla ricerca della noia viscerale

aggrappati con le labbra a un filo d’erba

a ridere del cielo deformato dalle lacrime

e così hai imparato a venderti

e io a crescere al contrario

ma pur senza mai darlo troppo a vedere

siamo incalliti in noi stessi

sullo sfondo di rivelazioni banali

e strade antiche di mille girate

fra il parchetto e la piazza

rincorrendo l’accenno di un richiamo

mormorato dal fiume fragile

a volte ho pensato che se morissi

sarebbe il giorno più felice,

il giorno più triste

perché avrebbero abbastanza malinconia

da piangere per decenni interi

e dire cose che non sono vere

che siamo sempre stati fieri

di avere gli occhi dello stesso colore

gli uguali si respingono

e vanno via lontano

ma siamo stati bravi a fingere

non è stretto qui, dicevamo

morendo nell’unico punto fermo

sulla cima della montagna di stelle,

se non siamo fiori ora

non lo saremo mai

gli uguali si respingono

e noi ce ne andiamo via lontano

per le nostre strade inutili

verso mete inesistenti

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