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Libertà


esahettr

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il diavolo e l'amore

vedo poveri teschi sbrecciati e poveri

tossici sbruffoni come piccioni appesi a

corde di baratro; vedo

croste impregnate di fuliggine

meraviglia e schegge d'indicibile

nel grido giallo della terra;

vedo valvole di nulla vongole

che sognano la distruzione

un capriccio di filigrana

il loro cuore è mille la loro

morte è essere insieme

parole dell'inferno

pericoloso è il sonno

non corrisposto e

radunato agli astri

finisce nelle viscere

dobbiamo rapprendere

signori il catrame

delle vostre gambe

marce che cadono

per l'attimo luciferino

della gioia

tratta la mente come il corpo

sbaglia il trascrivere

riso sacro delle foglie

mangia il cielo

il diavolo è l'amore

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teneri figli di qualsiasi cosa, fu così che

sbagliammo a tornar nella luna

persi nel magma della vita orlo sempre

brulicante di vermi e tempo e noi, noi

tumidi noi irrimediati primordiali

esseri nel vuoto della montagna del

tuo cuore annullata dal pianto di

generazioni perdute miriadi

fiorite in un rintocco

castigato lei sì che

è la sua maschera

prima di un delirio di morti

erano loro semi-addormentati

semi-intatti mentre

il canto nella brace la

ragione della casa nitida

pioveva sere e notti d'oro in

un unico fiume indimenticabile

battere umido della nostra stella

messa ai tuoi morti futuri!

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fai finta di crederci al

dioniso che rompe i tavoli

urli bestemmie entri rotolando

lanci le candele becchi una tipa senza

accorgertene – vuole un deca

per la tintoria – tu non capisci –

la barista! le sputi addosso provi

a fartela è la petra ma

piange ti tirano via non

te ne accorgi le stai per prendere

ti trascinano fuori provi a

farti la jasmine la milly il cane

di qualcuno, boh, poi

sei all’uni ondeggi pressi il

loncho ai fischbaenk ti stanno

insultando ora te le prendi sul serio vai giù

di faccia nemmeno te ne accorgi

ridono ti danno un

fazzoletto dici sono caduto

in bici

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  • 3 settimane dopo...

stamattina stavo così male mi

son detto, no?, scriviamo una

poesia, anche se non

ti viene niente, ne hai scritte tante, tu, che

non vengon da niente; scrivi una

poesia anche se non

vale niente, ne hai scritte tante, tu, che

non valgono niente... stavo così

male stamattina: scrivi, ho pensato,

che tanto è inutile e anche il resto, poi,

non serve a niente, dai, scriviamo 'sta

poesia, su, che sia anche piccola,

anche insignificante, ma,

ti prego, non farla incomprensibile,

stavolta non farla incomprensibile

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Sragionamenti (più o meno riusciti :-() di 2 anni fa.

vaddavata

vaddavata

la morte è risorgere

il ferito scorrere

inganno per facce di vetro

forma

carta d'algebra

bronco considerabile

visto stretto

la linea degli scacchi

*

se il flusso

poi i ciechi degli occhi

dirami o ascenda

è un altro ciclo d'occhi

che non cantiamo

finchè l'estate cinta di niente

dell'erba oscura

l'imperfetto disincanto

proiettando ieri

cancri di delfini e te

*

architetture sul filo

terreni quando spargeranno

volontà smagliante

la torre oltre

colore dei numeri inutili

che socchiude l'urlo

acri mi creano

disumanamente

cose mutilate dei punti

per la trascendenza

ma la mano la tazza credente

spigolano taglio di sostanze

*

chissà chissà

slegati percorressimo

muta evacuazione

tombe giungle evaporate

di nervi al solstizio

non per dimenticare ma forse

*

teneramente

teneramente separato estrasse

dall'andare i raggi dello specchio

morire nella carne

e disse

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  • 2 settimane dopo...

sangue vuoto è delle mele. sorridendo

ci ammonì per degli anni

per disgusto per amore che

mentre leggeva suo malgrado

sfolgorando le nasceva dagli occhi

un tumore, quasi morì ma visse

(sempre con lo stesso uomo)

e tornò a splenderle la mente bellissima

di fiori consequenziali e perfetti sbocciati

come per miracolo nello svanire del tempo

come un'ultima primavera onnisciente

che non dimenticassimo, per questo era tornata,

marcisse pure ogni letteratura ma

che non dimenticassimo

e non l'apodosi nemmeno leopardi ma

la libertà incolmabile del ridere

la pietà d'oro delle rose

che si fa beffe del livore del mondo

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Cavalcavano gli istanti

- dicesi giovinezza,

degli altri -

e non c'era niente, niente

che potessi fare per cavarli

alla nullità della gioia, al cuore sordo e

sconosciuto dell'esistere

che bacia la neve che muore

e barcolla dentro le montagne, ubriaco

in primavera esplodendole di fiori e le carezza

e le tormenta nella beatitudine della notte.

Morire pieno di gioia

all'inizio di ogni cosa

in ogni crepa, ogni brandello...

e non può smettere,

non può morire...

Mezza favilla ingrata questa vita

indistruttibile e sbagliata, intravista

per errore questa vita

mai vissuta, e neanche,

in qualche modo, brutta

da non valere

un sguardo spudorato,

un suicidio, un all-in

"Ma non fare male" sento

gli occhi delle foglie, nel vento

che è qualsiasi cosa, nella disperata

apnea d'argento che la luna

tossisce sulla solitudine

gelata della strada,

e il fervore delle edere, nero,

annuisce, e grida l'ossigeno

del cielo. la follia delle particelle,

lo spirito insensato

che ovunque ad ogni istante muore

per la vita, risorge

per la morte

(sempre e dappertutto)

sorride.

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  • 2 settimane dopo...

La notte che è morta la neve

non dormivo, mi rigiravavo nel letto

e non tremavo e ascoltavo

il mio cuore, batteva troppo forte,

come se avessi paura, ma non ne avevo

e pensavo alla neve:

a come finisce ogni cosa

e nulla rimane,

il piacere e il dolore,

l'orrore e la gioia

e i cavalli e le case e il Natale,

e anche gli occhi, sì,

anche i baci sugli occhi nel buio.

Il mattino la neve era scomparsa,

fuori dalla finestra vidi solo la strada

grigia, come uno spazio vuoto

quando manca una parola

o l'hai dimenticata.

E così dimenticai:

solo allora piansi.

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Cosa sembravo, Kirsten, sorridendoti per la prima volta dal buio

del mio cuore ancora gonfio della faccia di mio padre il giorno che partii,

(la seconda volta che l'ho visto piangere, e anch'io piangevo, in strada,

impalato come un fantasma a guardare gli Erker e il portone di casa, a guardarli

con furia, per imprimerli per sempre nel ricordo),

ancora sanguinante dell'alba di Malpensa - spietate speranze! - quando capii

che non c'è nulla sotto il sole di più ingrato di dover partire,

che non c'è nulla in questa vita di più disperato

della carne del figlio separata dalla carne della madre?

In ogni bacio, ogni parola a denti stretti ti urlavo la mia terra, non sentivi?,

e avrei voluto che vedessi il giardino con l'albero di caco

e lo squallore tenero dei Portici un novembre a mezzanotte,

ma i tuoi occhi, did I tell ya?, ne ho sempre avuto paura:

per te era tutto un gioco, no?, l'eterno giugno senza morte

della barzelletta incomprensibile su quel mio sosia felice

che tutte le notti ride e canta e vomita e si addormenta sotto alla pensilina

e ogni mattina si risveglia in America, nel tuo letto.

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  • 2 settimane dopo...
  • 2 settimane dopo...

notte della polvere, luce delle loro membra,

non ricordo che la mente tutte le donne senza amore

erano con noi come le cellule e ogni cosa fischiava bruciava

ogni nome nella bocca della morte i fiori non sanno più piovere

le nuvole non sanno più niente loro non sono più niente,

io non sono niente, e che vagabondassero, che non morissero

come la polvere, che commettesero adulterio!

non sono Tuoi servi

***

kakas

come te era la ragazza degli ultimi giorni

se amavi il nodo dei suoi occhi la rete

che ha pescato le ragioni della vita dal nulla;

oppure il modo, ecco cos'era, il modo

che hanno gli innocenti come ti pregano,

disperatamente, e da qualche parte qualcuno

lacerante nello sguardo che non si può più dire

"il falegname in silenzio è un giardino per sempre",

kakas, e qualunque cosa sia, notte o luce

(nessuna delle due, magari) a cui vai incontro,

tempie vuote dell’oblio o infinito dell'attimo,

(tutto è eterno) non chiedere perdono per noi

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  • 3 settimane dopo...
  • 3 settimane dopo...

Ma dove sono le loro notti dove sono

le strade marce di vino e i corpi delle ragazze

impilati nella luna verde - in fondo mai

ho parlato d'altro - come in un sacrificio al guscio

della madre... Oh se avessero saputo

la forza senza padre che urla gli alberi, ma erano

stranieri senza l'oro del grano che hanno

rotto, senza l'errore che li baciasse come un marchio.

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anche fra di noi il linguaggio il mare

di cervelli di lampioni di nulla che irridemmo che

piangemmo al canto della notte che moriva azzurra

mentre il sole ci uccideva e le foglie

nascevano sul lembo del non-senso mentre

marzo atroce vomitava i suoi occhi sepolti

ma le larve non chiedon più nulla

le ombre si annidano inutili

felicità ti spunta dai polsini, gemma

insperata del tuo chiedermi saremo

mica vermi? sagome di viaggiatori?

(su una strada che non esiste

neanche nel nulla) - e poi

contare i semi e le stelle, senza

raccogliere, poi divorarsi il cuore

e dove vanno le schegge?

sono secchi

i polsi di Dio

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strozza il cielo la follia quando neve di stelle

i miei brividi e come gli alieni macchine arancioni

mai baciato una finestra?

qualcosa da dirmi sulla morte?

dev'essere un buco nel mio sguardo

che dice sono rotto intatto soffocato

è freddo se non dormi e lo sai

perchè sono artefatto perchè devo subire

in grande stile perchè alla fine conveniva

ho programmato di rimanere in bilico

incastrato in questa scatola che non riconosco

in quest'accendisigari di tomba dove potrei ucciderti

o accusarti sarebbe come lanciare una lattina vuota

una voce che viene da fuori

mi hai mangiato alla partenza alla partenza

mi hai dipinto di nero ero la tua sfinge

cadevamo per terra notte orizzontale

contando i pollici alla bara saltando i giorni

addormentato in me stesso come una crisalide

come veleno nella terra

sfregia la musica e significa

e non ascoltare se respiriamo l'elastico

chiuso di notte ma alla maniera

delle cose mai ricucite migliaia di fango

a cui per ridere darei il cambio

se ti dico guardami allora guardami

da quanti anni non respiro

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ormai una scheggia della morte

sognava di quand'era giovane, quando

l'oro del tempo era d'oro, e la notte

leccava i sussurri del legno, inerme

di gioia incespicando e si innamorava

dell'ebbrezza più che del riso e poi

l'attesa, l'istante delle viscere,

prima del pianto e delle viscere, e andava fuori

a vomitare che le stelle cadessero,

in soggiorno russava suo padre,

fantasmi urlano primavere dappertutto

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  • 2 settimane dopo...
  • 4 settimane dopo...

la morte, la morte venne molto dopo. cadde

fino a riderne i sassi rinvenne al fango contrario

della neve tutto viscere a stracciare

croce assurda e così la notte

gentile la stritolò di ragni apposta la sbagliò

da cima a fondo urlava il marcio del sole

alle ragazze-uccello disperandole svaniva

di brandelli un senso alle galline

dell'imbrunire "e sono nulla

nella guerra tra la neve e i fiori".

la morte venne molto dopo. cadde

colla luce impiedi dollaro di morte s'innamorò

delle lisette disperate per loro vengono le arance

bianche (una in particolare) "come con gli occhi

mangi gli occhi cu|o strabico mia tigre

di silenzio ti immolerei le risa dei gatti ti

morirei di baci raspando buio sotto i letti" - come

sfiora la carne conta le lune del vuoto e alla fine è

sdraiato, "quel finocchio del mio cuore".

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