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Dragons´ Lair

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Loki86

Circolo degli Antichi
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  1. Andata!! Mi piace!! 🤣🤣
  2. @TheBaddus ti rispondo qui.. allora ti direi che secondo me non si attiva nessuna mossa. Come sistema cuori di mostro non prevede tiri contrapposti o attivazione di mosse per gestire la furtivita.. io credo che vadano gestite narrativamente questa situazioni.. puoi decidere tu liberamente se fare che scarlett riesce a stare furtiva e non farsi vedere oppure fare che fa un passo falso e nathan e tyler ti scoprono.. in base a cosa credi che sia più interessante per la narrazione condivisa.. poi, ovviamente, se il tuo pg rimane "passivo" per troppo tempo, posso decidere io eventualmente se usare una mossa del master per metterti in difficoltà o meno.. però per il momento lascio a te la scelta di dove portare la storia.
  3. @Ghal Maraz Nathan Clark L’aria fresca del mattino, tipica di una primavera appena iniziata, ti colpisce il viso e ti aiuta a svegliarti del tutto. A differenza del giorno prima, la giornata promette decisamente meglio — almeno sul fronte del tempo. Il cielo è limpido, terso, e il sole comincia appena a filtrare da dietro le fronde lontane della foresta, gettando lunghe ombre dorate sull’asfalto ancora umido di rugiada. La prima a rispondere al messaggio è tua madre, praticamente subito dopo che hai scritto a Noah. “Va bene, tesoro! Mi raccomando, fai il bravo!” La risposta è affettuosa, leggera, la solita nota di normalità che ti accompagna ogni mattina. Passano circa cinque minuti — ormai sei quasi davanti alla scuola — quando arriva anche la risposta di Tyler. “Sono già quasi a scuola pure io… Ci troviamo dietro la scuola? Almeno possiamo chiarirci senza un sacco di curiosi attorno…” Di Noah, invece, nessuna notizia. Nessun messaggio, almeno per ora. Arrivato al Saint Liliane, noti che i cancelli sono ancora chiusi e in giro ci sono solo pochi studenti sparsi. Alcuni chiacchierano sottovoce, altri se ne stanno in silenzio, intenti a scrollare i telefoni o a sorseggiare caffè ancora fumante da bicchieri di carta. Fai il giro dell’edificio, diretto verso il punto che hai concordato con Tyler. Per ora non c’è nessuno. Ti guardi attorno, con un occhio sempre un po’ sospettoso — dopo tutto, Cory Edwards è ancora una minaccia. Ma la zona è tranquilla. Nessun movimento sospetto. Ti appoggi al muretto che costeggia la recinzione, incrociando le braccia. Il tempo di qualche respiro, e vedi Tyler arrivare da lontano. Anche lui a piedi. Ha lo zaino buttato su una spalla sola, e con l’altra mano ti fa un cenno di saluto mentre si avvicina con passo deciso, ma rilassato. “Ehi, Clark! È molto che aspetti?” La voce è amichevole, il tono quello di chi vuole tenere le cose tranquille, senza attriti. @TheBaddus Scarlett Bloomblight Ti svegli ancora col corpo che pulsa di un’eco piacevole e profonda, una scia calda lasciata dal sogno e da quell’orgasmo che, onestamente, ti ha svoltato la giornata prima ancora che iniziasse. Il letto è un campo di battaglia — le lenzuola ammucchiate, il cuscino a terra, mutande scomparse, la prova evidente di quanto la notte sia stata intensa ancora impressa al centro del materasso. La doccia è il tuo tempio del risveglio. Acqua bollente, vapore che ti abbraccia, e il corpo che lentamente torna vigile. Sotto quel getto ti senti nuovamente potente, come se nulla oggi potesse fermarti. Scendi in cucina con l’accappatoio addosso e l’asciugamano attorcigliato tra i capelli. Tua madre è già lì, seduta al tavolo. Tazza di caffè tra le mani, sguardo annegato nel giornale. Ti saluta senza guardarti, un semplice cenno del mento. Nessun riferimento a quanto è successo la sera prima. Niente domande, niente accuse. Solo silenzio. Ma va bene così. Meglio così. Accendi il telefono. Hai una sola notifica. Emily. «Scusa ancora per ieri, Scarlett… Ci vediamo presto a scuola <3» Poche parole, ma sufficienti. Ti fanno sorridere un po’, anche se lo nascondi bene. Quando esci di casa, ti accendi una sigaretta. Cammini con passo deciso, la strada che conosci ormai a memoria ti scorre sotto i piedi. L’aria è frizzante, il sole splende, e tu ti senti semplicemente… potente. C’è una carica dentro di te che ti vibra addosso. Saranno gli effetti dell’orgasmo, o forse solo il fatto che oggi senti di avere il controllo. Di tutto. Raggiungi la zona dietro la scuola, lì dove avevi appuntamento con Orion. Ma ti fermi. Non c’è ancora. Ti guardi intorno, ciglia socchiuse per schermarti dalla luce del sole, e li vedi. In lontananza, Nathan e Tyler si stanno incontrando. Sono lì, a una trentina di metri, proprio ora. Parlano. Non ti hanno notata. Non ancora. @Voignar Darius Whitesand Ti svegli dopo una notte che definirla agitata sarebbe riduttivo. È stata lunga, complessa… snervante. Ti prepari in silenzio, poi scendi in cucina. Tua madre è già lì, con una tazza di caffè tra le mani. Accanto a lei, tuo zio. Appena ti vede, lei ti scruta attentamente, come una che vuole scoprire anche il minimo dettaglio fuori posto. Poi, finalmente, sorride. «Sono felice di vederti bene, tesoro. Come stai?» La voce è calda, ma piena di una sottile tensione. È evidente che si è preoccupata. «Tuo zio mi ha detto che ieri pomeriggio sei tornato con lui, che non stavi bene… è per questo che non sei sceso a cena, vero?» Dietro di lei, tuo zio fa una smorfia. Solleva appena le mani e scuote la testa, mimando qualcosa tipo: non le ho detto niente, tranquillo. Poi interviene con un tono finto casuale: «Probabilmente qualcosa di sbagliato mangiato alla mensa, no? Sai com’è… certe volte basta poco. Avevi una faccia...» Ridacchia, poi però ti osserva con quella strana curiosità trattenuta a fatica, come se morisse dalla voglia di rimanere da solo con te per capire. «Sicuro di stare meglio??» Ti fissa per un istante… Poi aggiunge: «Vuoi che ti accompagni a scuola? Così magari facciamo due chiacchiere lungo la strada…» @Theraimbownerd Orion Kykero La cucina profuma di pane caldo, marmellata e caffè. È l’odore rassicurante che accompagna ogni mattina in casa tua, anche se oggi, mentre entri con passo composto e l’aria perfettamente scolpita dal trucco, sembra che tutto si fermi un attimo. Consuela è la prima a notarti. Si gira dal lavello, ti regala uno dei suoi sorrisi sinceri e affettuosi. «Buongiorno, signorino Orion.» La sua voce è piena di calore, come sempre. Ma i suoi occhi, in quel breve secondo in cui ti osservano il viso, tradiscono un attimo di esitazione. Il trucco più marcato, l’ombra sulle guance, l’intensità del tuo sguardo: lei lo vede. E non approva. Tua madre arriva pochi istanti dopo. Silenziosa, elegante, il passo deciso sui tacchi anche prima delle otto del mattino. «Buongiorno, Orion.» Lo dice senza esitazioni, ma il suo sguardo incrocia il tuo come una lama su seta. Vede tutto. Il messaggio. L’intenzione. La sfida. Ma non raccoglie. Ti studia con lo stesso volto imperscrutabile con cui gestisce consiglieri, ambasciatori e avversari. Non sei diverso oggi: sei un enigma da trattare con strategia. Nessun commento. Nessuna reazione. Poi arrivano Diana e Juno. Juno, come sempre, porta luce con sé. «Ciao a tutti!» dice con l'entusiasmo contagioso di chi ama ogni nuova giornata come un dono personale. Abbraccia Consuela di slancio, dà un bacio sulla guancia a vostra madre e poi ti sorride con affetto. Diana, più attenta, ti squadra un attimo e capisce. «Stai benissimo, Orion.» Non è ironia, è sincera. Tua madre, a quel punto, cede. Solo un poco. «È sempre interessante vedere quanto impegno metti nel definire la tua immagine. Spero che anche la tua sostanza sia all’altezza della forma, oggi.» Il tono è leggero, il sorriso cortese. Ma l’affondo è lì, sotto la superficie, come una lama d’avorio: elegante e pericolosa. Consuela, come a voler sciogliere la tensione, annuncia: «Il signor James è già fuori. L’autista vi aspetta, ragazze.» Juno e Diana iniziano a muoversi, prendendo zaini, giacche, borse. Tu resti ancora un attimo, quasi a voler lasciare la scena per ultimo, come conviene a chi ha il ruolo centrale. Prima che tu possa uscire, però, tua madre ti ferma. Ti si avvicina e ti dà un bacio rapido sulla guancia, freddo, perfetto, misurato… e ti dice con tono gentile ma fermo: «Orion, domani pomeriggio dovrai tenerti libero. Nessun impegno, nessun favore in sospeso. Sarà con noi in visita la Somma Sacerdotessa di Chicago, Madre Elain D'Arques. Ci tiene a conoscere le mie figlie. E io ci tengo che lei ti conosca.» Ti guarda un attimo più a lungo del solito, poi si volta. Tu resti lì, un istante appena, a raccogliere il peso delle sue parole. E poi esci. Il giorno è appena cominciato. E il palcoscenico ti aspetta. @SNESferatu Ana Rivero La discesa in cucina è lenta, quasi rituale. I passi lievi sulle scale sembrano pesare il doppio stamattina, come se l’aria stessa fosse più densa. Appena entri, la voce calda di tuo padre ti accoglie prima ancora che tu lo veda. «Buongiorno, piccola mia.» Ti raggiunge con pochi passi, ti stampa un bacio sulla fronte… quel gesto che ti ha sempre fatto sentire più bambina che figlia. Poi si scosta appena e ti osserva. C’è sempre quello sguardo in lui. L’ammirazione di un artista di fronte alla propria opera riuscita. Appena incrocia i tuoi occhi… ancora cerchiati, spenti e scocciati… qualcosa però cambia. È solo un’ombra, un millimetro sul volto, una crepa microscopica nella sua maschera perfetta. Ma la vedi. É un uomo intelligente, gliene devi rendere atto… Sa che non tutto va come dovrebbe. E nel silenzio del suo sguardo c’è quella consapevolezza scomoda: perfetta nell’aspetto, ma così spigolosa nel carattere. Ti voleva luminosa, come la madre. Ma sei venuta vera, come una lama arrugginita. Bella, ma tagliente. «Come va la scuola, Ana?» La domanda è semplice, ma gli serve per scacciare quel pesante rammarico che hai letto sul suo volto. Poco dopo entra in cucina anche tua madre, solare come il primo giorno d’estate. «Amore! Ma sei già sveglia! Che gioia vederti giù così presto!» Ti stringe un po’ troppo forte, ti bacia con troppa insistenza, sorride con troppa luce. È l’unica in casa a non vedere i bordi frastagliati del tuo umore, o forse sceglie di ignorarli. Per lei sei sempre la sua adorabile bambina, anche quando ti trascini giù con i vestiti del giorno prima e le occhiaie di un temporale. Fate colazione insieme. Tuo padre legge il giornale, tua madre parla del tempo, della spesa, di un nuovo ristorante che vorrebbe provare. Poi il telefono vibra. Lo tiri fuori forse con una certa ansia… chissà perché, speravi davvero che Max rispondesse. “Certo che vengo! Troppo assurdo non esserci oggi!” Lo leggi due volte, e non riesci a trattenere un mezzo sorriso. Tipico Max. Tuo padre nota tutto. Vede il telefono, vede il sorriso. E la speranza, flebile ma testarda, gli si accende negli occhi. «Un’amica o un amico?» Lo chiede con quel tono da padre che cerca di non invadere, ma non riesce a contenere la speranza. Per lui sei sempre troppo sola.
  4. Sinceramente… mai visto Berserk… quindi si.. é puramente casuale 🤣🤣🤣 il risveglio di Darius mi ha ricordato di più la scena del vecchio spiderman… la notte dopo che viene punto che sta malissimo… ma quando poi si alza la mattina dopo si accorge che vede meglio senza occhiali e ha i muscoli più grossi 🤣🤣
  5. È un sogno... non ci sono cose giuste o sbagliate... solo immagini del subconscio... ha visto un drago trasformarsi in sua madre.. a scarlett interpretarlo come preferisce eheh Per quanto riguarda gli occhi alle spalle della madre... beh li posso dirti che non sono occhi da drago!
  6. @TheBaddus Scarlett Bloomblight Alla fine, è la stanchezza a vincere. Non la tristezza, né il bisogno di risposte che il soffitto, immobile e bianco, non è in grado di darti. Crolli nel sonno come se qualcuno ti tirasse giù, a picco. Ma non è un riposo sereno. Il sonno ti fa sprofondare in un mondo liquido, inquieto. Ti rigiri più volte nel letto, tra lenzuola che sembrano più catene che coperte. E poi eccolo. Lui. Quello odioso che oggi ti ha quasi violentata, guardata come se avesse già deciso cosa fare del tuo corpo. Il suo sguardo ti scivola addosso, viscido, lungo la pelle come un serpente. Sorride, ma è più una smorfia. Lo senti padrone, e tu piccola, troppo piccola. Poi appare qualcun’altro. Tyler. Ti guarda anche lui. Il suo silenzio è peggio di mille parole. Il modo in cui ti osserva… come se sapesse qualcosa. Come se dicesse "Hai perso. Emily ha scelto me." Ti giri di scatto, vuoi andartene, ma vai a sbattere contro qualcosa. Immenso. Vivo. Davanti a te… scaglie. Rosse, ruvide, calde di un calore che sa di fuoco e di sangue. L’essere ti sovrasta. Ti guarda con occhi affamati e antichi. Sei niente, sei carne esposta. Ma quando sollevi lo sguardo per affrontarlo, la creatura cambia. Si contrae, si piega su se stessa… e diventa lei. Tua madre, Zarneth. La sua voce non serve, basta il suo volto. Disappunto. Giudizio. Nella sua mano, una matassa di fili dorati, infiniti. E tutti… tutti sembrano puntare dritti verso il tuo collo. Il panico ti attanaglia. Ma le gambe non rispondono, le parole si spengono in gola. E poi… due occhi. Neri. Nel cielo rosso alle spalle di tua madre. Immobili. Eterni. “Sei più potente di così… così meravigliosa.” Una voce che ti rimbomba nel cranio. Profonda, carnale, aliena. Mai sentita prima. Sbatti le palpebre. Il mondo è cambiato. Ora sei seduta su un trono di pietra viva, alto e possente. Le tue gambe nude sfiorano i braccioli, la pelle contro la pietra è calda, vibrante. I tuoi piedi sono poggiati sulla schiena nuda di un uomo. É il bastardo del vicolo, chino e messo a modi poggiapiedi. Indossi solo un paio di mutandine, proprio come nel momento in cui ti sei sentita messa più a nudo… ma ora ti senti attraente, sicura di te, potente! Nella tua mano, una matassa di fili. La tieni senza sforzo. Alcuni fili dorati finiscono come collari ai colli di figure in ginocchio ai tuoi piedi. Emily. Tanaka. Orion. Sono nudi. Ma non c’è volgarità, non c’è pudore. Solo sottomissione. Solo equilibrio. Solo potere. Gli altri fili, più pallidi e anonimi, si diramano come radici. Imbrigliano i colli di una moltitudine di persone… dí oggetti: Tyler, Nathan, le amiche di Emily, compagni di scuola che ti devono favori… ora sono lì, ai tuoi piedi. Inchinate. Quando apri gli occhi, nella tua camera da letto filtra solo una lieve e pallida luce mattutitina. La sveglia suona impietosa, rivelandoti che era solo un sogno e che dovrai affrontare un nuovo giorno a scuola. Off game Mi sono piaciuti un sacco tutti gli ultimi tuoi post più riflessivi! Fanno capire meglio la profondità del personaggio. Ps. Ti senti bene al risveglio.. anche quando ti guarderai allo specchio il taglio sul labbro sarà quasi guarito. Torni a vita piena. @Ghal Maraz Nathan Clark Una volta tornato a casa, sei entrato quasi in punta di piedi. Tua madre ti ha rivolto uno dei suoi sguardi a metà tra l’apprensivo e il sollevato — “Sei tornato... meno male. Avevo iniziato a preoccuparmi.” Tuo padre era già al tavolo, immerso nel suo giornale come se niente potesse mai scalfirlo. Rispondi con mezze parole, mangi qualcosa in fretta, qualcosa che sa poco di tutto. Poi ti rifugi in camera, chiudi la porta, spegni il mondo. E inizi a pensare. A quello che è successo oggi. A tutto. Al fatto che per un attimo hai avuto la sensazione netta, quasi fisica, di non essere più tu. Quella voce… quella voce dentro la tua testa. Immensa, come se ti parlasse dall’interno del cranio e dall’esterno dell’universo allo stesso tempo. Ripensi anche a Cory Edwards. A come ti ha guardato oggi. Sai che non ha chiuso la partita, che ha solo preso tempo. È ancora lì, in agguato, e potrebbe colpire quando meno te lo aspetti. E allora ti chiedi: quando finirà? Quando potrai semplicemente respirare senza sentire l’ansia salire dal petto come un veleno? E poi c’è Alice. Ti torna in mente il suo sguardo, oggi. Le sue parole. Il modo in cui ti ha sfiorato e stretto la mano. E ti chiedi se ci riproverà… e, se lo farà, tu cosa farai? Come ti vedi con lei? Riesci a immaginarlo? Forse sì. Forse no. Ti confonde. Come tutto, in fondo. Ma tra tutti i pensieri, quello che ti brucia più sotto pelle è ciò che hai percepito nella foresta. Il contatto con la Selva è stato reale. Vivo. Le voci, le risate, quella figura femminile tra la nebbia… E il messaggio. Vago, ma tagliente come una scheggia: Qualcosa si muove. Qualcosa di antico. Qualcosa che potrebbe inghiottire tutto, anche la Selva stessa. E allora ti stendi. Ma il corpo è teso. La testa piena. Ti lasci cullare dal buio come se potesse darti tregua. Alla fine, il sonno arriva. Ti trovi in piedi su un lago nero nel mezzo del bosco, ma non sprofondi. L’acqua è ferma, specchiante. Cammini, e sotto i tuoi piedi si riflettono stelle che non hai mai visto. Il cielo sopra di te cambia colore a ogni respiro — cremisi, blu cobalto, oro fuso. Sei scalzo. Indossi solo una maglietta troppo grande e pantaloni leggeri. Ti senti leggero anche tu, quasi trasparente. D’un tratto lo sguardo ti cade sul tuo riflesso nell’acqua… ti osserva, sorride, ridacchia… ma tu non stai ridendo. Lo riconosci: è l’altro te, quello più antico, quello più pericoloso. I suoi occhi brillano di luce rossastra. “Sei ciò che cammina tra due mondi…” ti dice, con la tua stessa voce ma più bassa. “Non sei fatto per stare fermo. Né qui, né lì.” Alza il braccio e punta il dito alle tue spalle. Ti volti in automatico. Darius è lì. È in ginocchio, al centro di un cerchio inciso nel terreno. Le linee brillano di una luce inquietante, e qualcosa si muove appena sotto la terra, come serpenti o vene vive. Darius è pallido, sudato, e ha gli occhi sbarrati… ma non ti guarda. Guarda oltre te. Le sue labbra si muovono, ma non emettono suono. Quando fai un passo verso di lui, una forza invisibile ti strappa via. Voli. Ti ritrovi a precipitare dentro te stesso. Una spirale di rami ti avvolge, ti stringe, ti accarezza. E ancora quella voce: “Uno di voi è stato toccato. Uno di voi porta l’eco di lei.” Poi, tutto tace. Il silenzio è assordante. E ti svegli. La stanza è immobile. Un filo di luce bianchissima filtra dalla tapparella. Le lenzuola sono aggrovigliate attorno alle tue gambe, il cuore batte ancora troppo forte. Ti é rimasta addosso solo la sensazione dello strano sogno che hai fatto… @Theraimbownerd Orion Kykero Tua madre non dice altro. Ti guarda, però. E quel suo sguardo fermo, profondo, quasi chirurgico è come una lente che cerca crepe in una superficie appena verniciata. Si limita a salutarti, senza un sorriso, e aspetta che esci dal suo studio. Non le rispondi. Non serve. Rientri in camera, richiudi la porta dietro di te. Il silenzio ti accoglie come un rifugio e una trappola. Ancora qualche messaggio con Alice: vi date appuntamento per domani a scuola, niente di eccezionale, ma fa parte del rituale. E anche quello conta. La sera scorre liscia, piatta. Cena in famiglia, le solite dinamiche. Le gemelle ridono troppo forte, tuo padre si nasconde dietro i notiziari, tua madre lancia osservazioni sottili come lamette. Ma alla fine… niente di nuovo. Niente da combattere, per una volta. Dopo aver dato la buonanotte a Diana e Juno, ti ritiri definitivamente nella tua stanza. La luce giusta, la playlist giusta, il profumo sulle lenzuola. Ti spogli con calma, ti guardi allo specchio, come ogni sera. Vuoi ricordarti chi sei. Chi stai cercando di diventare. Disteso nel letto, i pensieri tornano. La festa. Il piano. Il desiderio di cancellare l’onta, di riscrivere l’immagine che Jeremy ha cercato di incidere sulla tua pelle. Non sei quello della foto. Lo sai. E glielo dimostrerai. Ti ripeti che quel corpo è tuo. Che sei tu a decidere come usarlo, come mostrarlo. Non loro. Ma poi i pensieri si muovono, migrano. Tua madre. Le sue pressioni. Il peso del sangue. Il disprezzo sottile che lei maschera da protezione. E, infine, il sonno ti avvolge. Scivoli via. Il sogno arriva morbido, come nebbia che si insinua tra le ciglia. Ti ritrovi su un palco. Un teatro immenso, silenzioso, completamente vuoto. La platea è una massa indistinta di ombre immobili. I riflettori sono tutti su di te. Indossi un abito che non riesci a definire: è stretto ma leggero, cambia forma ad ogni movimento. È fatto di qualcosa che assomiglia alla seta e al metallo fuso, insieme. Ti muovi, e senti ogni passo vibrare sotto i tuoi piedi nudi. Sei tu… eppure sei un’immagine di te che non hai mai visto. Senti gli occhi di tutti addosso, anche se non c’è nessuno. Poi il sipario si apre. Dalle quinte esce una figura alta. Cammina lentamente. Ha qualcosa di ambiguo, di sfuggente. Poi la riconosci: è Ana. Ti si avvicina e il modo in cui ti guarda non ha nulla di umano: ti attraversa. Non osserva, scava. Come se leggesse ogni pensiero, ogni paura, ogni esitazione. Non ti dice nulla, ma le sue labbra si muovono. Le parole non escono… ma tu le senti, nella testa. “Tu sai di non essere quello che sembri. Come me.” Poi sparisce. Come se non fosse mai stata lì. La luce si spegne in un lampo, lasciandoti da solo, al centro del palco, nudo di ogni cosa che ti proteggeva. Ma non c'è vergogna. Solo verità. Ti svegli di colpo. Il battito accelerato, la bocca asciutta, la stanza immersa nel silenzio della notte. la sveglia segna che sono le 5.39… Non ti sarebbe rimasto comunque ancora molto da dormire, visto la lunghezza dei tuoi rituali di preparazione mattutini. Ripensi al sogno… ad Ana. Perché proprio lei. La cosa ti incuriosisce. @SNESferatu Ana Rivero La tua stanza è silenziosa, illuminata solo dalla luce tenue della lampada sul comodino. Nessuno che bussa alla porta, nessuno che pretende niente. Finalmente. Ti siedi alla scrivania, prendi quei fogli lisci e la tua matita preferita, quella che ormai è quasi ridotta a un mozzicone. Non pensi. Tracci. Lasci che la mano scivoli sul foglio, che il segno venga da solo. Il primo disegno è una figura femminile. Non bella nel senso classico. Le spalle sono appena asimmetriche, c’è un’imperfezione nella curva delle labbra, un’ombra sotto un occhio. Ma è viva. È reale. E sei tu. Non ci metti molto a capirlo. L’hai disegnata senza pensare, ma eccola lì: sei tu. Senza filtri, senza aggiustamenti. Forse, più vera che quella allo specchio. A destra della figura compare un’altra ragazza. È quasi eterea. Morbida nei contorni, come fatta di luce calda. Gli occhi grandi, sereni. E in mano… cos’è quello? Un orsetto gommoso. Una caramella, davvero? Ti viene da ridere. Eliza… Ti fermi, guardi il disegno. Qualcosa ti dà fastidio. Ti senti osservata. Allora riprendi a disegnare. Non puoi lasciarla sola, quella scena. C’è qualcosa — qualcuno — che deve stare lì. Le linee che tracci adesso sono dure, spezzate. Artigli lunghi, zampe disumane, un corpo contorto. Non ha le corna come la creatura del bosco… ma è comunque un mostro. Ha una targhetta appesa al collo. Senza pensarci, ci scrivi sopra: Coach Moss. Rimani un momento a guardare quel nome. Ti si stringe lo stomaco. Poi cambi foglio. Non puoi evitarlo. Devi disegnare l’altro. Quello vero. Quello che avete incontrato nella foresta. Quello che ha ucciso Darius. Le mani ti tremano un po’, ma continui. Quelle corna, quegli occhi scheletrici, la postura innaturale, quel senso di fame primordiale. Il foglio prende vita sotto di te. Ti senti fredda, distante. Ma non abbastanza da ignorare l’ansia che ti si annida sotto pelle. Darius. Ti blocchi. Tendi l’orecchio. Il cuore ti batte forte, come se da un momento all’altro potessi sentire una sirena in lontananza. Ma fuori c’è solo silenzio. Nessuno urla. Nessuno corre. Lo avranno già trovato? È ancora là? Avresti dovuto dire qualcosa? Avvisare qualcuno? Il dubbio ti lacera, come un peso sul fondo del petto. Le mani continuano a muoversi. Schizzi senza logica. Volti, frammenti, occhi, corna, mani intrecciate. Tutto si sovrappone, si mescola. Alla fine crolli, la guancia appoggiata sul bordo del tavolo, tra i fogli e la matita. Ti addormenti così, senza nemmeno accorgertene. Il sonno sembra sereno… almeno all’inizio. Poi, appena prima di svegliarti, come in un lampo che taglia l’oscurità, vedi il viso deformato di suor Margareth. Gli occhi… due pozzi neri, immobili, profondi. Ti osservano con qualcosa che non sai se è odio, compassione… o entrambe le cose. Una voce ti risuona ancora vaga nella testa, sottile come un sussurro sgraziato: “Così… pura… così imperfetta!” Ti svegli di soprassalto, col cuore che batte più forte del dovuto. Il viso stropicciato. Inspiri piano. Nonostante tutto, ti senti in forma. Come sempre. Solo… ancora un po’ fuori posto. Poi ti volti. Lo sguardo cade sul foglio rimasto sulla scrivania, quello su cui avevi posato la testa prima di crollare. E resti lì, immobile. Il disegno ti cattura subito. É bello… molto bello… Non ricordi nemmeno di averlo fatto, eppure è tuo, lo riconosci. Una figura femminile ti fissa dal foglio. Ha folti capelli neri che le scivolano lungo la schiena, due corna contorte che si piegano prima verso l’alto e poi giù sui lati del viso. Gli occhi… quegli occhi… sono pozzi d’oscurità. Proprio come quelli della suora. Ma più vivi. Rimani imbambolata, incapace di distogliere lo sguardo. Non capisci bene cosa significhi, né perché l’hai disegnata… Off game Guardare nell’abisso: 10+1=11 successo pieno @Voignar Darius Whitsand Dopo aver concluso le tue ricerche, sei semplicemente collassato sul letto. Il corpo ti urlava dolore da ogni singolo muscolo, ogni nervo era teso e infiammato, la testa sembrava sul punto di esplodere. Gli occhi bruciavano come se fossero stati immersi in sabbia calda, e alla fine non ce l’hai fatta più: li hai chiusi, quasi con rabbia, lasciandoti andare. La notte ti ha avvolto in un tumulto di sensazioni sfocate, voci confuse, immagini che si mescolano e si dissolvono. Ti svegli spesso, o almeno così ti sembra. Ma ogni volta non sei davvero sveglio. Sei in quello stato strano, a metà tra sogno e delirio, come quando si ha la febbre alta e la realtà diventa una massa ovattata e informe. A tratti sei convinto di essere cosciente. Poi capisci che stavi solo sognando. O viceversa. Ricordi dei volti… Orion, che si pavoneggia come una reginetta del ballo, teatrale e luminoso, sotto un riflettore immaginario. Poi Nathan: lo vedi, furioso, che urla contro qualcosa che non riesci a distinguere… una figura? Un’ombra? Scarlett… Sei seduto accanto a lei. State parlando. La stai convincendo a non fare nulla a Nathan. Poi compare Ana. Ana? Ti guarda dall’alto, mentre sei a terra. I suoi occhi ti studiano come se fossi un esperimento mal riuscito… poi si volta e corre via, scomparendo in un battito di ciglia. E infine, compare il suo volto. Quello scheletrico. Con le corna da cervo. Ti guarda. Non dice nulla. Ma sei tu che urli. Ti svegli di soprassalto. Il respiro corto. Il sudore ti bagna la fronte, la nuca, il petto. Le lenzuola sono madide, come se avessi dormito in una sauna. Fuori è ancora freddo, siamo a marzo… ma il tuo letto è un inferno umido come negli agosto più caldo. Ti tiri su a sedere, il cuore che martella come un tamburo impazzito. Ti tocchi il petto, le braccia, il collo. Cerchi qualcosa… qualsiasi cosa. Ogni dolore è sparito. Muovi le gambe, i piedi… Stai bene… Anzi… in realtà ti senti in forma, come non mai. Ti alzi in piedi e ti osservi allo specchio. Lo sguardo ti cade su una piccola macchia nera alla base del tuo collo. Abbassi lo scollo della tua maglia, te la levi. No, non è una macchia… e’ una sorta di tatuaggio… un marchio: una mezzaluna che sovrasta una specie di spada a forma di croce. Off game Sei completamente guarito. Recuperi le 3 ferite.
  7. @SNESferatu il disegnare così mentre lasciandare la mente rappresenta il tuo guardare nell'abisso, ricordo bene? La domanda che ti poni e di cui cerchi la risposta quindi è: come mai quella creatura si trovava lì?
  8. Si.. nel tuo post ci sono attivindue momenti distinti ma vicini.. il dialogo con tua madre (che puoi anche far concludere se non hai nulla da risponderle) e quello poi in camera tua in cui stai sentendo Alice al telefono e che dovrebbe essere la tua scena conclusiva di questo primo giorno.
  9. Io ho iniziato a rispondere a voi 4 per vedere di portare a termine questa prima giornata.. adesso in base alle vostre risposte vorrei cercare di chiudere questo lunedì nel prossimo post al massimo e poi passare al martedì mattina... senno veramente capitano troppe troppe cose tutte subito 🤣
  10. @TheBaddus Scarlett Bloomblight «Oh… bene dai! Mi fa piacere che tu ti sia ripresa!» La voce di Emily ti arriva nitida e sincera dall’auricolare, calda, quasi rassicurante. Alla tua domanda successiva, però, scatta in una risatina leggera. «Sono stanca morta… maaa… allenamento a parte, tutto sommato bene.» Segue una breve pausa, un attimo in cui, forse, realizza che la tua domanda era più profonda, più personale. Che non parlavi solo di pallavolo. «Alla fine oggi ho parlato un po’ con Ty, prima dell’allenamento, e… devo dire che mi ha fatto bene. O meglio… non so se siano state le chiacchiere con lui o il fatto che mi sono sfogata poi giocando!» Ride di nuovo, con quella risata aperta che conosci fin troppo bene. Non sembra minimamente rendersi conto di quanto fastidio ti provochi sentirla nominare Tyler in quel tono. E come se non bastasse, rincara la dose con leggerezza: «Ah, a proposito… Alla fine Nathan gli ha scritto, dice che vuole scusarsi. Dovrebbero parlarsi domani mattina. Mi sembra il minimo, no?» Forse dici qualcosa, forse no. Qualunque sia la tua risposta, Emily la ascolta e poi lascia scivolare un silenzio tra voi, spezzato solo da un lungo sbadiglio che senti chiaramente anche attraverso il telefono. «Scusami, Scarlett… Sono davvero stanchissima. Non vedo l’ora di collassare sul divano… o direttamente sul letto.» Le sue parole ti colpiscono come un colpo in pieno petto. Eccola, la conferma che l’uscita che avevi sperato non ci sarà. «Ehm… grazie per esserti proposta di fare due passi stasera, davvero… Sei un’amica. Ma non credo proprio che riuscirei a stare in piedi più di altri dieci minuti.» C'è un attimo di silenzio, poi la sua voce torna, un filo più incerta, forse intuendo la tua delusione: «Però ti prometto che domani mattina a scuola ti racconto tutto. Il motivo per cui stamattina ero un po’ pensierosa… Niente di grave, o almeno spero. Comunque c’entra Noah.» La chiamata si conclude poco dopo. Resti lì, seduta sul pavimento della tua stanza, la schiena appoggiata al letto, ancora mezza nuda. Con il telefono ancora in mano e un vuoto che senti crescere, lento, sotto pelle. Off game Scusa quest’ennesima mazzata di fine giornata per Scarlett eheh… giusto per non sfalsare le narrazioni con gli altri pg… ovviamente Scarlett potrebbe tirare mille fili per obbligare emily a uscire lo stesso se volesse 😂😂 purtroppo però giocando via forum bisogna cercare di far procedere tutti più o meno in pari eheh.. @Ghal Maraz Nathan Clark Appena controlli il telefono, la schermata si illumina debolmente tra le dita fredde. Una notifica sola, mezza sepolta dallo sfondo scuro: Mamma "Nathan, dove sei? È tardi. Dovevi essere già tornato da un pezzo. Per favore rispondimi appena leggi, sto iniziando a preoccuparmi." (Inviato 38 minuti fa) Chiudi lo schermo. Inutile rispondere: nessuna barra, nessuna tacca. Come sospettavi. Come quella volta. Tua madre è sempre stata apprensiva, anche troppo. Una di quelle che sente il bisogno di scriverti se tardi dieci minuti o se piove forte mentre sei fuori. Ti fermi all’improvviso. Non perché hai scelto di farlo, ma perché il bosco sembra averti chiesto di fermarti. L’aria è cambiata. Più fredda, più rarefatta. Il rumore dei rami si è smorzato in un silenzio irreale, sospeso. Domandi se c’è qualcuno una prima volta… nessuna risposta… poi una seconda… ancora nulla.. Ma poi… ecco. Risate. Poche, leggere, come campanelli immersi nell’acqua. Non sai da dove provengano: da sinistra, da destra, da dentro di te? Ti giri, più volte, e ogni volta ti sembra di scorgere qualcosa: una sagoma tra le betulle, una mano dietro un ramo, una figura che svanisce appena provi a fissarla. Il muschio sotto i tuoi piedi diventa più spesso, più morbido, quasi caldo. L’umidità nell’aria ha odore di fiori e di qualcosa di dolce, quasi dimenticato. Il paesaggio cambia. Senza che te ne accorga davvero, sei oltre. Nella selva, ma anche oltre la selva. Come se la realtà si fosse piegata. La luce qui è diversa: perlacea, né giorno né notte, sospesa in una sfumatura che esiste solo nei sogni. Davanti a te, nella nebbia argentea, vedi la sua figura. Una donna. O qualcosa che ne ha la forma. Bellissima. Alta, eterea, con lunghissimi capelli che si confondono con le ombre degli alberi. La sua pelle ha il colore del marmo bagnato, e i suoi occhi, se riesci davvero a chiamarli così, sembrano contenere riflessi che non appartengono a questo mondo. Non parla. Non subito. Ma ti guarda. Ti vede. Quando la sua voce finalmente arriva, non è un suono. È un pensiero che ti attraversa, come se fosse sempre stato lì. «Piccolo sperduto Nathaniel! Ancora resisti! Ancora brami il regno dei mortali! Eppure sei qui!» Deglutisci, a metà tra il terrore e il fascino. «Cerchi risposte… La selva sussurra quando qualcosa la lacera. Tu lo senti, vero? Tu sei parte del legno e della carne di questo luogo, ormai… Una fame si muove sotto le radici. Antica. Non spirito… no. Non come noi. È primordiale. Prima del canto e della forma. È inascoltata da secoli… ma il silenzio sta finendo.» Cerchi di chiederle cosa sia, cosa vuole. Ma le parole non escono. Hai solo pensieri confusi, contorti. Avverti nuovamente delle risate… risate che pian piano sembrano trasformarsi in lamenti. Ti guardi attorno, alla ricerca della fonte di questa cacofonia disturbante. Nulla… poi ogni cosa scompare, compresa la figura femminile. Non all’improvviso. Ma come nebbia che si disperde lentamente. Come ricordi sognati al mattino. E tu resti lì, in piedi, con la gola stretta e il cuore che batte forte. Solo nel freddo del tardo pomeriggio della foresta di Liliac Hollywood. Ti senti spossato… come se, aver creato questo ponte con la Selva ti avesse prosciugato ogni energia. Off game guardare nell’abisso: 9-1=8 @Theraimbownerd Orion Kykero Tua madre si acciglia appena. I suoi occhi ti scrutano con attenzione, valutano forse ogni sfumatura delle tue parole. «La foresta...» dice alla fine, con tono misurato. «Non è un luogo neutro. Ci sono forze là fuori, Orion. Spiritelli... esseri che giocano con le emozioni degli uomini, che tentano i cuori più deboli con visioni, illusioni, impulsi che non appartengono a chi li prova davvero. Può essere… può essere che il tuo amico sia stato tentato da una di queste quella volta che è sparito nel bosco!» Fa una breve pausa, poi continua con una calma più ferma. «Ma tranquillo caro, noi siamo protetti. La benedizione della Dea ci guida, ci avvolge. Il suo potere è ben più antico e più grande di quello di quelle piccole, fastidiose creature. Finché restiamo fedeli, nulla può davvero toccarci.» Il suo sorriso, appena accennato, vorrebbe forse rassicurarti. Ma tu lo senti… qualcosa in quelle parole suona come le solite storie religiose: diavoli, tentazioni, castighi. La narrativa che hai sentito mille volte da quando sei piccolo. Eppure… quegli occhi rossi, la furia disumana che hai percepito in Nathan... era reale, tangibile. Non sembrava affatto solo frutto di superstizione o paura. @SNESferatu Ana Rivero Quando finalmente smetti di correre, riprendi fiato e ti guardi attorno. L’unica certezza, in mezzo al caos della mente, è che sei arrivata a casa. La villetta è una di quelle da copertina: mattoni chiari, giardino sempre curato da qualcuno che non sei tu o i tuoi genitori, vetrate ampie e tende costose, il tipo di posto dove si respira benessere anche quando dentro si sta male. In un'altra vita potresti persino dire che è bella. Appena apri la porta d’ingresso, ti investe il profumo familiare del diffusore agli agrumi. E quasi subito, la voce di tua madre ti raggiunge dalla cucina: «Tesoro! Finalmente! Sei stata fuori più del previsto... Hai fatto qualcosa dopo scuola?» fa capolino nel corridoio, sorridendo con affetto. «Hai fatto qualche nuova amicizia oggi?» La sua voce è piena di entusiasmo, quello di chi crede davvero che ogni giornata possa essere una nuova, meravigliosa scoperta. Lo stesso che si usa rivolgendosi a una bambina di sei anni al suo primo giorno di scuola. Senti il rumore della doccia provenire dal piano di sopra: tuo padre è già tornato. Significa che la cena è vicina, le domande anche. No, non hai voglia. Non stasera. Cerchi di eludere il più velocemente possibile la conversazione con tua madre e te ne vai verso le scale prima che possa farti sedere con una tisana e un’altra domanda. Appena chiudi la porta della tua stanza alle spalle, finalmente riesci a respirare un po’. La tua camera è un disastro. Non nel senso tragico, ma in quello profondamente tuo: schizzi e disegni sparsi ovunque, alcuni abbandonati a metà, altri appallottolati per terra. Il cestino è pieno, ma i fogli hanno cominciato a vivere anche fuori dai suoi confini. La scrivania è una guerra tra matite, pennarelli, fogli e tazze vuote. Tutto il contrario dell’immagine ordinata e impeccabile che la gente ha di te a scuola. Forse è per questo che ti piace. Ti lasci cadere sulla sedia, ancora con i vestiti addosso, e sblocchi il telefono. La notifica è lì, lampeggiante. Max. Ana va tutto bene?? Per favore dimmi che stai bene. Greg, Sean ed io stiamo tutti bene, non ci ha seguiti... credo. Ma cavolo, è successo davvero? Le sue parole sono un miscuglio di panico e adrenalina, come se avesse appena assistito a un film horror che però non finisce quando scorrono i titoli di coda. Lui però non è restato abbastanza per vedere tutto… lui non sa nulla di cosa sia successo a Darius.
  11. Ottimo.. quindi di base che risposta vai cercando dall'abisso? Qual'è la domanda che più frulla nella mente di Nathan in questo momento?
  12. Dimmi tu... se per te girare a zonzo nella Selva assorto nei suoi pensieri può essere un buon espediente per creare un "ponte" che metta nathan in contatto con l'abisso dentro di lui allora si attiva la mossa. Se invece mi dici che pensavi a qualcosa di più specifico, tipo fare un rituale alla luce della luna nella particolare radura X intonando canti e balli folcloristici, non si attiva. Si, infatti stavo già pensando a questa eventualità per non dover tenere fermi gli altri. E la condizione che ha scarlett diciamo che mi da già anche un valido spunto eheh..
  13. Un piccolo recap: @TheBaddus scarlett in teoria ha da giocare la scena della serata con emily @Ghal Maraz nathan si sta perdendo nel bosco.. sta cercando delle risposte in particolare? Potrebbe essere il suo modo per "guardare nell'abisso"?? @Theraimbownerd la giornata di orion sembra volgere finalmente al termine.. o ha programmi per la serata? @SNESferatu ana è corsa finalmente a casa... potrebbe interagire un po coi genitori? Ha programmi per la serata? @Voignar darius è stremato.. immagino non abbia troppe energie residue per fare chissà che in serata.. Giusto per capire quanti e quali scene vogliamo ancora giocare prima di passare al giorno successivo. Nel caso la maggioranza avesse finito le cose interessanti da raccontare in questo primo lunedì al massimo si può andare avanti e giocare le scene conclusive degli altri sotto spoiler come flashback
  14. @Ghal Maraz Nathan Clark L’appuntamento con Alice si è appena concluso. Perché si… alla fine di quello si è trattato… un appuntamento. Non è stato un disastro dal tuo punto di vista, ma probabilmente neanche quello che lei si aspettava. Ti chiedi se si sarebbe potuto concludere diversamente se questa giornata non fosse stata così assurda, così carica di eventi che ancora adesso ti scivolano addosso come pioggia che non riesci ad asciugare. È stata lei a invitarti. Perché? Si aspettava qualcosa da te? Un gesto, una risposta, un segnale? Forse. Ma oggi tu non eri pronto. E, a dirla tutta, nemmeno lei sembrava esserlo. Le storie con Cory Edwards e con Tyler in mensa, poi, ti hanno proprio prosciugato. Con Ty sai che probabilmente riuscirai a chiarirti e scusarti… con Edwards invece come andrà a finire? Con un bel cazzotto in faccia? Il tuo naso rotto sotto il suo pugno? O non si accontenterà di così poco? Hai detto la tua, hai lottato per ciò in cui credi. Hai fatto bene, vero? Eppure c’è quella voce, in fondo alla tua testa, che si domanda se non ti sei esposto troppo, se non hai oltrepassato un confine che il vecchio te non era ancora pronto a varcare. È stata la Selva, a spingerti fin lì? Sei tu che hai parlato… o era lei a parlare al posto tuo? E quella voce? Quella che ti é riecheggiata dentro quando hai perso il controllo… Era sempre la Selva? Hai bisogno di risposte. Ed è per questo che ora ti ritrovi qui. Senza nemmeno accorgertene, i tuoi passi ti hanno già portato oltre il limite del bosco. Dentro. Dentro la Selva. L’aria di marzo è tagliente, odora di freddo e legno, di erba umida e foglie morte. La luce si spegne in fretta, come se il sole avesse già deciso di abbandonarti. I rami nudi scricchiolano al vento, i cespugli si muovono appena, e in mezzo a tutto questo c’è quel silenzio: vivo, attento, come se ti stesse ascoltando. Senti una calma strana nel tuo petto… Come se, nonostante tutto, questo fosse il posto giusto per te. Però l’avverti ancora… un costante e spiacevole senso di inquietudine. I tuoi piedi continuano a muoversi. Non sai se stai seguendo un sentiero, o se il bosco ti sta conducendo da qualche parte. Dove stai andando, Nathan? La domanda si fa largo dentro di te, sottile come una lama. @TheBaddus Scarlett Bloomblight Il telefono di Emily squilla a vuoto più del previsto, tanto che inizi quasi a convincerti che non risponderà. Stai per interrompere la chiamata quando, all’improvviso, la sua voce ti raggiunge attraverso l’auricolare. «Scarlett?» La sua voce si perde nel sottofondo di rumori confusi: un brusio concitato, acqua che scorre, e risate femminili. «Posso richiamarti tra… tipo dieci minuti?» Non aspetta nemmeno la tua risposta. La linea si interrompe subito dopo. Passano così quindici minuti abbondanti, trascorsi stesa sul letto, con il telefono in mano e la mente che continua a rincorrere le stesse immagini confuse della giornata. Poi finalmente: lo schermo si illumina, il cellulare vibra, e compare il suo nome. «Ehi, Scarlett… eccomi!» Questa volta la sua voce è limpida, nessun rumore di sottofondo. «Avevo appena finito gli allenamenti con la squadra, ero in spogliatoio…» fa una breve pausa. «Tu come stai? Spero ti sia ripresa dopo oggi… sei scappata via così, all’improvviso…» Poi tace. Resta in silenzio, come se stesse cercando le parole giuste. Non ha ancora accennato all’uscita di stasera. @SNESferatu Ana Rivero Deglutisci. In tutta la tua vita non hai mai provato una paura simile. È una sensazione che ti paralizza… eppure, allo stesso tempo, ti fa sentire incredibilmente viva. Non sai se sia l’adrenalina, un istinto primordiale, o solo qualche strana routine automatica che si attiva nella tua testa per tenerti in funzione… ma ti senti allerta. Carica. Pronta a reagire. Scatti una foto. La creatura è distante, in movimento, mentre sparisce dietro un grosso tronco. Non sarà certo candidata a miglior foto dell’anno, ma è nitido abbastanza da distinguere una figura umanoide con un enorme teschio di cervo. Un’immagine disturbante. Reale. Ti muovi subito dopo, seguendola a distanza. La osservi avanzare a passo deciso, come se sapesse perfettamente dove sta andando. Non esita mai, non guarda indietro. Dopo circa cinque minuti, la vedi bloccarsi accanto a un tronco caduto. Solleva un braccio e punta un dito lungo e scheletrico verso qualcosa, o qualcuno. Segui la direzione del gesto. Non hai una visuale perfetta dal tuo nascondiglio, ma riesci comunque a distinguere una figura tra le rocce. Ti sporgi appena, trattenendo il respiro. È un ragazzo. Lo riconosci. Darius. È accucciato nel mezzo di un cerchio di pietre. Quando nota la creatura si alza, lentamente, e allarga le braccia in un gesto che sembra una resa. Leggi lo spavento chiaro sul suo volto. «Ehm… salute a… te, Spirito… con che nome, titolo o attributo posso rivolgermi a te?» La creatura non risponde subito. Poi, dalla testa scheletrica, esplode una litania oscura. Parole sconosciute, distorte, che ti provocano un brivido lungo la schiena. È come se il suolo vibrasse, impercettibilmente, sotto i tuoi piedi. Succede tutto in un lampo. Un bagliore si accende tutto attorno a Darius, proveniente dalle rocce. Il ragazzo viene sollevato da terra, le braccia tese, come paralizzato. Il terrore sul suo volto si trasforma in puro dolore. I suoi muscoli si contraggono, scossi da una tortura invisibile. Poi, di colpo, crolla al suolo come un burattino a cui hanno tagliato i fili. Vorresti correre, gridare, fare qualcosa… ma sei inchiodata dalla paura. La creatura si avvicina al corpo immobile di Darius. Lo osserva per lunghi, interminabili secondi. Mormora qualcosa che non riesci a cogliere. Poi si raddrizza. E si volta. Verso di te. Trattieni il fiato. No. Non ti ha vista. Ma… sta tornando indietro. Sta camminando nella tua direzione. Non aspetti un secondo di più. Ti rialzi, e fuggi. Via da quella cosa. Da quel mostro. Corri in un modo che farebbe impallidire perfino il coach. Quando finalmente ti arresti, dopo almeno dieci minuti, senti il tuo cuore battere all’impazzata. Hai il fiato corto. Off game Ti ho fatto fare un tiro su mantenere il controllo per vedere se riuscivi a mantenere il sangue freddo e scattare la foto e seguirlo: 10-1=9 successo parziale. Poi scusa se sono andato avanti veloce senza lasciarti la possibilità di agire, ma era per evitare distorsioni di trama con quanto già narrato a Darius. @Voignar Darius Whitesand La luce fioca della lampada da scrivania tremola appena, come se anch’essa fosse stanca quanto te. Hai sparpagliato libri ovunque. Tomi polverosi, volumi ingialliti dalla rilegatura rigida, alcuni ereditati da tuo nonno, altri sottratti di nascosto dalla biblioteca riservata di tuo zio Samuel. Le pagine sfregano sotto le dita, mentre le sfogli con crescente frustrazione. La testa pulsa a ogni battito. Ti fanno male le tempie, le articolazioni, le ossa… come se avessi davvero subito qualcosa, non solo nella mente. Ogni muscolo protesta, ma non riesci a fermarti. Devi capire. Cerchi con ostinazione parole chiave: rituali del sangue, simboli arcaici, creature con corna, cervidi nel culto stregonesco. Niente di preciso. Solo frammenti. Mitologie confuse, frammenti rabbrividiti tra le righe di testi dimenticati. Molti capi sciamano dei nativi americani erano soliti intonare canti rituali ornati con monili e teschi di animali, tra cui anche cervi. In un vecchio compendio sul folclore pre-cristiano, trovi però qualcosa che ti colpisce. Una pagina stropicciata, a margine di un capitolo dedicato ai culti oscuri e ai “figli di Lilith”. Il passo è vago, tradotto male da un originale aramaico, ma alcuni dettagli ti gelano: "...alcuni prescelti vengono marchiati, non per morire, ma per servire. L’Alba li riconosce. L’Alba li chiama. Non possono raccontare. Possono solo cercare…” Ti scosti dalla scrivania per un momento, la fronte madida di sudore. Ogni parola è come un ronzio in testa. Ti sembra quasi di sentirla parlare di nuovo, quella voce cavernosa… “Accogli l’alba”. Ma cosa significa? E perché proprio tu? Continui a leggere, ma le frasi cominciano a confondersi nella tua testa. Le lettere sembrano muoversi, danzare. Alcune righe si mescolano a versi completamente diversi, che giuravi non fossero lì un attimo prima. È come se il libro stesso cercasse di farti perdere la concentrazione. Ti sforzi, ma sei giunto al limite oltre il quale non riesci più a spingerti. Off game Guardare nell’abisso: 5+2=7 @Theraimbownerd Orion Kykero Bussi con calma e, dopo aver sentito il suo “Avanti”, entri nella stanza. Tua madre è in piedi davanti alla scrivania, la mano ancora appoggiata sul suo smartphone. Quando si volta, il suo volto si distende in un sorriso compiaciuto. “Orion!” dice con tono misurato, ma soddisfatto, “mi è giunto l’eco del rituale. Mi fa piacere sapere che tu e le tue sorelle abbiate conferito con la Dea.” Fa una breve pausa, sorridendoti benevola, ma con la sua solita aria composta. “Spero che la Dea ti abbia concesso le risposte che cercavi.” Quando le rispondi che è andato tutto a buon fine, per un istante cogli qualcosa nel suo sguardo: sorpresa?? Una frazione di secondo, subito dissimulata da un sorriso garbato. “Bene!” dice. Poi, con tono casuale: “Com’è andata a scuola oggi?” Una domanda innocua. Ne hai sentite a decine. Ma detta ora, suona quasi come un modo per distogliere l’attenzione dal discorso precedente. Dopo esserti congedato, una volta in camera tua, finalmente lontano dai suoi occhi, ti lasci cadere sul letto. Mentre stai per toglierti le scarpe, il telefono vibra. Un messaggio su WhatsApp. È Alice. “Hey Orion, come va?? Oggi alla fine sono uscita con Nathan… Sono appena tornata a casa… Boh… Non è andata proprio come speravo. Ci sentiamo dopo?”
  15. Te lo chiedo più che altro perché sei a 3 ferite su 4... in questo non tanto il tuo corpo, ma la tua mente sono a un passo dall'incrinarsi.. un fallimento potrebbe avere delle conseguenze interessanti 🤣
  16. @Voignar fare ricerche tra i libri lo vuoi comunque considerare un guardare nell'abisso per Darius? Oppure solo se fa qualche rituale si attiva la mossa?
  17. Come ho scritto nel post: le foto ci sono.. però sono delle foto di semplici e banalissime rocce.. nessuna traccia dei simboli runici e del sangue che hai visto. Comunque mai rendere le cose troppo semplici ai giocatori ahahah A parte gli scherzi.. in generale in questo tipo di narrazzioni sono più per evitare che il png adulto sia una facilitatore e risolutore della situazione.. i png adulti devono in buona parte complicare ulteriormente la vita dei pg adolescenti.. o come minimo lasciarla inalterata.. Per questo ho pensato a questo escamotage
  18. @TheBaddus Scarlett Bloomblight Quando rispondi a tua madre, ti prepari al peggio. Ti aspetti un’esplosione, una frase tagliente capace di ridurti al silenzio, come succede sempre. Ma stavolta no. Nulla. Rimane lì, immobile, a fissarti. Non dice una parola. Solo un accenno di sorriso, quasi impercettibile, agli angoli della bocca. Lo sguardo, invece, è il solito: fiero, implacabile. Ma non c’è trionfo nei suoi occhi… e neanche sconfitta. Solo controllo. Totale. No, non l’hai messa a tacere. Non ti ha concesso il lusso di una vera vittoria. Il suo silenzio è voluto. Calcolato. Forse per lasciarti credere, per un attimo, di avere guadagnato terreno. O forse per osservarti mentre ti dimeni come un topo che si illude di essere sfuggito al gatto. Sai bene che, se avesse voluto, avrebbe potuto annientarti con una singola frase. Ma ha scelto di non farlo. Quando ti giri per andartene, senti ancora il suo sguardo addosso. Un peso sulle spalle, come se ti seguisse anche senza muoversi. C’è disprezzo, sì… ma c’è anche qualcosa d’altro. Un’ombra sottile di rispetto. O forse fierezza. Il riconoscimento, amaro e silenzioso, che stai imparando a mordere. Ti richiudi in camera con un colpo secco alla porta. Il cuore ti batte all’impazzata, la testa è un groviglio confuso di emozioni. Fuori, la luce del sole si fa più tenue. Il pomeriggio cede lentamente il passo alla sera. Prendi il telefono. Poche notifiche: una richiesta banale da parte di uno sconosciuto — vuole sapere se una ragazza del primo anno ha una cotta per un tipo qualunque — e un messaggio da un ragazzo del quarto, uno dei tanti che ti deve qualcosa. Dice che domani potrà saldare il suo debito. Roba di routine. Tutto marginale. Ma quello che davvero ti colpisce è ciò che non c’è. Nessuna risposta da Emily. Ancora niente. Off topic No no.. va benissimo che hai dato delle sfaccettature anche tu al personaggio di Zarneth. Dopotutto lo hai ideato tu e in questo modo capisco meglio anch’io come te la eri immaginata. Comunque secondo me nessuna mossa. @Ghal Maraz Nathan Clark Sulla via del ritorno, Alice cammina al tuo fianco, ma il suo silenzio pesa più di qualsiasi parola. Vi scambiate qualche frase qua e là… un commento sul sentiero, una battuta abbozzata che non trova davvero risposta… ma qualcosa è cambiato. Lo percepisci nel modo in cui non cerca più la tua mano, nel modo in cui lo sguardo le cade spesso a terra. Come se si fosse ritratta un passo indietro. Forse si aspettava qualcosa. Un gesto, un segnale da parte tua. E tu non gliel'hai dato. Forse non eri pronto. Forse non lo sei ancora. Ma mentre il silenzio cresce tra voi, cresce anche qualcos’altro. L’inquietudine. Ti sembra di percepire una presenza. Leggera, ai margini della percezione. Un’ombra fra gli alberi, un fruscio troppo vicino. Ogni tanto ti volti, cercando il colpevole di quel rumore… una foglia calpestata, un ramo che si spezza… ma non c’è nulla. Nessuno. Eppure il bosco... il bosco non ti sembra lo stesso. Non è come quella volta, quando la Sidhe ti ha rapito via nel verde. C'è una vibrazione diversa ora. Più tesa. Più trattenuta. Come se il bosco stesse trattenendo il fiato. Il cuore ti batte un po' più forte, senza motivo apparente. Una parte di te vorrebbe deviare, tornare sul sentiero, cercare risposte. Ma ormai è tardi. E Alice è lì, al tuo fianco. Quando finalmente uscite dal bosco i lampioni della strada stanno già iniziando ad accendersi. Raggiungete una strada più in centro, dove si incomincia a vedere un po’ più movimento. Lei si ferma. Ti guarda negli occhi. C’è ancora una scintilla di speranza nei suoi. Piccola, fragile, ma viva. «Allora… ci si vede domani, ok?» Un sorriso incerto le sfiora le labbra. Poi si allontana, lasciandoti solo. @Theraimbownerd Orion Kykero Il pomeriggio ormai volge al termine. Nella camera delle tue sorelle gemelle gli ultimi timidi raggi di sole filtrano dalla finestra evidenziando il compiacimento sul tuo volto. Il rituale è riuscito. Hai sentito la voce della Madre… chiara, diretta, come raramente accade… e la sua risposta ti ha lasciato addosso una strana, euforica stanchezza. Ma soprattutto, ora hai un nome. Jeremy. Il pezzo mancante del puzzle si è infine incastrato al suo posto. E tu, con l’aiuto di Diana e Juno, hai già iniziato a tracciare il percorso per la sua rovina. Le ragazze ti salutano con un bacio sulla guancia e un ultimo sorriso complice, quindi esci in corridoio. Resti solo, per qualche istante, godendoti quella dolce stanchezza che accompagna ogni rituale riuscito. Sai che devi andare da tua madre a comunicarle l’esito della vostra cerimonia e rassicurarla che avete fatto tutto quello che era giusto fare prima, durante e dopo.. così ti incammini verso il suo studio. Non sei sicuro di trovarla, dopotutto ti ha detto che sarebbe dovuta uscire per delle commissioni, tuttavia sono passate un paio d’ore e potrebbe essere già rientrata. Quando raggiungi lo studio noti che la porta non è completamente chiusa. Ti fermi. Non è tua intenzione origliare… almeno all’inizio… Ma le parole di tua madre ti incuriosiscono e non riesci a farne a meno. Sta parlando al telefono. Lo capisci subito: il tono è controllato, e c’è quel sottile strato di formalità che assume solo quando si rivolge a qualcuno di più in alto di lei nel culto. «Sì… sì, certo.» silenzio «Apparentemente, sì. É sereno. Serena…Tranquilla. Più convinta, direi. Non sono sicura che sia solo…» altra pausa. Il tono si abbassa, più cupo «No, non gliel’ho mai detto apertamente. Ma capisce, sì. Lo sanno tutti.» sospira «Ho fatto del mio meglio per accompagnarla in questo… processo. Ha bisogno di sentirsi accettata. Per il momento la sto assecondando.» un lungo silenzio. «Ma lo sa bene anche lei… la Madre non mente. Non accoglie illusioni nel proprio corpo.» Il cuore ti si gela. «Quando verrai, lo vedrai con i tuoi occhi. Forse una benedizione chiarificatrice sarà necessaria. Prima che sia troppo tardi.» Silenzio di nuovo. «Sì, certo. Allora a mercoledì.» La conversazione si interrompe e senti che il silenzio ripiomba nello studio di tua madre. @SNESferatu Ana Rivero Il tuo grido si perde nel nulla, rimbalzando di albero in albero. Poi, solo silenzio. Nessun rumore di uccelli che prendono il volo, nessun accenno di piccole creature che scappano via spaventate. Sean si ferma, come se all’improvviso si fosse dimenticato come si cammina. Max, che aveva appena accennato un sorriso al tuo “anticlimatico”, smette di muoversi anche lui, lo sguardo che salta da un albero all’altro, come se aspettasse di vedere... qualcosa. Greg si volta lentamente verso di te. Ha gli occhi un po’ sbarrati, e per la prima volta da quando siete partiti, non sembra più solo nervoso. Sembra spaventato. Fa un mezzo passo indietro, sussurrando: “Io torno indietro. Giuro, non mi pagano abbastanza per questo.” “Nessuno ti paga, Greg!” commenta Max, ma la sua voce è tesa. Guarda in direzione degli alberi. Avverti a malapena i passi di Greg che si allontanano, nella direzione dalla quale siete venuti. Ma sei distratta da qualcos’altro. Una sensazione, come un sesto senso, ti costringe a voltare lo sguardo verso le vecchie rovine del convento. Un’arcata di pietra mezza crollata sovrasta una scalinata che sprofonda nell’oscurità del sottosuolo. Dall’ombra, qualcosa si muove. Due corna… no, non di capra. Contorte. Imponenti. Da cervo. Un teschio bianco, immobile nell’oscurità. Non pensi, reagisci. Spingi Sean e Max a terra, dietro alcune grosse rocce ricoperte di muschio. Nessuno protesta. La creatura emerge. Alta, smunta, avvolta in una tunica logora che sfiora il suolo. Quel teschio di cervo sovrasta il corpo come una maschera sacrificale. Intorno alle corna, monili e pendagli d’osso tintinnano piano al vento. Ti sporgi appena. Il cuore ti batte nel petto come un tamburo cerimoniale. La figura resta ferma. Si guarda attorno. Non sembra avervi notati. Poi, all’improvviso, si gira. Di scatto. Come se qualcosa l’avesse richiamata… un suono, un segnale che solo lei riesce a percepire. Accanto a te, i respiri di Sean e Max si fanno più rapidi. “Che… che cavolo è quella roba?” piagnucola Sean. “Non… non lo so. Ma io me ne vado!” sussurra Max, la voce incrinata dalla paura. Vorresti fermarli, ma è troppo tardi. Si muovono, furtivi ma rapidi, seguendo la stessa direzione in cui poco prima si era dileguato anche Greg. Almeno hanno il buon senso di non urlare. Rimani sola. Ti volti di nuovo verso la creatura. Non c’è più. Il vuoto dove un attimo prima dominava la scena è ancora più inquietante della sua presenza. Ti guardi intorno, il cuore in gola. E poi la vedi di nuovo: è di spalle, in lontananza, mentre si addentra nel bosco con passo sicuro. Segue la stessa direzione verso cui si era voltata poco prima. Fortunatamente, opposta a quella dove sono fuggiti gli altri. Off game @Voignar Darius Whitesand Sali in macchina, accompagnato dallo sguardo preoccupato di tuo zio. Gli racconti che sei andato nel bosco. Che hai trovato le pietre. Che i simboli erano reali, tracciati col sangue. Che lui è apparso. Alto, magro, col teschio da cervo. Le parole che ti ha mormorato. Ma lo zio ti guarda strano. Fronte corrugata, volante saldo tra le mani «Eh? Aspetta, cosa? Le… le pietre di chi? Il cervo? Cos’è che hai detto, Darius? Ripeti.» Ci riprovi. Ancora. Ma ogni volta che arrivi al punto, senti come un fastidio alla gola, un incepparsi della lingua. Parole che a te sembrano normali, che senti mentre le dici… ma che allo zio sembrano suoni spezzati, frasi sconnesse, sibili. «Ragazzo, non ti capisco. Hai detto che sei andato dove?» Un misto di frustrazione e gelo ti sale in gola. Ma non è solo confusione. È come se qualcosa stesse coprendo certe parti del tuo racconto. Come un filtro che si attiva appena sfiori quella parte del ricordo. Prendi il telefono, vuoi fargli vedere le foto che hai scattato. Ma quando apri la galleria avverti un mancamento. Una serie di foto di comunissime rocce. Nessun simbolo strano. Nessun segno di rituali. Lo zio ti osserva per un attimo, confuso, preoccupato. «Ok Darius, ora ti porto a casa! Riposerai e poi cercheremo di capire cosa ti ha ridotto così!» Tu annuisci. Vorresti risolvere tutto ora, ma la testa ti sta letteralmente scoppiando e la frustrazione è troppa. Ti abbandoni con la testa appoggiata alla schienale del sedile e, mentre il pomeriggio va a morire, ti lasci trasportare fino a casa, piombando in uno stato di dormiveglia. Quando alla fine arrivate a casa, zio Samuel ti aiuta a scendere dalla macchina. Varcate la soglia e si ferma a fissarti un attimo. “Per il momento, forse, meglio non dire niente a tua madre… andrebbe di matto!” Dice a bassa voce leggendoti nella mente. Poi, dopo un attimo di pausa. “Vai su un po’ in camera a riposarti un attimo ok? Io cerco di capire delle robe… ce la fai?”
  19. Quando compariranno davvero i draghi non ridere più nessuno 🤣🤣
  20. Ahahahah più o meno è quello che è successo. Si.. a dire il vero mi sono fatto un po di domande su come interpretare Zarneth.. del tipo come si relazzionerebbe una draghessa rossa antica con una delle giovani figlie.. probabilmente vorrebbe vederti crescere forte e fiera, mantenendo però sempre il controllo ferreo su di te.
  21. @Theraimbownerd Orion Kykero Le tue parole hanno l’effetto desiderato. Juno e Diana si scambiano uno sguardo e tu li riconosci subito, quei riflessi negli occhi delle tue sorelle: quel misto di ammirazione, entusiasmo e desiderio di vendetta. La tensione che prima aleggiava nella stanza inizia a sciogliersi, sostituita da una sorta di elettrica complicità. Juno si mette subito dritta a sedere sul letto, gli occhi accesi. «Se serve fare foto, ci penso io. Mi faccio trovare nel punto giusto al momento giusto. Sarà una foto perfetta. Magari due. Una versione per la stampa, una per la giuria popolare dei social.» Diana sorride, un’espressione sottile, ma tagliente. «E io mi occuperò della parte virale. Un paio di account, qualche messaggio ben piazzato… nel giro di ventiquattro ore Jeremy sarà più bruciato di una strega medievale.» C’è un silenzio che dura appena un respiro, poi Diana ti guarda di nuovo. Seria, ma non rigida. È solo che il lavoro va fatto bene. «Rimane solo un dettaglio, fratellone. Chi mette la roba nello zaino dello stronzetto?» Ti fissa. Non è una sfida, non è un’accusa. È una semplice constatazione: c’è sempre qualcuno che deve sporcarsi le mani. «Hai intenzione di farlo tu? O vuoi che troviamo qualcun altro?» Lo dice con naturalezza, ma sai che non è un caso. Poi aggiunge, con un sorrisetto: «Tanto per sapere chi dovrà lavarsi le mani dopo.» @Voignar Darius Whitesand Senti un attimo di silenzio dall’altro capo del telefono. Poi nuovamente la voce di tuo zio, questa volta con un tono più preoccupato. “Tutto bene, Darius?” Un’altra breve pausa, che ti fa comprendere che zio Samuel ha percepito che qualcosa non va nella tua voce. “Sto tornando ora da Burlington… Sono quasi in città… Dieci minuti e ci sono… Dove ti trovo?” Quando finalmente vedi l’auto di tuo zio svoltare nel vialetto che conduce all’ingresso del bosco, non é passato neanche un quarto d’ora. Ti senti leggermente meglio rispetto a quando ti sei ripreso, ma la testa ti pulsa ancora e fatichi a tenere gli occhi aperti per la stanchezza. Zio Samuel si accosta di fianco a te, abbassa il finestrino dal lato passeggero e fissandoti preoccupato dice “Dannazione, che ti è successo ragazzo? Presto… sali! Ti porto a casa!” @TheBaddus Scarlett Bloomblight Zarneth solleva appena un sopracciglio, scrutandoti con quello sguardo che conosci fin troppo bene: quello di una madre severa che sa esattamente quando le stai dicendo solo una parte della verità. E, come al solito, non gliela dai a bere. “Scivolata nel fango?” ripete, con un accenno di incredulità. La sua voce è piatta, ma il disprezzo filtra netto tra le righe. “Patetico. Come tuo solito.” Poi una pausa, breve ma pungente. “Come tuo padre.” Ti osserva attentamente, e capisci che sta pesando ogni sfumatura del tuo volto. Cerca una reazione. Forse per pungerti. Forse per confermare qualcosa. “Strisciare nel fango non è certo ciò che mi aspetto da mia figlia.” Le ultime parole — “mia figlia” — sono cariche di una possessività gelida, quasi minacciosa. Come se ti appartenessi a lei più di quanto tu stessa voglia ammettere. O possa ancora capire. “E stai dritta. I muri della casa non hanno bisogno del tuo aiuto per restare in piedi.” Si avvicina, lentamente. La sua postura è composta, elegante come sempre, ma c’è una tensione sotterranea nei suoi movimenti. Ti sembra quasi che stia… fiutando l’aria? “Poi?” chiede, con un tono casuale che non inganna nessuno. “Nulla, oltre a esserti coperta di ridicolo a scuola? Nulla che possa farmi provare almeno un pizzico di fierezza ad averti come prole?” Prole… una strana scelta per definire una figlia… I suoi occhi ti scrutano a fondo, più del solito. Non è solo rimprovero, quello. C’è qualcos’altro. Come se stesse cercando una crepa, un dettaglio fuori posto. Come se sentisse che qualcosa è cambiato. Che oggi, in te, c’è di più di quello che c’era stamattina. @Ghal Maraz Nathan Clark Alice ti osserva con attenzione mentre le rispondi. Di solito ha quello sguardo un po’ perso, come se stesse rincorrendo pensieri lontani… ma stavolta no. È tutta lì, con te, presente. Concentrata. «Oh, giusto! Che sbadata…» esclama, portandosi una mano alla fronte in un gesto spontaneo. Arrossisce appena, accennando un mezzo sorriso. «È naturale che oggi tu abbia avuto altro per la testa.» Quando poi accenni a quanto successo in mensa con Tyler, annuisce piano. «Ty è un bravo ragazzo… intelligente, sensibile. Sono sicura che capirà. E che accetterà le tue scuse…» La sua voce è ferma, sincera. Ma quando il discorso si sposta sugli altri, sul giudizio della gente, il tono cambia. Più morbido, quasi esitante. «E per quanto riguarda gli altri… fregatene. Se si fermano a quello, non ti conoscono davvero…» La frase si spegne un po’ sulla lingua. Non per mancanza di convinzione… lo senti…ma per un altro motivo… La sua mano, che fino a poco prima giocherellava con la tua, cerca un contatto più diretto, una lieve stretta. Ma quando non ricambi subito, la senti ritrarsi, come se non fosse sicura di aver fatto bene. Segue un momento di silenzio, poi solleva lo sguardo verso i rami sopra di voi, cercando il cielo oltre le fronde nodose. «Sta iniziando a fare buio…» mormora piano. Poi ti guarda di nuovo, con quel suo modo dolce e un po’ incerto. «Forse… è meglio se torniamo verso il paese. Che ne dici?» @SNESferatu Ana Rivero Alla tua battuta sui “cannoni d’erba”, Max sorride divertito, scuotendo appena la testa come se sapesse di star per dire una pessima battuta in risposta, ma non lo fa. Sean, dal canto suo, ridacchia con la solita risata ebete e fuori tempo, che ormai accompagna ogni parola che esce dalla tua bocca da almeno mezz’ora. Forse ha smesso di seguire davvero la conversazione da un pezzo, ma è felice di esserci. Greg, invece… Greg è un’altra storia. Quando li stringi tutti nel piccolo cerchio cospirativo, il suo viso si ritrova inevitabilmente all’altezza del tuo seno… e l’effetto è immediato: un’espressione di puro imbarazzo gli attraversa la faccia, come se il mondo intero si fosse improvvisamente concentrato su quel punto esatto dello spazio. Le guance si tingono di rosso in una vampata rapidissima, e abbassa lo sguardo per un istante troppo lungo per essere casuale. Nessuno fa commenti, non sai nemmeno se Max è Sean se ne siano resi conto. Sta di fatto, però, che da quel momento in poi, Greg sembra prendere il suo ruolo con rinnovata serietà. «Okay… okay, venite.» borbotta, cercando di suonare deciso. «Mia cugina ha detto che lo ha visto… tipo, verso il sentiero, vicino alle rovine del convento. Quello dietro alla scuola. Non è lontano.» Vi incamminate tra gli alberi, la luce che filtra sempre meno attraverso le fronde fitte. Man mano che ci si addentra, la vegetazione si fa più fitta, e l’aria più umida. Greg continua a guidare il gruppo, ma la sua sicurezza vacilla passo dopo passo. Alla fine, si ferma. Guarda intorno, si gratta la nuca e dice con voce bassa: «Uhm… dovrebbe essere… più o meno qui. Forse. Insomma… ci siamo quasi. Era vicino a delle pietre, tipo un vecchio muro. O un altare. Non lo so. Ma… è questa la zona.» Guardandoti intorno, tutto sembra… tranquillo. Troppo tranquillo. Il vento smette quasi di soffiare. I rami scricchiolano appena sopra di voi. Un pettirosso lancia un verso stridulo e secco prima di volare via. E per un attimo, quel silenzio ti sembra più inquietante di qualsiasi canto rituale. Off game Non ti ho nemmeno fatto fare un tiro su eccitare qualcuno… Greg è partito.. cotto.. ottieni UN FILO su di lui. Ps. Non so se stai seguendo le vicende degli altri anche.. Nel caso però, temporalmente, stai entrando nel bosco prima che ci siano stati Darius e Nathan.
  22. @Kalkale tutto a posto?? Fammi sapere se c'è l'intenzione di continuarlo questo pbf oppure no.. che mal caso valuto se aggregarmi a qualche nuovo gruppo o no..
  23. @SNESferatu Ana Rivero Il tuo sorriso sornione sembra stendersi sull’intero gruppo come una nuova droga a cui non sanno resistere. Greg sbuffa, incrocia le braccia, ma il modo in cui ti guarda è quello di uno che si sta già preparando a dire sì. O che ha paura di dirti di no. Max ti fissa per un secondo in silenzio, poi scoppia a ridere. «Ok, no, aspettate... aspettate… lo stiamo per fare davvero?» La sua non suona tanto come una domanda. Sembra più un’affermazione frutto dell’esaltazione del momento. «Bro... caccia ai cultisti. Suona tipo... tipo Stranger Things, ma con meno budget e più erba.» commenta Sean, anche lui su di giri. Max si alza in piedi d’un balzo, le mani già infilate nelle tasche della felpa, lo sguardo acceso. «Ok, ok, senti Ana... io sono dentro. Ma andiamo adesso, carichi come missili, o lo organizziamo bene e andiamo stanotte, col buio, le torce, tutto il pacchetto horror??» Sean ride di nuovo, trascinandosi a sedere. «Stanotte troviamo tipo... caproni impalati e tizi in tunica. Di giorno... scoiattoli. Ma scoiattoli malvagi, oh!» Greg li guarda tutti come se fossero impazziti. Poi ti guarda. Lo sguardo si sofferma un attimo troppo a lungo. «Ma... Cioè. Ana... non è una gita al centro commerciale. E poi se c’è davvero una setta? Magari ci vede. Magari ci... segue dopo.» Fa una pausa. «Però... se ci vai tu...» Si morde il labbro. «...allora ci vengo anche io. Ma solo se andiamo adesso. Così non ho tempo per pensarci troppo.» Max si gira di scatto verso di te, il tono teatrale. «Ma adesso è giorno! Di giorno non c’è un ca**o nel bosco! Aspettiamo la notte, quando le robe strane succedono davvero!» Il gruppo di tre ragazzi si sofferma guardarti, come aspettandosi che sia tu a decidere… @Voignar Darius Whitesand Tutto il tuo corpo urla pietà. La testa pulsa, martellante, come se stesse esplodendo a ondate. Un dolore acuto, allucinante, che ti annebbia i pensieri. Ma quando, con fatica, riesci a metterti in piedi, ti accorgi che sei tutto intero. Niente ossa rotte, nessuna ferita evidente. Solo quella sensazione di sfinimento doloroso, come se avessi appena superato un’influenza devastante… moltiplicata all’infinito. Ti metti in cammino, barcollante, puntando verso l’uscita del bosco. Con un gesto automatico, afferri il telefono. L’ora sullo schermo ti lascia perplesso: è passato molto meno tempo di quanto pensassi. Forse un quarto d’ora, non di più. Sei rimasto svenuto a terra per così poco? La prima persona a cui pensi di chiamare è tuo padre. Avvii la chiamata. Uno squillo, due, tre... ma poi la linea cade. Nessuna risposta. Con il cuore che batte più forte, passi subito a tuo zio. Uno squillo, due, tre… e finalmente, al quarto, risponde. «Ciao figliolo, come va? Hai bisogno o posso richiamarti? Sono in macchina…» La sua voce è tranquilla, normale. Dall’altro capo si sente chiaramente il fruscio dell’asfalto sotto gli pneumatici, il rombo distante del motore. @TheBaddus Scarlett Bloomblight Ti senti sull’orlo. Ogni passo è un tormento, ogni respiro una lotta contro qualcosa che pulsa dentro di te, affamato, caldo, vivo. Non è più solo desiderio, è fame. Un bisogno che raschia sotto pelle, come artigli suL tuo ventre. Il filo al collo, il suo sguardo, la voce che ti risuona ancora nella testa — Prendilo. Lo voglio. Subito. — tutto ti insegue, ti morde, ti segue a pochi centimetri dalla schiena mentre corri verso casa. Arrivi trafelata, i vestiti in disordine, la bocca ancora umida e calda, le guance rosse. Il cuore che batte come se dovesse spezzarti in due da un momento all’altro. Ma quando la vedi, tutta quell’urgenza si congela in un istante. L’auto di tua madre è nel vialetto. Ferma. Silenziosa. Un monolite d’acciaio che ti comunica con chiarezza una sola cosa: è a casa. Ti si gela il sangue. Apri la porta lentamente, come se potesse non fare rumore. Un passo alla volta sul pavimento del corridoio, quasi trattenendo il respiro. Ti muovi leggera, come una ladra. La scala è lì, a portata di mano. Se arrivi in camera tua sarai salva. «Scarlett.» La voce di tua madre arriva prima ancora che tu metta il piede sul primo gradino. Non l’hai sentita arrivare. Non l’hai sentita muoversi. Eppure è lì, dietro di te. Ferma sulla soglia della cucina. Le braccia incrociate, i capelli rosso fuoco che le ricadono fluenti sulle spalle, lo sguardo... lo sguardo che ti trapassa. Quello sguardo che vede. Non solo te, ma attraverso te. Ti scruta per non più di due secondi, con aria interrogativa e severa… «Cosa hai fatto oggi?» Non è un’accusa. È una constatazione. Come se già sapesse che qualcosa è successo. il tono è perentorio, autoritario. @Ghal Maraz Nathan Clark Il tuo cuore rallenta, un battito alla volta, mentre il Bosco pare rientrare nei suoi argini. Mentre parli di “eco”, “riverbero”, gli occhi di Alice si fanno lievemente più seri, come se stesse cercando un significato preciso in quelle parole. Poi però scuote appena la testa, i riccioli che ondeggiano leggeri attorno al viso. «Mh... sì, il bosco fa sempre così, a volte. Come se suonasse da solo. È vivo, in un modo che non si può spiegare.» La sua voce è leggera, come se il mistero fosse parte della bellezza e non qualcosa da temere. Riprendete a camminare lungo il sentiero battuto, le scarpe che scricchiolano piano tra aghi secchi e sassi lisci. A tratti vi sfiorate, un braccio contro l’altro, il respiro che si sincronizza quasi senza volerlo. «Hai visto la foto che hanno messo su Blabber di Orion?» chiede ad un certo punto, tirando fuori il telefono e mostrandotela solo per un attimo. Vedi il viso paonazzo di Orion alle prese con la corsa campestre di stamattina in uno scatto che proprio non gli rende giustizia. «Non capisco come qualcuno possa essere così crudele… Non solo scattarla, ma condividerla. È stato fatto per farle male.» Poi sospira. «Orion ha sempre avuto questo… modo. Forte, fiero. A volte un po’ troppo, lo so, ma… non si merita questo.» Parla di lui con un tono che riconosci. È quel tipo di affetto che si costruisce nel tempo, tra invidie, ammirazione e qualche sogno inespresso. Forse un modello, forse qualcosa di più. Ma di certo sincero. La sua mano, intanto, si muove piano mentre cammina. Le dita sfiorano appena le tue, quasi come se fosse un errore. E poi lo fa di nuovo. Di proposito. Il contatto è sottile, elettrico. Il cuore ti fa un mezzo balzo nel petto. Vi scambiate uno sguardo. Solo un secondo, ma è lungo abbastanza da farti accorgere che anche lei lo ha sentito. E che forse non vuole tirarsi indietro. Una folata di vento tiepido solleva qualche foglia secca e le fa svolazzare attorno a voi. Il profumo di Alice… qualcosa tra il muschio, la carta vecchia e un accenno di vaniglia… ti arriva addosso come un’onda piacevole. I suoi capelli variopinti si muovono appena. «Io… credo che le persone, quando hanno paura, diventano piccole. E allora fanno cose piccole. Tipo attaccare chi splende.» Ti sorride, appena. E non dice altro. Ma le sue dita, stavolta, si chiudono un po’ di più attorno alle tue. @Theraimbownerd Orion Kykero «Qualcosa?» ripete Juno a bassa voce, perplessa. «Che intendi dire con qualcosa oltre alla Dea?» aggiunge, cercando di chiarire il suo dubbio. Anche Diana ti fissa in silenzio, con uno sguardo che si tinge di preoccupazione. Poi si guarda attorno, come se da un momento all’altro si aspettasse che un’ombra spettrale emergesse dalle pareti del tempio. Rabbrividisce appena. «Pensi che… la Dea possa essersi irritata per la nostra richiesta?» azzarda infine, quasi sussurrando. Abbandonate il piccolo tempio in silenzio. Questa volta nessun rumore sospetto vi accompagna, e con un misto di tensione e sollievo risalite le scale del seminterrato, tornando nella camera delle gemelle. Juno si lascia cadere sul letto con un sospiro pesante, come se volesse dimenticare in fretta tutto quanto. Diana invece resta in piedi davanti a te. Ti guarda seria, le braccia incrociate, ma nel suo volto non c’è più traccia dell’eccitazione che la animava poco prima. «Allora?» chiede, la voce più calma, più incerta. «Cosa avevi in mente per Jeremy e gli altri?» Questa volta, però, non cogli in lei quel tono complice e vagamente sadico che aveva colorato la discussione precedente. C’è qualcosa di diverso. Come se il calice caduto e le tue parole seguenti all’accaduto avessero lasciato un segno. Quanto basta per smorzarle il gusto per la vendetta.
  24. @Voignar Darius Whitesand Ti fermi. Braccia aperte, respiro trattenuto, la voce appena tremante mentre ti rivolgi alla creatura. Ma non c’è risposta. Nessuna parola. Nessun movimento. La figura resta immobile, avvolta nel suo mantello greve, il teschio di cervo che ti scruta… o almeno, così sembra… in un silenzio che si fa ogni secondo più pesante, più irreale. Il tempo si dilata. Il bosco stesso sembra trattenere il fiato con te. Poi, senza preavviso, dalle labbra invisibili sotto il cranio osseo si leva una litania. Un sussurro basso, strisciante, come vento che filtra tra rovine antiche. Non capisci le parole. Non sai neanche se siano parole. Non riconosci la lingua, né il ritmo. Ma la senti vibrare. Attorno a te. Dentro di te. Il terreno sotto i piedi trema appena, come se qualcosa stesse svegliandosi nel profondo della terra. L’aria si fa densa, pesante, e un fremito invisibile ti percorre la pelle. Le gambe ti diventano molli. Il cuore accelera in gola, ogni istinto grida di fuggire, ma non puoi. Il tuo corpo ti tradisce. Sei fermo. Poi le rune. Quelle incise nella pietra, sporche di sangue rappreso. Cominciano a brillare. Una luce pallida, tremolante, filtra da ogni solco inciso, come se le rocce stesse stessero respirando. Una nebbia si leva da terra, bianca e innaturale, avvolgendo le pietre, i tuoi piedi, il mondo. E poi arriva la forza. Ti travolge. Ti attraversa. Ti strappa da dentro. Non puoi urlare. Il dolore è ovunque: muscoli, nervi, ossa, mente. La testa ti esplode in un lampo bianco, poi nero, poi niente. Non sai quanto dura. Un secondo? Un’ora? Un secolo? Quando finisce, cadi. Ti accasci a terra, esausto, stravolto, sudato. I tuoi occhi vorrebbero chiudersi… Ma resisti. Non svieni. Non ancora. Da quella posizione, vedi i suoi piedi avanzare. Passi lenti. Lenti come rituali. Il mantello che striscia tra le foglie, lasciando dietro di sé una scia d’ombra. È corporeo… Non è uno spirito. Si abbassa. Il volto… quel volto d’osso… si avvicina al tuo. Ti osserva da vicino, come se stesse cercando qualcosa dentro di te. Ti scruta. Si inclina leggermente a sinistra, poi a destra… Quasi come se fosse incuriosito. Poi parla. La voce è profonda, cavernosa. Antica. “L’alba sta arrivando. Accoglila.” E poi… il buio. Perdi i sensi. Quando ti risvegli, hai la sensazione di essere stato investito da un treno. Ogni parte del tuo corpo urla, la testa pulsa come un tamburo rituale. Ti tiri su a fatica. Il bosco è silenzioso. La creatura è sparita. Le rune non ci sono più. Le pietre sono lisce, come se nessuno le avesse mai toccate. Quasi come se tutto fosse stato un tremendo e spaventoso incubo. Off game Subisci 3 DANNI. @TheBaddus Scarlett Bloomblight Quando inizi a spiegarti, Tanaka sospira appena. Un suono basso, quasi stanco, ma ti è chiaro che non è solo irritazione. «Cory è... impulsivo» mormora, senza guardarti direttamente. Poi, con un mezzo sorriso storto: «Ma chi avrebbe pensato che Clark avrebbe perso completamente la testa in quel modo? Quella scenata con Tyler... quasi mi è dispiaciuto non avere il popcorn.» Sdrammatizza, ma gli occhi restano lucidi, attenti. Sta studiando cosa dire dopo. Quando parli del secondo problema, si irrigidisce appena. Un sopracciglio si alza, lento, e il silenzio che segue ha qualcosa di elettrico. Non dice nulla. Non subito. Ti ascolta, con quella sua tipica espressione dove ogni muscolo sembra rilassato ma ogni nervo è teso. Quando proponi il bosco, non si muove. Nessun commento, nessuna reazione visibile. Ma lo sguardo si fissa sul tuo. Troppo a lungo. Troppo intenso per lasciarti indifferente. Poi gli porgi i soldi. Per un attimo si blocca. Guarda le banconote con fare sorpreso… Come se si aspettasse di dover discutere riguardo a questo punto. Rimanete lì così, in quel silenzio leggermente sorpreso. Poi li prende. Le vostre mani si sfiorano. Per un istante troppo lungo. Ora siete vicini. Troppo. Il suo sguardo ti fruga, ti analizza. Si ferma su un dettaglio che neanche tu ricordavi più: il taglio sul labbro. Ti sfiora. Un dito, caldo, preciso. Un gesto stranamente delicato, come se volesse capire se fa male. «Che ti è successo?» chiede a bassa voce, con fare quasi protettivo. Non rispondi subito. Perché in quel momento il muro si incrina. È stata una giornata troppo lunga, troppo intensa. Qualcosa dentro cede. La stanchezza, forse. Quel modo in cui ti guarda, che somiglia troppo a quello di tuo padre nei rari momenti in cui lo ricordi. È un attimo, ma è vero: abbassi le difese. Ti protendi verso di lui. Non sei neanche del tutto consapevole del gesto. Chiudi gli occhi. Respiri appena. Ma il bacio non arriva. Quando li riapri, Tanaka è a un passo da te. Sorride. Divertito e compiaciuto. «Il bosco va bene» dice con voce neutra. «Sento Colin. Ti faccio sapere. Tieniti pronta per domani.» Sta per andarsene. Gira appena il corpo, ma poi si ferma. Ti guarda ancora una volta. E quello che dice ti colpisce più della distanza che ha messo tra voi. «E Scarlett… se domani porti a termine il lavoro, oltre ai cinquanta… magari potrai avere anche quel bacio che aspettavi.» Poi se ne va. Non di fretta. Non lentamente. Ma con la consapevolezza di chi sa di aver ripreso il controllo del gioco. E tu resti lì. Con quella strana sensazione di essere stata avvolta di nuovo dal filo. Quello stesso filo che questa mattina pensavi di aver tagliato. Quello che ora ti stringe appena, ma abbastanza da ricordarti che sei ancora dentro. Fino al collo. Off game Eccitare qualcuno: 5-1=4 Segni ESPERIENZA Tanaka guadagna 1 FILO su di te. @Ghal Maraz Nathan Clark Mentre lasci alle spalle la panchina e ti addentri con Alice lungo il sentiero che costeggia il Bosco, l’aria sembra cambiare appena. C’è una quiete sospesa, fatta di vento lieve e cinguettii, come se il mondo stesse trattenendo il fiato. Alice cammina accanto a te, le mani intrecciate dietro la schiena, e il passo leggero che quasi non fa rumore sulla ghiaia e le foglie. Ha messo una di quelle gonne un po’ vintage, con i bottoni davanti, e una giacchetta sottile che ondeggia a ogni suo movimento. Non è cambiata, è sempre Alice, ma oggi sembra una versione più luminosa di sé. Più... presente. «Hai avuto uno di quei momenti, vero?» ti chiede, con quel suo modo tutto personale di leggere tra le righe, senza davvero voler invadere. «Quelli in cui ti senti come se fossi qualcun’altro e non capisci perché?» Il tono è lieve, sognante. Non sembra cercare risposte, ma solo condividere il momento. Camminate qualche minuto in silenzio. Poi, quasi senza preavviso, lei si gira verso di te con un sorriso tenero e vagamente imbarazzato. «Ah, e il sogno! Te ne avevo accennato stamattina, ma poi la confusione...» Arrossisce appena, si sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio, come per guadagnare tempo. «È stato stranissimo. Tu eri lì. Però... non eri esattamente tu-tu. Eri tipo... un cavaliere. Ma non con un’armatura normale. Era fatta di luce, o di stelle... qualcosa del genere…quasi come se fossi circondato da tante fatine luminose.» Ride, divertita dalla cosa. «E poi avevi una spada che cantava. Sì, cantava!» ride, subito un po’ imbarazzata del suo stesso entusiasmo. Poi, guardandoti di lato con un’espressione più seria, aggiunge: «Eppure ero sicura che fossi tu. Solo... più vero. È stupido, lo so. Ma a volte i sogni dicono cose che la testa non sa ancora formulare, no?» La sua voce è morbida, affettuosa. C’è qualcosa di sincero in quello sguardo, una curiosità mista a un rispetto profondo per la parte di te che non capisce, ma che sente. Proprio in quel momento, mentre stai per dire qualcosa, o forse solo per sorriderle, la percepisci. Una vibrazione. Pesante, insistente. Parte dal terreno, si insinua nella pianta dei piedi e risale lungo la schiena come un brivido. Un suono muto, una tensione dell’aria che si curva appena, come se alla foresta stesse succedendo qualcosa. Alice non sembra accorgersene. Continua a camminare accanto a te, a raccontare di sogni e di astri, di come da piccola parlava agli alberi sperando che rispondessero. Ma tu... la tua attenzione é focalizzata altrove. Alice ti guarda di nuovo, inclinando la testa di lato. «Tutto bene? Hai una faccia strana, come se stessi ascoltando una musica che non posso sentire...» Il vento cambia direzione. Una foglia cade senza motivo. Il sentiero, avanti a voi, sembra curvarsi in un modo che prima non avevi notato. Poi, tutto ti sembra tornare nella norma. @SNESferatu Ana Rivero Il sole pomeridiano filtra tra gli alberi spelacchiati del parchetto, scaldando l’asfalto ruvido attorno alla piccola pista da skate. Alcuni ragazzini più piccoli se ne stanno a distanza, guardandovi di sottecchi. Il fumo sottile della canna che Max ti ha passato ondeggia pigramente nell’aria. Quando la porti alle labbra e fai quel primo tiro, tutto sembra... normale. Forse troppo. Ma al secondo, al terzo e ai successivi qualcosa…. cambia. Non tanto nella testa, lì sei lucida, più o meno come prima. Ma è nel corpo che senti qualcosa di diverso. Il calore del fumo che ti attraversa, una leggera bruciatura sulle dita mentre tieni la canna troppo a lungo... lo senti. Non come un dato tecnico, non come una lettura sensoriale da qualche impulso simulato. Lo percepisci… davvero. È minuscolo, imperfetto, ma reale. Una normalità che non ti appartiene... e che per un attimo ti illudi di poter toccare. Poi lasci cadere quella battuta, forse a metà fra il gioco e il pensiero reale. Un attimo di silenzio. Poi Max si mette a ridere. «Aspetta, aspetta...» ti guarda di sbieco, con un’espressione a metà tra lo stordito e l’ammirato. «Tu mi stai dicendo che vuoi andare sul serio nel bosco, tipo... missione anticulto?» Scuote la testa, poi si sistema il berretto. «No giuro, pensavo fossi tipo quella “strana e snob”, non quella che propone spedizioni notturne nei boschi infestati. Sei l’upgrade più fico di oggi.» Sean, che nel mentre si è disteso sulla schiena con lo zaino come cuscino, emette una specie di risatina a scatti. Gli occhi sono due fessure sottili. «Andiamo nel boscooo… col machete... ahah... ci serve una soundtrack... tipo X-Files meets Scooby-Doo...» Sta praticamente ridendo da solo, completamente avvolto nel fumo e nel suo universo parallelo. Ti lancia un pollice su senza aprire gli occhi. «Team Cultbusters. Ci sto.» Greg invece smette di dondolarsi sulla tavola. Ti guarda con un’espressione diversa, più tesa. Quasi preoccupata. «Aspetta… ma… cioè, stai scherzando, vero?» Si sporge un po’ in avanti, come se avesse bisogno di vedere meglio la tua faccia. «Perché... se non stai scherzando... quella roba che ha visto mia cugina non era una stupidaggine. Non era un cosplay. Era... gente seria.» Abbassa la voce, quasi automaticamente. «Non dovremmo andarci. Dico sul serio. Specialmente di notte. Non da soli.» Il suo sguardo cerca il tuo, poi quello di Max, come a pesare le vostre intenzioni. @Theraimbownerd Orion Kykero Non appena varcate la soglia della stanza del rituale, il tuo urlo risuona nell’aria come uno strappo netto. La tensione si scioglie di colpo, e con essa il silenzio carico che vi ha accompagnate durante il rituale. Juno si volta subito, con la fronte aggrottata. «Jeremy?! Quel poser da due soldi? Il re dei sorrisetti viscidi e delle domande fuori luogo durante le assemblee? Ma si può sapere chi gli ha dato il diritto di avvicinarsi anche solo per sbaglio a noi?» Diana si stringe, più contenuta ma non meno tagliente. Ti lancia uno sguardo diretto, quasi inquisitorio. «Dimmi che non vuoi solo fargli passare cinque brutti minuti. Perché se vuoi colpirlo davvero… possiamo farlo. Ma serve precisione. Non solo rabbia. Serve un piano.» Si avvicina di un passo. «Che idea ti sta girando in testa, Orion? So che ne hai una.» Juno sbuffa, lanciandoti un’occhiata entusiasta. «Dai, sputa il rospo. Fammi partecipare anche a me. Questa volta voglio far qualcosa di più concreto pure io.» Stai per rispondere, con quella scintilla glaciale già accesa negli occhi, quando succede. CLINK. Un rumore improvviso, secco. Vi girate di scatto verso la porta alle vostre spalle, il cuore che fa un mezzo balzo. Il rumore, metallico, é giunto dall’interno della stanza del rituale. Riapri la porta… Un calice è caduto. È a terra, ribaltato sul lato. Diana si immobilizza. I suoi occhi si fanno stretti, attenti. Fa un passo indietro. «...Io... io l’avevo rimesso al suo posto.» La sua voce, solitamente ferma, ha una lieve incrinatura. Non timore, quanto più perplessità. «L’ho asciugato. L’ho girato col bordo rivolto verso il muro. Era stabile. L’ho fatto io, Orion.» Juno si è fatta silenziosa. Resta dietro di te, un dito sulle labbra, come se aspettasse che qualcosa… o qualcuno… si manifesti. Forse un secondo messaggio dalla Dea… Ma non succede. Il silenzio che cala ha un altro sapore, ora. Non è sacro. È guardingo. Tu, però, lo percepisci appena prima che svanisca del tutto: un residuo, una vibrazione diversa da quella della Dea. Come un respiro trattenuto.
  25. Grazie mille a tutti! Mi fanno molto piacere tutti i vostri feedback! Effettivamente, gestire 5 personaggi, ognuno con la sua storia e sottotrame, è abbastanza impegnativo eheh.. infatti mi sto tenendo principalmente solo questo come impegno qui sul forum.

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