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Dragons´ Lair

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Loki86

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  1. @TheBaddus Scarlett Bloomblight - guardando nell’abisso Il fumo caldo ti scivola giù per la gola con quella familiarità quasi intima che ti accompagna da anni. È un sollievo momentaneo, un abbraccio caldo che però fatica a contenere l’onda lunga delle emozioni violente della sera prima. Ti immergi nel tuo rituale. Il rituale. Afferri il bauletto con i ricordi di tuo padre e, uno alla volta, inizi a lucidare i suoi oggetti con quella cura quasi maniacale che ti ha sempre aiutata a rimettere ordine nel caos. Ogni gesto è preciso, ripetuto, meditato. La mente si svuota, il mondo si allontana, il tempo perde il suo significato. Soffi un’ultima volta il fumo, che questa volta non si dissolve nell’aria come al solito. Rimane. Si addensa. Si ispessisce in una nebbia lattiginosa che ti sale intorno alle braccia, poi al volto, poi all’intera stanza, finché tutto scompare. Quando finalmente sollevi lo sguardo, sei altrove. Non sei più nella camera della ragazzina… ti senti… Smarrita. Spaesata. La nebbia si dirada quel tanto che basta per rivelare la foresta. È notte. Il crepuscolo è già morto, le ombre sono dense, innaturali. Un movimento. La creatura. Alta, sproporzionata, con il teschio di cervo come maschera rituale. E qualcosa — qualcuno — sulle spalle, come un peso inerte. Osservi meglio. Tanaka. Un rivolo di sangue gli scende dalla tempia, lento, ostinato. Le sue labbra emettono piccoli sbuffi di aria condensata: respira. Respira. “Lascia stare il mio Tesoro! È mio!” Lo pensi. Eppure lo senti come un tuono nella tua stessa mente, una voce che non riconosci come tua e che pure sei tu. Provi ad avanzare verso di loro: protendi le braccia, o quello che credi siano braccia, ma ciò che si spalanca davanti ai tuoi occhi sono… ali. Enormi, membrane di pelle rossastra tese su dita ossee e artigli affilati. Un ringhio di confusione ti attraversa la gola — o forse era un pensiero; non sai più che forma abbia la tua voce, qui. Qualcosa ti trattiene. Una presa alla caviglia. Istintivamente abbassi lo sguardo. E ti vedi. Tu — la ragazzina — stesa a terra, legata, priva di sensi. Incapace di muoverti, di intervenire. Solleva di nuovo gli occhi giusto in tempo per vedere la creatura scendere oltre l’arco di pietra diroccato, giù per la lunga scalinata che affonda nelle profondità della terra… portando via Tanaka come un’offerta. La nebbia sboccia di nuovo intorno a te, inghiotte scena, bosco, creatura, te stessa. Poi due fessure emergono dall’oscurità. Minuscole. Poi più ampie. Fino a rivelarsi per ciò che sono: due pozzi neri che danno sul nulla… due occhi antichi che ti guardano.. uno sguardo che farebbe impallidire persino quello più truce di Zarneth. “Finalmente…” La voce non arriva alle orecchie. È dentro di te… È ovunque. “Vieni a me, ragazza drago.” Un bruciore improvviso ti infastidisce la base del collo. Il simbolo. Qualcosa vibra sotto la pelle, come se rispondesse a un richiamo. E poi — tutto svanisce. Ti ritrovi nella tua camera. Seduta.I gioielli di tuo padre sparsi sul letto. Il respiro corto. Una mano che sfiora istintivamente il simbolo inciso alla base del collo. È ancora un’eco di quella voce che ti rimbomba nella mente “Trova lo stregone inetto…” La stanza è immobile, reale. La sveglia sul comodino segna le 8:17. Sei in terribile, devastante ritardo. @Ghal Maraz Nathan Clark - fuori da scuola Ti muovi per casa come un’ombra, attento a non far scricchiolare nemmeno un gradino. Non vuoi affrontare un altro interrogatorio, né guardare negli occhi tua madre dopo la serata di ieri. Meglio così: un biglietto lasciato sul tavolo, parole brevi, pulite, che non richiedono spiegazioni. Apri la porta e ti infili nel freddo del mattino. L’aria è tagliente, ti morde attraverso il cappotto e ti fa rabbrividire. I lividi pulsano — un dolore sordo, persistente — ma almeno riesci a camminare senza sembrare un ferito di guerra. Ogni tanto ti tasti il costato, più per istinto che per reale bisogno. Ci sei ancora tutto, più o meno. A metà del percorso hai già tirato fuori il telefono tre volte. Il dito sfiora il tasto di accensione, poi si ferma. Una parte di te brucia di curiosità: Hanno commentato? Hanno capito? Ridono? Si indignano? L’altra parte, quella più onesta, preferisce non guardare. In fondo — te lo ripeti quasi per convincerti — non ti frega davvero del loro giudizio. Rimetti il telefono in tasca. Resisti. Quando il cancello della scuola compare davanti a te, ancora chiuso, senti un leggero nodo stringerti lo stomaco. Ci sono solo pochi studenti, infreddoliti, che aspettano l’apertura. Ti tieni in disparte, cercando di non attirare sguardi. Poi una voce. Femminile. Bassa, incrinata. «Oh, Nathan…» dice semplicemente il tuo nome… Ti giri. Alice. Il suo volto è una miscela di preoccupazione, rabbia e malinconia. Fa un passo verso di te… si ferma, esitante, combattuta tra la delusione cocente che le hai procurato ieri e qualcosa di più profondo. Poi l’affetto che nutre nei tuoi confronti prevale. Riprende ad avanzare. Quando ti raggiunge, solleva una mano tremante e te la posa sulla guancia, proprio sopra uno dei lividi più scuri. Il contatto è caldo, gentile, quasi materno nella sua tenerezza. Ti attraversa come uno strappo silenzioso. «Che… che cosa ti hanno fatto?» La sua voce è un sussurro, incrinato dal dolore. Una domanda e insieme un’affermazione, come se la risposta fosse troppo facile da intuire e troppo difficile da accettare. @SNESferatu Ana Rivero - Appena sveglia Ti svegli di colpo, come se qualcuno ti avesse tirata fuori a forza da un sogno pesante. Per un secondo non ti muovi, non respiri quasi. Poi la mano, da sola, va al braccio. Va al cerottone. Lo sfiori con le dita tremanti. Premi piano. Il cuore ti schizza in gola. E allora lo strappi via. Il cerotto si stacca con un fruscio morbido, innocente, mentre tutto dentro di te si contrae. E la vedi. Ancora lì. La crepa. Perfetta, netta, come una spaccatura in una statuetta di porcellana. Pulita. Senza sangue. Un taglio che a guardarlo sembra impossibile su una persona normale. Ti manca l’aria. Ci avevi sperato — con una stupidità quasi infantile — che la notte potesse aggiustarti, ricucire la ferita, riportarti intera. Invece… no. Sei rotta. E non hai idea di come si ripari una “cosa” come te. I pensieri cominciano a correre, a strattonarti da una parte e dall’altra mentre ti muovi automaticamente nella routine del mattino: apri l’armadio, ti vesti, ti lavi il viso, cerchi di sembrare normale. Lo dico a papà? Vado a scuola fingendo tutto? Trovo Darius e lo costringo a rimettermi a posto? Dopotutto è lui che ti ha “spaccata”, no? Forse potrebbe “aggiustarti”. Forse. Ti guardi allo specchio un istante più lungo del solito: sembri te stessa, e allo stesso tempo no. Poi, mentre apri la porta di casa e ti lasci investire dall’aria fredda del mattino, un pensiero, semplice, ovvio, tardivo come una verità che non vuoi accettare ti avvolge. Gustav. Il tuo creatore. L’uomo che ti ha costruita, modellata, che conosce ogni fibra di ciò che sei. L’unico, probabilmente, che può capire cosa significhi essere… danneggiata. L’unico che potrebbe sapere come ripararti. Il cuore ti dà un sussulto. E mentre fai il primo passo nella strada gelida, la consapevolezza ti attraversa come un brivido: Potresti aver bisogno di lui... @Voignar Darius Whitesand - sera e mattina Ti chiudi in camera con l’urgenza che ti pulsa addosso. Hai bisogno di risposte… ora, non domani, non “quando avrai tempo”. Il rituale è semplice, l’hai fatto mille volte, eppure la mano ti trema leggermente mentre tracci l’ultima linea runica. L’inclinazione dev’essere precisa… lo sai. Lo sai, ma la smania ti divora e decidi di andare a memoria invece di sfogliare i libri. Due simboli, la matita al centro, le parole magiche attivanti che escono dalle tue labbra come un soffio. Poi la domanda. Le rune si illuminano di un oro fioco, come brace sotto la cenere. La matita vibra. Si muove. Oscilla verso destra. Si avvicina alla runa del no. Resta lì, indecisa… sospesa… Poi impazzisce. Gira vorticosa su se stessa, come se una mano invisibile l’avesse sballottata via dal suo compito. Ti lasci cadere indietro, frustrato. Hai sbagliato l’inclinazione, lo sai. Hai sbagliato qualcosa. E ora non sai se fidarti di quel primo movimento verso il “no” o se considerarlo contaminato dall’errore. Vai a dormire con quel punto interrogativo ficcato in testa… e sorprendentemente, dormi. Dormi davvero. Una notte senza sogni, senza sussurri, senza la voce dell’essere che ti ha marchiato. Quando, cautamente, provi a “sentirlo”, non risponde. Un silenzio totale. Inquietante. O rassicurante. Non sai deciderlo. La mattina, ti svegli prima della sveglia. Una colazione rapida, mentre senti tuo zio trafficare in salotto… scatole che si spostano, uno scaffale che cigola, la radio accesa a volume basso. Non ti vede e tu non hai alcuna voglia di farti vedere. Hai altri pensieri, altre urgenze. Fuori l’aria è tagliente. Il fiato si condensa in sbuffi bianchi mentre cammini verso scuola. Le temperature sono crollate durante la notte, e ti infili le mani nelle tasche per non sentirtele gelare. Davanti ai cancelli c’è già un gruppetto di studenti, tutti infreddoliti, che cercano di farsi scudo dal vento chiacchierando. Dai un’occhiata veloce: niente Ana. Alta com’è, la noteresti subito. Poi, ai margini del gruppo, vedi Ben. La sua solita postura goffa, le spalle curve, lo sguardo basso. Ti muovi verso di lui con passo deciso. Ti nota. Le sopracciglia gli si impennano in un’espressione di sorpresa e timore. Fa per svicolare, girandosi di scatto… e finisce per piantarsi contro un ragazzotto del quinto anno. Libri e quaderni volano a terra in un’esplosione di fogli sparsi. Ottimo! Così hai il tempo di raggiungerlo. Arrivi giusto mentre lui si affretta a raccogliere tutto, borbottando scuse. Quando alza lo sguardo verso di te trasale, poi abbozza un sorriso tremolante. «Ehi… Darius… ehm… ciao» balbetta, piegato a metà, le mani che si muovono freneticamente per recuperare i fogli. Puoi sentire la sua tensione... un chiaro indizio che probabilmente ci hai preso… Sa qualcosa… Probabilmente è lui che ha ascoltato la tua conversazione con Ana ieri pomeriggio. @Theraimbownerd Orion Kykero - prima mattinata La sveglia continua a trillarti nelle ossa mentre ti prepari, e lo fai con una cura quasi rituale. Camicia bianca, capelli ordinati, niente barba: il tuo travestimento da bravo ragazzo. Né troppo elegante, né troppo casual. Il giusto equilibrio per affrontare una giornata che, in un modo o nell’altro, segnerà un punto di svolta. Scendi a fare colazione e intravedi tua madre solo di sfuggita: non si siede nemmeno, non si ferma un secondo. Sembra… sollevata. Leggera. Sembra quasi che stia lievitando a qualche centimetro dal suolo, tanta è la sua gioia per l’arrivo della sacerdotessa di Chicago. Vi saluta tutte e tre con un bacio rapido, un profumo di incenso e lavanda che le rimane dietro come una scia. «Mi raccomando, presentabili oggi. È un giorno importante.» Lo ripete con la stessa insistenza con cui respira, poi scompare nella stanza rituale, la porta che si chiude con un tonfo morbido. Tu, Juno e Diana vi ritrovate in macchina. Appena tiri fuori l’argomento Nathan, Juno annuisce con un mezzo sbuffo. «Sì, ho visto… Nathan è una nullità…» commenta senza pietà «…però Cory e i suoi amici restano un branco di stolti codardi.» Diana concorda, aggiungendo qualcosa sulla stupidità maschile in generale. Il discorso prosegue qualche istante, ma poi, inevitabilmente, le tue sorelle lo spostano su quello che pensano sia la vostra vera priorità del giorno: l’incontro del pomeriggio. Quando scendi dalla macchina, il freddo ti morde le guance. Un freddo secco, improvviso, molto più pungente di quello del giorno prima. Il fiato esce in piccole nuvole lattiginose mentre ti incammini verso i cancelli ancora chiusi. Cammini accanto alle tue sorelle verso il cancello della scuola ancora chiuso. Ci sono già un po’ di studenti. Poi, in disparte, noti Alice. È insieme a Nathan. Lei è vicinissima a lui, la mano che sfiora con delicatezza un livido sul suo viso. Il gesto è intimo, protettivo, quasi innamorato. Per un istante sei tentato di andare da lei, di capire come stia… come stiano. Ma Juno rompe l’incanto. «Oh… ecco Tyler! Io vado!» La sua voce si illumina di gioia all’improvviso, come se tutto il freddo si fosse sciolto in un colpo. Ti volti. Tyler sta arrivando da solo, mani in tasca, sguardo basso, spalle rigide. Ha l’aria pensierosa. Juno parte a passo svelto nella sua direzione. Diana alza le spalle e sbuffa “Ahhh.. l’abbiamo persa!” Commenta, fingendo una finta voce civettuola.
  2. Secondo me non c'è una regola precisa che spiega meccanicamente come funziona la mossa.. va molto a interpretazione... Pe4 quanto riguardo il caso specifico... Nathan non ha un radar interiore per rilevare le bugie degli altri o una spia luminosa che gli segnale che qualcuno non ha mantenuto una promessa... deve accorgersene attivamente. Scarlett potrebbe benissimo dirti che si è fatta vedere da qualcuno e sta a te decidere se Nathan, per sua natura ci crede o no.. certo.. per come ha visto ieri scarlett può sembrargli strano che si sia ripresa completamente... Scatlett potrebbe benissimo dirgli la verità e che si sarebbe voluta far vedere in mattinata.. che so.. dall'infermiera morris.. ma che, sentendosi molto meglio crede che non ce ne sia piu bisogno.. e lì sta sempre a Nathan decidere se la cosa la trova ragionevole e quindi non dare piu importanza a quella promessa oppure se avverte come moralmente sbagliato non farsi controllare lo stesso perché aveva promesso... Quindi ti direi che va molto importante base a come vuoi interpretare e ruolare Nathan.
  3. Lascio a @Voignar la scelta
  4. Ecco.. post chilometrico fatto.. Vi direi.. riallacciandomi al discorso fatto prima sul giocarci solo scene rilevanti e non tutta la giornata.. nel vostro post di risposta col risveglia mattutino magari fate in modo di sottolineare le cose importanti che vorrete/dovrete fare nella giornata.. così poi vediamo di giocare solo quelle cose + altre proposte da me che potrebbero sconvolgervi i piani ovviamente.
  5. @Theraimbownerd Orion Kykero - cambio giorno Ti congedi con calma, ancora con addosso quel sorriso di circostanza che nasconde un turbine che solo tu puoi percepire. Scambi un ultimo sguardo con le tue sorelle — Diana, che cerca di infonderti un po’ di forza con un cenno quasi impercettibile, e Juno, che ti guarda come se volesse dirti qualcosa ma non osa — poi saluti anche tua madre e ti ritiri nella tua stanza. Appena chiudi la porta alle tue spalle, il peso della giornata ti cade addosso tutto insieme. Le spalle si abbassano, i muscoli si detendono, e finalmente puoi lasciarti andare. Ti siedi alla scrivania per completare distrattamente due compiti, più per automatismo che per convinzione, finché la stanchezza non ti costringe a fermarti. Ti spogli lentamente, liberandoti di ogni strato, fino a sentire soltanto la pelle nuda contro l’aria tiepida della stanza. È in quell’attimo che riesci a respirare davvero: libero, autentico, finalmente te stesso… Anche se in un corpo che non senti tuo. Ti infili nel letto e ti lasci sprofondare tra le lenzuola, cercando un po’ di pace, ma la mente non vuole tacere. Rivivi la giornata come un sogno febbricitante. La vendetta verso Jeremy è completamente passata in secondo piano… La Dea, con la sua voce maestosa e terribile, ti ha lasciato un segno dentro: non ti negherà di essere ciò che sei, ma la libertà avrà un prezzo. Essere te stesso significherà rinunciare a tutto ciò che hai sempre creduto di dover diventare. Un sacrificio inevitabile. Domani, con la venuta della Somma Sacerdotessa, tutto verrà alla luce. E poi… quella presenza. Oscura, femminile, magnetica. Il suo sussurro ti ha attraversato come una promessa e una minaccia allo stesso tempo. Non la ricordi chiaramente, eppure qualcosa in te anela a sentirla di nuovo. Il sonno arriva a ondate, confondendo pensieri razionali a sogni irrazionali finché non riesci più a distinguere dove finiscono gli uni e iniziano gli altri. Nel buio della stanza, la tua mente si riempie di un’immagine nitida e spaventosa: due occhi scuri come la notte, fissi nei tuoi, che sembrano scrutarti dentro — e in quello sguardo, per un istante, non c’è condanna né pietà. Solo riconoscimento. Ti svegli di colpo al suono della sveglia. Il corpo madido di sudore, il respiro corto, la luce dell’alba che filtra dalla finestra. E ancora impressa nella mente, quell’immagine indelebile: gli occhi dell’Oscura Alba che ti osservano. @TheBaddus Scarlett Bloomblight - cambio giorno Il cibo ti placa appena la fame, quel vuoto nello stomaco che ti accompagnava sin dal bosco. Almeno per un momento smetti di tremare. Il ghiaccio, invece, non ti dà alcun sollievo: il freddo ti punge la pelle e ti provoca un brivido di fastidio, come se qualcosa dentro di te lo rifiutasse, lo rigettasse con violenza. Finisci per scostarlo quasi subito, lasciandolo sciogliere sul tavolo. Solo il caffè ti consola. Il suo aroma bruciacchiato, il calore che ti risale in gola e si diffonde nel petto, la sensazione di calore vivo nelle viscere. Lo bevi in fretta, bollente, come se volessi tenerti in vita con quel fuoco amaro. Ti senti ancora stremata, ma almeno un po’ più lucida. Con un gesto lento, prendi il telefono. Lo schermo ti ferisce gli occhi già stanchi, eppure non riesci a distogliere lo sguardo. Scorri i contatti, trovi il nome di Tanaka e premi il tasto di chiamata. Il cuore ti batte più forte, quasi dolorosamente, mentre attendi. Il segnale parte. Squilla. Una volta. Due. Tre. Nessuna risposta. Richiami. Ancora silenzio. Ogni squillo che cade nel vuoto è un piccolo colpo al petto. Alla fine, la stanchezza vince. Ti abbandoni dove sei, con la testa poggiata sul braccio sul tavolo, il respiro lento, la fronte che sfiora la superficie fredda. Ti addormenti così, senza nemmeno accorgertene. Il sonno che ti avvolge non è dolce. Si susseguono sogni disturbanti.. confusi, che svaniscono subito uno dopo l’altro non lasciandoti nessun ricordo se non la sensazione spiacevole che li accompagna… Quando riapri gli occhi, la luce dell’alba filtra timida dalle persiane. La sveglia del tuo telefono vibra e suona piano accanto a te, annunciando l’inizio di un nuovo giorno. Ti stacchi dal tavolo con fatica, la guancia ancora segnata dalla superficie ruvida del legno. Ti senti stordita, confusa. Non ricordi nulla di preciso di ciò che hai sognato, ma ti rimane addosso un misto di sensazioni: paura, incertezza, un lieve terrore… eppure, sopra ogni altra cosa, un’euforia inspiegabile. Un fremito di energia che non ti appartiene, che non è tuo. Mentre cerchi di mettere a fuoco i pensieri, i ricordi del giorno prima ti travolgono all’improvviso. Tu e Tanaka nel bosco, la creatura che vi ha assalito, il dolore, il terrore. Poi Nathan — il suo volto teso, le ferite, la fatica del ritorno. Tutto riaffiora come un’eco distorta, come un sogno da cui ti sei appena svegliata. Ti sollevi di scatto, facendo cadere la sedia dietro di te. Ti guardi i polsi istintivamente, incredula. I segni, quelli lasciati dalle corde, sono appena visibili, quasi scomparsi. Le fitte nel corpo se ne sono andate. La testa non pulsa più. Ti senti… bene. Fin troppo bene. Ti dirigi verso il bagno, cercando di scacciare la confusione. Ti chini sul lavandino, fai scorrere l’acqua e ti sciacqui il viso. L’acqua è tiepida, quasi piacevole. Ma quando alzi lo sguardo e incroci il tuo riflesso nello specchio, il respiro ti si blocca in gola. Alla base del collo, appena sotto la gola, c’è qualcosa che non c’era prima: un segno sottile e scuro, inciso nella pelle come un tatuaggio. Una mezzaluna nera, e sotto di essa, una lunga croce. Off game Guarisci tutte le tue ferite e torni a 4/4 di vita. @Ghal Maraz Nathan Clark - cambio giorno Rimani immobile per qualche istante dopo averle parlato, con il cuore che ti martella nel petto. Le parole che hai appena pronunciato rimbombano nella stanza, e il silenzio che segue sembra quasi tangibile. Tua madre ti osserva — gli occhi spalancati, lucidi, la mano ancora sollevata a mezz’aria come se volesse toccarti ma non trovasse il coraggio. «Oh, Nathaniel… mio Dio…» sussurra infine, portandosi una mano alla bocca. Il tono è spezzato, incerto, una preghiera più che una risposta. Ti si avvicina piano, con cautela, come se temesse di farti male solo sfiorandoti. Le sue dita si posano lievi sul tuo braccio, tremanti. «Hai delle ferite… ma… il bosco? Da solo…? Perché non mi hai detto nulla?» La sua voce è un susseguirsi di domande senza vera attesa di risposta. Il suo sguardo corre verso il telefono sul mobiletto, esitante, combattuto. Sai perfettamente cosa le passa per la testa: chiamare qualcuno, chiedere aiuto, fare ciò che ritiene giusto. Ma alla fine si ferma. Ti guarda ancora — nei tuoi occhi legge qualcosa di diverso, una fermezza che non le è familiare, e per un attimo capisce che insistere peggiorerebbe solo le cose. «Va bene, Nathaniel…» mormora infine, con un filo di voce. «Non chiamerò nessuno. Ma… ti prego, promettimi che starai attento. Che… non farai sciocchezze. Il Signore… il Signore non vuole la vendetta, solo la giustizia…» La frase le si spegne in gola, come se nemmeno lei ci credesse fino in fondo. Ti lascia andare, e resta lì per un momento, in silenzio. Poi, quasi con automatismo, inizia a preparare la cena. Il suono dei piatti e delle posate rompe la quiete solo a tratti, accompagnato dal crepitio sommesso del gas acceso. Ti siedi a tavola con lei senza dire una parola. Mangiate entrambi lentamente, meccanicamente. Ogni tanto la senti sospirare piano, o noti il suo sguardo posarsi su di te — uno sguardo pieno di pena e di paura. Quando il piatto è vuoto, non resta più nulla da dire. Ti alzi, le rivolgi un cenno lieve, e sali le scale verso la tua stanza. Il corpo ti pesa, ma è la mente a farti più male. Chiudi la porta dietro di te, lasciando tua madre da sola nella cucina silenziosa, le mani giunte e lo sguardo perso nel vuoto, mentre sussurra una preghiera per te. Ti siedi sul letto, fissando per qualche secondo il buio fuori dalla finestra. Hai ancora addosso la rabbia, il dolore e quella sensazione di ingiustizia che ti divora dentro. Ti alzi e ti trascini in bagno. Ti spogli piano, restando in intimo davanti allo specchio. L’immagine che ti rimanda indietro è cruda: il corpo martoriato, i lividi scuri che si estendono sul costato e sulle cosce, i graffi sparsi sulle braccia e sul viso. Ti muovi lentamente, tastandoti qua e là con cautela. Fortunatamente niente sembra rotto, ma ogni movimento ti ricorda la violenza del pomeriggio. Poi, quasi senza pensarci, afferri il telefono. Lo sblocchi e attivi la fotocamera frontale. Per un istante esiti — la luce fredda dello schermo illumina i lividi sul tuo viso, le occhiaie profonde, i graffi sulle guance. Ti sembri diverso, ma non debole. Ti sembri vero. Ti scatti alcune foto, catturando senza filtri quello che ti hanno fatto. Poi apri Blabber, il social della scuola. Scrivi un post rapido, deciso, lasciando che la rabbia ti guidi le dita: #SpioneAChi #In4contro1 #Bulletti #NonHoPaura Lo rileggi una volta, e ti rendi conto che non vuoi aggiungere altro. Premi “pubblica”, poi blocchi lo schermo e spegni il telefono. Non vuoi vedere i commenti, le reazioni, gli sguardi digitali di chi giudicherà o fingerà di capire. Non ora. Apri l’acqua calda e resti immobile per un momento, lasciando che il vapore avvolga la stanza. Poi ti infili sotto il getto, chiudendo gli occhi mentre il calore ti punge la pelle e ti brucia sulle ferite. È un dolore che, in qualche modo, ti purifica. Ti senti stanco, svuotato, ma più lucido. Quando finisci, ti asciughi con lentezza e torni in camera. Ti lasci cadere sul letto, cercando una posizione che non ti faccia male. Ma il dolore è ovunque: sulle costole, sulle spalle, persino nel respiro. Ti rigiri più volte, cercando conforto, senza trovarlo. Solo dopo un tempo indefinito, il sonno arriva — agitato, irregolare, un rifugio precario. E nel sonno ritorna leo. L’enorme figura d’ombra che si stagliava nel cielo sopra il Bosco. Il ricordo della visione ti assale con forza: quel buio che non era solo oscurità, ma presenza. Qualcosa di antico, immenso, che ti osservava. Ti risvegli di soprassalto, madido di sudore, il cuore in gola. Nella stanza filtra una luce fioca, pallida, che annuncia l’alba. La radiosveglia sul comodino segna pochi minuti prima dell’ora prestabilita per la sveglia. Resti a fissarla, immobile, mentre il ricordo del sogno si dissolve lentamente — ma la sensazione di essere stato visto non se ne va. Off game Con la notte di riposo guarisci un danno. Resti a 3/4 vita. @Voignar @SNESferatu Darius e Ana - al centro commerciale Il tono della vostra conversazione ondeggia come una marea irrequieta — passa da momenti in cui vi sforzate di parlare a bassa voce, quasi in un sussurro, a improvvisi scatti in cui l’enfasi e la tensione prendono il sopravvento, costringendovi a sollevare la voce fino quasi a gridare. Poi, come due colpevoli improvvisamente consapevoli, tornate ad abbassarla, ricordandovi che le cose di cui state parlando non dovrebbero mai, mai, essere udite da orecchie estranee. Il proprietario del piccolo bar dove vi siete rifugiati, un uomo sulla cinquantina dall’aria svogliata e la barba non rasata, vi lancia qualche occhiata di tanto in tanto. Ma più che curioso, sembra solo infastidito dal vostro chiacchiericcio nervoso. Continua a fissare la sua piccola televisione sul bancone, dove un telegiornale locale scorre in sottofondo, come se preferisse fingere che non esistiate piuttosto che cercare di capire di cosa stiate parlando. Quando Darius decide di mettere fine alle discussioni con una dimostrazione pratica, la tensione cambia tono. Si raddrizza, assume quell’aria concentrata e cerimoniosa che assume sempre quando si prepara a evocare qualcosa di più grande di lui. Con voce ferma inizia a salmodiare frasi arcaiche, sillabe che non appartengono più a nessuna lingua vivente. Le sue dita stringono con decisione il foglio su cui ha tracciato rune sumeriche, mentre lo sguardo resta fisso su Ana. È una fattura che conosce bene — un incanto di difesa che ha usato più volte in passato. Ma stavolta qualcosa non va come previsto. Forse è l’agitazione, o forse quell’inquietudine che non lo abbandona da ore. Avverte chiaramente l’energia risvegliarsi dentro di lui, un flusso di mana che vibra, sale, e poi si sprigiona in una ventata invisibile diretta verso Ana. Nel medesimo istante, un dolore acuto lo attraversa. Sotto la mano, dove poggia sulle rune, sente bruciare — un calore violento, reale, come se le parole sul foglio stessero davvero prendendo fuoco. Stringe i denti, resiste, e quando solleva finalmente la mano nota con orrore che sul palmo gli sono rimasti impressi segni rossastri, simili a piccole ustioni. Nonostante tutto, la magia sembra aver funzionato. Darius, con un sorriso soddisfatto, apre le braccia, il petto esposto, invitando Ana a colpirlo. Lei esita un solo istante, poi la sua naturale sicurezza — e la forte irritazione che sta provando in questo momento verso il ragazzo — prendono il sopravvento. Si carica e scaglia un pugno deciso alla spalla del ragazzo. L’impatto è... strano. Il suo pugno incontra una resistenza morbida, come se avesse colpito un cuscino d’aria densa. Nessun dolore, nessuna spinta, nessun suono secco d’urto. Ana sbarra gli occhi, incredula. Darius, invece, sorride soddisfatto. Per un istante, il silenzio tra voi è denso quanto la magia che lo ha generato. Poi lui si concentra di nuovo, pronto a dissolvere l’incantesimo. Mormora la contro-formula, scandendo le parole con più cautela, il ricordo del bruciore ancora vivido sotto la pelle. Ma qualcosa si muove in lui, un fremito sottile che non riesce a ignorare — il simbolo tatuato alla base del collo pizzica, come se stesse reagendo da solo, impaziente. L’energia fluisce ancora, più ruvida, più selvaggia, e si riversa su Ana. L’incanto si infrange. Crack. Un rumore secco, netto, come di ceramica che si spezza. Ana sobbalza. Un bruciore improvviso le attraversa il braccio, poco sopra il gomito. L’istinto la porta a grattarsi, ma quando solleva la manica sente un gelo percorrerle la schiena. Proprio lì, dove ha sentito il dolore, la sua pelle è... spaccata. Non ferita, non sanguinante: una crepa pulita, sottile, come se la sua carne fosse porcellana e si fosse incrinata dall’interno. Il respiro le si blocca in gola. Darius la osserva, confuso, mentre il silenzio cala di nuovo tra voi. Solo il ticchettio distante dell’orologio sopra il bancone ricorda che il mondo, fuori da quella piccola bolla di realtà deformata, continua ancora a scorrere. Off game Darius subisce 1 Danno come avevamo già detto. La fattura poi viene sciolta e Ana ora può ferire di nuovo chi vuole. Però qualcosa è andato storto.. qualcosa che ha rivelato una verità sull’identità di Ana. Ho chiuso qui perché sicuramente la cosa vi lascerà spazio per ruolare ancora e, visto che non so bene come andrà a finire, non ho scritto nulla delle vostre serate/nottate e risvegli. Vi dirò.. continuate pure sotto spoiler questa scena e riprendete poi nello stesso post con la scena del vostro risveglio mattutino come se la notte fosse trascorsa abbastanza tranquilla.. così non rimanete indietro rispetto agli altri.
  6. Anche Mei Lin aveva una discreta voglia di picchiarlo qualche volta effettivamente! Chissà.. prima o poi magari sarà accontentato 🤣🤣 Per il momento si è dovuto accontentare di averle prese solo dalla Bestia Cervo
  7. Personalmente con “non può danneggiare fisicamente gli altri” io lo interpreto come “gli altri che non siano Ana”.. ergo può solo fare del male a se stessa, ma non alle altre persone, strega/stregone compreso. Per quanto riguarda la scelta del “ha un effetto strano” muahahahahah.. ora ci penso!!
  8. @Voignar quando vuoi tira pure su oscuro per provare a revocare la fattura.. sempre che sia quello il tuo intento
  9. Aspetto che @Voignar e @SNESferatu finiscano il loro botta e risposta, sperando sia breve.. cosi poi mando tutti avanti al giorno dopo. A tal proposito.. inizio gia a chiedervi.. Volete mantenere la stessa struttura narrativa in cui raccontiamo tutto ora per ora? Oppure, come gia accennato, andiamo via piu veloci raccontando meno momenti di vita comune e concentrandoci solo su quelli piu importanti narrativamente?
  10. eccomi! Allora.. in realtà dal tuo messaggio non mi sembra che si attivi la mossa gelare... gelare è piu un "ti zittisco usando la mia lingua tagliente, facendoti fare una figuraccia davanti a tutti".. qui state parlando tra voi e le stai giustamente esponendo la pericolosità della creatura.. poi però starà a @SNESferatu decidere se Ana ne sarà spaventata o meno. Quindi nessuna mossa attivata e nessun fallimento. Per quanto riguarda la fattura lanciata.. tendenzialmente dice che se si fa 10+ la fattura riesce al meglio ed è anche facile da revocare.. quindi deduco che per poterle revocare si possa.. Avendo fatto un successo parziale ti direi che si potrebbe fare come hai detto tu.. una sorta di controfattura.. con 6 o meno succede qualcosa di brutto.. con 7-9 riesci ma a un costo come per lanciarla, con 10+ la togli senza problemi. Perfetto!! Allora nel caso nel prossimo post vado gia alla notte e giorno dopo considero che lo hai fatto.
  11. @Voignar @SNESferatu Darius e Ana al centro commerciale @Voignar Darius Ti allontani per un momento da Ana, con la mente già appesantita dal pensiero della conversazione scomoda che vi attende. Quando rientri nella cappella, l’atmosfera sembra essersi fatta leggermente più calma: suor Margareth respira affannosamente ma con più regolarità, il panico negli occhi si è attenuato. Il vicepreside Reed ti nota subito. «Oh, Darius… eccoti! Temevo ti fossi perso..» esclama, tendendo la mano verso la bottiglia d’acqua che gli porgi. La prende con un cenno di sollievo e si volta verso la suora. «Ecco, beva, suor Margareth… piano, così.» Poi si rivolge di nuovo a te, la voce ferma ma gentile: «Puoi andare, Darius. I soccorsi dovrebbero arrivare a minuti. Suor Margareth é stata fortunata che ci fossi tu qui con lei.» Suor Margareth solleva appena lo sguardo, le labbra tese in un sorriso grato — o almeno quanto il dolore le consente. Annuisci, senza sapere bene cosa rispondere, e ti congedi in silenzio. Quando esci nel corridoio, Ana è lì ad aspettarti. Uscite dalla scuola in silenzio, entrambi consapevoli che la conversazione che vi attende non sarà facile. Nessuno dei due propone una meta precisa, ma quando in lontananza intravedete la sagoma grigia e abbandonata del The Hallow Mall, vi capite al volo: è il posto ideale per parlare senza essere disturbati. Vi incamminate in quella direzione, mentre dietro di voi, lontano ma inconfondibile, si leva l’ululato di una sirena che si avvicina alla scuola. All’interno, il vecchio centro commerciale si rivela per ciò che è sempre stato: un luogo sospeso tra la vita e la rovina. I corridoi sono punteggiati da insegne sbiadite e vetrine vuote, molte delle quali recano ancora il cartello “Affittasi” o “Chiuso per ristrutturazione”. I pochi negozi ancora attivi sembrano resistere più per abitudine che per profitto. I proprietari, seduti dietro ai banconi, vi lanciano sguardi distratti, forse sperando per un istante che siate clienti, ma rinunciando subito. Oltre a voi, solo qualche presenza spettrale popola il Mall: una madre che trascina due bambini piagnucolosi, una coppia di anziani che passeggia lentamente, e un gruppetto di ragazzini troppo giovani per capire quanto sia triste la sala giochi che li entusiasma. Nella hall, scorgete un piccolo bar con pochi tavolini e un bancone ingombro di tazze sbeccate. Il gestore, un uomo stanco con la barba di due giorni, segue distrattamente un vecchio televisore acceso dietro di sé. Non c’è nessun altro. È perfetto. Prendete posto a un tavolo in fondo, lontano da occhi e orecchie indiscrete. @Theraimbownerd Orion Kykero - a casa con tua madre Quando scendi in salotto, cerchi di farlo con passo fermo e sguardo fiero. Ti sei preso un momento per lavarti il viso, per cancellare ogni traccia di pianto, e anche se hai fatto un buon lavoro, nei tuoi occhi rimane quella lucentezza umida che tradisce più di quanto vorresti. Diana e Juno sono già sedute sul divano, una accanto all’altra. Quando sentono i tuoi passi, si voltano entrambe verso di te. Nei loro sguardi cogli preoccupazione, tenerezza, e quel dispiacere che nasce dal non poter aiutare davvero. Tua madre, invece, è in piedi al centro della stanza, composta come sempre, ma con un’aria diversa dal solito. Quando ti vede, il suo volto si illumina in un sorriso pieno, quasi estatico. «Oh, Orion, piccola mia, eccoti finalmente!» esclama, con un tono colmo di entusiasmo e di un affetto che, in questo momento, ti fa solo stringere lo stomaco. «Prego, siediti accanto alle tue sorelle! Ho un annuncio importante da farvi!» Ti indica il divano con un gesto solenne, mentre la sua voce vibra di un’euforia trattenuta a fatica. «Come ho già accennato stamattina a Orion…» comincia, «sono lieta di annunciarvi che domani riceveremo una visita illustre, di cui tutte noi dovremmo essere fiere.» Fa una breve pausa, studiando le vostre espressioni, in attesa di una meraviglia che però non arriva. «Verrà a trovarci la Somma Sacerdotessa di Chicago, Madre Elain D’Arques!» Le parole risuonano nella stanza come un gong. «Pertanto…» prosegue, «vi voglio tutte presentabili e disponibili per il pomeriggio! Rivolgeremo insieme le nostre preghiere alla Dea, chiederemo la Sua benedizione… e poi parleremo di questioni importanti riguardo al futuro del Culto.» Sul suo volto si disegna un sorriso pieno d’orgoglio e di compiacimento. Juno prova a ricambiare quel sorriso, ma il suo è tirato, nervoso. Ti lancia un’occhiata di lato, quasi a chiederti forza. Diana, invece, prende subito la parola, con la sua solita prontezza. «Oh… è una notizia meravigliosa, mamma! La Somma Sacerdotessa di Chicago qui, da noi? Wow!» esclama, con un tono che suona convincente solo a metà. Poi aggiunge, dopo una breve pausa in cui finge entusiasmo: «Puoi stare tranquilla, mamma. Noi tre ci prepareremo al meglio per questa benedizione di domani.» Mentre lo dice, si volta di nuovo verso di te, con uno sguardo che sembra dire tutto ciò che le sue parole non possono. @TheBaddus @Ghal Maraz Scarlett e Nathan - verso casa Camminate lentamente, quasi trascinando i piedi, lungo le strade di Lilac Hallow. La cittadina vi appare immutata, tranquilla e indifferente come sempre — un piccolo angolo di mondo sospeso nel nulla, ignaro di ciò che si agita ai suoi margini. Vista l’ora, incontrate pochissima gente. Solo qualche macchina passa accanto a voi, scivolando via senza rallentare. Nessuno sembra accorgersi del vostro stato, del dolore che vi grava addosso, dei vostri abiti sporchi e del passo incerto. Nelle case, le luci già accese filtrano attraverso le tende: vi arrivano profumi di cene pronte, voci che si intrecciano, il suono distante di una televisione. Tutto parla di normalità, di quotidiano — e proprio per questo, paradossalmente, vi fa sentire un po’ più al sicuro. Quando finalmente raggiungete la villetta di Scarlett, vi fermate un momento sul vialetto, incerti sul da farsi. Poi Nathan riesce a strapparle una promessa: quella di farsi vedere da qualcuno il prima possibile, per essere sicuri che non abbia subito traumi. Un ultimo sguardo, un cenno muto, e vi separate. @TheBaddus Scarlett Bloomblight- finalmente a casa Rimasta sola, ti trascini verso casa con passo zoppicante, le gambe pesanti come piombo e le palpebre che ti si chiudono da sole. Ogni movimento è uno sforzo. Quando finalmente entri, la casa ti accoglie con il suo solito silenzio glaciale. Le luci sono spente, l’aria immobile. Capisci subito che Zarneth non c’è. Non sai nemmeno tu se la cosa ti faccia sollievo o se, in fondo, ti dispiaccia. Ti dirigi in cucina, spinta solo dalla fame e da un vuoto allo stomaco che ti brontola come una bestia. Apri il frigorifero, sperando in qualcosa di commestibile, ma ti accoglie solo il suo chiarore biancastro e il vuoto quasi assoluto dei ripiani. Sbuffi, stanca, e ti volti per richiuderlo. È allora che noti, sul tavolo, un foglietto piegato a metà. Ti avvicini arrancando e lo prendi con dita tremanti, gli occhi che faticano a mettere a fuoco le parole mentre la testa ti pulsa. “Mi sono dimenticata di dirti che starò via qualche giorno per lavoro. Mi raccomando: comportati dignitosamente e fai in modo di non farmi trovare casini al mio rientro.” La calligrafia è inconfondibile. Quella di Zarneth — precisa, elegante, fredda come la voce che riesci quasi a sentire risuonare nella tua mente mentre leggi. @Ghal Maraz Nathan Clark - finalmente a casa Ti avvii verso casa da solo, mentre il buio di Lilac Hallow si addensa tra le vie tranquille. Ogni passo è una fitta che risale dalle gambe fino alle costole. Le nocche ti pulsano, la mascella duole, e ogni respiro è un promemoria vivido del pestaggio subito. Il silenzio della cittadina contrasta con il caos che hai ancora in testa. Ti sembra quasi surreale: le finestre illuminate, i rumori di stoviglie, le risate lontane di una famiglia qualsiasi. Tutto così normale… e tu che ti senti come se venissi da un altro mondo. Ti tornano alla mente le immagini che hai visto nel momento in cui hai provato ad entrare in contatto col Bosco. Quando finalmente raggiungi casa, ti sembra di non aver mai desiderato tanto varcare quella porta. Ti infili dentro piano, sperando di sgattaiolare in camera senza dare troppo nell’occhio — ma non fai in tempo a richiudere dietro di te che la voce di tua madre ti blocca sul pianerottolo. «Nathaniel?» Il tono è acuto, incerto. Poi la vedi spuntare dal soggiorno, in vestaglia, con lo sguardo che si riempie di terrore nel vederti ridotto così. «Oh, mio Dio! Ma che… che ti è successo?» Si avvicina di scatto, le mani che ti afferrano per le spalle e ti girano verso la luce, come per accertarsi che tu sia davvero lì davanti a lei. «Hai avuto un incidente? Ti hanno aggredito? Dimmelo, chiamerò la polizia!» Ti scruta, cercando risposte nel tuo viso livido, nella camicia sporca, nella tua zoppia evidente. E a te tornano in mente le minacce, o meglio, la promessa di Cory nel caso in cui avessi fatto il suo nome. Lei scuote la testa, incredula, una mano che le corre al petto come se temesse che il cuore le stesse per cedere. «Non dirmi che hai combinato qualche guaio, Nathaniel. Dio mio, ti prego… fammi capire che non c’entra niente con quelle… cose che leggi, con quelle storie oscure!» Non sai bene a cosa si riferisca… forse a qualche fumetto? O forse a qualche leggenda antica su cui ti sei informato per conoscere meglio il mondo delle fate.
  12. Ragazzi.. scusate ma in questi giorni non sono riuscito a rispondere! Se riesco mando avanti tra domani e il weekend che sono un po piu libero.
  13. Hai perfettamente ragione.. scusami.. mi ero dimenticato di segnarlo! Tenetele sempre traccia anche a voi perché può capitare che ni sfugga qualcosa eheh..
  14. AGGIORNATA diventa: darius 1/5 Nathan 6/10 Scarlett 5/5 Ana 1/5 Orion 1/5
  15. Ok.. Piccolo recap... Che in questi giorni sono un po preso e non ho seguito bene il forum.. Scarlett spende UN FILO su Nathan per fare in modo che la porti a casa e la smetta di insistere di portarla in ospedale o chiamare soccorsi. -> Nathan accetta e guadagna 1 Punto esperienza andando a 6 Nathan fa promettere a Scarlett di farsi vedere però quanto prima da qualcuno usando la mossa "esca" -> scarlett accetta e guadagna 1 punto esperienza andando a 5 Scarlett quindi andrebbe a casa dove, sperando non ci sia la madre, crollerebbe a letto. Nathan andrebbe a casa anche se parte di lui vorrebbe controllare il bosco.. ma ferito com'è non se la sente. Ana e Darius vorrebbero uscire dalla scuola e andare a parlare alla tavola calda. Orion scenderebbe a sentire cosa vuole sua madre, affrontandola a testa alta.. Tutto giusto?? Detto questo.. rispondo alle domande... The Hollow Mall: Un centro commerciale decadente, con metà dei negozi chiusi o vuoti. Ma resta il posto dove trovarsi d’inverno: ha una piccola sala giochi, un cinema a due sale, e paio di fast food. The Violet Crown: Un vecchio pub gestito da ex-hippie ormai cinquantenni. Di giorno fa caffè e muffin ed è più tranquillo, la sera, soprattutto nei weekend, diventa punto d’incontro per studenti. Ogni tanto qualcuno suona musica live. Ti risponderei così: provi disprezzo per una monetina da 10 centesimi?? Probabilmente no.. è solo una monetina per la quale provi indifferenza.. ogni tanto può tornarti comoda, ognitanto può darti fastidio averla nel portafoglio.. Ma è comunque ben diversa dal disprezzo..
  16. Allora.. Scarlett effettivamente non ha grosse ferite.. hai visto che ha del sangue nei capelli... un taglio profondo ma che sembra aver smesso di sanguinare.. poi a parte qualche escoriazione sui polsi non vedi altri segni particolari... la vedi abbastanza sconvolta e sofferente... come se avesse mal di testa... però parla e fa discorsi sensati tutto sommato.. valuta tu cosa farebbe Nathan..
  17. @Theraimbownerd Orion Kykero - a casa Sei disteso sul letto, il viso affondato nel cuscino, e ogni respiro pesa come se dovesse trascinarsi dietro l’intero mondo. La visione ti ha svuotato. Ti senti nudo, scoperto, smontato pezzo dopo pezzo fino a non sapere più dove finisci tu e dove comincia ciò che la Dea ti ha imposto di vedere. Forse quell’altra presenza — quella voce, quell’Alba che ti ha sfiorato la mente — non è stata che un riflesso dei tuoi desideri, un miraggio nato dal bisogno disperato di essere accettato per ciò che sei davvero. Una nuova dea… un sogno, una bestemmia, o forse una speranza che rifiuti di sopprimere. Eppure, dentro di te, vuoi credere che sia reale. Che davvero qualcosa — o qualcuno — abbia posato lo sguardo su di te, vedendoti finalmente. Stai ancora rimuginando su questi pensieri “impuri” nei confronti della tua Dea quando un rumore secco alla porta ti fa sobbalzare. La maniglia si abbassa piano, e dalla fessura compare il viso di Diana. «Ehi, Orion… come stai?» La sua voce è bassa, tesa, piena di un’attenzione che non chiede risposte. Diana non ha bisogno che tu parli: sa che stai male, sa che qualcosa nella visione ti ha ferito più di quanto tu voglia ammettere. Non attende che tu apra bocca. «Mamma vuole vederci… tutte e tre.» La frase le esce con un tono quasi di scusa, come se volesse proteggerti anche da quella richiesta. Un istante di silenzio. Nei suoi occhi leggi il dispiacere, un dolore trattenuto che le increspa le labbra senza diventare parola. Poi Diana chiude lentamente la porta, lasciandoti solo — con il tempo, e con la necessità di trovare la forza per scendere. @TheBaddus @Ghal Maraz Scarlett e Nathan - nel bosco Facendovi forza a vicenda, avanzate lungo il sentiero del bosco, quello stesso che poche ore prima avevate percorso in direzione opposta. Scarlett, sei sfinita. Ogni passo è una battaglia: le gambe tremano, la testa pulsa, e tutto il corpo sembra ribellarsi a ogni movimento. Ti brucia ogni respiro, e gli occhi si chiudono a ogni istante, pesanti come pietre. Nathan, stai poco meglio. Il dolore è meno acuto, ma ogni fibra del tuo corpo protesta. Cammini a fatica, stringendo la mascella, cercando di non far trasparire la fatica per non peggiorare quella di lei. Il bosco, intorno, è silenzioso. Solo il suono dei vostri passi — lenti, incerti — e il fruscio del vento tra i rami. Poi, finalmente, tra le ombre spunta il primo bagliore dei lampioni: il limitare del bosco, dove la stradina dietro la scuola si perde nella vegetazione. È allora che un suono improvviso spezza il silenzio. Il telefono di Nathan vibra e squilla — un suono quasi irreale dopo tanto silenzio. Il segnale è tornato. Senza pensarci due volte, lo afferri. Sul display compare un solo nome: “Mamma.” E rispondi al volo. @Ghal Maraz Nathan - al telefono La voce di tua madre ti raggiunge dall’altro capo del telefono, acuta, tesa, carica d’ansia. «Nathaniel? Buon Dio… Dove sei finito? È tardissimo… perché non rispondevi?» C’è più paura che rabbia in quelle parole — un’angoscia sincera, che trapela da ogni sillaba e ti colpisce dritto allo stomaco. @TheBaddus Scarlett Dal telefono di Nathan proviene una voce femminile, tesa e concitata — probabilmente sua madre, anche se non sei abbastanza lucida per esserne certa. Il suono ti riporta di colpo alla realtà… e al pensiero del tuo telefono. Lo tiri fuori con mani tremanti, lo sblocchi, e subito il cuore ti sobbalza nel petto: tre notifiche. Per un istante ti illudi — poi apri l’app e la delusione ti travolge come una secchiata d’acqua gelida. Solo messaggi inutili: richieste banali, favori del ca**o, le solite monetine di nessun valore che ti scrivono per le loro inezie. Nessuna notizia di Tanaka. Nessun messaggio dalla tua Emily e, da ultimo, non che te l’aspettassi, nessun segno di preoccupazione da parte di Zarneth. @Voignar @SNESferatu Darius e Ana - nei corridoi della scuola Il rumore improvviso — qualcosa che cade e rotola sul pavimento oltre l’angolo del corridoio — interrompe bruscamente il vostro acceso confronto. Il silenzio cala sulla scuola come una coperta pesante, rotto solo dalle voci ovattate di suor Margareth e del vicepreside Reed che arrivano da lontano, dalla cappella che vi siete lasciati alle spalle. Poi, per un attimo, nulla. Fino a quando non sentite dei passi: prima lenti, poi sempre più rapidi, che si allontanano. Vi scambiate uno sguardo esitante. Per un istante nessuno dei due parla: dopo tutto quello che avete visto e sentito oggi, non siete certi di voler scoprire cos’altro si aggira per i corridoi. Eppure la curiosità, o forse un senso di responsabilità, prende il sopravvento. Avanzate piano, fianco a fianco, cercando di non fare rumore. Quando arrivate all’angolo trattenete il respiro, poi vi sporgente lentamente, quasi all’unisono. Il corridoio è vuoto. Deserto. Chiunque fosse lì, trenta secondi fa, se n’è già andato — ma la sensazione che qualcosa vi stia ancora osservando non accenna a svanire. @Voignar Darius Sei tu il primo a notarlo: il piccolo oggetto che ha effettivamente causato il rumore. Ti chini per raccoglierlo. Lo rigiri tra le dita: un dado a venti facce dalle tonalità verdognole.
  18. Ciao ragazzi.. facciamo il punto della situazione per chiudere la giornata cercando di sincronizzare le narrazioni di tutti.. Scarlett e Nathan immagino che vogliano solo uscire dal bosco e porre fine alla giornata.. quindi una volta finita la ruolata tra di voi, a meno di imprevisti, poi si potrebbe chiudere. O avevate in mente altro? darius e ana, una volta finito il vostro confronto avevate altre cosa in mente da fare in serata? Orion per te è gia sera... hai qualche ultima cosa da fare oggi scena prima di dormire nel mentre che finiscono gli altri??
  19. @Ghal Maraz Nathan Clark - nel bosco Rimani immobile per qualche secondo, il respiro trattenuto, mentre dentro di te due impulsi si scontrano con violenza: una parte urla di fuggire, di metterti in salvo, di non voltarti più indietro… l’altra, più ostinata, ti inchioda al terreno. È quella che ti impone di restare, di aiutare Scarlett. Alla fine, è lei a prevalere. Il Bosco ti scorre attorno come un respiro familiare — cupo, ma vivo. Ti rendi conto che, in un certo senso, è casa tua. E ciò che accade al suo interno ti riguarda, ti appartiene. È una responsabilità che non puoi ignorare. Torni sui tuoi passi, arrancando più veloce che puoi, il dolore che pulsa a ogni movimento. Ti muovi in silenzio, passando di tronco in tronco, attento a ogni rumore, a ogni fruscio. Non osi chiamarla: il suo nome ti muore in gola, sostituito dal battito accelerato del cuore. Poi, di nuovo, la sua voce. «No! Non chiederò aiuto a Zarneth!» Il suono è più vicino, incrinato, disperato. Ci sei quasi. Quando finalmente la vedi, ti si stringe lo stomaco. Scarlett avanza a passi lenti e incerti, una sigaretta che le tremola tra le dita. I capelli, arruffati e impastati di sangue ormai secco, le ricadono davanti al viso; sui polsi, appena visibili sotto le maniche, corrono segni arrossati che sembrano bruciare. I vestiti sono sporchi di terra e foglie, e ogni passo le costa uno sforzo visibile. È sola. Di Tanaka nessuna traccia. Esci da dietro l’albero che ti nascondeva, facendo attenzione a non spaventarla. Lei alza lo sguardo e ti vede. @TheBaddus Scarlett Bloomblight - nel bosco Avanzi a fatica, ogni passo un piccolo tormento. Il dolore non viene solo dai muscoli indolenziti o dai polsi scorticati, ma da qualcosa di più profondo — come se ogni fibra del tuo corpo fosse in fiamme. Non è il solito calore che ti dà conforto, quello che ti calma e ti fa sentire viva; è un bruciore diverso, viscerale, che ti consuma da dentro. Il cellulare vibra ancora nella tua mano tremante. Una, due, tre volte provi a chiamare Tanaka. Tutte le chiamate cadono nel vuoto. Nessuna risposta, solo il suono sordo del bosco che sembra trattenere il fiato insieme a te. Poi — crack. Un ramo secco che si spezza, il fruscio inconfondibile di foglie calpestate poco più avanti. Il cuore ti perde un colpo. Ti blocchi, il respiro sospeso. È lui? Tanaka? O… quella cosa? Per un istante il silenzio è totale, poi da dietro un albero compare una figura. Non è né Tanaka, né la creatura dal cranio di cervo. È Nathan. Anche lui appare provato — il volto gonfio e segnato da lividi, un taglio sottile che gli attraversa lo zigomo. Si muove lentamente, una mano stretta al costato come per tenersi insieme. Quando ti vede, si ferma, incredulo, con lo stesso misto di sollievo e stanchezza che senti tu. @Voignar @SNESferatu Darius e Ana - corridoi della scuola Vi affrontate a viso aperto, nel corridoio vuoto che odora ancora d’incenso e disinfettante. Ana si para davanti a Darius, torreggiante e senza esitazione, sputandogli addosso tutti i suoi sospetti: che sia lui il responsabile, che dietro quell’aspetto così calmo si nasconda un demone, lo stesso che ha aggredito suor Margareth. Darius non arretra. Le parole gli escono taglienti, ma cariche di una convinzione che non puoi ignorare. Non si fa problemi a rivelarle ciò che sa — di un mondo che per la maggior parte delle persone esiste solo nelle leggende, nei libri o nei deliri dei visionari. Arriva persino a parlare indirettamente della sua famiglia, del segreto che porta addosso da sempre, di ciò che è davvero, uno stregone. All’inizio i toni restano contenuti. Parlate a bassa voce, quasi con il pudore di chi si muove ai margini di un segreto, di una verità che non dovrebbe essere detta. Ma man mano che le accuse si fanno più dure e le difese più accese, il volume delle voci sale, fino a riempire il corridoio come un’eco rabbiosa. Continuate a discutere anche mentre vi muovete. Darius si avvicina alle macchinette e, con un gesto nervoso, prende una bottiglietta d’acqua per suor Margareth. Poi si volta per tornare verso la cappella, e Ana, ostinata, lo segue, continuando a incalzarlo con domande e insinuazioni. È in quel momento che un rumore improvviso vi interrompe — un suono secco, metallico, come di qualcosa di piccolo che cade e rotola sull’asfalto lucido del pavimento. Vi voltate entrambi, gli occhi cercando la fonte del suono dietro l’angolo del corridoio, a una decina di metri da voi. Off game Continuate pure nel botta e risposta ovviamente. Darius.. hai provato a gelare Ana fallendo… quindi Ana agisci pure di conseguenza, sentendoti la parte più forte nella conversazione in questo momento. Inoltre, visto il fallimento, ho introdotto pure io un nuovo elemento di disturbo per complicare ulteriormente le cose 😁😁😇 Ps. @Voignar effettivamente a Darius non sfugge questa cosa… finora nessuno sembrava aver notato lo strano simbolo che da stamattina hai sul collo.. ne i tuoi, ne zio Samuele.. nessuno.. ana invece sembra aver fatto riferimento proprio a quello. @Theraimbownerd Orion Kykero - a casa sua Ti allontani dal sotterraneo a passo svelto, il battito nelle orecchie che copre quasi ogni suono. Alle tue spalle senti un lieve movimento, un respiro trattenuto, poi la voce di Juno — incrinata, esitante. «Orion…» Ti volti appena, abbastanza per intravedere la sua mano che si allunga verso di te, ma Diana la trattiene per il polso. «No… lasciamogli i suoi spazi, ora.» O almeno, ti sembra che dica così. Le parole si confondono nel ronzio nelle tue orecchie, come se venissero da un altro mondo. Raggiungi la tua stanza. Chiudi la porta e la schiena ci si appoggia contro pesantemente, quasi ti mancasse l’aria. Lì dentro tutto è immobile, sospeso. Le candele consumate, il letto in disordine, l’odore ancora acre d’incenso addosso ai vestiti. Ti togli la maglia, ti slacci il binder. In questo momento sembra soffocarti. Ti lasci cadere di peso sul materasso, il respiro che si spezza in singhiozzi sommessi. La mente ripercorre la visione — il lago, le due versioni di te, le mani della Dea che ti giudicavano attraverso il riflesso. E quel gelo nel petto quando hai capito che nessuna delle due immagini eri veramente tu. Ogni lacrima che ti scivola sul viso è un frammento di quella verità che ti ha mostrato: che per essere ciò che senti di essere, dovrai rinunciare a tutto ciò che sei stato finora e che ti era stato promesso per diritto di nascita. Anche al diritto di appartenere a lei. Ti giri su un fianco, il cuscino bagnato di lacrime. Ti sforzi di non pensare, di non sentire, ma il buio della stanza sembra vibrare come un respiro. Un soffio appena percettibile — ma non è vento. Un sussurro, basso, quasi un ricordo che non ti appartiene. Le ombre tremolano sulle pareti, allungandosi, e per un istante ti sembra che una figura stia emergendo da esse: linee sinuose, occhi scuri come pozzi senza fondo, un sorriso che non è benevolo ma neppure ostile. La sua presenza ti immobilizza. Non senti più il dolore, né la rabbia, né la paura… solo un richiamo antico, profondo, che vibra nella tua carne. Non parla con la voce, ma la senti comunque, dentro, come un pensiero che si fa spazio tra i tuoi. Una presenza che incute un timore reverenziale quasi al pari della Dea. Una sola frase, limpida e inevitabile, come una promessa: «Non inginocchiarti davanti a chi ti nega. Io sono l’Alba che libera dal buio delle oppressioni. Vieni a me, e sarai intero.» Poi il buio ti risucchia del tutto, e sprofondi nel sonno. Quando riapri gli occhi, è sera. La stanza è immersa in un silenzio irreale, e per un attimo non sei sicuro se quella voce che hai sentito fosse solo un sogno.
  20. Si si.. hai fatto bene a specificarlo così è piu chiaro! Se con troppo metagame intendi che darius abbia pensato a scarlett come ragazza drago, la risposta è no.. non hai fatto metagame.. la voce (che quando l'avevi sentita stamattina in classe era quella del mostro cervo) ti aveva gia detto di portargli la ragazza drago e dentro di te, non sai come e perché, ti era chiaro che si riferisse a scarlett.. quindi era un informazione che darius aveva gia... per quanto riguarda la fata non hai idea di chi sia ovviamente.. potrebbe essere ana?? Potrebbe essere che l'entità vuole sia ana che una fata?? Boh.. questa darius non lo sa..
  21. @Voignar Darius Whitesand - Nel corridoio Metti mano al cellulare, ancora scosso, deciso a comporre il numero dei soccorsi, ma ti blocchi quando noti che il vicepreside Reed lo sta già facendo. È piegato su un ginocchio accanto a suor Margareth, la voce tesa mentre aspetta la risposta dell’operatore del 911. Ti lancia uno sguardo rapido, autoritario ma incrinato dall’urgenza. «Presto… vai a prendere dell’acqua… alle macchinette in corrido—» si interrompe, concentrandosi sulla risposta dall’altro capo della linea. Tu annuisci meccanicamente e ti volti, ubbidendo. Ogni passo lungo il corridoio riecheggia come in un sogno, ovattato, distante. La testa ti pulsa, il simbolo sul collo formicola leggermente. Ti fermi un istante, inspirando a fondo, e provi a concentrarti. Forse è follia, forse no, ma ti sforzi di rivolgere un pensiero all’entità che, non sai per quale motivo, ti ha appena aiutato. Per qualche secondo non accade nulla. Solo il silenzio del corridoio, le luci al neon che ronzano debolmente. Poi, improvvisamente, un sussurro profondo… non una voce, ma un’eco terrificante che ti vibra nel cranio, un pensiero che non ti appartiene La ragazza drago… portatemi adepti… portatemi la fata… portami… La frase si interrompe, come un’onda che si ritira, poi torna con un rimbombo più forte, più nitido, che ti trapassa il cervello. ...LEI. Sussulti. Alzi lo sguardo d’istinto e la vedi. Lì, in fondo al corridoio, ferma, con lo zaino in spalla e lo sguardo incerto: Ana. @SNESferatu Ana Rivero - in cerca di Darius Rientri nella scuola a passo svelto, mentre la tua mente corre più veloce dei tuoi passi. Ogni teoria sembra sovrapporsi alla successiva: Darius posseduto? La cappella come covo della setta? Suor Margareth vittima o carnefice? Tutto è possibile, e tutto sembra assurdo allo stesso modo. Quando stai per varcare la soglia che porta al corridoio della cappella, un urlo squarcia il silenzio. «Demonio! Demone!» La voce di suor Margareth è talmente intrisa di terrore da farti gelare il sangue. Ti blocchi di colpo, il fiato sospeso a metà gola. Poi, passi rapidi, pesanti, che rimbombano sulle piastrelle del pavimento della cappella. Qualcuno sta correndo nella tua direzione. Ti sposti d’istinto dietro l’angolo, premendoti contro il muro, e spii appena. È Darius. Ha il volto pallido, gli occhi spalancati, lo sguardo perso nel vuoto come se avesse visto l’inferno in persona. Ti passa accanto, diretto verso le scale, e scompare su per il piano superiore. Per un istante esiti. La parte razionale di te… quella che ancora prova a darsi una logica… ti direbbe di controllare la suora, capire se sta bene. Ma l’altra parte, quella che ricorda le immagini di ieri, le voci, i simboli, la paura... beh, quella ti urla di non avvicinarti nemmeno per sbaglio. Così decidi di seguire Darius, tenendoti a distanza. Ti muovi silenziosa, quasi divertita per un attimo dall’idea di sentirti una specie di spia improvvisata. “Stealth girl”, ti dici, anche se senza Eliza non ha lo stesso gusto. Lo osservi fermarsi davanti all’infermeria, bussare, chiamare la Morris a gran voce. Nessuna risposta. Poi una figura appare dal corridoio opposto — il vicepreside Reed. Parla con Darius, sembra cercare di calmarlo. Riconosci frammenti di parole: “aggressione”… “cappella”… “calmati, ragazzo”… Quando li vedi avviarsi verso di te a passo spedito, scendi in fretta le scale, evitando di farti notare. Ti nascondi di nuovo dietro l’angolo, trattenendo il fiato mentre li osservi entrare nella cappella. Dall’interno arrivano voci confuse, pianti sommessi, frasi spezzate. Il tempo sembra allungarsi, ogni secondo pesa come un macigno. Poi, finalmente, Darius esce di nuovo. È solo. Cammina lento, assorto, come se fosse immerso in un dialogo interiore che non ti è dato sentire. La tensione sul suo volto sembra diminuita, sostituita da una calma che ti mette più a disagio di prima. Fai un respiro profondo. È il momento del confronto che cercavi. Esci dal tuo nascondiglio e ti fermi davanti a lui, nel corridoio silenzioso. Darius alza lo sguardo. I vostri occhi si incrociano. Off game Scusa se ho “mosso” un po’ il tuo personaggio in questa scena! Mi sembrava molto figo far assistere Ana a tutta la scena vissuta da Darius.. o almeno ad alcuni spezzoni.. però per mantenere coerenza narrativa con quanto scritto finora era necessario che rimanessi nascosta alla loro vista e non andassi dalla suora eheh. @Theraimbownerd Orion Kykero - guardando nell’abisso Scendete insieme, tu, Diana e Juno, nella stanza dei rituali. Il sotterraneo vibra di un silenzio sacro. Ogni passo riecheggia sulle pareti di pietra, mentre le fiaccole lungo il corridoio proiettano ombre danzanti che sembrano muoversi al ritmo dei vostri respiri. La stanza è come sempre. Senza bisogno di dirvi nulla, ognuno sa cosa fare. Diana accende gli incensi di artemisia e ruta; Juno versa l’acqua consacrata nel catino sacro e aggiunge miele e semi d’orzo. Tu, con mani lievemente tremanti, prendi il calderone e mescoli la bevanda sacra: il Kykeon, ponte fra il mondo dei vivi e quello degli spiriti. Quando tutto è pronto, vi inginocchiate in cerchio. Le vostre voci si intrecciano nella formula che vi è stata insegnata sin da bambini. Il fumo si addensa. Il mondo si piega su se stesso. Senti un brivido, poi il vuoto… come se il pavimento ti fosse stato tolto da sotto i piedi. Silenzio. Nessun suono, nessuna luce. Solo un fruscio, come vento tra alberi che non vedi. Ti ritrovi in un paesaggio che non appartiene a nessun luogo. Un lago immobile, latteo, riflette un cielo senza sole. Sul bordo del lago, tre figure in controluce: tu, Juno e Diana — ma le loro ombre si allungano, si intrecciano, fino a confondersi. Ti avvicini all’acqua. Ti specchi. E il riflesso non è tuo. Vedi una ragazza vestita di bianco, con i capelli intrecciati e il simbolo della Dea inciso sulla fronte. I suoi lineamenti sono molto simili ai tuoi… Poi l’immagine si incrina e appari tu, con un viso dai lineamenti più duri, più mascolini, il viso che senti tuo. Ma l’acqua continua a muoversi, e dal riflesso emerge una terza figura, indefinita, metà luce e metà ombra, un’immagine familiare… che ti osserva con lo stesso sguardo che vedi ogni giorno riflesso nello specchio. Intorno al lago, forme di donne antiche sorgono dal nulla. Portano coppe d’oro, versano un liquido biancastro dentro la superficie del lago. Un liquido che, in qualche modo, sei ben consapevole essere la “benedizione chiarificatrice”. Il liquido si mescola con il tuo riflesso e, dove cade, la tua immagine cambia, come se venisse messa a nudo. Dal cielo, una mano di pura luce si abbassa lentamente, sfiorando l’acqua. La superficie vibra. Il riflesso della figura femminile in bianco si dissolve, quello maschile resiste un istante, poi vacilla anche lui. Solo la terza immagine rimane: instabile, ma viva. Respira. Ti guarda. Sembra chiederti: “chi sei davvero?” “Chi sei davvero?” La domanda vibra ora dentro di te, muta ma inconfondibile, come un’eco che non nasce da parole ma da volontà pura. È la voce della Dea… antica, silenziosa, inevitabile. “Con la benedizione, figlia mia, riceverai l’onore di mostrarti a me per ciò che sei davvero… verità… o menzogna…” La voce si dissolve lentamente, come nebbia al sole, lasciandoti sospeso nel buio. Poi, un lampo di luce. Riapri gli occhi. Alla tua destra, un cono luminoso rompe l’oscurità: dentro di esso, la tua immagine femminile. La vedi circondata da tua madre e dalle tue sorelle, i loro volti colmi d’orgoglio. Brilla della luce della Dea, avvolta nelle vesti della Somma Sacerdotessa. È serena. Completa. Benedetta. Alla tua sinistra, un secondo cono di luce. Lì c’è la tua versione maschile, più distante, più sola. Ti osserva in silenzio, mentre — poco oltre — una delle tue sorelle si allontana di spalle, non lasciandoti intuire se si tratti di Juno o di Diana. Cammina avvolta da quello stesso splendore divino che avrebbe dovuto essere tuo, con le vesti da sacerdotessa che ora ti sono negate. La scena resta immobile, scolpita nella luce. Due riflessi della stessa anima, separati da un confine che solo la Dea può vedere. E tu, sospeso tra loro, senti il peso della verità che verrà rivelata. Quando finalmente riapri gli occhi, sei sdraiato sul pavimento della stanza rituale. L’incenso si è consumato. Diana e Juno ti stringono le mani, anche loro pallide e scosse. @TheBaddus Scarlett Bloomblight - nel bosco Ti accendi la sigaretta, le mani che tremano come foglie al vento. Per un attimo il fumo ti scivola tra le dita, poi la sigaretta cade a terra. Ti abbassi di scatto a raccoglierla e il dolore ti travolge: brucia ovunque, in ogni muscolo, nelle articolazioni, nella testa che sembra dividersi in due. Finalmente riesci a riaccenderla. Inspiri a fondo: il calore del fumo ti avvolge, calma appena il tremore e ti ridà un minimo di lucidità. Ma questa volta la calma arriva a fatica. La testa ti scoppia, il dolore pulsa come un martello, e senti la tua voce rimbombare nelle tempie quando gridi di nuovo il nome di Tanaka. Muovi qualche passo a fatica, i polsi e le caviglie che protestano, mentre nella mente rivedi la scena: Tanaka sollevato da terra, la mano della creatura che lo stringe alla gola. Prendi il cellulare e componi il numero, le dita quasi paralizzate dalla tensione. Il telefono squilla a vuoto. Aspetti. Nessuna risposta. Tanaka non risponde. Poi lo senti: uno strano pizzicore alla base del collo, sottile ma insistente, come un richiamo che corre lungo la spina dorsale. Ti blocchi un istante, il panico che ritorna a serrarti lo stomaco. Ma inspiri, cerchi di riprendere fiato, di restare lucida. @Ghal Maraz Nathan Clark - nel bosco Ti incammini in direzione di Liliac Hallow. Ogni passo è una piccola condanna: il corpo ti pulsa di dolore per le botte, e la mente è ancora intrappolata nelle immagini della visione… quella figura nel cielo, la paura, il tuo io fatato che si contorceva impaurito davanti a te. Frughi nelle tasche finché non trovi il cellulare. È miracolosamente intatto. Sullo schermo lampeggia un’unica tacca di campo, precaria come la tua sanità mentale. Due notifiche: una da tua madre, preoccupata — «Nathan, dove sei? Mi stai facendo impazzire. Rispondi, per favore.» L’altra da Kathlyn. — “Ehilà, matto e misterioso Clark! Non ti ho visto dopo lezione!! Mi ha fatto piacere parlare con te oggi! Ps. Ora hai anche tu il mio numero! Hai visto che ti ho scritto?!! 😝” Ti scappa quasi un sorriso, qualcosa che somiglia a un barlume di normalità in mezzo al caos. Stai iniziando a rispondere, le dita che tremano per la stanchezza e il freddo, quando un grido spezza l’aria. «TANAKA!» Ti immobilizzi. Il suono rimbalza tra gli alberi, tagliando il silenzio del bosco come una lama. È una voce che conosci. Scarlett. Ancora un grido, incrinato, carico di panico. Dal tono non sembra la Scarlett spavalda e sicura che conosci — è un urlo di paura pura. Ti giri di scatto, scrutando tra i tronchi, il respiro che accelera. Viene da dietro di te. Circa dalla stessa direzione da cui sei arrivato poco fa.
  22. Scusa.. mi ero dimenticato di risponderti! Sì sì.. io l’ho buttata giù proprio con quei toni perché appunto per la “pelle” del tuo personaggio è un tema centrale quello delle promesse. Vedremo cosa ne verrà fuori è come si evolverà la cosa!! Coso con il teschio e le corna permettendo 🤣🤣
  23. Avete risposto tutti in tempo record sto giro!! 🤣🤣 @Ghal Maraz scusa.. me ne era sfuggito uno di punto esperienza. Allora ottimo! Primo avanzamento raggiunto!! Giusto per fare un recap di tutti.. a me risulta così: Darius: 1/5 exp 4/4 pf Nathaniel: 5/5 exp 2/4 pf Scarlett: 4/5 exp 1/4 pf Ana: 1/5 exp 4/4 pf Orion: 1/5 exp 4/4 pf @Theraimbownerd perfetto.. allora vada per il rituale!
  24. @TheBaddus Scarlett Bloomblight- nel bosco col coso Senti ogni emozione svanire, dissolversi come nebbia al sole. La paura, l’incertezza, perfino il panico — tutto viene spazzato via, lasciando spazio solo a un’unica cosa: una rabbia profonda, selvaggia, viscerale. Ti sembra quasi di arretrare dentro te stessa, di diventare spettatrice del tuo stesso corpo, mentre un’altra parte di te prende il controllo. Un formicolio ti attraversa gli occhi, poi la vista si fa più nitida, più acuta: distingui ogni dettaglio nel buio del bosco, le ombre si muovono come se respirassero. Alle mani senti un dolore sordo, un fremito; abbassi lo sguardo e vedi le dita allungarsi, le unghie farsi più scure, più affilate — artigli che si tendono contro le corde che ti imprigionano. I muscoli si gonfiano, fremono di una forza che non hai mai conosciuto. Le corde scricchiolano sotto la pressione. La creatura ti osserva, immobile, il cranio di cervo inclinato da un lato, come se fosse incuriosita dalla metamorfosi che le si svolge davanti. Quando le corde cedono leggermente, fa un passo indietro — appena percettibile, ma reale. Per un istante, ti sembra… che ti tema. Poi parla, la voce cavernosa che vibra nell’aria come un canto lontano: «Che potere meraviglioso… Lei sta arrivando! E con lei sarai ancora più grande! Non avere paura, ragazza drago…» Ti è accanto ora, tende una mano verso la tua testa, quasi a carezzarti. Ma tu scatti — un movimento rapido, animalesco — cercando di dilaniarla con le fauci. La creatura si ritrae di colpo, il teschio di cervo che riflette un bagliore spettrale. Ti osserva ancora, in silenzio. «L’Alba sta arrivando. Accoglila.» Alza il braccio verso di te. Gli strani simboli sulle pietre attorno al cerchio si accendono, uno dopo l’altro, pulsando di una luce violacea che vibra nell’aria. Poi arriva il dolore — un’ondata violenta che ti attraversa tutta, bruciante come fuoco liquido. La testa ti esplode, i muscoli si contraggono, e il mondo svanisce di nuovo. Buio. Quando riapri gli occhi hai freddo. Sei sdraiata a terra, nel punto dove avevi fatto l’amore con Tanaka. Il bosco è immerso nell’oscurità. Ai polsi hai ancora i segni delle corde — ma di esse non resta traccia. Ti senti svuotata e viva allo stesso tempo, ogni fibra del tuo corpo che urla di dolore. Off game Scegli tu quanto ricordarti della tua mezza-metamorfosi… così da ruolare questa iniziale prima scoperta su chi sei veramente nel modo che preferisci. Come ai tempi era capitato a Darius. Anche tu ti becchi 3DANNI. @Voignar Darius Whitesand- di nuovo nella cappella Nel momento stesso in cui il pensiero prende forma nella tua mente, qualcosa dentro di te si risveglia. È una sensazione nuova, impossibile da definire — un intreccio di inquietudine e calma, come se due forze opposte convivessero perfettamente nello stesso spazio. La paura, la confusione, il senso di impotenza di poco fa si dissolvono, rimpiazzati da una certezza fredda e lucida. Non è tranquillità… ma una strana, solida fiducia. Quando raggiungete la cappella, suor Margareth è ancora lì, distesa a terra. La ferita sulla testa non è poi così grave come la ricordavi: un taglio profondo, sì, ma non mortale. La gamba, però, è piegata in modo innaturale. Ansima, tremando dal dolore, e il suo viso è rigato da lacrime e sudore. «Suor Margareth!» la voce del vicepreside Reed risuona nella navata, colma d’urgenza. Ti supera e si china accanto a lei. «Cosa… cosa è successo? State bene?» La suora, nel vederlo, lascia andare un singhiozzo spezzato. «La gamba… Whitesand…» mormora, indicando la ferita e, involontariamente, te. Resti immobile a pochi passi da loro, eppure ti senti diverso. Una parte di te vorrebbe solo scappare… Il momento che più temi.. quello dell’accusa… Qualcosa dentro di te però pulsa con calma, come se una nuova forza ti stesse guidando. Reed, agitato, cerca di mantenere il controllo. «Come è successo? Dobbiamo chiamare un’ambulanza, subito!» Gli occhi di suor Margareth si alzano di nuovo su di te. Dentro, riconosci il terrore che avevi visto poco prima — ma, prima che possa dire qualcosa, parli tu. Le parole ti sgorgano spontanee, fluide, come se non fossi tu a pronunciarle. «È stato un incidente. Stavamo parlando, e suor Margareth è inciampata.» Mentre parli, quasi lo vedi: un leggero luccichio, un soffio di colore che prende forma nell’aria davanti a te. Una litania muta, familiare — simile a certe formule e fatture che hai imparato a recitare da tua madre, o da tuo zio… Ma avvolte di un potere unico, che non avevi mai provato, spaventoso ma meraviglioso… Il bagliore raggiunge suor Margareth, che sussulta. La sua espressione si svuota, si confonde, poi si addolcisce in un lampo di riconoscimento. «Sì… sì, sono caduta male… ho sbattuto la testa… Menomale che c’era qui il caro Darius, che mi ha soccorsa e chiamato aiuto…» Reed la guarda, poi ti rivolge un cenno d’approvazione. «Ben fatto, ragazzo. Ora prendi dell’acqua, presto. Dobbiamo chiamare un’ambulanza, credo che la gamba sia rotta.» aggiunge, prendendo il suo cellulare e componendo il numero d’emergenza. Annuisci, ancora disorientato. Ti muovi per obbedire, ma dentro senti un tremito. Sul tuo collo, il simbolo arde appena, pulsando come se respirasse. Non brucia più — ora è un calore dolce, quasi piacevole. Off game Quella che chiameremo “l’entità” ha guadagnato 1 FILO su di te. @Ghal Maraz Nathan Clark - Nell’Abisso Chiudi gli occhi. Li stringi così forte da vedere bagliori bianchi esplodere dietro le palpebre, e in quell’oscurità sospesa, in un atto di pura disperazione, invochi gli spiriti del Bosco. Li chiami con voce rotta, mescolando lacrime e fiato. Quando li riapri, il respiro ti si blocca in gola. Sei nel Bosco... Non quello reale... Nel Tuo Bosco… È lo stesso luogo, identico in tutto e per tutto a quello di Liliac Hallow, eppure diverso: gli alberi sono più alti, le foglie emanano una luce verdastra, e l’aria è così densa di magia che sembra vibrare. Ogni suono, ogni odore, è più vivido. Ti senti piccolo, fuori posto… ma anche, in un certo senso, a casa. Ti muovi a passi incerti tra la nebbia iridescente, il cuore in gola, cercando segni di vita. Poi lo vedi. Un ragazzo. Identico a te in tutto e per tutto, tranne per i riflessi dorati che gli sfiorano la pelle e le orecchie leggermente più appuntite. È accucciato dietro un cespuglio, lo sguardo terrorizzato. «Ehi…!» provi a chiamarlo, ma la voce ti muore in gola. Ti vede, ti riconosce, e subito ti fa cenno di tacere. Ti avvicini piano, il battito che martella. «Lei… lei è qui…» sussurra, con voce che è la tua — la stessa voce che senti dentro la testa, da quando la Fata si è legata a te. «Non deve vederci.» Il suo sguardo si alza lentamente, oltre te. Il corpo gli si tende, poi si raggomitola a terra, tremando. Segui la direzione del suo sguardo — e il sangue ti gela. Il cielo, poco prima dorato, si fa cremisi, poi nero. Dalle nubi si staccano filamenti di ombra che si intrecciano in un’unica, gigantesca sagoma femminile che si staglia nel cielo. I suoi capelli sono come fiumi di fumo, la veste un turbine di tenebra, e due occhi colossali, neri come l’abisso, si aprono nel cielo e ti guardano. Il respiro ti manca. Le gambe non rispondono. Ti senti osservato, trafitto, svuotato. «Troppo tardi…» mormora il tuo doppio, la voce spezzata. «Lei sa… Lei ci ha visti!» Vorresti urlare, ma la gola non ti obbedisce. Ti senti risucchiare, dissolvere nel vuoto di quegli occhi. Poi — buio. Quando riapri gli occhi, sei di nuovo nel bosco reale… quello di Liliac Hallow. Il dolore delle percosse ricevute ti torna addosso tutto in una volta, acuto e pulsante. Un pallido chiarore all’orizzonte a ovest ti dice che è passato del tempo: il crepuscolo sta ormai svanendo, lasciando spazio alla sera. Off game Ricordati di segnare esperienza per il fallimento. Dovresti essere a 4px se non sbaglio.. dimmi se i conti tornano! @SNESferatu Ana Rivero - sulle tracce di Darius Osservi Eliza allontanarsi con passo leggero, la borsa che le dondola sulla spalla e quel suo modo di muoversi naturale, quasi ipnotico. Ti ritrovi a seguirla con lo sguardo più del dovuto, come catturata da lei — dalla sua sicurezza, dalla sua ribellione, dal modo in cui sembra sempre sapere chi è e cosa vuole. Tutto in lei ti affascina: la mente acuta, l’ironia tagliente, e persino quella dolcezza nascosta che lascia intravedere solo a tratti. Sospiri, chiedendoti quando — e se — ci sarà una prossima occasione come questa per passare del tempo insieme. Nel frattempo, la sala studio si svuota lentamente. Ben raccoglie le sue cose in fretta e furia, urtando una sedia e chinandosi goffamente per raccogliere un quaderno caduto. Tyler, invece, apre la porta con fare disinvolto per far passare Juno, che gli rivolge un sorriso timido ma inequivocabile: è chiaramente cotta. Passano entrambi senza quasi notarti, se non per un cenno educato di Tyler, come a dire “a domani”. Rimane solo Mei Lin, immersa nei suoi libri di matematica, come se il resto del mondo non esistesse. Ma tu ormai hai altro per la testa: Darius. Raccogli le tue cose, il cuore che batte un po’ più forte, e ti incammini verso l’aula di teatro sperando di trovarlo lì. Quando arrivi, però, la stanza è quasi vuota. Solo Emily e Harper stanno chiacchierando vicino al palco, discorrendo animatamente di qualcosa legato alla lezione. Esiti un momento — non vorresti interromperle — ma alla fine ti fai avanti. Emily si ferma a pensare un attimo, poi annuisce. «Sì, l’ho visto uscire poco fa con Sasha. Credo siano andati verso l’uscita principale.» Ti affretti lungo i corridoi, sperando di raggiungerli. Quando arrivi in cortile, però, vedi solo Sasha, già oltre il cancello. La chiami, lei si volta sorpresa e accenna un sorriso. «Ah, Darius? Sì, ci siamo salutati dentro. Credo si sia diretto verso la cappella.» Fa spallucce, come se non sapesse esattamente perché, poi aggiunge con un mezzo sorriso: «Strano, vero?» @Theraimbownerd Orion Kykero - confidenze con Diana e Juno Per un lungo istante nella stanza cala il silenzio. Solo il ticchettio dell’orologio e il fruscio leggero delle tende sembrano riempire lo spazio tra loro. Juno è la prima a reagire. Si alza di scatto, gli occhi spalancati, la bocca semiaperta in un misto di rabbia e incredulità. Si passa una mano fra i capelli, come se volesse liberarsi da un pensiero troppo stretto. «Ma che c@zz…» mormora piano, quasi senza riuscire a finire la frase. Poi scuote la testa, l’espressione che si fa via via più accesa. La sua voce, quando riprende a parlare, è tremante ma piena di calore, di dolore. «No.. no.. non lo accetto!» Si muove avanti e indietro nella stanza, stringendo i pugni. Ogni forma di risentimento che poteva provare verso di te per la discussione in mensa sembra svanita, sostituita da questa solidarietà tra fratello e sorella. Diana invece resta immobile, seduta sul bordo del letto della madre. Gli occhi fissi a terra, le mani intrecciate. Quando infine alza lo sguardo, la sua espressione è diversa da quella di Juno: non c’è rabbia, ma una compostezza rigida, quasi dolorosa. «Un rituale chiarificatore...» ripete piano, come assaporando le parole una per una. «Lo chiamano così per darsi un tono, ma sappiamo tutti che cosa significa davvero.» Fa una pausa. «E se davvero l’Alta Sacerdotessa viene qui domani, significa che mamma ha già deciso. Che non è più solo un’idea.» Juno si ferma di colpo, voltandosi verso di lei, gli occhi lucidi. «E allora? Che facciamo, Di? Restiamo a guardare mentre gli fanno… questo?» Diana la fissa a lungo, e per un istante sembra sul punto di risponderle con la stessa foga. Poi però inspira profondamente e scuote la testa. «No. Non resteremo a guardare.» La sua voce è calma, ma tagliente. Juno appare ancora incredula. «Non riesco a credere che nostra madre voglia farti questo… che la Bona Dea possa permetterlo…» Si lascia cadere su una sedia, mordendosi il labbro per trattenere le lacrime. «Non so come, ma la fermeremo. Non permetterò che ti tocchino, Orion. Giuro che non lo permetterò.» Diana annuisce lentamente, poi si volta verso di te con un’espressione che mischia determinazione e tenerezza. «Domani, qualsiasi cosa accada, non sarai solo. Capito? La Bona Dea non potrà rimanere indifferente alle preghiere delle sue figlie!» Le due sorelle restano così, una in piedi e l’altra seduta, diverse nel modo ma unite nella stessa promessa.
  25. Ana ed Orion per ora sono i più tranquilli… ma arriverà anche il loro momento 😏😏

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